Notti d’arte a Marradi 2
(comunicato stampa)
Anche per l’estate 2011 Marradi riserva alle esposizioni artistiche le ore serali del giovedì. Le proposte, promosse dal gruppo culturale “Amici di Lanfranco Raparo” e dalla Biblioteca Comunale, patrocinate dal Comune di Marradi, comprendono due mostre, una alla “Sala espositiva L. Raparo”, dedicata all’arte del ritratto; l’altra nel cortile della Biblioteca adiacente al cinquecentesco Convento delle Domenicane, dedicata alla pittura e alla fotografia, con piccoli assaggi di scultura e creazioni floreali.
Nelle serate del giovedì dei mesi di luglio e agosto, in concomitanza con le tradizionali bancarelle dell’usato e del piccolo antiquariato, sarà possibile visitare le due mostre, arricchendo la giornata marradese con una occasione culturale, variata nelle proposte e nei contenuti.
Lanfranco Raparo – Ritratti si inaugura sabato 2 luglio 2011 alle ore 18, al primo piano del Centro culturale “Dino Campana”, via Castelnaudary 5 e sarà visitabile tutti i giovedì sera dalle ore 21 alle ore 23 fino al 15 agosto; per aperture straordinarie contattare i numeri 339.4988933 o 334.9137291. La mostra propone un fortunato settore della pittura di Lanfranco Raparo, artista che gode a Marradi di un largo seguito di estimatori e collezionisti. Accanto ai ritratti che già sono stabilmente presenti nella Sala espositiva permanente, sarà presentata una cospicua serie di ritratti raccolti presso le famiglie marradesi, reperiti attraverso il passa-parola degli “Amici”. Le opere, tutte di elevata qualità, offrono l’immagine di intere famiglie, in eleganti disegni eseguiti preferibilmente a lapis, sanguigna o matite colorate, prestiti in maggioranza inediti che concorrono a creare una galleria di volti marradesi collocabile tra gli anni ’70 del XX secolo e il primo decennio del secolo attuale, di indubbio interesse artistico, ma anche storico e sociologico.
La mostra “Arte sulle mura del Convento” si inaugura giovedì 14 luglio 2011 alle ore 21 nel cortile della Biblioteca Comunale di Marradi in via Castelnaudary 5 e sarà visitabile tutti i giovedì sera dalle ore 21 alle ore 23 fino al 15 agosto. Riprendendo e allargando la fortunata esperienza dello scorso anno, la mostra propone nelle serate del mese di luglio opere pittoriche di artisti ai quali è stato assegnato uno spazio sul muro del Convento, con piena autonomia di esporre al pubblico opere eseguite con tecniche diverse e tematiche liberamente scelte, variandole a ogni appuntamento. Nelle due serate del mese di agosto saranno invece esposte per le prima volta opere di fotografia, eseguite da fotografi marradesi e non (e fra i “non” si registrano diverse autorevolissime adesioni). Gli autori avranno piena libertà di comporre le loro immagini e saranno presenti, come i pittori, per incontrare il pubblico marradese.
Il Comitato Amici di Lanfranco Raparo e la Biblioteca Comunale di Marradi
Lanfranco Raparo, Marradi
lunedì 27 giugno 2011
martedì 21 giugno 2011
GLI OLII BALSAMICI
del nostro appennino
di Claudio Mercatali
Fiori di Ipericum perforatum
I fiori macerati o fermentati nell'olio liberano le loro essenze e generano degli olii aromatici o medicamentosi. La farmacopea e l'erboristeria antiche sono ricche di ricette per preparare queste essenze e ora ne proveremo due, che sono ben note anche qui da noi perché si fanno con piante spontanee nel nostro appennino. Per prima cosa useremo il fiore dell'iperico, un'erba che raggiunge il massimo di fioritura in questi giorni. La leggenda dice che per S.Giovanni, cioè il 24 giugno, assume delle proprietà miracolose ...
Come si fa l'olio di iperico
L'iperico è un'erba con fusto eretto ben riconoscibile anche quando non è fiorita perché ha le foglioline che in controluce sembrano bucherellate, ma in realtà hanno piccole vescichette oleose da cui il nome Ipericum perforatum. Nei petali ci sono delle piccolissime strutture contenenti l'ipericina, un pigmento naturale rossiccio. Per questo l'olio di iperico è rosso quando è pronto per l'uso. Le foglie sono opposte e oblunghe. I fiori gialli hanno cinque petali delicati e dei tipici stami che sporgono dalla corolla. Essi raggiungono la fioritura massima a fine giugno, da cui il nome popolare di fiori di S.Giovanni o del Solstizio (che è oggi, 21 giugno).
Dai fiori si ottiene un estratto, detto olio di iperico o olio di S.Giovanni, usato per curare pelli secche ed arrossate. Grazie alle proprietà emollienti si usa anche per scottature, psoriasi, invecchiamento della pelle, smagliature, cicatrici, segni provocati dall'acne, mani screpolate, emorroidi e punture di insetti. Stimola la rigenerazione cellulare e per questo è efficace contro le dermatiti da contatto, cioè quelle eruzioni cutanee di bollicine piene di liquido, che si prendono quando si toccano delle sostanze o dei prodotti tossici e che altrimenti si devono curare con creme al cortisone. Come si fa l'olio di iperico?
Mettete i fiori appena colti in una bottiglia di vetro, immersi in olio d'oliva. Lasciate la bottiglia al sole, su una pietra calda, e ogni tanto capovolgetela per rimescolarne il contenuto. Dopo venti giorni filtrate (una calza da donna va benissimo) e otterrete un olio limpido, rossiccio e dal profumo caratteristico.
La bottiglia è pronta,
fra due setimane l'olio diventerà rosso.
(L'iperico di questa foto è il domesticum, una varietà da giardino).
(L'iperico di questa foto è il domesticum, una varietà da giardino).
L'OLIO DI LAVANDA
Il profumo della freschezza e della tranquillità
La lavanda è una pianta originaria delle regioni mediterranee, molto diffusa, coltivata o spontanea, poco esigente dal punto di vista ambientale. Vive anche nelle zone aride e sassose, purché ben soleggiate. Ce ne sono diverse specie e quella più nota qui da noi è la Lavanda angustifoglia, dal tipico odore. Per sentire il suo profumo non servono delle ricette particolari e infatti il modo più semplice è raccogliere i fiori in mazzetti da mettere nei cassetti in mezzo alla biancheria. Però ora vogliamo preparare un olio essenziale, da usare anche fuori stagione.
Serve un vasetto di vetro e qualche dischetto di cotone, quelli per la pulizia del viso sono proprio adatti, l’importante è che siano della larghezza del contenitore. Ci serve anche un olio di semi di arachidi o di frumento. Raccogliete le spighe dei fiori più giovani e inzuppate nell’olio i dischetti di cotone. Riempite il vaso a strati, con un primo strato di sale poi un dischetto di cotone impregnato d’olio e infine uno strato di fiori, poi di nuovo un disco, il sale, un altro disco, i fiori e così via finché il vaso non è pieno. Fate in modo che il sale rimanga fra due dischetti di cotone. Mettete il vaso al sole o in un posto caldo per una paio di settimane almeno e poi aprite e filtrate. Il risultato sarà un olio profumato e non commestibile.
Il vaso è pronto.
Non rimane che metterlo al sole.
La profumazione dell’ olio essenziale è delicata, e si dice che porti tranquillità. E questo è proprio uno dei suoi principali utilizzi: secondo alcuni il sonno arriva prima e più dolcemente se si bagna con qualche goccia un fazzoletto e si mette vicino al guanciale.
domenica 19 giugno 2011
LA BUONA MUSICA È COSA BUONA per MARRADI di Antonio Moffa
Domenica 29 maggio il complesso orchestrale OPERA IN-STABILE, con sede legale a Marradi, ha qui esordito ufficialmente, nella chiesa delle Domenicane, eseguendo lo Stabat Mater di Pergolesi, sotto la guida del maestro Giacomo De Simonis, fresco diplomato in Direzione d’Orchestra.
L’esordio di “Opera In-Stabile”, recentemente costituita nella sua veste giuridica e organica definitiva,, è stato un evento musicalmente significativo per Marradi in quanto il complesso vuole sentirsi marradese, anche se la sua sede operativa è Firenze ed i programmi hanno obiettivi internazionali, coerentemente con le esperienze dei suoi principali esponenti.
“Muor giovane colui ch’al ciel è caro”: questa citazione leopardiana da un frammento di Menandro ci fa pensare che Pergolesi sia andato in paradiso due volte. Infatti il musicista, nato a Jesi, ma di formazione musicale tutta napoletana, scrisse lo Stabat Mater poco prima della morte, avvenuta a soli 26 anni, nel 1736. In tal senso il suo ultimo capolavoro ricorda il Requiem di Mozart, anche se Pergolesi è morto 9 anni più giovane. Egli resta grande ed eccezionale nella storia della Musica perche in soli 5 anni (sic) di attività compositiva si cimentò anche nel teatro musicale (Serva padrona, Frate ‘nnamorato, Olimpiade) ed in fresche e piacevoli composizioni cameristiche, che il neoclassicismo novecentesco rivisitò con grande attenzione (vedi Pulcinella di Stravinskij).
L’Opera In-Stabile ha dato un’interpretazione intima e commovente del lavoro pergolesiano in un’atmosfera di composta drammaticità. Le due voci soliste (l’alto è stato superbo) e gli strumenti si sono amalgamanti in una densità musicale senza cedimenti. Gli archi acuti hanno sottolineato i momenti di più intenso dolore mentre i violoncelli ed il contrabbasso, suonato dalla nostra concittadina Barbara Betti, hanno descritto con grande effetto i passaggi più cupi e meditativi. Il lungo applauso finale ha portato al bis della “Sancta Mater”, la sezione più lunga.
Speriamo di riascoltare presto l’Opera In-Stabile e buttiamo là due titoli: lo Stabat Mater di Vivaldi e il Te Deum di Kodaly.
Dopo il concerto, il pubblico ha girovagato fra corridoi, scalini e stanzette dell’ala del convento di clausura aperta al pubblico, degustando un generoso e raffinato buffet offerto dalle monache.
All’uscita la facciata nobile di palazzo Torriani sembrava più solenne e via Fabroni più ampia: miracoli della Musica e del vento di grecale che aveva reso fresca e cristallina l’aria serale di fine maggio.
Antonio Moffa
L’esordio di “Opera In-Stabile”, recentemente costituita nella sua veste giuridica e organica definitiva,, è stato un evento musicalmente significativo per Marradi in quanto il complesso vuole sentirsi marradese, anche se la sua sede operativa è Firenze ed i programmi hanno obiettivi internazionali, coerentemente con le esperienze dei suoi principali esponenti.
“Muor giovane colui ch’al ciel è caro”: questa citazione leopardiana da un frammento di Menandro ci fa pensare che Pergolesi sia andato in paradiso due volte. Infatti il musicista, nato a Jesi, ma di formazione musicale tutta napoletana, scrisse lo Stabat Mater poco prima della morte, avvenuta a soli 26 anni, nel 1736. In tal senso il suo ultimo capolavoro ricorda il Requiem di Mozart, anche se Pergolesi è morto 9 anni più giovane. Egli resta grande ed eccezionale nella storia della Musica perche in soli 5 anni (sic) di attività compositiva si cimentò anche nel teatro musicale (Serva padrona, Frate ‘nnamorato, Olimpiade) ed in fresche e piacevoli composizioni cameristiche, che il neoclassicismo novecentesco rivisitò con grande attenzione (vedi Pulcinella di Stravinskij).
L’Opera In-Stabile ha dato un’interpretazione intima e commovente del lavoro pergolesiano in un’atmosfera di composta drammaticità. Le due voci soliste (l’alto è stato superbo) e gli strumenti si sono amalgamanti in una densità musicale senza cedimenti. Gli archi acuti hanno sottolineato i momenti di più intenso dolore mentre i violoncelli ed il contrabbasso, suonato dalla nostra concittadina Barbara Betti, hanno descritto con grande effetto i passaggi più cupi e meditativi. Il lungo applauso finale ha portato al bis della “Sancta Mater”, la sezione più lunga.
Speriamo di riascoltare presto l’Opera In-Stabile e buttiamo là due titoli: lo Stabat Mater di Vivaldi e il Te Deum di Kodaly.
Dopo il concerto, il pubblico ha girovagato fra corridoi, scalini e stanzette dell’ala del convento di clausura aperta al pubblico, degustando un generoso e raffinato buffet offerto dalle monache.
All’uscita la facciata nobile di palazzo Torriani sembrava più solenne e via Fabroni più ampia: miracoli della Musica e del vento di grecale che aveva reso fresca e cristallina l’aria serale di fine maggio.
Antonio Moffa
giovedì 16 giugno 2011
Giornate dell'acqua
Sabato 18 giugno 2011 ore 16.00 a Crespino del Lamone (Marradi)
GIORNATE DELL'ACQUA
Inaugurazione della mostra "METTIAMOCI IN LUCE"
Esposizione dei lavori eseguiti dai corsisti dell'UDEL di Marradi nei corsi di Pittura ad olio (docente Domenica Pieli), Collage (docente Maria Gabriella Bombardini) e Fotografia (docente Muriel Prandato)
La mostra resterà aperta finoa settembre e sarà visitabile su richiesta e durante le iniziative crespinesi
sabato 11 giugno 2011
Qualche pianta da cucinare
di Claudio Mercatali
I vitalbini sono le punte della pianta
Certe piante erbacee spontanee del nostro appennino sono commestibili e un tempo erano un alimento comune, gradito ed economico. Qui di seguito ci sono quattro semplici ricette, e nell'archivio del blog, al mese di maggio 2011, ce ne sono altre quattro. Dalle piante si possono ricavare anche degli oli balsamici, come l'olio di iperico, descritto nell'articolo del 21 giugno, qui su questo blog.
LA VITALBA
Una tenace pianta rampicante
Potete raccogliere la vitalba quando inizia a vegetare, in primavera, e per tutta l'estate. I raccolti migliori si fanno di solito nel mese di giugno quando le temperature sono già estive, ma il terreno è ancora umido. Ci servono le punte della pianta, i cosiddetti vitalbini, e anche le foglie se sono ancora piccole.
I vitalbini devono essere bolliti per disattivare certi principi tossici che contengono, come molte piante della famiglia delle Ranuncolacee. Dopo la bollitura scolateli e lavateli con acqua tiepida. L’impiego classico è quello di lessarli e poi friggerli in padella, con un po' d'olio. Ci sono molte varianti: qualcuno aggiunge un po' d'aglio tritato, altri un po' di peperoncino in polvere e altri ancora una spolverata di forma.
Le foto qui accanto si riferiscono a una frittata, preparata facendo rosolare del riso ben cotto in precedenza, assieme alla vitalba lessa e aggiungendo un uovo, da mescolare al tutto mentre si frigge per qualche minuto. Il piatto è saporito ma va consumato con moderazione, perché le ranuncolacee mantengono sempre un po' di principi tossici anche se sono lesse.
Una ricetta per un condimento potrebbe essere questa: raccogliete cime di ortiche, vitalbini e foglie giovani di malva in pari quantità. Lessate il tutto e fate ben scolare premendo la massa sul fondo del colino. Dopo aver fatto soffriggere un po’ d’aglio fate saltare in padella un gambuccio di prosciutto passato nel tritacarne, quando è ben rosolato, aggiungete la verdura lessata finemente triturata a mano. Portate a cottura aggiungendo un po' di brodo e magari anche un bicchiere di vino bianco.
La pianta che rende
amara la birra
amara la birra
Il luppolo è una pianta rampicante che vive vicino ai fossi, preferibilmente all'ombra e dove c'è qualche albero da invadere. I suoi getti si avvolgono attorno ai tronchi e possono salire per diversi metri. E' una angiosperma dioica, con fiori maschili e femminili, e si usa per la fabbricazione della birra. I fiori femminili, messi a fermentare nel malto conferiscono il tipico sapore amaro a questa bevanda. Però adesso ci interessano le punte delle appendici rampicanti, che sono commestibili.
Gli apici, della lunghezza di circa 20 cm, si raccolgono in primavera (marzo-maggio) e si cucinano come gli asparagi. A differenza della maggior parte dei germogli commestibili, i getti di luppolo sono più gustosi se sono grossi. Lessateli per dieci minuti, con cura, in modo da eliminare il tessuto ruvido che li ricopre e rosolateli in padella, meglio se con il riso, oppure per fare delle frittate.
Si possono anche mangiare lessi, conditi con burro, come contorno di un piatto di carne, come si vede nella fotografia qui sotto.
Le foglie del luppolo hanno cinque lobi (tre quando sono giovani) e i getti assomigliano un po' a quelli della glicine. Se qualcuno ha dei dubbi basta toccarli per sentire la loro tipica rugosità o metterli su una manica: aderiscono come se fossero coperti da un velcro.
Con la cottura la rugosità degli apici di luppolo scompare completamente e rimane un'erba soffice e liscia.
LA GLICINE
Un fiore nella ricotta
La Wisteria sinensis nota come Glicine, originaria della Cina è una pianta rampicante ed elegante. In primavera produce dei vistosi fiori a grappolo, di un bel colore viola, che pendono dalla pianta.
Cogliete i fiori, togliete il gambo e quasi tutti i petali. Del fiore interessa il carpello, cioè la parte dove si infila l'ape, perché è lì che si forma il nettare. Assaggiate qualche fiore e se non vi sembra dolce abbastanza aggiungete un po' di zucchero. Inumidite con un po' d'acqua e frullate il tutto. Poi aggiungete della ricotta e frullate di nuovo. Le proporzioni degli ingredienti sono mostrate qui sopra a sinistra: un etto di ricotta richiede due cucchiai di zucchero e una manciata di fiori.
Si ottiene un dessert dal sapore particolare. Questa è la ricetta più semplice, però ci sono varianti più sofisticate e tutte si basano sul fatto che i fiori di glicine hanno molto nettare, soprattutto nella zona di attacco della corolla al carpello, dove ci sono le cellule che lo producono. Quindi ricordatevi di usare il fiore intero, soprattutto il carpello. I petali sono la parte che ci interessa meno. Dunque si tratta di dolcificare un formaggio usando lo zucchero da cucina, o il fruttosio, o il miele d'acacia e aggiungendo anche del nettare.
Si ottiene un dessert dal sapore particolare. Questa è la ricetta più semplice, però ci sono varianti più sofisticate e tutte si basano sul fatto che i fiori di glicine hanno molto nettare, soprattutto nella zona di attacco della corolla al carpello, dove ci sono le cellule che lo producono. Quindi ricordatevi di usare il fiore intero, soprattutto il carpello. I petali sono la parte che ci interessa meno. Dunque si tratta di dolcificare un formaggio usando lo zucchero da cucina, o il fruttosio, o il miele d'acacia e aggiungendo anche del nettare.
IL SAMBUCUS NIGRA
Una pianta per le frittelle
e la schiacciata
Il Sambucus nigra è un arbusto che può raggiungere qualche metro di altezza. Il tronco ha un midollo molto spesso e quindi è debole. La pagine superiore della foglie ha un colore verde scuro ma sotto è più chiara. I fiori sono piccoli, bianchi, profumati, e riuniti in un grande ombrello (corimbo). In settembre - ottobre la pianta produce i suoi frutti, che sono delle bacche nerastre con picciolo rosso scuro e un piccolo nocciolo all'interno.
La fioritura avviene in maggio giugno e ora ci interessa perché l'infiorescenza di sambuco è commestibile. Non bisogna esagerare perché il Sambucus nigra, come altre piante della famiglia delle Caprifogliacee contiene delle tossine.
A sinistra il fiore, a destra lo stesso dopo la frittura
La ricetta classica dice di sgranare i fiori per scartare il racemo del corimbo, cioè i rametti dell'ombrello. Preparate una pastella di acqua e farina, mescolatela con i fiori e friggete. Otterrete delle frittelle abbastanza saporite.
Con un'altra ricetta più complicata si può preparare una schiacciata al sambuco, da cuocere nel forno, ma qui ci vuole la mano di un esperto fornaio e infatti questa è una specialità del forno Sartoni di Marradi, che la prepara in giugno quando ci sono i fiori freschi.
giovedì 2 giugno 2011
FINE INVERNO E PRIMAVERA 2011 A MARRADI
... strade che sembravano piste nordiche
battute da una pavimentazione nevosa ...
battute da una pavimentazione nevosa ...
Dopo il bianco sfolgorante di fine inverno, il verde lussureggiante della primavera si è manifestato nelle tonalità più belle.
Il fine inverno di quest’anno è stato freddo e nevoso quasi come il precedente. La nevicata d’inizio dello scorso marzo ha imbiancato una natura ancora dormiente e ci ha regalato paesaggi monumentali di cime tutte immacolate, di strade che sembravano piste nordiche battute da una pavimentazione nevosa.
Nei casolari di campagna risaltavano i muri di sasso, stuccati con cura artigianale, fra tetti mantellati di neve e cortili e campi uniformi come una gigantesca candida moquette. Gli alberi, piegati dalla neve pesante, che di notte si ghiacciava, in alcuni tratti delle nostre strade creavano uno spettacolare tunnel ricamato con mille bracci gelati, come rami di corallo bianco.
Nell’oscurità serale la luce pubblica filtrava tra gli alberi innevati con spettacolari effetti di magia fiabesca. L’ultima nevicata punteggiava il fondo nero del cielo con milioni di faville bianche, mentre i rami ghiacciati delle betulle e dei noci risaltavano in primo piano come arabeschi di Granada.
Il primo disgelo ha liberato i prati esposti a sud, dove il verde pallido dell’erba contrastava ancora con le macchie bianche della neve ancora gelata dei luoghi in ombra. Nelle parti alte delle nostre vallate le strade sembravano dei canali scuri per il contrasto fra l’asfalto nudo e luccicante e i cordoni di neve ancora integri lasciati dagli spalaneve. In qualche curva erano visibili numerosi aculei abbandonati da istrici già pronti per indossare una nuova armatura per le lotte dell’imminente primavera.
Anche sui passi più elevati i versanti meridionali erano già scoperti e verdeggianti, preludendo ad una primavera trionfante che è arrivata nei tempi giusti per confermare il ciclo imperituro della natura.
L’aria frizzante di fine aprile e di maggio invoglia a girovagare per le strade che da Marradi salgono verso l’Eremo, la Colla, Gamberaldi, Campigno, ma anche scendere fino a Ruginara per ammirare dal bivio per Loiano il più bel paesaggio dell’alta val Lamone.
In questo periodo abbiamo avuto anche la fortuna di molte giornate di aria tersa e cristallina che hanno favorito il green watching. Quando anche i castagneti hanno completato la loro copertura di fogliame nuovo, è un incanto fermarsi con il sole alle spalle e ammirare le nostre valli uniformi di verde e variegate d’innumerevoli tonalità. L’orzo rilucente, ondeggiante sotto un vento leggero, regala indescrivibili riflessi dinamici. I prati da fieno sono più compatti e scuri e salgono verso i boschi come enormi chiatte verdi.
Fanno da cornice ad essi acacie in fiore, carpini longilinei e tremolanti e querce in cui le nuove foglie pallide hanno sostituito da poco il vecchio manto secco e marrone. Stona lo scuro verde funereo delle conifere maltrattate dall’inverno, in contrasto con il verde smeraldo e lucido dei faggi. Le piccole colonie di frassini si esibiscono con l’ammasso gialloverde di infiorescenze e fogliame. Quando tutte le vallate sono verdi, i ciliegi selvatici hanno già perso tutti i fiori, ma a metà aprile val la pena arrivare fino a Crespino prima di mezzogiorno ed incantarsi nel guardare un’intera vallata arredata di chiome bianche che dominano superbamente gli altri alberi, ancora timidi sotto il luccicante sole primaverile. Sopra un poggio sono stato seduto per lungo tempo a guardare quel miracolo annuale fino a quando non mi ha distratto un falco pellegrino con i suoi volteggi imperiosi e il sibilo che terrorizza le prossime prede.
La sinfonia in bianco dell’inverno 2011, che ricorda molte scene dell’ Alexandr Nevskij di Ejzenštejn e l’inebriante massa verdeggiante della corrente primavera ci devono far amare e rispettare il nostro territorio. Una bottiglia di plastica abbandonata ai bordi della strada o una cicca di sigaretta spenta su un marciapiede o sull’asfalto deturpano quest’immenso giardino, regalatoci dal cielo, dal tempo e dai fiumi, più di una briciola di pane caduta sul pavimento della sala da pranzo.
Il fine inverno di quest’anno è stato freddo e nevoso quasi come il precedente. La nevicata d’inizio dello scorso marzo ha imbiancato una natura ancora dormiente e ci ha regalato paesaggi monumentali di cime tutte immacolate, di strade che sembravano piste nordiche battute da una pavimentazione nevosa.
Nei casolari di campagna risaltavano i muri di sasso, stuccati con cura artigianale, fra tetti mantellati di neve e cortili e campi uniformi come una gigantesca candida moquette. Gli alberi, piegati dalla neve pesante, che di notte si ghiacciava, in alcuni tratti delle nostre strade creavano uno spettacolare tunnel ricamato con mille bracci gelati, come rami di corallo bianco.
Nell’oscurità serale la luce pubblica filtrava tra gli alberi innevati con spettacolari effetti di magia fiabesca. L’ultima nevicata punteggiava il fondo nero del cielo con milioni di faville bianche, mentre i rami ghiacciati delle betulle e dei noci risaltavano in primo piano come arabeschi di Granada.
Passo dell'Eremo
Il primo disgelo ha liberato i prati esposti a sud, dove il verde pallido dell’erba contrastava ancora con le macchie bianche della neve ancora gelata dei luoghi in ombra. Nelle parti alte delle nostre vallate le strade sembravano dei canali scuri per il contrasto fra l’asfalto nudo e luccicante e i cordoni di neve ancora integri lasciati dagli spalaneve. In qualche curva erano visibili numerosi aculei abbandonati da istrici già pronti per indossare una nuova armatura per le lotte dell’imminente primavera.
Anche sui passi più elevati i versanti meridionali erano già scoperti e verdeggianti, preludendo ad una primavera trionfante che è arrivata nei tempi giusti per confermare il ciclo imperituro della natura.
Serravalle (Badia del Borgo)
L’aria frizzante di fine aprile e di maggio invoglia a girovagare per le strade che da Marradi salgono verso l’Eremo, la Colla, Gamberaldi, Campigno, ma anche scendere fino a Ruginara per ammirare dal bivio per Loiano il più bel paesaggio dell’alta val Lamone.
In questo periodo abbiamo avuto anche la fortuna di molte giornate di aria tersa e cristallina che hanno favorito il green watching. Quando anche i castagneti hanno completato la loro copertura di fogliame nuovo, è un incanto fermarsi con il sole alle spalle e ammirare le nostre valli uniformi di verde e variegate d’innumerevoli tonalità. L’orzo rilucente, ondeggiante sotto un vento leggero, regala indescrivibili riflessi dinamici. I prati da fieno sono più compatti e scuri e salgono verso i boschi come enormi chiatte verdi.
.. la fortuna di molte giornate di aria tersa
e cristallina hanno favorito il green watching ...
e cristallina hanno favorito il green watching ...
Fanno da cornice ad essi acacie in fiore, carpini longilinei e tremolanti e querce in cui le nuove foglie pallide hanno sostituito da poco il vecchio manto secco e marrone. Stona lo scuro verde funereo delle conifere maltrattate dall’inverno, in contrasto con il verde smeraldo e lucido dei faggi. Le piccole colonie di frassini si esibiscono con l’ammasso gialloverde di infiorescenze e fogliame. Quando tutte le vallate sono verdi, i ciliegi selvatici hanno già perso tutti i fiori, ma a metà aprile val la pena arrivare fino a Crespino prima di mezzogiorno ed incantarsi nel guardare un’intera vallata arredata di chiome bianche che dominano superbamente gli altri alberi, ancora timidi sotto il luccicante sole primaverile. Sopra un poggio sono stato seduto per lungo tempo a guardare quel miracolo annuale fino a quando non mi ha distratto un falco pellegrino con i suoi volteggi imperiosi e il sibilo che terrorizza le prossime prede.
Ciliegi selvatici ai Prati della Logre (Crespino)
La sinfonia in bianco dell’inverno 2011, che ricorda molte scene dell’ Alexandr Nevskij di Ejzenštejn e l’inebriante massa verdeggiante della corrente primavera ci devono far amare e rispettare il nostro territorio. Una bottiglia di plastica abbandonata ai bordi della strada o una cicca di sigaretta spenta su un marciapiede o sull’asfalto deturpano quest’immenso giardino, regalatoci dal cielo, dal tempo e dai fiumi, più di una briciola di pane caduta sul pavimento della sala da pranzo.
mercoledì 1 giugno 2011
L' EXPO DELLA SETA A FIRENZE NEL 1850
Paolo Ravagli, trattore di seta di Marradi,
espone un saggio
del suo lavoro
di Luisa Calderoni
espone un saggio
del suo lavoro
di Luisa Calderoni
Il Bombix mori
(baco da seta)
(baco da seta)
La trattura della Seta nel territorio di Marradi è un'Arte antica e caratterizzata dalla produzione di un filato di qualità, come attesta questa richiesta di riconoscimento inviata all'Esposizione Manifatturiera di Firenze del 1850 che fa riferimento alla medaglia d’argento ricevuta nel 1847 da Paolo Ravagli, Trattore di seta in Marradi.
.................................
La lettera di Paolo Ravagli
Illustrissimi Signori Componenti la Commissione dell'esame delle Manifatture Toscane all'Esposizione del 1850
Paolo Ravagli antico Trattore di Seta a Marradi nella Romagna Toscana, invia alla esposizione di Firenze di quest’anno N.o 48 Matasse di seta tratta, e 36 Matasse di seta gialla, e dodici di seta bianca lavorata nella sua Filanda, estratte dalla intiera partita senza scelta dai Signori Giusdicenti e Gonfaloniere locali, e dai medesimi sigillate, come consta dal loro attestato qui unito; le dette 48 matasse sono del peso di circa Libbre tredici. Anche nel 1847 Egli espose un saggio del suo lavoro e gli fu conferita la Medaglia di Argento e fu nel Rapporto rammentato per il primo fra i Trattori che conseguirono un simil premio. Da quell’epoca in poi Egli ha atteso a perfezionare il metodo di Trattura all’uso di Fossombrone.
Il gelso
Egli in quest’anno si è studiato di dare al filo una torta maggiore, ma conveniente; a tale effetto ha incrociato il filo per la lunghezza di un terzo di braccio nello spazio che resta fra il vaievieni collocato presso l’Aspo e i Barbini immobili situati sopra la caldaia e lo ha incrociato pure fra la filiera ossia rame, e i detti Barbini immobili, così il filo corre incrociato all’Aspo per uno spazio rilevante. Ora il Ravagli che non ha risparmiato né cura né sollecitudine, né vigilanza per dare al suo filo l’unitezza, la nettezza, la resistenza, la elasticità e la lucentezza migliori, prega la Commissione a compiacersi di sottoporre il filo medesimo a tutti gli esperimenti occorrenti, anche per mezzo di qualunque macchina.
I bozzoli di seta
Che se la Commissione fosse per ritrovare nel detto lavoro raggiunte le condizioni di perfezionamento, e quindi lo giudicasse anche meritevole di comparire alla grande esposizione Inglese, ciò tornerebbe ad utilità e onore non solo di chi lavorò quella seta ma ancora della Toscana trattandosi di un’intera partita e non di quei soliti campioncini fatti apposta dai Trattori, e soltanto nelle occorrenze delle Esposizioni.
Che se poi la prelodata Commissione credesse di fare visitare anche l’intiera partita questa è stata appositamente consegnata nella Real Dogana di Firenze in quattro casse registrate sotto dì 19 ottobre 1850 nel Giornale di Terra 17 numero rosso 216 in p.1138 con autorizzazione a quel Signor Doganiere di lasciare visitare le dette casse di seta alla prefata Commissione o a chiunque ne venga da essa incaricato. Uniformandosi poi il Ravagli all’Art.o 8 delle Istruzioni della Commissione Toscana, dichiara di valutare la seta che sopra £27 la libbra, attesi i prezzi esorbitanti dei Bozzoli di quest’anno.
Che è quanto, Marradi 21 Ottobre 1850
Fonte Archivio storico del Comune di Marradi
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