lunedì 28 febbraio 2022

Il Santuario della Madonna della neve a Quadalto

Un antico luogo di culto 
e devozione

ricerca di Claudio Mercatali



La prima cappella di Quadalto risale al 1459 e nel Cinquecento fu ingrandita per fare un Oratorio. Nel 1605 una immagine della Madonna con il bambino divenne meta di pellegrinaggio e l'oratorio fu consacrato come chiesa e poi santuario. 


L'edificio attuale è frutto di una ristrutturazione completa del Settecento, fatta con lo stesso progetto realizzato nella chiesa di Madonna dei Tre Fiumi (Ronta) e perciò i due edifici hanno la stessa facciata e la stessa impostazione interna.

Il fatto è spiegato in un pannello all'interno della chiesa di Ronta nel quale c'è scritto che alla fine del Settecento a quell'edificio venne mozzato uno dei tre archi della facciata perché impediva la costruzione della nuova strada granducale Faentina da Borgo San Lorenzo alla Colla di Casaglia.


Il nome della frazione è Quadalto o Acquadalto? Qui converge nel Senio il torrente di Lozzole, poco prima c'è lo sbocco dell' Aghezzola e tutti e tre cominciano dai crinali alti. Però Quadalto forse è un toponimo relativo alla posizione del sito che è "di qua" rispetto al monte dell'Altello e al passo della Sambuca. Si contrappone ai toponimi El schél d'ultre (le scale di Oltre) che è un podere nel versante del fiume Santerno e Cà dlà che è un podere a Fantino, nella valle del Lamone. Difficile decidere però la dizione Quadalto è quella ufficiale e usata dai palazzuolesi.

Il Santuario è sempre stato un luogo di incontro, come si può leggere in questi due articoli delle Gazzette Toscane, un periodico del Settecento.




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 L'interno della chiesa è curatissimo.








Per tutto il resto lasciamo dire alle suore, che hanno fatto stampare questo depliant.


















martedì 22 febbraio 2022

La fine del Trecento qui da noi

Un duro contrasto fra Firenze 
e la Curia pontificia
ricerca di Claudio Mercatali



Nel 1371 la Romagna era in semi anarchia perché i Papi erano ancora ad Avignone e i cardinali stentavano a frenare le pretese dei vari Signori romagnoli. La riconquista fatta dal cardinale Albornoz pochi anni prima era in gran parte svanita dopo la sua morte. Per questo la Curia da qualche anno aveva concesso la Signoria della bassa Romagna al capitano di ventura Giovanni Acuto a compenso dei suoi servigi con la speranza che mettesse un po' di ordine e qualche risultato si era visto.

Modigliana dopo la cacciata dei Conti Guidi (1377) era passata par volontà di popolo sotto il dominio fiorentino. A Palazzuolo gli Ubaldini erano alla fine del loro dominio secolare e a Marradi governavano i Manfredi, signori del castellone. In tutti e tre i casi c'era una evidente e diplomatica presenza del Comune di Firenze, che stava per diventare il principale attore della storia nella nostra zona. Ecco dunque i fattori più importanti che muovono gli eventi di questo periodo: 
      1) l'avanzata di Firenze      2) l'azione indiretta della Curia di Avignone.


La Città aveva superato la crisi subita con la Peste nera del 1348, i commerci andavano bene ed era ripresa la politica espansiva oltre l'appennino.Questo destava allarme nella Curia papale, perché era a danno del dominio pontificio. Che fare? Con una mossa spregiudicata i Cardinali invitarono il capitano Giovanni Acuto a saccheegiare o impossessarsi della collina romagnola, con la promessa che le conquiste gli sarebbero state date in governo in aggiunta a quanto aveva già. Qui accanto c'è l'aspra descrizione  di questo fatto  tratta dalle Istorie Fiorentine di Piero Buoninsegni, un cronista fiorentino del Cinquecento.




In più i Cardinali ostacolavano l'esportazione del grano in Toscana che come al solito era carente di frumento mentre la Romagna era in sovra produzione. Però il Comune di Firenze intervenne e offrì al Capitano Acuto 130.000 fiorini perché si ritirasse, cosa che avvenne, Ecco qui sopra come racconta i fatti lo storico fiorentino Piero Buoninsegni nella sua Istoria Fiorentina:

Chi era giovanni Acuto? Il suo nome vero era John Hawkwood, nato in Inghilterra nel 1316 e morto a Firenze nel 1394. Aveva organizzato una Compagnia di Ventura, detta Compagnia bianca con la quale era spesso in Romagna a servizio del Papato. Negli ultimi anni passò al servizio di Firenze, città che amava e dove morì. I Fiorentini gli donarono terre e castelli a Castiglion Fiorentino e a Poggibonsi anche per mettere a frutto le sue qualità di governatore al confine con l'ostile Repubblica di Siena. Fu sepolto in duomo con onore e il Comune nel 1436 commissionò un celebre ritratto equestre al pittore Paolo Uccello. 
Poi i resti furono trasportati in Inghilterra. La Compagnia bianca non si sciolse del tutto ma rimase attiva in tono minore sotto la guida di suo figlio John Junior, sempre al servizio di Firenze. La troviamo nel 1428 all' assedio del Castellone di Marradi, al servizio di Averardo de' Medici, che se ne lagna perché gli pare un po' svogliata.

Nel 1367 Urbano V lasciò Avignone e tornò a Roma. Però i tempi non erano ancora maturi e dopo tre anni tornò ad Avignone. Senza Albornoz, che nel frattempo era morto, i signorotti locali avevano rialzato il capo e Firenze continuava nella sua insidiosa espansione, fatta di accordi, acquisti, lasciti più o meno autentici. 





Secondo Scipione Ammirato,  storico fiorentino del '500, nel 1372 il Papato incoraggiò anche una rivolta degli Ubaldini per respingere il Comune di Firenze nel versante toscano. La reazione di Firenze fu dura: Gaspare Ubaldini fu costretto dalle milizie fiorentine a fuggire dopo aver preso per qualche settimana Castel Lione di Bibbiana, Maghinardo di Ugolino degli Ubaldini si arrese nel castello del Frassino (1373) che è di fronte all' attuale agriturismo I Cancelli e fu decapitato a Firenze. I territori della Badia di Susinana e di Gamberaldi furono devastati dai Fiorentini fino alla sottomissione completa.

Pochi anni prima Giovanni di Alberghettino Manftredi di Marradi aveva cercato di espandersi. Alla fine i Fiorentini l'avevano costretto a rinunciare alle mire sui territori dei vicini e si era accontentato della Contea di Marradi. Era stato stipulato un trattato di pace, a Montemaggiore, un podere vicino al Castellone. Erano in tanti quel giorno ...



anno 1370
"Fu fatta pace e concordia in casa di Giovanni di Alberghettino Manfredi tra il suddetto e il gonfaloniere e i priori di Firenze, con l'intervento di Bernardino di Milano, Ruggero di Dovadola, Nicola Righi dei Manfredi, Ferruccio di Francesco dei Pangetti e Ludovico di Bernardino dei Caccianemici". Come mai questi aggressivi personaggi si riunirono a Montemaggiore? Che cosa li preoccupava?

Il motivo era che stava entrando in scena il principale attore della storia delle valli del Lamone e del Senio a fine Trecento, e cioè il Comune di Firenze che voleva prendere tutto, con calma, con acquisti, eredità e cogliendo le occasioni offerte dai feudatari in lotta fra loro. C’è Montemaggiore di qua e Montemaggiore di là. Di qua e di là da che? Fra i due poderi anche oggi corre il confine fra Marradi e Palazzuolo, che era già sotto il dominio dei Fiorentini e siccome questi non si fidavano di Manfredi e di qualcuno degli altri, si incontrarono al limite delle rispettive terre.

Così passarono qui da noi gli anni nella seconda metà del Trecento, con la gente oppressa dalle manovre della Curia pontificia che agiva per interposta persona, con le mire espansioniste di Firenze e tartassata dai signorotti locali che cercavano di profittare della situazione per comandare ancora un po' anche se il loro tempo ormai era passato.


Per ampliare sul blog


28 aprile 2013   Giovanni di Alberghettino Manfredi
18 dicembre 2016   Cia degli Ubaldini
20 aprile 2019   La conquista di Palazzuolo sul Senio
08.01. 2020   Il censimento del cardinale Anglic de Grimoard




giovedì 17 febbraio 2022

50 anni di terremoti

Gli eventi non distruttivi
dal 1930 al 1980 nell’appennino
Tosco - romagnolo
Ricerca di Claudio Mercatali



L’appennino tosco romagnolo come ognuno sa è zona sismica. Le scosse lungo la catena sono abbastanza frequenti e danno effetti distruttivi all’incirca ogni 150 – 200 anni. Tutto normale: i monti nascono sempre per effetto di spinte compressive e le forze interne non si esauriscono quasi mai del tutto. Nel nostro caso la causa remota e generale è dovuta alla spinta della Placca Tirrenica che preme sulla Adriatica e infatti risalendo le valli romagnole verso la Toscana si incontrano formazione geologiche via via più vecchie:

1)  Le Argille del Pleistocene della collina faentina (100.000 anni o poco più)
2)  La Vena del gesso (5 – 6 milioni di anni)
3)  La Marnoso arenacea (15 – 20 milioni di anni

Quest’ultima c’è anche sotto il fondovalle del Mugello, sepolta dai detriti depositati dalla Sieve e dai suoi affluenti.



Strati verticalizzati 
alla Colla di Csaglia



LE PRINCIPALI STRUTTURE 
DI SFORZO

Il rilevamento geologico ha permesso di individuare le principali strutture probabili sedi delle forze che generano i terremoti. Ce ne sono anche in profondità, che non si vedono dalla superficie ma sono state scoperte per mezzo dei rilevamenti geofisici.

La prima struttura è una lunga frattura che percorre tutto l’appennino dal Passo del Giogo fino al Falterona. Qui da noi passa da Palazzuolo sul Senio, poi taglia l’abitato di Marradi, la valle della Badia del Borgo all’altezza del podere Trebbo di Val della Meda e prosegue. Si riconosce bene perché in un’epoca remota lo sforzo fece ruotare gli strati e li pose in verticale. Questo grande schiantamento non è l’unico, ma fa parte di un sistema di fratture parallele accompagnate da tante ramificazioni.



Il paese di Galliano e sullo sfondo il lago di Bilancino 
(conca del Mugello)


La seconda struttura è l’ampio fondovalle della Sieve, da Galliano e San Piero a Vicchio. E’ mai possibile che questo fiume, che in fondo non è un gran che, abbia potuto scavare una valle così larga? 







I geologi pensano di no e dicono che l’escavazione del fiume ha prodotto la tipica valle a V che c’è da Vicchio a Pontassieve, ma non la piana di Borgo San Lorenzo. Le trivellazioni in quest’area hanno rivelato uno spessore di argille lacustri di diverse centinaia di metri, segno che qui un tempo c’era un lago, che poi si vuotò per effetto dell’escavazione del fiume alle Balze di Dicomano, dove comincia la valle a V di cui si è detto prima. Gli studiosi spiegano che i tanti episodi di compressione che portarono alla nascita dell’appennino si alternarono a qualche episodio di rilassamento, che favorì la formazione di conche lacustri. E’ successo così anche nel Casentino, la valle parallela e quasi gemella del Mugello, che infatti è sede di alcuni centri sismici che trasmettono delle scosse fino a noi.

Tutti questi ragionamenti formano la cosiddetta tettonica, che è una parte nobile della geologia, ma impone ragionamenti ampi, sofisticati e difficili, che ora non ci interessano oltre. E’ sofisticato anche il nome, che come al solito viene dal greco tectaino = costruisco, così come architetto e architettura. Dunque scendiamo nel dettaglio per vedere come andarono le cose nel '900 qui da noi.

I NOSTRI TERREMOTI DAL 1930 AL 1980

In questi cinquanta anni qui da noi sono avvenuti solo terremoti non distruttivi, più o meno allarmanti ma senza danni. L’ultimo sisma devastante com’è noto fu il 29 giugno 1919 e adesso è fuori dall’ intervallo di tempo della nostra indagine.
I geofisici ci dicono che le scosse sismiche avvengono di continuo e oltre alle sette di cui stiamo per dire ce ne sono state molte altre, inavvertite perché sotto la nostra soglia di sensibilità ma registrate dagli strumenti dell’Osservatorio Sismologico di Prato e dallo Ximeniano di Firenze. In fondo è meglio così perché in questo modo le forze nel sottosuolo si scaricano progressivamente senza fare danni.

Per studiare un terremoto occorre prima di tutto trovare il suo epicentro, ossia il punto in cui la scossa è stata massima perché probabilmente la frattura profonda che l’ha prodotto è lì sotto, a qualche chilometro di profondità. Poi attorno all’ epicentro si disegnano le isosiste, o isosisme, ossia le linee sinuose che circoscrivono le aree dove il fenomeno ha avuto la stessa intensità o ha prodotto gli stessi danni. Si ottiene così una cartina geografica che circoscrive il fenomeno ed è anche facile da leggere.

3 Maggio 1931
Nella prima settimana di questo mese ci fu un ciclo sismico fitto, con un massimo di di 16 scosse ben avvertite a Palazzuolo, dove destò un vivo allarme.





15 dicembre 1931
Ecco le isosiste di una bella scossa con epicentro nella zona Giogo - Colla di Casaglia, accompagnata da 22 eventi di assestamento.








11 – 13 febbraio 1939
Erano ormai sette anni che non tirava il terremoto quando avvenne una scossa con epicentro Lat 44° 04’ 24’’ e Long 11° 38’ 42’’ cioè al podere La Schiavonia, che non diede danni. Ci fu solo qualche lesione nelle case più vecchie del paese.







26 aprile 1956

Questo fu un ciclo di scosse breve ma intenso e i fenomeni furono a volte accompagnati da un cupo rombo. Il rumore accompagna spesso le scosse telluriche e contribuisce non poco ad alimentare l'inquietudine della gente.








3 giugno 1956
Arriva fino a Marradi l'effetto di una serie di cosse con epicentro a Rocca San Cassiano - Santa Sofia. Non è un fatto insolito: l'appennino forlivese è sede di un attivo centro sismico nella valle del Savio.









29 ottobre 1960
 Si aprì un periodo sismico che il direttore dell’ Osservatorio di Prato definì formidabile, con un totale di 96 scosse in due mesi. L’evento ebbe una eco anche sul quotidiano La Stampa, che pubblicò un ampio resoconto fatto dal suo corrispondente dal Mugello.





Le scosse di questo mese procurarono un vivo allarme nella popolazione del Mugello.




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20 marzo 1980
Una lunga serie di scosse a Palazzuolo e Marradi, ripetuta in modo insistente fino alla fine del mese destò fastidio e apprensione.






Che cosa si deve fare in caso di sisma? Occorre sapere che una scossa può durare 30 – 40 secondi e quindi non dà tempo di ragionare. Crea disorientamento, difficoltà di equilibrio e quindi si riesce a compiere solo qualche movimento, specialmente se già programmato in precedenza: conviene mettersi sotto un tavolo o lungo un muro e rimanere fermi. Alla fine della scossa con calma si deve uscire e andare senza indugio all’area di raccolta che ogni Comune per legge deve aver predisposto nei vari quartieri e soprattutto deve mantenere agibile negli anni. Non conviene fare altre mosse, anche se sono di sollievo per scaricare la tensione, come intrattenersi a parlare con i conoscenti scesi in strada. L’interno delle auto e i camper sono posti sicurissimi.


Per ampliare

P.Francesco Coccia Attività sismica in Toscana durante il cinquantennio 1930 – 1980. Edizioni del Palazzo.
Nell’Archivio tematico del Blog c’è la voce “Scienze della Terra” dove puoi trovare altri articoli di questo argomento.

venerdì 11 febbraio 2022

L'orlo di Valladoccia

Un trekking 
nella valle Acerreta
resoconto di Claudio Mercatali


Il crinale di Valladoccia visto da Badia della valle. Il cocuzzolo è il Monte del tesoro.


Quando si percorre la strada comunale da Lutirano a Badia della valle viene d'istinto l'idea che il crinale sulla sinistra sia lo spartiacque fra l'Acerreta e il Tramazzo. Però non è così perché prima del confine fra Marradi e Tredozio c'è il Fosso di Valladoccia che in alto si chiama Rio del Villio. Comincia dal Monte di Bufalo e dopo qualche chilometro riversa le sue acque nell'Acerreta, a Lutirano.




Il trekking di oggi prevede di percorrere tutto l'orlo di Valladoccia, salendo da Lutirano (340 slm) lungo il sentiero CAI 587 fino al Monte di Bufalo (864 slm) e di tornare dal crinale opposto, che porta al Passo della Collina. E' un percorso a U di una decina di chilometri, duro nella prima metà, dove c'è un dislivello di circa 500m e più agevole dopo. Chi ha poco allenamento potrebbe fare il cammino inverso e partire dal podere Il Campaccio, che si raggiunge in auto dal Valico della Collina, però rimane sempre un percorso accidentato e impegnativo.


Il Monte del Tesoro visto da una prospettiva opposta a quella della foto all'inizio.

Il sito è remoto e se ci fosse una classifica per i posti selvaggi sarebbe di certo ai primi posti. Si incontrano solo il ruderi di Cà del monti, quasi a metà del cammino, l'unico podere. Perché fare tanta fatica? Il fatto è che si vedono dei panorami esagerati, sull' Acerreta e sul Tramazzo. Per la doppia visuale e la favorevole difesa questi crinali furono un caposaldo della Linea Gotica e vennero conquistati dagli Inglesi dopo duri combattimenti alla fine di ottobre 1944 cioè quasi un mese dopo la liberazione di Marradi.



Ora lasciamo queste memorie drammatiche e tristi  e saliamo dall' Area Verde di Lutirano verso Il Violino, un bel podere dal nome ingannevole, che viene dalla traduzione errata del romagnolo Viotlĕn, viottolino, stradina. Il nostro scopo è raggiungere il crinale e al Violino dobbiamo abbandonare la strada campestre che ci porterebbe a Valladoccia lungo il fosso. Il sentiero è facile da individuare, anche se la segnaletica CAI qui è poco evidente. Dopo qualche centinaio di metri si arriva ai campi di Coltriciano, ma non si deve andare alla casa. Conviene tenersi sulla sinistra per chi sale e imboccare una mulattiera che si inerpica senza mezze misure.


Il coltro era un tipo di aratro per i terreni duri e sassosi, che incideva poco il suolo per non rimuovere altro pietrame e dunque il nome del podere deriva da questo attrezzo. Il crinale permette subito una ampia visuale, che allevia la fatica, soprattutto se si viene qui d'inverno quando gli alberi non hanno la foglia e il sole riscalda il giusto.


Un coltro con il manubrio spezzato





La fattoria di Vossemole è la residenza storica della famiglia del veterinario Francesco Catani. Venne comprata alla fine del Settecento dai suoi antenati.






Rio Faggeto è la villa che segue Vossemole, nel fondovalle dell' Acerreta. I faggi vivono a partire da 700 - 800 m di quota, quella in cui siamo noi adesso e laggiù non ci possono essere. Il nome viene dal longobardo Cafaggio, sito recintato, circoscritto, come Cafaggiolo, noto castello mediceo del Mugello. Il motivo del nome del sito visto da qui è evidente: il Rio è nel fondo di una valletta chiusa da ogni lato, che fa capo alla villa.





... e camminando si arriva con la camicia sudata a Cà dei monti, un podere a circa 800m di quota dove si mangiava l'ultimo pane, quello più salato di tutti.

I campi furono ricavati in chissà quale secolo con un disboscamento, come di regola in tutta questa zona e oggi formano un ampio pascolo noto come La Pianellona, toponimo d'uso locale che non si trova in nessuna carta geografica.
Siamo al punto di svolta del nostro percorso, perché dopo qualche centinaio di metri finisce la valletta del Viglio. Un cartello stradale di divieto di circolazione, curiosamente avvitato su un pino avverte quelli delle jeep che non è consentito andare oltre. Siamo al confine con Tredozio. Un'altra indicazione ci offre una alternativa: a destra si va a Terbana e a sinistra verso il Valico della Collina, la nostra meta.

Così si imbocca l'altro crinale, che dà la forma a U al nostro trekking. Anche qui i panorami sono ampi, con una prospettiva diversa dalla precedente.




Il minuscolo edificio al centro della foto qui accanto è la chiesa di Abeto, nel fondovalle dell' Acerreta.






La novità ora è che la vista spazia anche  nella valle del Tramazzo. Il paese là in fondo nella foto a sinistra è Tredozio.





Ormai siamo arrivati. Gli edifici qui sono ristrutturati e dotati di piscina. Fanno parte dell' agriturismo della villa La Collina. Hanno tutti un colore rosso mattone, a ricordo di Jacopino Vespignani, vecchio proprietariodella Collina, che aveva l'abitudine di tinteggiare così tutti i suoi poderi.





Dalla strada  campestre al centro di questa foto si arriva nella strada provinciale. Volendo tornare a Lutirano non rimane che scendere verso Marradi per circa tre chilometri. I puristi del trekking disdegnano i percorsi sull'asfalto, ma in questo caso la via offre ancora degli scorci di visuale interessanti e forse si può fare una eccezione. 
 



sabato 5 febbraio 2022

Le costellazioni dello Zodiaco

12 costellazioni 
nel cielo di Marradi
ricerca di Claudio Mercatali





Ormai il seeing, il disturbo dell’ osservazione astronomica dovuto ai lampioni, alle polveri e agli inquinanti, preclude ai più la vista di molte costellazioni, specialmente quelle dello zodiaco, che in città non sono fra le più facili da individuare. Nei paesi dell’appennino lontani dal riverbero delle luci cittadine non è così e il cielo si può ancora osservare bene. 


Dunque cerchiamo di individuare le costellazioni zodiacali sul cielo di Marradi. Non è un’operazione che si può compiere in una sera sola, perché le costellazioni zodiacali sono basse sull’orizzonte e si vedono a seconda delle stagioni. Sette si trovano bene, per le altre ci sono difficoltà (Ariete, Cancro, Capricorno, Pesci, Acquario). 

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Lo zodiaco (dal greco ζώον, zòon, animale) è una fascia di cielo sull'eclittica, cioè nella striscia sulla quale si muovono i pianeti la luna e il sole. Lo zodiaco, come si sa, è diviso in dodici parti, che duemila anni orsono prendevano il nome della costellazione che è a est, all'alba, ogni mese. Oggi questa corrispondenza non c'è più a causa del fenomeno astronomico detto Precessione degli equinozi, però questo adesso non ci interessa. 

Per convenzione il primo segno zodiacale è l'Ariete, che comincia all'equinozio di primavera, quando appunto il sole sorge di fronte a questa costellazione. Dunque le costellazioni dello Zodiaco sono in fila, secondo l’ordine qui sotto e ognuna è un po’ più a est rispetto alla successiva.






In pratica che cosa bisogna fare per trovarle senza perdersi nel cielo notturno? Intanto conviene individuare il tracciato dell’eclittica osservando il percorso della luna nel cielo. Per un marradese è facile: la Luna sorge circa a Monte Gianni e tramonta a Monte Colombo. Il punto esatto varia nel corso dell'anno rispetto all'est esatto ma questo ora non ci interessa. Se non siete di Marradi prendete a riferimento due monti comodi per voi. Se siete vicino a una città rassegnatevi, il seeing probabilmente vi impedirà di vedere tutto lo zodiaco.




L’Ariete è’ di dimensioni medie, un po’ più grande del vicino Toro. Però non ha una forma particolare e le sue stelle più visibili, Hamal (α Arietis) e Sheratan (β), non spiccano rispetto alle altre attorno. Si trova un po’ a ovest delle Pleiadi, per tutto l’inverno.



Il Toro
(in latino Taurus) si trova bene, perché comprende l’ammasso delle Pleiadi e la grande stella rossa Aldebaran. 




I Gemelli (Gemini) sono due stelle di luminosità simile,  Castore e Polluce. Più in alto c’è la costellazione dell’ Auriga, che non fa parte dello Zodiaco. 


Il Cancro
(in latino Cancer, granchio) è una costellazione poco luminosa, che si trova facendo riferimento alla successiva, il Leone o ai soprastanti Gemelli.




Il Leone (in latino leo) si individua bene sotto il Grande Carro, cercando alfa Leonis (Regolo) una stella azzurra molto luminosa. 




La Vergine
(in latino Virgo) si può trovare prolungando il timone del Carro Maggiore fino ad arrivare alla stella α Spica, la più luminosa di questa costellazione. 


La Bilancia (Libra) era parte dello Scorpione, ma fu separata per avere la dodicesima costellazione dello Zodiaco. Le sue stelle più brillanti erano le chele dello Scorpione. 


Lo Scorpione (Scorpius) è una delle più brillanti costellazioni, si individua con facilità ed è un riferimento nel cielo estivo. 



Il Sagittario (in latino Sagittarius) è raffigurato come un centuaro che tende un arco; però non si riconosce senza un grande sforzo di fantasia. Assomiglia di più ad una teiera inclinata. 





Il Capricorno
(Capricornus) è quasi tutta nell'emisfero australe, fra il Sagittario a ovest e l'Acquario a nord e a est e qui da noi si vede male. 




L'Aquario (in latino Aquarius) è vasta e formata da tante stelline che rappresentano l'acqua che scende a fiotti da un’anfora. 

I Pesci (in latino Pisces) è una costellazione piuttosto debole, la meno appariscente fra le zodiacali.: la stella più luminosa ha una magnitudine apparente di solo 3,6 cioè è appena visibili a occhio nudo e α Piscium o Alrischa,  è detta "il nodo", che sarebbe il nodo che tiene assieme i due pesci. 

Il segno zodiacale indica il mese in cui il Sole sorge davanti alla costellazione che gli dà il nome. Per esempio quelli del segno dei Pesci sono nati nel mese in cui il Sole all’ alba è davanti a questa costellazione, il che avviene in marzo. L’oroscopo serve per prevedere un po’ il futuro? Nell'antichità molti credevano di si, ma la scienza moderna lo esclude del tutto. Però la nostra memoria collettiva ha impresso questa possibilità, tanto che ognuno ricorda il suo segno zodiacale e d'istinto spesso legge il suo oroscopo sul giornale o sul telefonino, anche se poi non crede a quello che ha letto.





Secondo la credenza medioevale era peccato grave interrogare le stelle per sapere il proprio destino. L’astrologo Guido Bonatti è all’Inferno al Canto XX, 117-120 cerchio 8 bolgia 4 quella degli Indovini perché interrogò le stelle per dire a Guido da Montefeltro il momento giusto per la battaglia durante l'assedio di Forlì del 1282.






Nel Cinquecento la Chiesa cattolica ammetteva il vaticinio per la semina, la previsione del tempo e altro purché non si interrogassero le stelle per le vicende umane. Affidiamoci a Serafino Razzi, predicatore e teologo marradese, per sapere come stavano di preciso le cose:







... è da notare che l'Astrologia o vero sermone delle stelle (fuori da questi casi detti) non solo non è biasimevole, ma è una delle Arti libere, è raccomandabile e necessaria alla salute humana perciocché per essa si conoscono i tempi opportunati alle sementi, alle medicine e altre cose simili; purché non si travagli direttamente intorno gl'atti umani.