La registrazione dei matrimoni
delle due sorelle
La strada Faentina collegava la Romagna a Firenze già al tempo dei
Romani. Se ne trova traccia nell’ Itinerario Antonino, uno stradario di quei
tempi, nel quale Biforco è indicato con il nome di Castellum (si pensa che sia
il Castellaccio), ripetuto tante volte nella cartografia medioevale.
Dalla metà del
Quattrocento alla metà del Settecento, al tempo dei Medici, questo percorso fu usato soprattutto per importare sale e grano dalla Romagna ma
era volutamente ristretto e malagevole, in modo da essere poco praticabile per
le salmerie e gli eserciti che potevano invadere la Toscana.
I pellegrini diretti a
Roma potevano passare ma il loro transito era penalizzato dai pedaggi, dai
controlli e dai pochi ostelli disponibili a basso prezzo. Era così anche alla Futa, al Muraglione
e al Giogo, perché questi valichi portano nel Mugello, cioè troppo vicino a
Firenze e la cintura sanitaria voluta dalla Signoria non favoriva certo il
transito di queste persone, spesso portatrici di epidemie. Le Vie Francigene
più vicine a noi sono ai Passi della Calla, dei Mandrioli, dello Spino, verso il Valdarno aretino, lontano dalla Città.
Le cose cambiarono alla fine del Settecento, con i Granduchi di Lorena. A quei tempi i commerci con il nord Italia erano diventati indispensabili e il problema delle invasioni non c’era più perché questi granduchi erano del casato Asburgo, lo stesso che controllava quasi tutto il nord Italia. Per questo il Granduca Leopoldo I di Lorena rinnovò i valichi, prima al Muraglione, Poi alla Colla e al Giogo, cambiando i tracciati dove era necessario.
A valle di Marradi la variante più importante fu a Popolano dove la strada granducale venne portata oltre il Lamone, verso San Adriano, Rugginara e Marignano. Il ponte di Marignano fu inaugurato nel 1817, la nuova dogana di Rugginara nel 1841. La vecchia Faentina medioevale, da San Martino in Gattara alla Badia di Campora e poi a Popolano andò in disuso e divenne un semplice stradello interpoderale, com’è anche oggi.
Fino al Settecento il confine con lo Stato Pontificio da Popolano a San Martino non era chiaro, perché oltre il Lamone c'erano diversi campi del Granducato, frutto di sconosciuti accordi o disaccordi medioevali. Dunque la Vecchia Faentina era nel territorio della Chiesa ma toccava diverse enclaves granducali e per semplificare furono proposte delle modifiche, che però andarono a buon fine solo alla fine del Settecento.
Qui accanto: il confine fra il Granducato e lo Stato Pontificio dopo le rettifiche della fine del Settecento. Oggi è il limite fra Toscana e Romagna.
Il primo miglio della vecchia Faentina sotto piena sovranità toscana cominciava alla Badia di Campora, dove c’era il confine ufficiale con lo Stato Pontificio e finiva circa a Filetto, secondo un tracciato che non corrisponde alla strada maestra odierna. Eccoci al punto che ci interessa: c’è rimasto qualcosa? Andiamo a vedere.
La Badia di Campora oggi è una casa poderale dismessa ma il nome indica una diversa origine e nel medioevo era un convento o un cenobio. Non se ne sa di più e già nella cartina della valle del 1597 compare appena come un edificio secondario di culto.
La costruzione della
ferrovia Faentina alla fine dell’ Ottocento cambiò completamente questo sito e
al fosso di Ghizzana il tracciato stradale antico fu interrotto. Però nel fosso
c’è ancora l’arco del ponte di Vasculla che consentiva il passaggio verso
Popolano. E’ sepolto nella vegetazione, pericolante anche solo per il passaggio
a piedi, però è bellissimo nel suo genere, un po’ come spesso le rovine delle
quali non ci si aspetta l’esistenza. Si potrebbe proseguire passando dalla
ferrovia, però l’attraversamento dei binari è vietato e qui è anche poco
agevole. Oltre la strada ferrata c’è la strada vecchia per Valnera, il
cosiddetto Sentiero di Garibaldi, che scende a Popolano attraverso il Ponte di
Buscone, chiuso perché in parte crollato ma aggirabile con un sentiero laterale.
Oltre questo ponticello la via diventa agevole e nel giro di alcune centinaia
di metri ci porta a Popolano.
A Popolano la strada percorre il retro delle case lungo tutto il paese. In realtà
la parola “retro” qui non è esatta perché osservando bene le finestre e i
portoni ci si rende conto che queste erano le facciate degli edifici, rivolte in antico verso la strada principale.
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Alla fine del paese la vecchia Faentina sbocca nella strada odierna, con un raccordo recente. Prima andava diritta nei campi per circa duecento metri e poi passava davanti alla casa di Filetto. Il muro che oggi costeggia la strada per Faenza è della Faentina medioevale.
L’edificio di Filetto è
almeno del Cinquecento, perché compare a filo della strada in una cartina del
1597 con un profilo laterale che oggi c’è solo in parte, con un
portichetto dipinto e una chiesina.
Siamo ormai al traguardo; nel punto del muro in cui la nostra indagine si ferma c’è la pietra miliare K8 che non si capisce bene che cosa indica. Da qui al Ponte di Marignano, frontiera lungo la Faentina nuova del Granduca Leopoldo ci sono 6 km e dalla Badia di Campora ce n'è uno.