Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

giovedì 31 gennaio 2019

In giro per i monti nei giorni della merla


Un trekking nei giorni
considerati i più freddi dell'anno 
resoconto  di Claudio Mercatali

 

Il mito dice che una merla e i suoi piccoli per ripararsi dal freddo si rifugiarono in un comignolo, dal quale uscirono il primo febbraio tutti grigi per la fuliggine. Da allora tutti i merli femmina e i piccoli furono grigi. La favola spiega così il forte dimorfismo sessuale di questi uccelli, che hanno le penne nero brillante e il becco giallo se sono maschi o sono di colore bruno grigiastro, anche il becco, se femmine.


La valletta di Val Lutirano

Secondo la tradizione se i giorni della merla sono freddi ci sarà una bella primavera e quindi ci siamo perché il termometro segna -1°C. E’ un freddo secco e pungente, ma tanto poi camminando in salita non si sentirà. Sono diretto a Val Lutirano, un podere abitato, nella prima valletta dopo il paese, all’imbocco della strada per Badia della Valle. E’ un posto frequentato dagli escursionisti e il proprietario accoglie volentieri i passanti purché (leggi il cartello nella fotografia qui accanto) …

 
 
 
 
 
 
Dopo la casa si arriva al crinale e si cambia versante entrando in un grande castagneto. L’esposizione di questi frutteti è sempre a bacino e il freddo si fa sentire ancora di più. Là di fronte ci sono i poderi Pian di Sopra e Pian di Sotto, che sono la prima meta di questa passeggiata nella neve. Si vede anche la strada di Bulbana, che percorrerò fra un'ora.
 




Alla metà dell’Ottocento a Pian di Sotto c’era la filanda di seta di Antonio Bandini, che portò a Parigi i suoi filati all’Exposition des produits de l’industrie ed è citato nel catalogo della mostra assieme ad altri marradesi. Questa bella casa è stata la residenza di campagna della famiglia per più di cento anni.

Nell'estate 1944 qui vicino i Tedeschi trovarono uno dei loro morto. I soldati della 305 Div.  Wehrmacht  che combattevano nella Valle Acerreta non erano criminali e non si accanirono uccidendo i contadini, però vollero vendicarsi. Il 23 agosto misero due bombe d’aereo nelle cantine di Pian di Sotto e …

Le suorine del monastero di Marradi, che erano sfollate al seminario di Cignano, a un chilometro da qui, rimasero scioccate dalla forza dello scoppio. Però non morì nessuno e la casa fu ricostruita dopo qualche anno con i contributi per i danni di guerra.
 

 
A poca distanza si incontra di lato la chiesina di San Lorenzo in Bulbana, una delle parrocchie più piccole del Comune, dipendente da Badia della Valle.
 
 
 
 
 
 
La strada scende serpeggiando piacevolmente per un chilometro fino al fondovalle, dove si innesta nella Traversa di Lutirano a Rio Bulbana, una casa signorile dell’Ottocento che ora è un elegante B&B. Nella foto qui accanto sullo sfondo la linea gialla segna la strada che ho fatto per arrivare qui.

  

Rio Bulbana  fu costruita vicino alla villa di Cignano per una rivalità fra proprietari. Ha delle eleganti pitture liberty che si ritengono della bottega Chini di Borgo S.Lorenzo. 
 



 
 
 
 
 
 
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 Cignano ai primi del Novecento era un seminario, ma prima era la residenza della famiglia Montaguti, grandi proprietari terrieri della valle Acerreta. A metà Ottocento il posto non era sicuro per niente, perché nelle campagne si aggiravano i briganti della Banda del Passatore, che sconfinavano nel Granducato dallo Stato della Chiesa a Santa Reparata (tre chilometri più a valle) per sfuggire alla gendarmeria pontificia.
 
 
 
Per questo il 12 agosto 1850 Domenico Montaguti, di ritorno dalla fiera di San Lorenzo a Marradi fu preso sulla strada che ora sto facendo e costretto a guidare i banditi fino a casa sua.
 

 
I briganti sequestrarono la famiglia per rubare i soldi e l’argenteria anche se i contadini accorsi sparavano contro le finestre per spaventarli. Ecco qui sopra come racconta il fatto Pier Luigi Farolfi, autore del libro Facinorosi Pontifici
 
Il tabernacolo del
Forno di Lutirano


 
Vado avanti trastullato da queste storie, la strada è in piano e non si fà fatica. I poderi qui attorno li ho visti tante volte ma nella neve sono più belli e le case di pietra fanno figura: La Bertalinga, Pistoglia, Vicchio di Sotto e di Sopra, Filuga, Veriolino, il Giardino, il Molino di Veriolo, Bracanello, il Forno … Ecco Lutirano, ho fatto due chilometri e non me ne sono accorto ...

Nevica, sono fermo qua, non pensavo che succedesse. Aspetterò il pulmino delle 17.00 per Marradi, davanti al camino, senza infilarmi lì dentro anche se questi sono i giorni della merla.


 

venerdì 25 gennaio 2019

Un trekking indietro nel tempo

 Dal Torretto a Lutirano
per una via breve e insolita
Resoconto di Claudio Mercatali

Il bivio per il Gattoleto
al Passo del Torretto


Alla metà dell’ Ottocento i Comuni di Marradi e Modigliana erano impegnati a costruire la strada del “Torretto” e le spese erano tante. Si discusse sul tracciato perché al valico di Beccugiano ci sono tre modi di scendere nel fondovalle dell’Acerreta: 1) la direttrice Gattoleto – Taverna – Lutirano 2) La strada di Pian di Sopra 3) Il percorso attuale. Però se non ci fosse stata la necessità di collegamento con Modigliana la via più diretta da Marradi all’Acerreta non sarebbe stata qui ma dal Passo della Cavallara, antichissima perché porta all’Abbazia di Badia della Valle (anno 1055).

A Lutirano si faceva un gran discutere su questi percorsi e anche il parroco di Badia della Valle volle dire la sua, suscitando qualche protesta dei suoi parrocchiani. Leggiamo:

Al Gonfaloniere del Comune di Marradi e al suo Magistrato

“E’ giunta ai sottoscritti la singolare notizia che il sig. Don Bartolomeo Laghi, parroco della Badia di Valle Acereta, dopo aver per lunga pezza titubato sulla linea Cavallara o Taverna ora nell’un senso e ora nell’altro, ha finalmente preso un partito ancora peggiore della contraddizione in cui si è posto fin qui, domandando che, postergato ogni altro progetto, questa strada si faccia risalendo l’ Acereta fino al Ponte della Valle, varcando quivi i monti dirupati che dividono quel sito dalla Terra di Marradi (… cioè passando da Gamogna). La stranezza di tale proposta non ha senso commentare. I sottoscritti perciò ritengono di cogliere questa occasione per rinnovarle la memoria delle ragioni che sono a vantaggio della linea della Cavallara. Se il miglior requisito di una strada è la brevità, quella della Cavallara merita certo di essere proposta. Le strade si fanno per servire alle popolazioni e non viceversa. Dunque la strada più utile è quella che si presta all’uso del maggior numero di abitanti, e per questo la Cavallara sopravanza le altre. Inoltre detta strada riunisce due cose raramente conciliabili, cioè il massimo dell’utilità con la maggiore economia”. 

2 giugno 1850   I possidenti della Valle Acereta


Le richieste dei lutiranesi in questa occasione non vennero accolte, perché per la strada Marradi – Modigliana si scelse il percorso attuale, però la Cavallara fu ammodernata in seguito, lungo l’antichissima via medioevale.


Invece la via Gattoleto – Taverna rimase una semplice campestre fra i poderi, nessuno chiese più di passare di lì e allora la percorrerò oggi. Parto da Marradi alla 10.30 con il pulmino per Lutirano e scendo al Passo del Torretto. Devo imboccare la via per Pian di Sopra, indicata chiaramente da un cartello e seguirla per quasi un chilometro. Passo dalla Collinella, dal bivio per Le Piane, dove c’è una laterale con la sbarra sempre aperta, e oltre fino ad una laterale con la sbarra sempre chiusa, che è la mia strada.
Il 23 gennaio è nevicato, devo camminare con le ciaspole e complicarmi un po’ la vita, però la neve cambia parecchio le forme del paesaggio e al Gattoleto c’è un panorama vastissimo. Il nome di questo podere è filtrato fino a noi dal longobardo attraverso il dialetto romagnolo e il gatto non c’entra. La Wahtha era il posto di osservazione, di guardia, come a San Martino in Gattara. I “Gattoleti” del Comune di Marradi sono quattro: al Passo del Torretto, del Peschiera e sopra Campigno e sopra Fantino, e hanno tutti e quattro una bella visuale. Mille e quattrocento anni fa i Longobardi insediati nel territorio di Marradi scrutavano da qui e da San Martino i loro nemici, i Bizantini dell’Esarcato di Ravenna, oltre il confine che era a pochi chilometri. La guerriglia fra i due durò per più di un secolo, poi i Bizantini crollarono, come del resto anche i Longobardi pochi anni dopo e tutto divenne dominio della Chiesa.

Da qui, seguendo una segnaletica molto chiara si potrebbe proseguire per il Passo della Cavallara ma oggi non è il mio scopo. Mantenendo il crinale scendo per qualche centinaio di metri e lì di sotto si vede Taverna.

Dal crinale si vede tutta l'alta valle Acerreta, fino al Passo dell'Eremo,
che porta a San Benedetto in Alpe.
Ecco Taverna. Ora si tratta di scendere fino in fondo alla valletta che si vede qui accanto.


  
Vado avanti e scivolo indietro nel tempo di altri sei o sette secoli perché durante gli scavi del Metanodotto Algerino in questa valletta e nelle altre accanto vennero alla luce i resti di alcune fattorie Romane, con tanti reperti che sono conservati al Museo di Palazzuolo sul Senio.


A quei tempi i legionari al congedo venivano premiati con un certa estensione di terreno fertile e comodo. Era una buonuscita per il servizio prestato.
Questa vallata in effetti ha degli ottimi terreni agricoli, coltivati con cura anche oggi, tanto che nel fondovalle non si trova nemmeno un metro quadro di incolto.
   
I ritrovamenti al tempo dello scavo per il Metanodotto non furono una sorpresa, perché i contadini di Pruneta, Taverna, Senzano e Vossemole avevano già trovato in tante occasioni dei mattoncini e dei contrappesi per i telai, come questi qui accanto.
  
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Sono già a Lutirano, ho fatto solo tre o quattro chilometri e forse chi voleva una strada attraverso questi siti non aveva tutti i torti.




Mi piace girare nei monti quando c’è ancora la neve attaccata ai rami. Secondo una convinzione locale questo indica che l’aria non è cambiata e potrebbe nevicare ancora. Al momento non mi rimane che scaldarmi al camino nella casa di mia moglie, che aveva i nonni originari di qui, e aspettare il pulmino delle 15.00 per tornare a Marradi.


sabato 19 gennaio 2019

1810 Le Ordinanze Prefettizie del Dipartimento dell'Arno

Rassegna delle disposizioni
del Prefetto
di Firenze da applicare
anche a Marradi
ricerca di Claudio Mercatali



Il 25 maggio 1808 l’ex Granducato di Toscana, che i Francesi avevano ribattezzato  Regno d' Etruria, fu annesso alla Francia e diviso in Dipartimenti, a loro volta divisi in Arrondissement. Il Dipartimento dell’ Arno comprendeva gli Arrondissement di Firenze, Arezzo, Modigliana (per tutti i comuni della Romagna Toscana) e Pistoia. Che lo volessero o no, i toscani divennero cittadini francesi a tutti gli effetti.

In rosa: i territori annessi alla Francia.




Nell’ordinamento Francese, allora e anche oggi, c'è la figura fondamentale del Prefetto, rappresentante ufficiale del governo, che emette le Ordinanze Prefettizie, obbligatorie per i Sindaci.
Il Prefetto del Dipartimento dell’Arno dava disposizioni abbastanza perentorie agli Arrondissement e ai Comuni, fra i quali c’era anche Marradi. Queste che seguono sono appunto le Ordinanze prefettizie del 1810, che le Maire di Marradi (= il sindaco) dovette applicare.


Il Prefetto
in uniforme (fine Ottocento).




Dopo la caduta di Napoleone il  Regno di Sardegna mantenne la figura del Prefetto, che passò al Regno d'Italia nel 1861, quando la legislazione piemontese fu estesa a tutto il territorio nazionale. La legge del 20 marzo 1865, n. 2248 recita:

"Il Prefetto rappresenta il potere esecutivo in tutta la provincia; esercita le attribuzioni a lui demandate dalle leggi, e veglia sul mantenimento dei diritti dell'autorità amministrativa elevando, ove occorra, i conflitti di giurisdizione ...; provvede alla pubblicazione ed alla esecuzione delle leggi; veglia sull'andamento di tutte le Pubbliche Amministrazioni, ed in caso d´urgenza fa i provvedimenti che crede indispensabili nei diversi rami del servizio; sopraintende alla pubblica sicurezza, ha il diritto di disporre della forza pubblica, e di richiedere la forza armata; dipende dal ministro dell'Interno, e ne esegue le istruzioni".

Oggi le funzioni del Prefetto sono cambiate e senza fare ora un corso di diritto quelle più importanti le possiamo riassumere circa così:
1  Il Prefetto ha responsabilità dell'ordine pubblico nella provincia (art. 13 della L. 121/1981) ed è  affiancato dal Comitato Provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Fino alla riforma prevista dalla legge n. 121/1981 dal Prefetto dipendeva il Questore.
2  Se ci sono motivi  gravi e urgente necessità può sospendere i sindaci, i presidenti delle province, i presidenti di consorzi e comunità montane, in attesa che il Ministro dell' Interno intervenga.
3  Può avviare la procedura per sciogliere i consigli comunali o provinciali e l'invio di un commissario in attesa del decreto del Ministero dell'Interno.
4  Sovrintende alla Protezione civile. Secondo la legge 24.02.1992, n. 225, predispone il piano per fronteggiare l'emergenza sul territorio della provincia.

 
1810 Febbraio
La nomina delle Commissioni anmministrative degli Spedali. Per Marradi ci sono anche Luca Fabbroni e Giuseppe Pescetti, due dei fondatori dell'Ospedale San Francesco.


1810 Febbraio

Lo stabilimento degli Ufizj di Beneficienza.

Erano degli organi caritatevoli per i miserabili. Il primo della lista è Lorenzo de' Pazzi, l'arciprete.



Marzo e Aprile

Il giorno 22 aprile sono previste le nozze di Napoleone.



I





L'Impero stabilisce che il giorno sia festivo e per gioire assieme all'Imperatore il Prefetto chiede che quel giorno siano celebrati tanti matrimoni ...

  


  
Chi accetta di sposarsi il 22 aprile avrà un contributo di 600 Franchi
 Aprile

La Tariffa per gli Agenti del Fisco
(I Percettori delle tasse) è fissata in 5 cent. di aggio su ogni bolletta.
Giugno
Vengono nominati i Commissari per le vaccinazioni. Per Marradi ci sono: le Maire Remigio Fabroni e il dr. Ciaranfi, chirurgo dell' Ospedale San Francesco . 
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Novembre
Arriva la nuova suddivisione in Arrondissement della Toscana.
dicembre
Nuove tasse in arrivo. Il dominio napoleonico applicava di continuo nuove imposte soprattutto per finanziare le continue guerre di Napoleone e per questo era poco amato qui da noi.

sabato 12 gennaio 2019

In favore del buon uso della zeta

Le regole secondo
Orlando Pescetti (1588)
Ricerca di Claudio Mercatali

  


Orlando Pescetti era un letterato vissuto a cavallo fra il Cinquecento e il Seicento, nativo di Marradi. Ce lo dice lui stesso nel prologo de “La Regia Pastorella” una commedia pesantissima da leggere, come quasi tutte quelle di quel periodo. Orlando per motivi che non conosciamo si trasferì a Verona e visse sempre in Veneto, mentre i suoi parenti rimasero a Marradi, nella casa di famiglia, vicino alla chiesa arcipretale e a fianco di quella di Dino Campana. Oggi non c’è più perché una bomba la rase al suolo nel 1944.

 
 
Pescetti oltre che commediografo era un critico letterario spesso al centro di dispute e polemiche e anche un linguista abbastanza autorevole e autoritario. Ecco, ora ci interessa in quest’ultima veste, a proposito della corretta pronuncia della lettera zeta. Per capire bene quello che stiamo per leggere ci serve un ripassino sulle consonanti. Queste lettere per essere pronunciate richiedono un certo movimento della bocca. Se avete dei dubbi provate con voi stessi: riuscite a dire “b” senza battere le labbra? E “c” senza appoggiare la lingua al palato? No di certo e quindi i linguisti le hanno suddivise così:

Labiali: dobbiamo chiudere e aprire le labbra (p, b, f, v, m)
Linguali: per pronunciarle usiamo la punta della lingua (l, r)
Dentali: la lingua si appoggia ai denti anteriori (d, t, s, z, n)
Palatali: la lingua si appoggia al palato (c, g)
Gutturali: serriamo le labbra come per fischiare (c di collo, g di gufo, q)

Oltre a questo le Dentali esse e zeta, hanno una doppia fonetica:

 
 
 
La esse è sonora (o dolce)  in “rosa”, e sorda (o aspra) in “sala”. La zeta è sonora (o dolce)  in “zanzara”, e sorda (o aspra) in “pazzo”.

Ora ci interessa la zeta, che per la sua doppia fonetica condiziona la pronuncia di tante parole. In Toscana si usa dolce o aspra a seconda delle parole, mentre in Emilia si usa quasi sempre dolce. Insomma la parola “zucchero” si deve dire con la zeta di pazzo, come fanno a Firenze o con quella di zanzara, come a Bologna? Oggi il problema non c’è, perché si accettano ambedue le pronunce, ma in passato non era così.

Leggete che cosa scrisse Orlando Pescetti sull’ uso corretto della zeta, che secondo lui va usata sempre come in Toscana.
 
 
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Fonte: Testo estratto da un originale della stamperia Girolamo Discepolo, Verona 1588.


domenica 6 gennaio 2019

Un comizio socialista a Palazzuolo sul Senio

6 gennaio 1908
I Socialisti organizzano
il primo convegno
ricerca di Claudio Mercatali

 
 
Nei primi anni del Novecento Palazzuolo di Romagna (oggi Palazzuolo sul Senio) era un paese amministrato dal Partito Monarchico Costituzionale con un largo peso dei cattolici, che pur non avendo un partito proprio godevano di ampio credito.
I Socialisti mancavano del tutto e per colmare questa "lacuna" i Circoli Unione di Casola Valsenio e di Marradi organizzarono un comizio da tenere nella piazza del paese. Era la prima volta che succedeva un fatto del genere e per creare un po' di pubblico i compagni di Marradi e di Casola andarono a sostenere l'oratore.

Non deve essere stato semplice andare a Palazzuolo il 6 gennaio, visto che nel 1908 il collegamento con la corriera non c'era ancora e l'automobile non ce l'aveva nessuno. E' facile immaginare che i socialisti di Marradi abbiano noleggiato qualche carro e siano partiti avvolti nei gabbani, magari cantando l'Internazionale per scaldarsi un po'. In piazza Garibaldi si assieparono vicino al palco dell' oratore e successe che ...

 

Leggiamo la cronaca del fatto così come la racconta "Il Vero Operaio" un giornale cattolico che in quegli anni si stampava a Borgo S.Lorenzo.
 
 

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I commenti dei palazzuolesi erano stati salaci e bisognava rimediare. Allora i Socialisti organizzarono un' altra manifestazione. Intervenne il signor Valmaggi, della Camera di Forlì, che espose le tesi con grande tatto, dato che la piazza non gli era favorevole. Così il Partito Socialista fece il suo primo debutto locale. Non si verificò nessun incidente e dopo il comizio ci fu l'immancabile sbicchierata alla locanda di Baietto, seguita dai canti dei lavoratori.


Dov'era la locanda di Baietto? Dai ricordi dei vecchi palazzuolesi si sa che si trovava in fondo a via XXIV settembre, che comincia a fianco della Cassa di Risparmio di Firenze. Ha chiuso circa ottanta anni orsono.