Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

martedì 28 gennaio 2020

Faustino Perisauli

Un arguto umanista del Cinquecento
Ricerca di Claudio Mercatali



Faustino Perisauli, umanista, nacque a Tredozio nel 1450 e morì a Rimini nel 1523. La sua opera più nota è il De triumpho stultitiae, un poemetto in esametri latini edito postumo nel 1524, composto forse tra il 1480 e il 1490, che ha delle somiglianze con l' Elogio alla follia di Erasmo da Rotterdam (1511).
Giovanni Papini, noto qui da noi per le vicende legate allo smarrimento del manoscritto di Dino Campana, aveva notato che l'opera del Perisauli "ricorda nella generale intelaiatura l'operetta Erasminiana". Erasmo venne in Italia nel 1506 – 1509 e forse lesse gli scritti ancora inediti di Perisauli.



Di certo il piccolo Fausto, prete di Tredozio, (così viene descritto dai contemporanei) precedette Erasmo con piacevole arguzia. E’ altrettanto certo che Erasmo aveva uno stile migliore di Faustino e non è certo che avesse preso ispirazione da lui. Questa che segue è una parte del secondo libro, dei tre che compongono il De Triumpho.

 
Faustino ed Erasmo da Rotterdam in una scultura di Leonardo Poggiolini, Piazza J.Vespignani, Tredozio.


Perché interessarsi a Faustino Perisauli? Questo scrittore, Silvano Razzi, suo fratello Serafino, Bartolomeo Mariscotti e Orlando Pescetti sono scrittori del Cinquecento e del Seicento nativi delle nostre zone, che dimostrano come la cultura fosse ben radicata qui in queste parti dell’appennino. Leggiamo:

L'arte medica è un mestieraccio. Il Dottore studia, si aggiorna, si ingegna e poi se l'ammalato peggiora e muore la gente dice:

... I medici non sanno ed è logico, perché anche loro si ammalano ... Tutta questa fatica e questi studi che cosa sono se non una favola vana? 





... Sei pazzo, se credi piantato qui, in terra di poter scrutare i secreti del cielo. Questa è una pazzia che suscita un riso senza fine .




... L'alchimista sogna felice monti d'oro e insegue una ricchezza così incerta ...

... Questo modo di agire non è forse un delirio? Non chiameresti follia questa tua fatica?




... A te che cerchi i sacri arcani di Dio, la via del cielo ed a noi sveli i pensieri della mente divina, che si trovano spiegati nei libri della sapienza divina; a te che ami questi libri sacri, ora mi rivolgo perché tu insegni al popolo a distinguere il sole dall'ombra, quanto sia lontano il vero dal falso, la virtù dal vizio, il premio dalla pena, qual sia la strada buona che conduce al cielo ...




... O funesta fame dell'oro, o malsana ingordigia, dove vai così sfrenata, abbandonando la mèta?

Clicca sulle immagini 
per ingrandirle e avere
una comoda lettura





... V'è ancora una specie di gente stoltissima che arde sempre dal desiderio inesausto di costruire qualcosa. Ora prepara la calce, il gesso, la calce ...










... Finalmente o miseri, di che ci lamentiamo se il genere umano è una commedia? ...











Chiudiamo qui, con l'ultimo paragrafo dell' Elogio alla follia di Erasmo da Rotterdam. Non ce ne voglia Faustino, ma fra i due c'è una differenza di cilindrata.

... Perciò addio! Applaudite, bevete, vivete, famosissimi iniziati alla follia.

Bibliografia
Il libretto di Erasmo da Rotterdam si trova anche su Internet se digiti Elogio alla follia liber liber .


martedì 21 gennaio 2020

Da Rugginara a Modigliana per una via antica

In giro nei siti abitati dai Galli 
duemila anni fa
Resoconto di Claudio Mercatali


Brenno, re dei Galli

Ci sono diverse vie per andare dalla media valle del Lamone a Modigliana. A Sant’ Eufemia la campestre che comincia dal podere Il Palazzo (al magazzino Travi Lamone) sale al podere Rovina, scende nella valletta di Bago, risale fino a Lago e riscende proprio a Modigliana. E’ un noto percorso di allenamento per quelli delle mountain bike. Oppure da San Cassiano si può salire a Scampelluccio, fino al Monte del Tesoro (all’impianto del Metanodotto di Campo Piano) e poi scendere a Galliata e alla chiesa di Santa Reparata. Strada ottima per i ciclisti agili e con il cuore buono. Ci sono anche dei percorsi da trekking verso il Monte Budrialto: da Marignano o da Scorzolino fino a Galliana lungo strade bianche di antica memoria, ammodernate negli anni Sessanta dal Consorzio di Bonifica di Brisighella.

Adesso però interessa un’ altra via antica che sale al Budrialto da Rugginara a Galliana e scende nell’ Acerreta. Nelle carte granducali del Settecento e del primo Ottocento è segnata questa e non le altre. Questo percorso nel tratto dentro la fattoria di Galliana non è di libero transito perché il sito è una riserva di caccia e anche nei periodi in cui non c'è esercizio venatorio il fondo è chiuso. Perciò prima di passare occorre chiedere il permesso alla azienda. 



A destra, sopra: il versante del Monte Budrialto, da salire, visto da S.Adriano. Sotto, lo stesso monte nel versante da scendere visto dalla valle Acerreta.


Si parte da Rugginara, dove nel 1841 venne aperta la nuova dogana granducale. La via gira dietro le case e sale subito ripida. Questo è un tipico trekking invernale, perché già dall’ inizio si capisce che ci sono tante cose da vedere ed è meglio se gli alberi non hanno la foglia. Qui le terre sono fertili ma fangose e serve una decina di giorni per asciugare i suoli e camminare agili. Queste per me sono le condizioni ideali, però le vostre preferenze potrebbero essere diverse.

Dopo una ripida salita si arriva alla casa del podere Monte di Sotto, riconvertita in agriturismo. Siamo in una zona di insediamenti antichissimi, dove si arroccarono i Galli Boi per sottrarsi il più possibile all’ espansione inarrestabile dei Romani. La loro presenza è rimasta impressa nella toponomastica: Boesimo, Galliana, Galligata o Galliata. La prossima meta è Casa Checchi che si può raggiungere seguendo la strada moderna che sale serpeggiando. Però lo scopo ora è di percorrere la vecchia viabilità e quindi tiriamo diritto, a l’érta.

Si arriva così a Galliana di Sotto, dove ci sono le stalle e i fienili della fattoria. Dopo qualche centinaio di metri si arriva alla villa di Galliana. Lì accanto c’è la vecchia chiesa di San Rufillo, che compare già nelle carte del Cinquecento.







In cima al Monte Budrialto convergono i confini di Brisighella, Marradi e Modigliana. Il nome butrium è addirittura pre latino, celtico e significa luogo scosceso, o sito dal quale si dipartono molti fossi. Ci sono quattro esempi di questa parola anche a Palazzuolo (due a Mantigno, uno a Misileo e al Monte Carnevale).





Al centro della foto, 
sullo sfondo: Pian di Laguna


Mi piace Pian di Laguna, un podere con una casa in mezzo a un boschetto circondato da campi arati. E’ un riferimento perché si vede da tutti i lati del Monte Budrialto. Il nome è insolito per un podere in cima a un monte ma in realtà la lagǒna in questo caso è “la lacuna nel bosco” ossia l’area disboscata.
Il campo in primo piano è vicino al podere Valcula, ossia Vacùola, piccola valletta vucua, vuota, disboscata. Ci sono altri tre casi nella zona di Marradi, ne riparleremo.



Il versante di Galliata

Quando si scende verso l'Acerreta là di fronte si vede la fattoria di Galligata o Galliata, l’ennesimo toponimo gallico che si incontra in questa zona. Se fossi salito da Scampelluccio adesso sarei là: lo farò un’altra volta.

Ecco laggiù Campolasso, uno degli ultimi poderi del comune di Marradi prima di Modigliana. Oggi c'è una enorme piantagione di kiwi e il terreno è proprio adatto per questo, perché lasso in agricoltura indica un terreno molle, umido. Il fondovalle dell’ Acerreta è fertile e non c'è nemmeno un metro di incolto. Si vede anche il Molino di Bedronico: bedo in celtico significava canale. Le pendici qui sono scoscese. Luogo ottimo per un’imboscata … fra un po’ ne riparleremo.




Ai primi dell’ Ottocento in queste colline si aggiravano i briganti guidati da tal Giovanni Montanari, detto Burìga, originario di Bagnacavallo. I suoi compari erano gente della zona, cinque contadini, un bracciante, due vetturali e un mercante di pentole. Le loro malefatte durarono dall’ ottobre 1809 al 21 febbraio 1811. In questo giorno un benestante di Tredozio, rapinato, diede l’allarme suonando una campana. Buriga e i suoi furono inseguiti dalla gente e poi dai gendarmi di Marradi, e rimasero bloccati vicino alla chiesa di Santa Reparata. All’Osteria de vdòc (l’Osteria del pidocchio) ci fu uno scontro a fuoco, morirono una guardia e due banditi mentre gli altri furono catturati. 
Burìga il 12 settembre 1811 fu fucilato a Firenze. Dov’ era questa osteria? Nella vecchia carta del geometra Morozzi (1780 circa), si vede che il Poggiolo dell’ Osteria del pidocchio è proprio lungo la vecchia via da Marradi a Modigliana. Vdòc in romagnolo significa anche “avaro” e forse qui c’era un oste che lesinava nella mescita, oppure il posto non era il massimo per l’igiene.



Ecco la chiesa di Santa Reparata. Alla fine degli anni Settanta don Becattini, rimasto ormai senza parrocchiani a causa dello spopolamento delle campagne, le ridiede vita organizzando di continuo matrimoni e battesimi con rinfresco e grigliata nel parco attorno, allestito apposta. Anch’io ne approfittai. E’curatissima anche oggi perché questa attività ha avuto un seguito.







Il mio trekking prosegue verso Modigliana: il podere Linato, un tempo Linare, è nel sito dove sorgeva il castellare di Rocco Guerrini, architetto di fortezze e capitano emigrato in Germania al servizio del re Giovanni Giorgio di Brandeburgo, che lo nominò Graf zu Lynar (conte di Linare). Ecco qui accanto le notizie sulla sua famiglia scritte da Jacopo Fabbroni a metà dell’ Ottocento. Nel blog c’è  dell’altro su di lui e quindi andiamo avanti.




Fiumane

Sono a Fiumane, ormai alla fine della valle dell’Acerreta, che fra un po’ confluirà con l’Ibola e il Tramazzo per dare origine al torrente Marzeno. Alla confluenza dei tre corsi sorge Modigliana e la sua Roccaccia. Il fondovalle è sempre pianeggiante e rigoglioso, ricco dal punto di vista agricolo.

Come ho detto prima in questi siti avvenne probabilmente un’imboscata storica:
In un anno imprecisato alla fine del III secolo avanti Cristo, due legioni romane giunte qui per reprimere l’ennesima rivolta dei Galli si accamparono nei pressi di Castrum Mutilum, che forse era Modigliana. Essendo luglio il prefetto Caio Ampio mandò i suoi uomini a mietere per sé il grano dei Galli abitanti nei monti attorno e loro, provocati in questo modo e con una prospettiva di fame nell’ inverno seguente, si fecero coraggio e successe che …

Leggiamo il racconto dello storico Romano Tito Livio, che in Ab Urbe còndita scrisse così:


Eccoci alla meta finale, a Modigliana. Questo paese ha una storia medioevale insigne, perché fu per quattro secoli la sede del feudo dei Conti Guidi di Romagna. Alla caduta di questi dinasti (1377) il Comune si resse in autonomia sotto la protezione di Firenze ma poi nel ‘400 si diede alla sovranità piena dei Fiorentini e rimase parte del Granducato di Toscana fino al 1923 quando Mussolini lo passò alla provincia di Forlì assieme agli altri tredici comuni della Romana Toscana.





Per approfondire puoi cercare questi post 
nell’ Archivio tematico del blog:


22 luglio 2010   Briganti e malandrini nell’ Ottocento (voce Comunità di Lutirano)
18 agosto 2012   La scoperta della necropoli dei Galli (voce Archeologia)
15 aprile 2013   Rocco Guerrini (voce I Marradesi del Cinquecento)
26 maggio 2017   La necropoli di San Martino in Gattara (voce Archeologia)
10 gennaio 2018   Il passaggio della Romagna Toscana all’ Emilia  (voce La Romagna Toscana)

mercoledì 15 gennaio 2020

1360 Il cardinale Albornoz riconquista la Romagna

Ristabilita l'autorità pontificia,
fino alla sua morte
Ricerca di Claudio Mercatali

Il cardinale spagnolo Egidio Albornoz era un alto prelato della corte papale di Avignone e Innocenzo IV desideroso di riportare il Papato a Roma, lo incaricò di restaurare l'autorità nei territori della Chiesa in Italia, che di fatto alla metà del Trecento erano in mano a diversi signori locali. L'intrepido cardinale, abile condottiero, discese in Italia nell' autunno 1353 alla testa di un piccolo esercito di mercenari e cominciò la riconquista dal Lazio, dove il potente Giovanni di Vico, prefetto di Roma, signore di Viterbo, usurpava una vasta parte dei territori papali. Questi nel 1354 fu sconfitto nella battaglia di Orvieto e fece atto di sottomissione. I signorotti dell’Umbria, capita l’antifona, fecero altrettanto.

L'Albornoz a questo punto rivolse la sua attenzione alla Marca di Ancona e alla Romagna dove spadroneggiavano i Malatesta a Rimini, gli Ordelaffi a Forlì, i Manfredi a Faenza e i Da Polenta a Ravenna. Nel 1355 sbaragliò i Malatesta ed essi si sottomisero. Ormai la tecnica dell’astuto cardinale era chiara: prima sconfiggeva duramente i signorotti che si opponevano e poi concedeva loro il condono purché giurassero fedeltà alla Chiesa.
Così fecero anche i signori del Montefeltro e i Da Polenta di Ravenna. Invece Francesco Ordelaffi di Forlì, e il suo alleato Giovanni di Riccardo Manfredi, Signore di Faenza, rifiutarono la sottomissione e nel 1353 il papa proclamò addirittura una crociata contro di loro. Questa situazione generale influì su una serie di episodi che coinvolsero anche il nostro territorio.


1356 – 1359 L’assedio
di Forlì e di Cesena
I Manfredi si sottomisero, ma l'Ordelaffi e sua moglie, la bellicosa Marzia degli Ubaldini, detta Cia, figlia di Vanni da Susinana, cercarono di resistere agli assedi. Cia è la donnina che compare fra i merli nello stemma di Palazzuolo sul Senio e suscitò l’ammirazione dei suoi contemporanei.

Francesco Ordelaffi cercò anche di assoldare la Gran Compagnia del Conte Lando, ma l’astuto cardinale lo precedette e offrì al mercenario un lauto compenso purché si allontanasse dalla Romagna. Il Conte Lando accettò il contratto offerto da Arezzo e Siena, in guerra contro Perugia e nel 1358 si avviò lungo la valle del Lamone, però

vicino a Campigno, sette chilometri oltre Marradi, gli abitanti stanchi dei suoi soprusi lo affrontarono in una storica battaglia qui rappresentata dal prof. Lanfranco Raparo e per lui fu un disastro.
Cesena e Forlì, ormai allo stremo, si arresero nel 1359 e Cia degli Ubaldini fu imprigionata ad Ancona, dove poi morì. Fu così che i territori del papato tornarono sotto l’autorità pontificia e Albornoz fu salutato come Pater Ecclesiae.

1348 – 1370 
La situazione a Marradi

Giovanni di Alberghettino Manfredi era un aggressivo Signore che spadroneggiava nell'alta valle del Lamone e la sua dimora stabile era al Castellone di Marradi. Il suo chiodo fisso erano gli odiati Manfredi di Faenza, suoi cugini, per certe vicende di famiglia che sono qui di seguito. Leggeremo direttamente gli autografi di Giuseppe Matulli, l'autore del libro La via del grano e del sale. Sono conservati alla Biblioteca di Marradi, donati dalla famiglia dopo la sua tragica morte e in pratica sono le bozze del libro che tanti marradesi hanno in casa.

anno 1348
La Romagna era per diritto una terra del Papa, che per amministrarla nominava un Legato, un governatore, detto Conte di Romagna. Però spesso il Legato era condizionato dai signorotti locali. Alberghettino per prendere il potere provò ad ucciderlo e successe che ...

"Dal mese di zugno fece fama che messer Giovanni di Alberghettino di Faenza, con certi cittadini di Faenza, voleva uccidere il conte di Romagna. Il quale tractato, pervenuto a notizia del dicto conte, incontanente fece tagliare il capo a uno che il doveva uccidere. El dicto messer Giovanni di Alberghettino se ne fuggìo con molti suoi amici" ...



anno 1350
Un secondo tentativo di conquistare Faenza, organizzato assieme a suo cugino Giovanni de Manfredi, andò a buon fine. Però suo cugino volle tutto per sé e lo cacciò quando non ebbe più bisogno di lui. Per questo in lui nacquero tanti rancori per i suoi parenti faentini.

"Messer Giovanni de Manfredi di Faenza, con lo favore e consiglio de messer Francesco degli Ordelaffi, signore di Forlì, e con lo favore de molti cittadini di Faenza discacciò nel mese di febbraio el conte di Romagna e Giovanni di Alberghettino de la città di Faenza, e tolse la segnoria della dicta città per sé".

Stava arrivando il cardinale Albornoz e per Giovanni non ci fu una occasione di rivincita, e poi in fondo era meglio aspettare per vedere come andavano le riconquiste del papa. Il nostro feudatario si rifugiò al Castellone e ne fece la sua dimora per quaranta anni. Nacque così la piccola Contea di Marradi, che dopo di lui passò a suo figlio Amerigo e poi a suo nipote Ludovico, l'ultimo conte, finito in disgrazia e imprigionato nel carcere delle Stinche dai Fiorentini, che nel 1428 inglobarono tutto il comune nella loro Signoria.
A questo punto per seguire le avventure di Giovanni di Alberghettino conviene usare anche la raccolta detta Corpus Chronicorum Bononiensium (Raccolta delle cronache bolognesi) un librone in latino. In particolare ci interessa Bernardino Azzurrini, uno storico del Cinquecento citato tante volte e tradotto da Giuseppe Matulli. Da quel libro apprendiamo che …


anno 1354
"Giovanni di Alberghettino ordinò di impadronirsi di Faenza e toglierla agli uomini di Rinaldo Manfredi. Per la qual cosa alcuni di Faenza furono presi e cento altri furono catturati presso Santa Maria fuori Porta".
Il nostro feudatario provò almeno altre due volte il colpo di mano a Faenza, nel 1358 e nel 1361, come ci riferisce lo storico Azzurrini in queste memorie facili da leggere anche senza la traduzione.
Alla fine, suo malgrado e costretto dai Fiorentini, dovette rinunciare alle varie pretese che aveva sui territori dei vicini e si accontentò della Contea di Marradi. Fu stipulato un vero e proprio trattato di pace, a Montemaggiore, un bel podere vicino al Castellone. Erano in tanti quel giorno ...

anno 1370
"Fu fatta pace e concordia in casa di Giovanni di Alberghettino Manfredi tra il suddetto e il gonfaloniere e i priori di Firenze, con l'intervento di Bernardino di Milano, Ruggero di Dovadola, Nicola Righi dei Manfredi, Ferruccio di Francesco dei Pangetti e Ludovico di Bernardino dei Caccianemici".

Come mai questi aggressivi personaggi si riunirono a Montemaggiore? Che cosa li preoccupava?
Il motivo era che stava entrando in scena il principale attore nella storia della valle del Lamone a fine Trecento, e cioè il Comune di Firenze che voleva prendere tutto, con calma, senza scatenare guerre, con acquisti, eredità e cogliendo le varie occasioni offerte dai feudatari in lotta fra loro. C’è Montemaggiore di qua e Montemaggiore di là. Di qua e di là da che? Fra i due poderi corre il confine fra Marradi e Palazzuolo, che era già sotto il dominio dei Fiorentini e siccome questi non si fidavano di Manfredi e di qualcuno degli altri, si incontrarono al limite delle rispettive terre.

1371 Il censimento
di Anglic de Grimoard
Innocenzo VI morì nel 1362 e fu eletto papa il francese Guglielmo di Grimoard, con il nome di Urbano V. Suo fratello Anglic divenne Vicario in Italia e stilò la Descriptio Romandiole, un censimento per scopi fiscali dei territori appena riconquistati, nel quale si parla anche di Marradi. Che cosa dice Anglic de Grimoard su di noi valligiani del Lamone nella Descriptio Romandiole (Descrizione della Romagna)? Il suo censimento riporta per ogni località della valle gli abitanti suddivisi in Focularia, in famiglie, dette anche Fumantes, formate da persone in grado di pagare le Fumantarie, le tasse richieste a chi non viveva all’addiaccio.

Dunque i Focularia non indicano il totale delle famiglie ma solo quelle che potevano essere tassate. E’ la logica poco evangelica dell’esattore: si conteggiano i contribuenti e si trascurano i nullatenenti, che tanto non pagano. Con un criterio ritenuto accettabile ma approssimativo il numero dei contribuenti si ottiene moltiplicando il numero dei focularia per cinque e così ad esempio Marradi Marciana (la parte dopo il Ponte Grande, Jum Maré), che contava 60 focularia aveva circa 300 persone in grado di pagare le Fumantarie. Invece non c’è modo di conoscere il numero dei poveracci e nemmeno quello dei nobili, dei potenti e in genere dei privilegiati esentati dalle tasse.

1372 – 1373 La rivolta degli Ubaldini di Palazzuolo
Nel 1367 Urbano V lasciò Avignone e tornò a Roma. Però i tempi non erano ancora maturi e dopo tre anni dovette tornare ad Avignone. Senza Albornoz, che nel frattempo era morto, i signorotti locali avevano rialzato il capo. I nuovi comandanti pontifici procedevano nella riconquista troppo lentamente e gestire lo Stato della Chiesa era un problema. Secondo Scipione Ammirato, uno storico fiorentino del Cinquecento, nel 1372 il Papato incoraggiò una rivolta degli Ubaldini per respingere il Comune di Firenze nel versante toscano. La reazione di Firenze fu dura: Gaspare Ubaldini, fratello di Vanni da Susinana e quindi zio di Cia fu costretto dalle milizie fiorentine a fuggire dopo aver preso per qualche settimana Castel Lione di Bibbiana, Mainardo di Ugolino degli Ubaldini si arrese nel castello del Frassino (1373) che è vicino alla attuale fattoria I Cancelli e fu decapitato a Firenze. I territori della Badia di Susinana e di Gamberaldi furono devastati dai Fiorentini fino alla sottomissione completa.

1377 Palazzuolo passa sotto Firenze

L’intero Comune di Palazzuolo nel 1377 passò sotto Firenze e assunse il nome di Podere Fiorentino. A Marradi rimasero i Manfredi e Modigliana era già un libero Comune perché  1337aveva cacciato i Conti Guidi, però ambedue i paesi erano più o meno sottoposti a Firenze. 



1387 L’ultima rivolta
degli Ubaldini
Questa famiglia di feudatari di probabile origine longobarda era fatta di gente tosta.  Nel giugno 1387 le soldatesche del Comune di Firenze repressero un’altra ribellione degli abitanti di Susinana e portarono la campana della badia a Figline Valdarno. La richiesta di Palazzuolo per averla indietro non è mai stata accolta però ogni anno, nella quarta domenica di luglio, si tiene il Palio della Campana che è una amichevole disputa a colpi di catapulte fra due squadre di Palazzuolo e di Figline.


Così passò la seconda metà del Trecento qui da noi, fra le pretese dei signorotti locali, l’azione del cardinale Albornoz in Romagna, la lenta ma continua espansione del Comune di Firenze e i problemi degli abitanti, tartassati dagli agenti del cardinale Anglic se accendevano il camino troppo spesso.


 Per approfondire cerca nel blog

28 aprile 2013 Giovanni di Alberghettino Manfredi
18 dicembre 2016   Cia degli Ubaldini
20 aprile 2019    La conquista di Palazzuolo sul Senio
08.01. 2020   Il censimento del cardinale Anglic de Grimoard


mercoledì 8 gennaio 2020

1371 La Descriptio Romandiole

Il cardinale Anglic de Grimoard 
parla di noi
Ricerca di Claudio Mercatali



Anglic de Grimoard, ecco un personaggio che merita un approfondimento. Nacque a Grizac (nel Languedoc, in Francia) nel 1320 e intraprese una brillante carriera ecclesiastica, favorito da suo fratello maggiore Guillaume, che divenne papa con il nome di Urbano V. Qui lo vediamo rappresentato con aria vagamente penitente e la manina benedicente ma in realtà era un attento amministratore ed esattore delle tasse dovute alla Chiesa. 



Insomma dava il meglio di sé negli inventari, nei rendiconti e nei censimenti fatti per scopi fiscali e ora ci interessa proprio per questo, perché in uno dei suoi scritti parla della Valle del Lamone e di Marradi. Erano i tempi torbidi del Papato Avignonese e la sua azione fu sempre preziosa soprattutto negli anni in cui fu Legato Pontificio in Italia, residente a Bologna. Curava benissimo anche i beni di famiglia, da cui diverse accuse dei suoi detrattori … Però questo aspetto della sua vita ci interessa poco.

Che cosa dice Anglic de Grimoard su di noi valligiani del Lamone nella Descriptio Romandiole (Descrizione della Romagna)? Il suo censimento riporta per ogni località della valle gli abitanti suddivisi in Focularia, in famiglie, dette anche Fumantes, formate da persone in grado di pagare le Fumantàrie, le tasse richieste a chi non viveva all’addiaccio.

Dunque i Focularia non indicano il totale degli abitanti ma solo quelli che potevano essere tassati. E’ la logica poco evangelica dell’esattore: si conteggiano i contribuenti e si trascurano i nullatenenti, che tanto non pagano. Con un criterio ritenuto accettabile ma approssimativo il numero dei contribuenti si ottiene moltiplicando il numero dei focularia per cinque e così ad esempio Marradi Marciana (la parte dopo il Ponte Grande, Jum Maré), che contava 60 focularia aveva circa 300 persone in grado di pagare le Fumantàrie. Invece non c’è modo di conoscere il numero dei poveracci e nemmeno quello dei nobili, dei potenti e in genere dei privilegiati esentati dalle tasse.
 
Detto questo leggiamo come ci descrisse il cardinale Anglic, senza usare il testo originario, che è in un duro latino medioevale con influssi di Languedoc, ma fidando nell’interpretazione di Leardo Mascanzoni, un professore universitario di Bologna che lo studiò a fondo.





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