Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

martedì 28 maggio 2019

I Longobardi qui da noi

L’eredità di un popolo scomparso
Ricerca di Claudio Mercatali


I Longobardi (= dalla lunga alabarda) 
in un antico disegno.



Quando scompare un popolo? A rigore la scomparsa vera e propria non avviene, è un modo per dire che una popolazione è stata assimilata. In questo caso cessa la sua storia e la sua riconoscibilità, però rimane il ricordo confuso dei linguaggi, delle tradizioni, dei riti, delle leggi, e tutte queste cose filtrano nella cultura dei popoli che hanno prodotto l’assimilazione e sono il lascito di quella gente.

I Longobardi (dalla lunga barba o dalla lunga lancia) entrarono in Italia dal Friuli nel 568 d.C. e conquistarono rapidamente l’Italia settentrionale esclusa la Romagna e la costa marchigiana. Si formò così una frattura fra le regioni sotto il loro controllo, la cosiddetta Longobardìa e il territorio bizantino, detto della Romanìa. Questa spartizione rimase più o meno costante fino al 751 quando il re Astolfo sgominò i Bizantini e prese Ravenna.
Il fatto provocò le proteste del papa e la discesa in Italia dei Franchi, che dopo una serie di eventi sconfissero definitivamente il re longobardo Desiderio. Le vicende di questi secoli sono intricate e interessanti ma ora non sono il nostro scopo e poi è facile documentarsi anche su internet.

Adesso ci importa sapere che i Longobardi arrivarono in Toscana dal Passo della Cisa e dai valichi della Garfagnana nel 576 d.C. guidati dal mitico Duca Gummarith, e fondarono il Ducato di Tuscia, con capitale Lucca. Per questi abili guerrieri fu facile avere la meglio sulle popolazioni autoctone, afflitte dalle carestie, immiserite dalle tasse dei Bizantini e forse il loro arrivo fu ben visto. I loro capoluoghi vicino all’ appennino erano Pistoia, Arezzo e anche Firenze, che allora era una cittadina. Nella nostra zona il loro dominio si estese quasi subito oltre il crinale appenninico, fino alla linea Misileo, San Cassiano e Modigliana e non andò oltre finché Ravenna non cadde in mano loro.

Questo popolo non aveva una lingua scritta ma parlava un dialetto tedesco che abbandonò ben presto, nel giro di poche generazioni. Ecco qui accanto come lo storico dell' Ottocento Enrico Leo descrive questo fatto. Dunque non abbiamo nessuna lapide o documento in longobardo ma solo i nomi di alcuni posti, nel nostro caso filtrati attraverso il dialetto romagnolo e deformati dall’ uso e dal gran tempo trascorso. I casi classici sono i nomi San Martino in Gattara e Gattoleto (in quattro siti: al Passo del Torretto, del Peschiera, di fronte a Campigno, a Fantino sopra Val Zerbara), ma anche Casa del gatto (passo dell'Eremo) e Casa Gattoni (Abeto) derivati da wahtha, posto di osservazione, di guardia e infatti hanno tutti e sette una bella visuale. Mercatale, località di Casola Valsenio e di Galeata, deriva dal longobardo merkthalla che ha la radice sassone halla, “mercato coperto, protetto”, la stessa dell'inglese hall. Lo sappiamo perché il toponimo Mercatale si ripete spesso in Toscana in luoghi di confine, di incontro o scambio, in Val di Pesa, Prato, Vernio, Cortona e Loro Ciuffènna.

Un altro caso è Mont Ermȃn tradotto per errore in Monte Romano invece che in “Monte Ermanno”. Hermann in tedesco significa “fratello” e quindi il sito viene dal longobardo “monte dei miei fratelli”. Questo popolo era organizzato in clan e il riferimento alla famiglia era frequente. Così si spiegano anche i nomi Montemaggiore e Valmaggiore comuni qui da noi, e Valmaggio (S.Adriano e Lutirano), Poggio di Maio (Crespino), Camaggio (Palazzuolo), Casa del Maio (al Faldo di Campigno) che significano “sito alto (mont) o basso (val) dei miei antenati" (maiorum, i maggiori, i vecchi). In questo caso compare il sostantivo latino maiorum e dunque questi toponimi risalgono al tempo in cui i Longobardi avevano già perso la loro lingua ma non i loro costumi, cioè non prima del secolo VIII.


Il riferimento al clan, più vago, forse si ritrova anche in Farfareta, perché la fara era un gruppo di famiglie conviventi e imparentate. Qui da noi ci sono cinque esempi di questa parola: a Campigno, al passaggio a livello di Marignano (Farfareta e fosso di Farfareto), a  Castel dell'Alpi (sul confine con Portico) a Madonna dei Tre Fiumi (Ronta), a Lozzole (Fosso di Farfereta). In Toscana ci sono una sessantina di casi e anche in Umbria e in Abruzzo il toponimo è frequente. Per esempio  Fara San Martino è il paese abruzzese dove ha sede il noto pastificio De Cecco. Ecco dunque un criterio di ricerca: non avendo il riferimento della lingua madre si ipotizza una etimologia e si cercano altri posti con lo stesso nome e soprattutto con le stesse caratteristiche. Più se ne trovano e più diventa probabile l’ipotesi fatta.



Le famiglie portavano la parte del raccolto dovuto nella casa del padrone, la sala, da cui il nome Salecchio, Sala di Sopra e di Sotto (Mantigno) e Monte delle Salaiole (oltre Gamberaldi ma anche nel Mugello). Non si trovano altri casi qui da noi, però l’etimologia è certa: ci sono i Comuni di Sala Baganza (Parma), Sala Bolognese, Sala frazione di Bagni di Lucca, Sala Consilina (Salerno) e altri, tutti fondati dai Longobardi.



Oltre Campigno, nella zona che è già di Villore (Vicchio) si trova un’ altra parola longobarda ripetuta spesso, il borro, che è un corso d’acqua che raccoglie tante sorgentelle. Noi a Marradi diciamo (rio) o foss (fosso) ma il termine ricompare a Palazzuolo, nel Borro dell’Aghezzola (zona della Sambuca). Il Fosso Taluro (è il vecchio nome del Fosso della Cappellina, citato dal prof. Giuli che nel 1834 analizzò le sue acque sulfuree) potrebbe derivare dal tedesco tal = valle e unrein = inquinata, infetta, per l'odore di uovo marcio di alcune sorgenti. 



C'è un toponimo bello vicino a Ponte della Valle (Lutirano), che figura chiaramente del Catasto Leopoldino (1822) però manca nella cartografia successiva. Ha una possibile etimologia tedesca:

La Capanna di Pizzafrù (Psafrù) è alla sorgente di un fossetto: Spitze = posto alto.

C'è anche Rio Faggeto, nel fondovalle dell’ Acerreta a 450m di quota e i faggi non c’entrano perché vivono oltre i 700m. C’entra invece il cafaggio che era una proprietà recintata, una Bandìta, una fattoria, come il noto Castello mediceo di Cafaggiolo, nel Mugello. Questi tre siti sono nel raggio di un chilometro e quindi forse c’era un insediamento. Capita anche a Campigno, dove il Faldo di Sopra e di Sotto, da feld = campo, sono a poche centinaia di metri da Casa del Maio.

Però quasi sempre i nomi si trovano in ordine sparso:

A metà strada fra Crespino e Casaglia c’è la Balza dei frati, da balz = orlo. I frati non c’entrano: il podere di fronte si chiama Le Fratte e fratto o franto significa diviso, fratturato. La divisione è il confine fra le due parrocchie e oggi fra i comuni di Marradi e Borgo S.Lorenzo.
Al confine con San Benedetto c’è Il Becco da bik = capra e al confine con Modigliana c’è Briccola, da brik, il recipiente dove si faceva bollire il latte, in romagnolo e bréc.

Al confine con Brisighella, oltre la fattoria di Galliana c'è il monte Gaggiolo, dalla radice gahagi che significa dare in pegno (agli Arimanni, gli uomini armati).
A Sant’ Adriano lungo la strada Faentina c’è la Valchiera,  che era un laboratorio per la battitura della canapa, da walkan, schiacciare, ma forse anche da walk camminare. Ce n'è un'altra ad Abeto, lungo la strada per Modigliana.

Altri nomi di sospetta origine longobarda sono:

Casa Menaldi (a Lutirano) Casa Ripaldi (Palazzuolo) perché la radice finale – aldo, che poi divenne un nome di persona, significa “vecchio, anziano e anche servo”. Per esempio Menaldo sta per "uomo vecchio" e Gesualdo per "servo di Gesù". Oppure i toponimi che contengono la radice – ari, riferita agli Arimanni, come Marignano, il podere Linari (casa natale di Rocco Guerrini, a Santa Reparata) e forse Pian degli Arali e  Riale (Badia del Borgo) ma anche Le Ari, Ariguzze (Badia di Susinana) Pian dell'Aiara e Arale (Palazzuolo). Dunque Gamberaldi (Campus Araldi secondo lo storico Repetti) significa Campo degli Ari - aldi, ossia dei vecchi guerrieri e Gamberara sta per Campo degli Ari, così come forse Camperìa (Badia del Borgo).
Lo stesso vale per il suffisso - ingo/a, che qui da noi c'è nel nome dei poderi Bertalènga (Popolano) e Bertalinga (Abeto), però in Abruzzo e nell'Umbria è molto più frequente. Ci sono pochi dubbi per due termini con la radice man, (davanti) come Mancorti o suffissa (dopo), come Sermano, due poderi di Badia della Valle. 



C'è invece il dubbio per Corneta e Corneto (Palazzuolo), per Il Corneto, Il Corno, Le Corniete (Marradi), per il Passo del Corno o Corna (Modigliana). Il dubbio viene dal fatto che non è possibile che qui in zona ci siano "corna" da tutte le parti e quindi serve un'alternativa: i nomi potrebbero derivare dal tedesco korn, grano Infatti in ognuno di questi poderi c'è qualche campo pianeggiante e lavorabile, forse ottenuto per disboscamento al tempo dei tempi, mentre tutto attorno i monti sono molto ripidi e coperti dalla macchia.

Vallamento (podere di Lutirano) ha un'assonanza con il tedesco lamm, agnello, e quindi potrebbe essere l'equivalente di Vallagnello, podere di Sant'Adriano e anche di Palazzuolo. C'è infine assonanza per Linsetola, un podere di Trebbana, con linse = lenticchia nel tedesco attuale e - ola diminutivo. Tutto questo è interessante e in un prossimo articolo ne riparleremo.

Quindi i toponimi con probabile origine longobarda non sono pochi in assoluto, ma in percentuale rispetto ai nomi d’altra origine sono in netta minoranza.



Dove si stanziarono di preferenza i Longobardi quando arrivarono qui da noi?

 
Non lo sappiamo, ma con la distribuzione dei toponimi si può ragionare un po’. Probabilmente la zona del capoluogo, senza pascoli né terre facili da coltivare non fu la più gradita. Invece la piana di Sant’ Adriano era ottima, ma vicina al confine con l’Esarcato e allora i Longobardi allestirono una wahtha, (Gattara) cioè un posto di osservazione per evitare sorprese e una Scola (è il nome antico di Sant’ Adriano) da skult o sculca, luogo militare di vigilanza, com' è spiegato nell' Editto di Rotari che è qui sopra.



Nei resoconti della visita pastorale di don Ascanio Marchesini (1573) è segnata come "scola" anche Boesimo e in altri documenti anche Monte Romano e la parrocchia di San Lorenzo in Marradi (il circondario). Ci sono altri esempi nell’ appennino: Scola di Vimignano è un bel borghetto medioevale a Riola di Porretta Terme (Bologna) anche questo al confine con l’Esarcato. Questi nomi un po' astrusi si ricavano dai Codici delle leggi longobarde.



L'Editto del re Rotari è la principale raccolta di leggi longobarde, scritte in latino perché non c'era una lingua longobarda utilizzabile per i codici. Ecco qui accanto qualche esempio. Si tratta naturalmente di leggi in linea coi tempi, adatte alle consuetudini di quel popolo barbarico (dài una scorsa per fartene un' idea) …

Siccome erano allevatori la zona di Campigno sarà stata senz’ altro desiderabile (Faldo di Sopra e di Sotto, Casa del Maio, Gamberara, Farfareta, il Gattoleto, Pian degli Ari (Arali) ma forse apprezzarono di più la valle di Lutirano (Briccola, il Gattoleto, Casa Menaldi, Sermano, Rio Faggeto, Mancorti, Pizzafrù, Valmaggio) fertile e sicura, perché già signoreggiavano i feudatari di Modigliana, anche loro di origine tedesca e forse longobarda. Nel remoto anno 823 costoro erano già così forti e aggressivi da impadronirsi delle terre della corte Acereta e di Lutirano che erano dell’ episcopo (il vescovo) di Faenza, il quale si lamentò con l’imperatore Lotario di passaggio in città, diretto a Roma per l’incoronazione. Lo storico faentino Agostino Tolosano, morto nel 1226 nel suo Cronicon racconta il fatto così …

“Quodam tempore Romam pergens a Faventinis receptus est honorifice: qui curtem quandam Aceretam nomine ad pedes Alpium positam Faventino subposui comitatui; Lautiranum autem quod comes Tigrimus invaserat, restitui fecit episcopo”.


 Che tradotto sarebbe: … In quel tempo (è l’anno 823 d.C.) Lotario diretto a Roma fu accolto con onori dai Faentini: il quale fece sottomettere alla comunità di Faenza la corte chiamata Acereta posta ai piedi dell’Alpe che era sottoposta alla diocesi Faentina; e fece restituire al vescovo anche Lutirano perché il conte Tigrimo l’aveva invasa.

Così dalle nebbie dell’alto medioevo a cercare bene riemergono le tracce dei Longobardi, il popolo che non sapeva scrivere la sua lingua.

martedì 21 maggio 2019

1850 Un movimentato carnevale a Brisighella

L’assalto della Banda del Passatore
ricerca di Claudio Mercatali

Il Passatore secondo una classica
rappresentazione (ma questo non era
il suo aspetto).


Il 7 febbraio 1850 la banda del Passatore assalì Brisighella. Verso sera i briganti attraversarono il Lamone al Ponte della Busìna (… oggi delle Terme) ed entrarono in paese di sorpresa. Erano i giorni del carnevale e all’improvviso comparvero i ladroni nella sala da ballo gremita …




Lasciamo il racconto ad Antonio Metelli (1807 – 1877) autore della Storia di Brisighella e della Val di Amone, fonte senz’altro attendibile perché era uno storico ben documentato e contemporaneo del fatto.
La fecero franca i briganti? In questa occasione si ma le loro imprese spericolate durarono poco: il Passatore morì a Russi in uno scontro a fuoco con i gendarmi il 23 marzo 1851, alcuni dei suoi furono presi dopo poco, processati per direttissima e fucilati nel maggio 1852. Giuseppe Afflitti, detto il Lazzarino, continuò per qualche anno le sue scorribande e fu arrestato dai gendarmi del Granduca il 16 gennaio 1857 vicino a Santa Sofia, nella Romagna Toscana.
 
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… Restavano ancora a dividersi gli argenti, che servivano all'uso dei deschi, dello scrivere e dell'allumare nella notte le stanze e propostovi dal Pelloni che ciascuno a voglia sua vi facesse offerta di denaro, nessuno si trovò che per prezzo e con disagio e pericolo di sé stesso volesse acquistarli, laonde ripostili nuovamente dentro un sacco li affidò in cura all'ospite ordinandogli di sotterrarli senza che per l'appresso venissero più richiesti dai malandrini, che poi andarono coi complici loro parte imprigionati, parte morti e dispersi, sicché o diventarono possessione di qualche avaro villano o rimangono ancora occulti dentro le viscere della terra per pigliar poi il nome di tesoro quando accada che per caso siano riscoperti.
 
Ma dov'è Prato di Sopra dove i banditi si spartirono la refurtiva?
Nella toponomastica di Modigliana non c'è nessuna villa con questo nome, in compenso nel comune di Marradi vicino al confine con la Romagna c'è Pian di Sopra, che oggi è un agriturismo molto frequentato in primavera e lì accanto c'è Pian di Sotto, che a metà Ottocento era della famiglia Bandini. A 1 km, sopra San Cassiano, proprio al confine con lo Stato Pontificio  c'è il Monte del Tesoro …
Insomma in questa zona ci può essere del lavoro per gli appassionati di ricerche con il metal detector.

 
Per approfondire sul brigantaggio: cerca sul blog "La banda Buriga" e "Facinorosi pontifici". Digita questi titoli nella casella in alto a destra nella copertina del sito.
 

I briganti negli anni dell'Unità d'Italia

I fuorilegge
nella Romagna Toscana

 


Il libro Facinorosi Pontifici, di cui c’è un estratto nell’Archivio tematico del blog alla voce La Romagna Toscana, è stato apprezzato dal prof. Fabio Bertini dell’Università di Firenze, nella recensione qui accanto.

Dice Bertini:Se molte cose si sono scritte sul grande brigantaggio meridionale all’indomani dell’Unità, molto c’è da conoscere e dire sul brigantaggio fra la Toscana e lea Romagne, quella dipendente nell’Ottocento dal Ganducato e quella afferente il territorio pontificio …

Per questo nella ricerca che segue c’è la cronaca dell’occupazione di Brisighella, fatta dal Passatore nel 1850, un episodio non molto noto ma analogo al famoso assalto al teatro di Forlimpopoli. Il cronista è Antonio Metelli, attendibile perché storico scrupoloso, brisighellese e contemporaneo del fatto.  
 
 
 
 

martedì 14 maggio 2019

Successe nel 1817

Cronaca della vita a Marradi
Ricerca di Claudio Mercatali

 

Siamo nel 1817 ed è da poco finita l’epoca napoleonica. A seguito del Congresso di Vienna ritornano i sovrani spodestati dai Francesi e quindi a Firenze il Granduca Ferdinando III.
A Marradi le cose dal punto di vista economico vanno abbastanza bene: è finito il periodo degli arruolamenti forzati nelle armate dell’ Impero Francese, le tasse sono diminuite perché non ci sono più guerre da finanziare ma soprattutto sono ripresi i lavori per la nuova Strada Faentina, il moderno collegamento fra la Toscana e la Romagna che toglierà il paese dall’ isolamento. Però le condizioni igieniche del capoluogo sono un disastro: in estate un’epidemia di tifo provoca molti morti.

 


 
 
11 marzo 1817 

Per promuovere la coltivazione delle patate l’Imperiale Regio Governo (i Granduchi Lorena avevano questo titolo, perché erano degli Asburgo) regala a Marradi 2000 libbre di tuberi e raccomanda di piantarli e di non venderli per il consumo.
Luigi Bambi, il vetturino che ha portato a Marradi i sacchi, riceve un compenso di 54 lire 6 soldi, 8 denari e il camarlingo del Comune gli rilascia la ricevuta.



Dal 31 marzo
al 5 aprile

Dai libri paga della Camera delle Comunità risulta che 700 operai lavorano per costruire la strada da Marradi a Crespino.

 


 

 
 
 
 
 
30 aprile

Giovan Carlo Fabroni scrive al Comune: “Il sottoscritto Perito Comunitativo dietro riscontro fatto della Strada Faentina da Marradi a Marignano accollata ai Signori Cavalier Jacopo Fabroni e Soci certifica che i signori accollatari oltre ai lavori indicati nell’ultimo certificato fatto il di 21 gennaio passato hanno compiuto il tratto di strada rimasto da formarsi nei campi del podere di Scorzolino …”. Il perito Giovan Carlo (il controllore) e Jacopo Fabroni (il controllato) accollatario dei lavori sono fratelli; oggi noi diremmo che qui c’è un conflitto di interessi.

 


24 giugno

L’editto napoleonico di Saint Cloud (1804) aveva vietato la sepoltura nelle chiese per motivi igienici. A partire da quell’anno si costruiscono o ampliano tutti i cimiteri. Uno di questi era dietro alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie (nota coma “la Cappellina”) e ancora oggi scavando nei campi attorno emergono delle ossa. Come mai nei mesi di giugno e luglio vengono sepolte qui 14 persone miserabili?

 

1 luglio

Il Comune rimborsa all’Ospedale San Francesco le spese per una lunga serie di ricoveri. In paese c’è una epidemia di tifo petecchiale. Il tifo esantematico o tifo dei pidocchi o petecchiale è una malattia infettiva tipica dei luoghi con gravi deficienze sanitarie. Questo è il motivo delle tante sepolture alla Cappellina.

 

5 luglio

Si noleggia una carrozza per l’ingegnere che segue i lavori della Faentina.

 
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1 agosto

Il capomastro Jacopo Mughini presenta la nota spese per il lavori fatti nella Pubblica fonte, situata nel centro del paese, all’angolo del muro del Convento, come indicato qui accanto. Questa fonte sarà poi demolita dopo qualche anno per far posto alla cosiddetta Strada Nuova (via Razzi) che era la Nuova Faentina dentro il paese.

 




14 agosto

Arriva il conto dalle ditte che hanno lavorato al ripristino delle strade della Badia del Borgo, di Palazzuolo, di Gamberaldi. Il percorso di allora non è quello odierno: la prima passava da Casa della Volpe e poi dalla Presìa. La seconda saliva dalla Cappellina, verso il podere Voce Chiara, fino al podere Valpedro Primo (oggi noto come Ponte di Collecchio), la terza passava dal podere Il Corno e andava verso il podere Campolungo.

 
 




 
 
agosto - settembre

Continuano gli elenchi della parrocchia di S.Lorenzo sepolti a spese del Comune perché miserabili e quasi tutti vittime dell’epidemia di tifo petecchiale.

 

 

4 ottobre

Il notaio manda il conto al Comune, che ha acquistato la Villa dell’ Annunziata, ex Convento dei Padri Serviti chiuso ed espropriato da Napoleone nel 1807.
Negli anni seguenti sarà messa all’asta e dopo una lite andrà agli immancabili Fabroni.

 

30 gennaio 1818

L’ingegner Girolamo Vettori presenta il conto per il progetto del Ponte di Marignano.

 

Fonte: documenti dell’Archivio storico del Comune di Marradi.

mercoledì 8 maggio 2019

La Diocesi di Modigliana

Storia di una piccola diocesi
al confine fra il Granducato
di Toscana e lo Stato Pontificio
ricerca di Claudio Mercatali


Modigliana

La Diocesi di Modigliana venne istituita nel 1850 e comprendeva i comuni di Tredozio, Marradi, San Benedetto in Alpe e altri territori della Romagna Toscana nella valle di Rocca San Cassiano. Non comprendeva Palazzuolo sul Senio che faceva parte, come oggi, dell’Arcidiocesi di Firenze. Prima di allora per quasi cinque secoli i comuni prima detti erano nella Diocesi di Faenza, assieme a Brisighella.

Perché questo cambiamento? Il motivo è che alla metà dell’ Ottocento, negli anni del Risorgimento, non era opportuno che i vescovi di Faenza e Forlì – Bertinoro avessero autorità anche in qualche parte del Granducato. Essi infatti oltre che pastori di anime, erano anche Governatori dello Stato Pontificio, quindi avevano un potere politico e i due ruoli potevano interferire.


In quegli anni agitati il confine del Granducato era attraversato da patrioti in fuga dalla Gendarmeria Pontificia e il Granduca verso di loro spesso era benevolo. Così fu per Garibaldi in fuga da Roma nel 1849 dove aveva partecipato alla Repubblica Romana nata dopo la cacciata di Pio IX. Era stato così anche nel settembre 1845 quando il patriottico conte Pasi, di Faenza, fuggì verso Modigliana dopo una rivolta fallita e forzò il confine a Marzeno con una sparatoria contro la Gendarmeria Pontificia. Fu così anche per Gaspare Finali, patriota e poi senatore del Regno d’Italia, che nel 1855 fuggì da Cesena a Marradi per evitare l’arresto e poi divenne assiduo qui da noi tanto che gli abbiamo dedicato una via.


Dunque il Granduca Leopoldo II ottenne dalla Santa Sede di istituire una nuova diocesi, apposta per i territori della Romagna Toscana. La sua storia fatta con i documenti di allora è qui accanto. Leggiamo:

  
  
 
Il prete veneziano Giuseppe Cappelletti nei suoi libri "Le chiese d'Italia" elenca e descrive  le varie parrocchie in modo molto dettagliato. 
 
 
 
 
 
 
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Nel 1853 fu nominato il primo vescovo, Mario Melini, e così la Diocesi cominciò a funzionare. Ecco qui accanto una sua disposizione del 1861, dove spiega come ci si deve comportare durante i periodi di digiuno …

Nel 1986 la Diocesi venne unita a quella di Faenza, e allora si formò la Diocesi di Faenza e Modigliana.
 
Fonti: Giuseppe Cappelletti, Le chiese d'Italia, Venezia 1863
Attilio Zuccagni Orlandini, Ricerche statistiche del Granducato di Toscana,
Firenze 1853 

 

giovedì 2 maggio 2019

1428 La sottomissione

Il Comune di Marradi
passa a Firenze
Ricerca di Claudio Mercatali

 
Il Palagio dei Priori,
che poi divenne Palazzo Vecchio.


Com’è noto alla fine del Trecento e nei primi tre decenni del Quattrocento il Comune di Firenze si espanse nel versante adriatico e prese il controllo dei 14 comuni della Romagna Toscana, cioè tutta la fascia appenninica da Palazzuolo a Bagno di Romagna. Si trattò spesso di un sottile gioco politico e diplomatico, fatto di acquisti, eredità vere o verosimili e accordi di vario genere con i signorotti locali e i monaci Camaldolesi e Vallombrosani. Nel caso di Modigliana nel 1428 ci fu una libera sottomissione degli abitanti, che dopo la cacciata dei Conti Guidi si erano costituiti in libero comune ma temevano soprattutto di essere inglobati dal Comune di Faenza. Invece Palazzuolo venne conquistato di forza nel 1372, dopo una guerriglia durata quasi un secolo con i feudatari Ubaldini, grandi nemici della Città. Marradi passò sotto Firenze nell’agosto del 1428 dopo l’assedio del Castellone e la cacciata dei Conti Manfredi.
In conseguenza di questi fatti in quasi tutta la Romagna Toscana vennero demoliti i castellari dei precedenti signori, ad eccezione delle rocche più significative. Era un gesto politico importante per dimostrare che Firenze governava dal Palazzo Pretorio al centro del capoluogo e non da rocchette disseminate sui vari cocuzzoli del territorio.
I nuovi signori venivano per restare, non solo per conquistare, e quindi era importante che gli abitanti manifestassero il loro assenso e facessero atto di sottomissione. Secondo un sapiente cerimoniale a Modigliana nel 1428 le milizie fiorentine entrarono in paese solo al rintocco delle campane che suonavano a festa e Marradi il 7 ottobre 1428 mandò una delegazione al Palagio dei Priori di Firenze per firmare l'Atto di Sottomissione con una solenne Cerimonia.

L’Atto venne trascritto in pergamena e poi stampato e conservato negli Archivi Toscani, così noi lo possiamo leggere.

Il Palazzo dei Priori è il nome antico di Palazzo Vecchio, che cambiò dopo la metà del Quattrocento quando cominciò la Signoria dei Medici.




Fiumana e Scola sono gli antichi nomi di Popolano e Sant'Adriano.





Articolo 19
… Che gli uomini e persone di quei comuni e luoghi e i loro beni siano liberi da qualunque affitto, censo, omaggio o accomandigia e da qualunque altro onere, obbligo e servitù, che così per le persone come per i beni avevano coi loro antichi signori.
 
 
Per approfondire: Consultare nel tematico del blog le voci “La Romagna Toscana” e “Storia del 400”.