Dino Campana
incontra un amico
ricerca di Claudio
Mercatali
Regolo, chi era costui? Dino
Campana ne parla nei Canti Orfici in una prosa bellissima.
E' l'amico incontrato in Argentina, emigrante, e poi nel lungomare di Genova, paralizzato e derelitto. Lasciamo che sia il poeta a dire e leggiamo come lo descrisse al dr. Pariani, un medico che fece visita a Campana diverse volte nel manicomio di Castelpulci. Stiamo per entrare in un punto alto e profondo dei Canti Orfici:
E' l'amico incontrato in Argentina, emigrante, e poi nel lungomare di Genova, paralizzato e derelitto. Lasciamo che sia il poeta a dire e leggiamo come lo descrisse al dr. Pariani, un medico che fece visita a Campana diverse volte nel manicomio di Castelpulci. Stiamo per entrare in un punto alto e profondo dei Canti Orfici:
"Regolo è uno che andò in Argentina. Si chiamava Regolo
Orlandelli, era di Mantova. Lo incontrai in Argentina, a Bahia Blanca. Prima lo
avevo conosciuto presso Milano. Viaggiava il mondo. In America aveva un'agenzia
di collocamento: a Milano faceva il commercio ambulante. A Genova lo incontrai
per caso, dopo essere stato in Argentina. Credo sia morto; deve essere morto
certamente".
Dai Canti Orfici:
Ci incontrammo nella
circonvallazione a mare. La strada era deserta nel calore pomeridiano. Guardava con occhio abbagliato il mare.
Quella faccia, l'occhio strabico!
Si volse: ci riconoscemmo immediatamente. Ci
abbracciammo. Come va? Come va?
Pavia, Piazza Grande
ai primi del Novecento
... per la strada di Pavia,
lui scalcagnato, col collettone
alle orecchie!
A braccetto lui voleva
condurmi in campagna: poi io lo decisi invece a calare sulla riva del mare.
Stesi sui ciottoli della spiaggia seguitavamo le nostre confidenze calmi.
Era
tornato d' America. Tutto pareva naturale e atteso. Ricordavamo l'incontro di
quattro anni fa laggiù in America: e il primo, per la strada di Pavia, lui
scalcagnato, col collettone alle orecchie!
Ancora il diavolo ci aveva riuniti:
per quale perché? Cuori leggeri noi non pensammo a chiedercelo. Parlammo,
parlammo, finché sentimmo chiaramente il rumore delle onde che si frangevano
sui ciottoli della spiaggia. Alzammo la faccia alla luce cruda del sole. La
superficie del mare era tutta abbagliante. Bisognava mangiare. Andiamo!
Genova, la circonvallazione
a mare nel 1913.
... la strada era deserta
nel calore pomeridiano ...
... Stesi sui ciottoli della spiaggia
seguitavamo le nostre
confidenze calmi ...
***
Avevo accettato di partire.
Andiamo! Senza entusiasmo e senza esitazione. Andiamo. L'uomo o il viaggio, il
resto o l'incidente. Ci sentiamo puri. Mai ci eravamo piegati a sacrificare
alla mostruosa assurda ragione.Il paese natale: quattro giorni di sguattero, pasto di rifiuti tra i miasmi della lavatura grassa. Andiamo!
***
Impestato a più riprese,
sifilitico alla fine, bevitore, scialacquatore, con in cuore il demone della
novità che lo gettava a colpi di fortuna che gli riuscivano sempre, quella
mattina i suoi nervi saturi l'avevano tradito ed era restato per un quarto
d'ora paralizzato dalla parte destra, l'occhio strabico fisso sul fenomeno,
toccando con mano irritata la parte immota. Si era riavuto, era venuto da me e
voleva partire.
***
Ma come partire? La mia pazzia
tranquilla quel giorno lo irritava. La paralisi lo aveva esacerbato. Lo
osservavo. Aveva ancora la faccia a destra
atona e contratta e sulla guancia destra il solco di una lacrima ma di una
lagrima sola, involontaria, caduta dall' occhio restato fisso: voleva partire.***
Genova,
circonvallazione a mare.
... Camminavo, camminavo
nell'amorfismo della
gente.
***
Voleva partire. Mai ci eravamo
piegati a sacrificare alla mostruosa assurda ragione e ci lasciammo
stringendoci semplicemente la mano: in quel breve gesto noi ci lasciammo, senza
accorgercene ci lasciammo: così puri come due iddii noi liberi liberamente ci
abbandonammo all' irreparabile.
Piazza Corvetto
... ci lasciammo stringendoci semplicemente la mano ...
Nessun commento:
Posta un commento