La chiesa di San Vittore
e San Carlo, a Genova
(una lezione di poesia
da Dino Campana)
ricerca di Claudio Mercatali
Genova è una città amata da Dino Campana, che vi soggiornò in diversi periodi per differenti motivi. Fu iscritto all' università, di lì partì per l'Argentina, si ispirò ai quartieri vecchi per le poesie, fu ricoverato all' ospedale, rispedito con il foglio di via ...
La poesia Nostra Signora della Fortuna, scritta in un foglio datato febbraio 1912, inizia con un canto dei fedeli davanti all’icona di legno conservata nella chiesa di San Vittore e Carlo. Era una polèna che decorava la prua della nave che il 17 gennaio del 1636 naufragò nel porto dopo un temporale.
Il fatto è raffigurato in due dipinti di Agostino Benvenuto nelle pareti del presbiterio. La poesia descrive la cerimonia per la festa che ancor oggi si tiene: gli archi d’oro del presbiterio, le colonne di porfido, il Cristo posto in una cappella alla devozione dei fedeli. I tre versi iniziali sono ripetuti, come l'intercalare usato negli inni. Una turba di suore con il caratteristico cappello "aquilonare" ...
Lasciamo stare tutto questo e analizziamo la poesia dal punto di vista metrico, ossia ragioniamo come un poeta di cento anni fa mentre compone i versi di una lirica. Quali sono le Regole seguite qui da Dino? Sono tante, difficili e strane per noi che non siamo del mestiere:
Secondo la metrica classica ogni verso (riga) deve avere lo stesso numero di sillabe, che in questo caso sono 12, cioè questo è un componimento dodecasillabo. Il conteggio non è per niente semplice, perché deve tener conto delle figure metriche sinalèfe, dialèfe, sinèresi, dièresi. Leggete qui di seguito con pazienza e cercate di rendervene conto.
Nella sinalèfe (simbolo ˆ ) la vocale finale di una parola e quella della parola seguente si fondono. Così il verso Tanto gentile e tanto ˆ onesta pare (Dante) ha sinalèfe in “tanto onesta” che si considera unita in “tantonesta” e quindi con 4 sillabe e non 5. Il contrario è la dialèfe (più rara, simbolo ˇ ) ossia due vocali si contano distinte anche se la pronuncia tende ad unirle: per esempio una ˇ anima invece di un’anima oppure: Ecco gli ˇ Inglesi invece di Ecco gl’Inglesi.
La sinèresi c’è se due vocali vicine nella stessa parola si contano in una unica sillaba. Ad esempio la parola pa – re – a per sinèresi si divide in pa – rea. Dunque si fa una sinèresi quando due o tre vocali della stessa parola, che dovrebbero formare sillabe diverse (uno iàto), si contano come una sillaba sola (un dittongo).Il caso opposto è la dièresi, ossia vocali contigue di una parola si separano. Per esempio in dolce color d'oriental zaffiro (Dante Purg1 v13) "oriental" si divide in o-ri-en-tal invece che o-rien-tal.
Detto questo contiamo le sillabe come fece Dino:
LA MESSA A SANTA MARIA DELLA FORTUNA
Nostra Donna Maria della Fortuna a 12
Volge benigna i suoi divini sogni 12
Sovra le menti che preghiera aduna. a 12
Ne la chiesa, gravata gli archi d’oro 12 d’oro sinalèfe: do-ro
Tra le colonne in porfido, a l’altare b 12 a l’altare sinalèfe: allal-ta-re
Ove splendono quattro fiamme d’oro 12 d’oro dialèfe: di-o-ro
Languida scende nell’aquilonare b 12 nell'aquilonare dialèfe: nel-lo-aquilonare
Cappello, ricca femminile turba 12 la virgola conta come l’articolo “la”
A l’altare del Dio per adorare. b 12
Come scivola ai venti l’augurale c 12
Forma di che affacciato a le fortune 12 a le = alle
L’inquieta prora ha il sogno suo navale: c 12 L’inquieta = lin-quie-ta ha-il = hail
Discioglie la ondulante teoria 12 di-scio-glie dialèfe: te-o-ri-a
Ne l’immoto profilo al morto Iddio 12
In mitica bellezza trionfale. c 11 autografo non chiaro: In una antica?
“Nostra Donna Maria della Fortuna a 12
Volge benigna i suoi divini sogni 12
Sovra le menti che preghiera aduna.” a 12
Tale per gli archi d’oro del passato d 12
Passa la larva di un antico sogno e 12
Nel nulla. E ai suoi confini inconscio agogno e 12 E ai = Eai, incon-scio-ago-gno
Trascina cieca il cuore insaziato. d 12
(Genova)
A Nel verso dodecasillabo l’accento tonico cade quasi sempre nella undicesima sillaba di ogni verso (cioè il verso si dice piano: fortùna, sògni. adùna, òro, altàre … ecc …). Nella metrica classica il dodecasillabo è quasi sempre composto da due senàri piani ma a volte anche da un ottonario seguito da un quaternario. Ai primi del Novecento con l'avvento del verso libero, molti poeti iniziarono ad usare dodecasillabi con metriche differenti da queste. Per esempio qui i versi sono quasi tutti divisibili in settenari + quinari.B Le poesie con i versi a sillabe costanti sono insolite nei Canti Orfici, tanto che dei sette Notturni dei Canti Orfici solo l’ultimo, La petite promenade du poète ha i versi ottonari.
C La rima dà musicalità, ma agli inizi del Novecento fu considerata condizionante e usata sempre meno. In questa poesia c’è una rima incrociata (d-e- e-d) nell’ ultima quartina, una ripetizione della prima terzina rimata messa fra virgolette, e altri accenni di rima secondo la scansione evidenziata dalle lettere accanto al testo qui sopra. Tutto questo è frequente nelle poesie inedite di Campana che furono ritrovate in un brogliaccio detto Quaderno, precedente a Canti Orfici.
Dunque in totale, dal punto di vista “tecnico” questa è una lirica dodecasillaba, a versi piani, con metrica non tradizionale, con una quartina rimata e una terzina ripetuta. Ogni verso comincia con la lettera maiuscola. Il nostro poeta ci dimostra qui di conoscere tutti i parametri della poesia classica ma di saper andare oltre e più alto delle Regole, così come un tenore di fama può cantare sopra lo spartito.
Per ampliare
Altre analisi di questo tipo sono nel tematico del blog: Dino lezioni di poesia