Ristabilita l'autorità pontificia, fino alla sua morte
Ricerca di Claudio Mercatali
Il cardinale spagnolo Egidio Albornoz era un alto
prelato della corte papale di Avignone e Innocenzo IV desideroso di riportare il Papato a Roma, lo incaricò di restaurare
l'autorità nei territori della Chiesa in Italia, che di fatto alla metà del Trecento erano in mano a diversi signori
locali. L'intrepido cardinale, abile condottiero, discese in Italia nell' autunno 1353 alla testa
di un piccolo esercito di mercenari e cominciò la riconquista dal Lazio, dove il potente Giovanni di Vico, prefetto di Roma, signore
di Viterbo, usurpava una vasta parte dei territori papali. Questi nel 1354 fu
sconfitto nella battaglia di Orvieto e fece atto di sottomissione. I signorotti dell’Umbria, capita l’antifona,
fecero altrettanto.
L'Albornoz a questo punto rivolse la sua attenzione alla
Marca di Ancona e alla Romagna dove spadroneggiavano i Malatesta a Rimini, gli
Ordelaffi a Forlì, i Manfredi a Faenza e i Da Polenta a Ravenna. Nel 1355 sbaragliò
i Malatesta ed essi si sottomisero. Ormai la tecnica dell’astuto cardinale era
chiara: prima sconfiggeva duramente i signorotti che si opponevano e poi
concedeva loro il condono purché giurassero fedeltà alla Chiesa.
Così fecero anche i signori del Montefeltro e i Da Polenta di Ravenna. Invece Francesco Ordelaffi di Forlì, e il suo alleato Giovanni di Riccardo
Manfredi, Signore di Faenza, rifiutarono la sottomissione e nel 1353 il papa proclamò addirittura una crociata contro di loro. Questa situazione generale influì su una serie di episodi che coinvolsero
anche il nostro territorio.
1356 – 1359 L’assedio
di Forlì e di Cesena
I Manfredi si sottomisero, ma l'Ordelaffi e sua moglie, la bellicosa Marzia degli Ubaldini, detta Cia, figlia di Vanni da Susinana, cercarono di resistere agli assedi.
Cia è la donnina che compare fra i merli nello stemma di Palazzuolo sul Senio e
suscitò l’ammirazione dei suoi contemporanei.
Francesco Ordelaffi cercò anche di assoldare la Gran
Compagnia del Conte Lando, ma l’astuto cardinale lo precedette e offrì al
mercenario un lauto compenso purché si allontanasse dalla Romagna. Il Conte
Lando accettò il contratto offerto da Arezzo e Siena, in guerra contro Perugia
e nel 1358 si avviò lungo la valle del Lamone, però
vicino a Campigno, sette chilometri oltre Marradi, gli abitanti stanchi dei suoi soprusi lo affrontarono in una storica battaglia qui rappresentata dal prof. Lanfranco Raparo e per lui fu un disastro.
Cesena e Forlì, ormai allo stremo, si arresero nel
1359 e Cia degli Ubaldini fu imprigionata ad Ancona, dove poi morì. Fu così che
i territori del papato tornarono sotto l’autorità pontificia e Albornoz fu salutato
come Pater Ecclesiae.
1348 – 1370
La situazione a Marradi
Giovanni di Alberghettino Manfredi era
un aggressivo Signore che spadroneggiava nell'alta valle del Lamone e la sua
dimora stabile era al Castellone di Marradi. Il suo chiodo fisso erano gli
odiati Manfredi di Faenza, suoi cugini, per certe vicende di famiglia che sono
qui di seguito. Leggeremo direttamente gli autografi di Giuseppe Matulli,
l'autore del libro La via del grano e del sale. Sono conservati alla
Biblioteca di Marradi, donati dalla famiglia dopo la sua tragica morte e in
pratica sono le bozze del libro che tanti marradesi hanno in casa.
anno 1348
La Romagna era per diritto una terra del
Papa, che per amministrarla nominava un Legato, un governatore, detto Conte di
Romagna. Però spesso il Legato era condizionato dai signorotti locali. Alberghettino
per prendere il potere provò ad ucciderlo e successe che ...
"Dal mese di zugno fece fama che
messer Giovanni di Alberghettino di Faenza, con certi cittadini di Faenza,
voleva uccidere il conte di Romagna. Il quale tractato, pervenuto a notizia del
dicto conte, incontanente fece tagliare il capo a uno che il doveva uccidere.
El dicto messer Giovanni di Alberghettino se ne fuggìo con molti suoi
amici" ...
anno 1350
Un secondo tentativo di conquistare
Faenza, organizzato assieme a suo cugino Giovanni de Manfredi, andò a buon
fine. Però suo cugino volle tutto per sé e lo cacciò quando non ebbe più
bisogno di lui. Per questo in lui nacquero tanti rancori per i suoi parenti
faentini.
"Messer Giovanni de Manfredi di
Faenza, con lo favore e consiglio de messer Francesco degli Ordelaffi, signore
di Forlì, e con lo favore de molti cittadini di Faenza discacciò nel mese di
febbraio el conte di Romagna e Giovanni di Alberghettino de la città di Faenza,
e tolse la segnoria della dicta città per sé".
Stava arrivando il cardinale Albornoz e per Giovanni non ci fu una occasione di rivincita, e poi in fondo era meglio aspettare per vedere come andavano le riconquiste del papa. Il nostro feudatario
si rifugiò al Castellone e ne fece la sua dimora per quaranta anni. Nacque così
la piccola Contea di Marradi, che dopo di lui passò a suo figlio Amerigo e poi
a suo nipote Ludovico, l'ultimo conte, finito in disgrazia e imprigionato nel
carcere delle Stinche dai Fiorentini, che nel 1428 inglobarono tutto il comune
nella loro Signoria.
A questo punto per seguire le avventure
di Giovanni di Alberghettino conviene usare anche la raccolta detta Corpus Chronicorum Bononiensium (Raccolta delle cronache bolognesi) un librone in
latino. In particolare ci interessa Bernardino Azzurrini, uno storico del
Cinquecento citato tante volte e tradotto da Giuseppe Matulli. Da quel libro
apprendiamo che …
anno 1354
"Giovanni di Alberghettino ordinò
di impadronirsi di Faenza e toglierla agli uomini di Rinaldo Manfredi. Per la
qual cosa alcuni di Faenza furono presi e cento altri furono catturati presso
Santa Maria fuori Porta".
Il nostro feudatario provò almeno altre
due volte il colpo di mano a Faenza, nel 1358 e nel 1361, come ci riferisce lo
storico Azzurrini in queste memorie facili da leggere anche senza la
traduzione.
Alla fine, suo malgrado e costretto dai Fiorentini,
dovette rinunciare alle varie pretese che aveva sui territori dei vicini e si
accontentò della Contea di Marradi. Fu stipulato un vero e proprio trattato di
pace, a Montemaggiore, un bel podere vicino al Castellone. Erano in tanti quel
giorno ...
anno 1370
"Fu fatta pace e concordia in casa
di Giovanni di Alberghettino Manfredi tra il suddetto e il gonfaloniere e i
priori di Firenze, con l'intervento di Bernardino di Milano, Ruggero di
Dovadola, Nicola Righi dei Manfredi, Ferruccio di Francesco dei Pangetti e
Ludovico di Bernardino dei Caccianemici".
Come mai questi aggressivi personaggi si
riunirono a Montemaggiore? Che cosa li preoccupava?
Il motivo era che stava entrando in
scena il principale attore nella storia della valle del Lamone a fine Trecento, e cioè il Comune di Firenze che voleva prendere
tutto, con calma, senza scatenare guerre, con acquisti, eredità e cogliendo le
varie occasioni offerte dai feudatari in lotta fra loro. C’è Montemaggiore di
qua e Montemaggiore di là. Di qua e di là da che? Fra i due poderi corre il
confine fra Marradi e Palazzuolo, che era già sotto il dominio dei Fiorentini e
siccome questi non si fidavano di Manfredi e di qualcuno degli altri, si incontrarono al limite delle
rispettive terre.
1371 Il censimento
di Anglic de Grimoard
Innocenzo VI
morì nel 1362 e fu eletto papa il francese Guglielmo di Grimoard, con il nome
di Urbano V. Suo fratello Anglic divenne Vicario in Italia e
stilò la Descriptio Romandiole, un censimento per scopi fiscali dei
territori appena riconquistati, nel quale si parla anche di Marradi. Che
cosa dice Anglic de Grimoard su di noi valligiani del Lamone nella Descriptio
Romandiole (Descrizione della Romagna)? Il suo censimento riporta per ogni
località della valle gli abitanti suddivisi in Focularia, in famiglie, dette
anche Fumantes, formate da persone in grado di pagare le Fumantarie, le tasse
richieste a chi non viveva all’addiaccio.
Dunque
i Focularia non indicano il totale delle famiglie ma solo quelle che potevano
essere tassate. E’ la logica poco evangelica dell’esattore: si conteggiano i
contribuenti e si trascurano i nullatenenti, che tanto non pagano. Con un
criterio ritenuto accettabile ma approssimativo il numero dei contribuenti si
ottiene moltiplicando il numero dei focularia per cinque e così ad esempio
Marradi Marciana (la parte dopo il Ponte Grande, Jum Maré), che contava 60
focularia aveva circa 300 persone in grado di pagare le Fumantarie. Invece non
c’è modo di conoscere il numero dei poveracci e nemmeno quello dei nobili, dei
potenti e in genere dei privilegiati esentati dalle tasse.
1372 – 1373 La rivolta degli Ubaldini di Palazzuolo
Nel 1367 Urbano V lasciò Avignone e tornò a Roma.
Però i tempi non erano ancora maturi e dopo tre anni dovette tornare ad
Avignone. Senza Albornoz, che nel frattempo era morto, i signorotti locali
avevano rialzato il capo. I nuovi comandanti pontifici procedevano nella
riconquista troppo lentamente e gestire lo Stato della Chiesa era un problema.
Secondo Scipione Ammirato, uno storico fiorentino del Cinquecento, nel 1372 il
Papato incoraggiò una rivolta degli Ubaldini per respingere il Comune di Firenze
nel versante toscano. La reazione di Firenze fu dura: Gaspare Ubaldini,
fratello di Vanni da Susinana e quindi zio di Cia fu costretto dalle milizie
fiorentine a fuggire dopo aver preso per qualche settimana Castel Lione di Bibbiana, Mainardo di Ugolino degli Ubaldini si arrese nel castello del Frassino
(1373) che è vicino alla attuale fattoria I Cancelli e fu decapitato a Firenze.
I territori della Badia di Susinana e di Gamberaldi furono devastati dai Fiorentini
fino alla sottomissione completa.
1377 Palazzuolo passa sotto Firenze
L’intero Comune di Palazzuolo nel 1377 passò sotto
Firenze e assunse il nome di Podere Fiorentino. A Marradi rimasero i Manfredi e Modigliana era già un libero Comune perché 1337aveva cacciato i Conti Guidi, però ambedue i paesi erano più o meno sottoposti a Firenze.
1387 L’ultima rivolta
degli Ubaldini
Questa famiglia di feudatari di probabile origine
longobarda era fatta di gente tosta. Nel
giugno 1387 le soldatesche del Comune di Firenze repressero un’altra ribellione
degli abitanti di Susinana e portarono la campana della badia a Figline
Valdarno. La richiesta di Palazzuolo per averla indietro non è mai stata
accolta però ogni anno, nella quarta domenica di luglio, si tiene il Palio
della Campana che è una amichevole disputa a colpi di catapulte fra due squadre
di Palazzuolo e di Figline.
Così passò la seconda metà del Trecento qui da noi,
fra le pretese dei signorotti locali, l’azione del cardinale Albornoz in
Romagna, la lenta ma continua espansione del Comune di Firenze e i problemi
degli abitanti, tartassati dagli agenti del cardinale Anglic se accendevano il
camino troppo spesso.
Per approfondire cerca nel blog
28 aprile 2013 Giovanni di Alberghettino Manfredi
18 dicembre 2016
Cia degli Ubaldini
20 aprile 2019 La
conquista di Palazzuolo sul Senio
08.01. 2020 Il censimento del cardinale Anglic de Grimoard