Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

domenica 12 ottobre 2025

La Brigata Partigiana Bianconcini

Una storia gloriosa 
e drammatica

Ricerca di Claudio Mercatali 


Questa è la drammatica e gloriosa fine della brigata partigiana Bianconcini, che fu attiva sull’appennino nella primavera – estate del 1944 e poi fu travolta in ottobre nella zona di Purocielo, pressata dalle forze tedesche che l’avevano accerchiata. Lasciamo dire le cose ai testimoni di allora e leggiamo:









mercoledì 1 ottobre 2025

Un Trekking lungo la Linea Gotica

Percorriamo 
un crinale 
dove vi furono intensi combattimenti

Sopralluogo di Claudio Mercatali



E’ un trekking triste quello di oggi, dal Passo del Beccugiano al Passo della Cavallara, nel Comune di Marradi. Qui i Tedeschi nel 1944 avevano organizzato un importante caposaldo della Linea Gotica, profittando del fatto che il sito è panoramico, di crinale e facilmente (si fa per dire) difendibile.
Oggi è incredibile che un posto così bello in autunno e in inverno quando gli alberi non hanno la foglia sia stato utilizzato per uccidersi meglio. Eppure le cose allora andarono così. Si affrontarono i Tedeschi della Divisione 306 con gli Indiani della Divisione Mahratta e con gli Scozzesi del Reggimento Argill. Morirono tanti giovani, forse cento o duecento a contarli tutti, per difendere un crinale che tutto sommato non serviva a niente, se non a prolungare il supplizio della guerra.

Dunque partiamo dalla strada che dal Passo del Beccugiano va a Pian di sopra e al secondo bivio voltiamo per la campestre sulla destra, che è chiusa da un cancello che però a piedi si può aggirare con il consenso del proprietario. Sarà un giro naturalistico interessante, ma l’ombra della Storia ci seguirà fino alla fine.




Il monte Casalino è il cocuzzolo 
che si vede là in fondo.

Un bivio ben segnalato ci indica 
il sentiero da percorrere. 
Il podere Gattoleto si vede sullo sfondo.


Il sito è panoramico al massimo perché il sentiero si snoda nel crinale che separa la valle del Lamone dalla valle Acerreta.




Ecco le buche dove stavano rannicchiati i soldati Tedeschi, per ripararsi il più possibile dalle cannonate degli Inglesi.






Il Passo della Cavallara, la nostra mèta, dalle postazioni tedesche si vedeva così.




La visuale opposta, quella degli Indiani dell'  VIII Armata Inglese o degli Scozzesi era questa.

Dopo il Monte Casalino i ricordi tristi si attenuano perché la panoramica delle due valli distrae il pensiero.

Dal podere Valcroce la valle Acerreta si vede fino al Passo di Coloreto, che è cira a 900m di quota.


Clicca sulle immagini
se le vuoi ingrandire
a tutta pagina.


Al Passo della Cavallara un monumento ricorda gli eventi del 1944.










I fatti avvenuti ai primi di ottobre 
lungo l'appennino secondo
 il giornale americano 
Central Oregon's Daily Newspaper



venerdì 12 settembre 2025

Dino Campana in cammino per La Verna

Un confronto fra Castagno d’Andrea e Campigno

Ricerca di Claudio Mercatali


… e così il giorno 16 settembre 1910 Dino Campana cominciò il pellegrinaggio a La Verna partendo da Campigno, dove era arrivato il giorno prima, come ci dice nei Canti Orfici:
  


15 Settembre (per la strada di Campigno) Tre ragazze e un ciuco per la strada mulattiera che scendono. I complimenti vivaci degli stradini che riparano la via. Il ciuco che si voltola in terra. Le risa. Le imprecazioni montanine. Le rocce e il fiume.

Era pieno di pensieri e di ricordi amari. Due guardie della Questura di Firenze lo avevano accompagnato a Marradi il 14 giugno, espulso dal Belgio, dove era stato ricoverato per un mese nel manicomio di Tournai e detenuto per qualche tempo nel carcere di Saint Gilles. Forse in famiglia gli diedero qualche soldo volentieri quando partì per questa mèta e sperarono che con questo pellegrinaggio ritrovasse un po’ di serenità e di equilibrio. In effetti dal diario del viaggio a La Verna emergono più volte scorci di riflessione e osservazione serena descritti in una prosa di altissima qualità letteraria.






Il giorno 16 settembre cominciò l’instancabile cammino, fino al paese di Castagno d’Andrea, che è sul monte Falterona e dista quasi trenta chilometri da Campigno. Dal racconto si capisce che pernottò là e al mattino descrisse la gente e il paesaggio: era stata una notte di pioggia ma nella mattina il cielo si stava rasserenando. Sono ricordi dal vivo, autentici, che corrispondono esattamente ai Bollettini meteo dell’ Osservatorio Ximeniano di Firenze.


Castagno, 17 Settembre La Falterona è ancora avvolta di nebbie. Vedo solo canali rocciosi che le venano i fianchi e si perdono nel cielo di nebbie che le onde alterne del sole non riescono a diradare. La pioggia à reso cupo il grigio delle montagne. Davanti alla fonte hanno stazionato a lungo i Castagnini attendendo il sole, aduggiati da una notte di pioggia nelle loro stamberghe allagate. Una ragazza in ciabatte passa che dice rimessamente: un giorno la piena ci porterà tutti. Il torrente gonfio nel suo rumore cupo commenta tutta questa miseria.

Guardo oppresso le rocce ripide della Falterona: dovrò salire, salire. Nel presbiterio trovo una lapide ad Andrea del Castagno. Mi colpisce il tipo delle ragazze: viso legnoso, occhi cupi incavati, toni bruni su toni giallognoli: contrasta con una così semplice antica grazia toscana del profilo e del collo che riesce a renderle piacevoli! forse.



Il suo pensiero intreccia i ricordi e imbastisce i confronti  con Campigno, che aveva lasciato la mattina del giorno prima:

 Come differente la sera di Campigno: come mistico il paesaggio, come bella la povertà delle sue casupole! Come incantate erano sorte per me le stelle nel cielo dallo sfondo lontano dei dolci avvallamenti dove sfumava la valle barbarica, donde veniva il torrente inquieto e cupo di profondità! Io sentivo le stelle sorgere e collocarsi luminose su quel mistero.


Alzando gli occhi alla roccia a picco altissima che si intagliava in un semicerchio dentato contro il violetto crepuscolare, arco solitario e magnifico teso in forza di catastrofe sotto gli ammucchiamenti inquieti di rocce all’agguato dell’infinito, io non ero non ero rapito di scoprire nel cielo luci ancora luci. E, mentre il tempo fuggiva invano per me, un canto, le lunghe onde di un triplice coro salienti a lanci la roccia, trattenute ai confini dorati della notte dall’eco che nel seno petroso le rifondeva allungate, perdute. Il canto fu breve: una pausa, un commento improvviso e misterioso e la montagna riprese il suo sogno catastrofico.

 Il canto breve: le tre fanciulle avevano espresso disperatamente nella cadenza millenaria la loro pena breve ed oscura e si erano taciute nella notte! Tutte le finestre nella valle erano accese. Ero solo.

Dal ricordo di Campigno il Poeta torna al presente e supera la malinconia descrivendo Castagno d’Andrea:

 Le nebbie sono scomparse: esco. Mi rallegra il buon odore casalingo di spigo e di lavanda dei paesetti toscani.

 La chiesa ha un portico a colonnette quadrate di sasso intero, nudo ed elegante, semplice e austero, veramente toscano.






Tra i cipressi scorgo altri portici. Su una costa una croce apre le braccia ai vastissimi fianchi della Falterona, spoglia di macchie, che scopre la sua costruttura sassosa. Con una fiamma pallida e fulva bruciano le erbe del camposanto.







lunedì 1 settembre 2025

Le prime locomotive della Faentina

Quando si viaggiava
con i treni a vapore

Ricerca di Claudio Mercatali

Un treno merci dalla Toscana
entra nella stazione di Marradi


Nel 1863 fu inaugurata la Porrettana e subito emerse la necessità di un' altra linea appenninica, in particolare dal 1865 quando Firenze divenne capitale del Regno d’Italia. Il tracciato dalla Romagna fu deciso lungo la valle del Lamone ma ci furono due progetti per il tratto dal Mugello a Firenze: uno da Pontassieve e uno da Vaglia. 


Il 9 novembre 1880 mentre non era stata ancora risolta la questione dell' arrivo a Firenze, cominciarono i lavori da Faenza a Marradi, raggiunta il 26 agosto 1888. I lavori della tratta Firenze - Borgo San Lorenzo durarono dal 1884 all' 8 aprile 1890.  Il 31 maggio 1890 iniziarono anche i lavori tra Borgo San Lorenzo e Marradi, che era la tratta più impegnativa. La ferrovia intera fu inaugurata il 23 aprile 1893. Collegava Firenze a Bologna via Faenza con 18 Km in più rispetto alla Porrettana e con un valico a 578 metri, 100 in meno . La pendenza massima era del 25 per mille, solo in alcuni tratti. 


Nonostante ciò la Faentina rimase secondaria perché penalizzata dal doppio valico (gallerie di Pratolino e degli Allocchi), che incideva sul consumo di carbone. Durante la Prima Guerra Mondiale la Porrettana era percorsa da 70 coppie di convogli al giorno, mentre sulla Faentina ne transitavano 60.


L'elettrificazione fu iniziata dopo la fine della guerra ma non fu completata. La Direttissima Firenze – Bologna (anni Trenta) ridimensionò il ruolo delle due vecchie ferrovie. 
Il raccordo con la rete a Pontassieve era solo verso Firenze. In pratica per andare dalla Romagna verso Roma un treno merci doveva invertire il senso di marcia due volte, a Borgo San Lorenzo e a Pontassieve con un aumento di tempi e di prezzi. Nel 1944 la Faentina fu minata dai Tedeschi e i danni furono tali, e l'interesse così basso, che la linea fu ripristinata solo il 13 ottobre 1957, ma il collegamento con Firenze era solo verso Pontassieve. All'inizio degli anni Novanta gli enti locali ottennero da TAV spa il ripristino della vecchia linea come contropartita al passaggio della linea ad Alta Velocità Bologna – Firenze e la Faentina fu riaperta il 9 gennaio 1999.

Questa in estrema sintesi la storia della nostra ferrovia. Ora però ci interessa il “materiale rotabile” cioè il tipo di locomotive che la percorrevano.


Le 420


Le locomotive del gruppo 420 FS furono progettate e costruite dal 1872 dalla Wiener Neustadter Lokomotiv Fabrik di Georg Stigl. Ne furono costruite in concessione alcune centinaia anche da varie industrie fra le quali l’Ansaldo e la Società Ernesto Breda, fino al 1904. Negli anni seguenti il Governo nazionalizzò le varie aziende ferroviarie private e fondò le FS (Ferrovie dello Stato), Queste locomotive passarono nel parco macchine del nuovo Ente con il nome di 480 RA (cioè inglobate dalla Rete Adriatica e talvolta indicate con la parola Stigl). Erano macchine a 2 cilindri esterni a semplice espansione con distribuzione del tipo Stephenson, con quattro ruote motrici accoppiate. La caldaia era lunga 8,5m. Alla locomotiva era accoppiato un tender a tre assi lungo 6,30m.


Le 451 FS

Acquistate tra il 1887 e il 1890 dalla Soc. Italiana Strada Ferrate Meridionali per l'esercizio della Rete Adriatica erano un aggiornamento del precedente progetto RA 450 e vennero costruite da varie fabbriche, tedesche, italiane ed inglesi ed equipaggiate in maniera differente per il sistema di frenatura e la disposizione delle apparecchiature. Come si vede qui accanto, erano le tipiche locomotive usate per collaudare i viadotti ferroviari.


Siccome furono costruite in diverse fabbriche queste locomotive avevano tante varianti, anche se in fondo il progetto era lo stesso. Qui vediamo una 451 bis
 sale verso la Toscana sul viadotto di Villanceto, a Marradi. 




La 470

Ai primi del Novecento L'Ufficio d'Arte di Firenze della Rete Adriatica progettò una locomotiva a 5 assi accoppiati con motore a doppia espansione Sistema Plancher. Era una macchina potente per avere trazione sulle linee di valico della rete. Le neonate FS (1905) le chiamarono locomotive 470 ed entrarono in servizio fra il 1907 e il 1912 con 143 unità. Hanno concluso il servizio alla fine degli Sessanta. Avevano una cabina chiusa e al posto del tender c'era una carro a 2 assi composto di un serbatoio d'acqua e di un comparto bagagliaio per il capotreno. La cabina chiusa si surriscaldava e da questo venne il soprannome di forno crematorio. La potenza era di 1000 cavalli ma la velocità era di soli 50 Km/h perché al motore era richiesta soprattutto la potenza di traino in salita.

La 625 FS

Le locomotive 625 FS erano per l’impiego misto merci e viaggiatori su linee acclivi, prodotte all'inizio del Novecento. Furono dette Signorine, per la linea aggraziata e compatta. Hanno avuto grande diffusione sulle linee secondarie collinari.

La 640 FS

Il progetto della locomotiva del gruppo 640 deriva dal progetto precedente del gruppo 600 elaborato dall'Ufficio Studi di Firenze della Rete Adriatica. Erano macchine per i treni veloci e nella Faentina si videro poco.



La 730 e la 740 FS

Le 730 furono progettate per la Rete Adriatica prima della nascita delle FS, per i servizi gravosi sulle linee dell'Appennino e dell' Italia Centrale. Ne vennero costruite 190 tra il 1906 e il 1909. Furono macchine eccellenti. Avevano 4 assi accoppiati e un peso di 14t per asse. Raggiungevano la velocità di 60 km/h. Avevano un freno automatico ad aria compressa Westinghouse e una condotta del vapore per il riscaldamento delle vetture viaggiatori. Il progetto del gruppo 740, sviluppato dalla Rete Adriatica qualche anno prima della nazionalizzazione delle ferrovie del 1905, nacque per migliorare il servizio già buono che le locomotive del gruppo 730 svolgevano sulle linee importanti e in genere le linee del centro - nord. Il progetto fu portato avanti dalle neo costituite Ferrovie dello Stato. Ne vennero costruite 470 tra il 1911 e il 1923.


Fonti

M.Panconesi, M Colliva Cara Faentina e Cara Porrettana Ed. Ponte Nuovo, Bologna 1986.
Blog della Biblioteca, Archivio tematico alla voce Lavori per la Ferrovia.


martedì 12 agosto 2025

La strada di Casa dell’Alpe

Una via tanto richiesta 
dai Palazzuolesi

Ricerca di Claudio Mercatali


La strada 
della Sambuca


Dov’è Casa dell’Alpe? E’ un podere alla Colla di Casaglia, nel versante mugellano, proprio sotto l’Hotel Gran Fonte dell’Alpe. Lì c'era la mulattiera che da Razzuolo arrivava al Passo della Colla prima che il Granduca Leopoldo facesse la strada attuale. A Casa dell’Alpe c’era il bivio: a destra si andava alla Colla e poi a Marradi e a sinistra si continuava fino a Prato all’ Albero e poi al torrente Rovigo, a Cà di Vagnella, a Ronchi di Berna e oltre la Sambuca, fino a Palazzuolo.


La strada di Casa dell'Alpe
nel Catasto Leopoldino (1822)


Ecco questa era la strada di Casa dell’Alpe, tradizionale e malagevole via per Palazzuolo. A piedi si potrebbe percorrere anche oggi, perché il tracciato è stato praticato dai barrocci e dai mulattieri fino alla prima metà del Novecento e sono rimaste tante tracce. Poi negli anni Cinquanta l’Ente Provincia di Firenze accontentò le secolari richieste di Palazzuolo e costruì la Strada della Sambuca, che parte dalla Colla di Casaglia con un tracciato diverso dalla vecchia via.

Negli articoli seguenti un palazzuolese ben informato dei fatti, che si firma Ipla, racconta la storia di questa via a partire dagli anni dell’Unità d’Italia con informazioni precise e considerazioni critiche e risentite, specialmente nei confronti dei Marradesi. A suo dire nell’ Ottocento e dopo i Marradesi remarono contro le richieste di Palazzuolo e furono fra i principali responsabili della mancata realizzazione della Strada di Casa dell’ Alpe, ossia della Strada della Sambuca come poi si chiamò quando finalmente fu fatta.

Ipla pubblicò i suoi articoli storici nel febbraio del 1921, dopo l’ennesimo e definitivo rifiuto della Provincia di Firenze al finanziamento richiesto. Leggiamo:


Primo articolo 
23 gennaio 1921

... nel 1861 il Consiglio Compartimentale (poi diventerà l'Ente Provincia) deliberò di accordare 100.000 lire globalmente ai due comuni di Palazzuolo e di Marradi perché costruissero una strada che li unisse fra loro. Tale deliberazione suscitò ira e sdegno in Palazzuolo, invece che contentezza. Veniva accordato ciò che non era stato chiesto ...

... domandava (il Consiglio Comunale di Palazzuolo) che il Consiglio Distrettuale medesimo ponesse la sua attenzione sulla strada che spiccandosi dalla Faentina alla Casa dell'Alpe sale l'Appennino e discende nella vallata del Senio ...



Clicca sulle immagini
er avere una comoda lettura





Secondo articolo
13 febbraio 1921

... Credo opportuno ripubblicare, a maggior intelligenza di quanto finora è stato scritto, il memoriale del Consiglio Generale di Palazzuolo ...



... Fu naturale che la vicina Marradi disapprovasse ...












Terzo articolo
20 febbraio 1921

... I Marradesi questa volta avevano giocato un bel tiro ai loro vicini ...



... Palazzuolo dovette per allora desistere dall' intrapresa battaglia ed a ciò più che l'indifferenza od ostilità altrui maggiormente l'indusse un nuovo problema che s'affacciava all'orizzonte: la via ferrata.


Quarto articolo
27 febbraio 1921

I Palazzuolesi avevano cercato di coinvolgere anche gli altri comuni della loro vallata, Casola Valsenio e Riolo Terme, ottenendo qualche appoggio, più che altro formale.