
Un confronto fra Castagno d’Andrea e Campigno
Ricerca di Claudio Mercatali
… e così il giorno 16 settembre 1910 Dino Campana cominciò il pellegrinaggio a La Verna partendo da Campigno, dove era arrivato il giorno prima, come ci dice nei Canti Orfici:
15 Settembre (per la strada di
Campigno) Tre ragazze e
un ciuco per la strada mulattiera che scendono. I complimenti vivaci degli
stradini che riparano la via. Il ciuco che si voltola in terra. Le risa. Le
imprecazioni montanine. Le rocce e il fiume.
Era
pieno di pensieri e di ricordi amari. Due guardie della Questura di Firenze lo
avevano accompagnato a Marradi il 14 giugno, espulso dal Belgio, dove era stato
ricoverato per un mese nel manicomio di Tournai e detenuto per qualche tempo
nel carcere di Saint Gilles. Forse in famiglia gli diedero qualche soldo
volentieri quando partì per questa mèta e sperarono che con questo pellegrinaggio
ritrovasse un po’ di serenità e di equilibrio. In effetti dal diario del
viaggio a La Verna emergono più volte scorci di riflessione e osservazione
serena descritti in una prosa di altissima qualità letteraria.
Il giorno 16 settembre cominciò l’instancabile cammino, fino al paese di Castagno d’Andrea, che è sul monte Falterona e dista quasi trenta chilometri da Campigno. Dal racconto si capisce che pernottò là e al mattino descrisse la gente e il paesaggio: era stata una notte di pioggia ma nella mattina il cielo si stava rasserenando. Sono ricordi dal vivo, autentici, che corrispondono esattamente ai Bollettini meteo dell’ Osservatorio Ximeniano di Firenze.

Castagno, 17 Settembre La Falterona è ancora avvolta di nebbie. Vedo solo canali rocciosi che le venano i fianchi e si perdono nel cielo di nebbie che le onde alterne del sole non riescono a diradare. La pioggia à reso cupo il grigio delle montagne. Davanti alla fonte hanno stazionato a lungo i Castagnini attendendo il sole, aduggiati da una notte di pioggia nelle loro stamberghe allagate. Una ragazza in ciabatte passa che dice rimessamente: un giorno la piena ci porterà tutti. Il torrente gonfio nel suo rumore cupo commenta tutta questa miseria.
Guardo
oppresso le rocce ripide della Falterona: dovrò salire, salire. Nel presbiterio
trovo una lapide ad Andrea del Castagno. Mi colpisce il tipo delle ragazze:
viso legnoso, occhi cupi incavati, toni bruni su toni giallognoli: contrasta
con una così semplice antica grazia toscana del profilo e del collo che riesce
a renderle piacevoli! forse.
Il
suo pensiero intreccia i ricordi e imbastisce i confronti con Campigno, che aveva lasciato la mattina
del giorno prima:
Come differente la sera di
Campigno: come mistico il paesaggio, come bella la povertà delle sue casupole!
Come incantate erano sorte per me le stelle nel cielo dallo sfondo lontano dei
dolci avvallamenti dove sfumava la valle barbarica, donde veniva il torrente
inquieto e cupo di profondità! Io sentivo le stelle sorgere e collocarsi
luminose su quel mistero.

Alzando gli occhi alla roccia a
picco altissima che si intagliava in un semicerchio dentato contro il violetto
crepuscolare, arco solitario e magnifico teso in forza di catastrofe sotto gli
ammucchiamenti inquieti di rocce all’agguato dell’infinito, io non ero non ero
rapito di scoprire nel cielo luci ancora luci. E, mentre il tempo fuggiva
invano per me, un canto, le lunghe onde di un triplice coro salienti a lanci la
roccia, trattenute ai confini dorati della notte dall’eco che nel seno petroso
le rifondeva allungate, perdute. Il canto fu breve: una pausa, un commento
improvviso e misterioso e la montagna riprese il suo sogno catastrofico.
Il canto breve: le tre fanciulle
avevano espresso disperatamente nella cadenza millenaria la loro pena breve ed
oscura e si erano taciute nella notte! Tutte le finestre nella valle erano
accese. Ero solo.
Dal ricordo di Campigno il Poeta torna al presente e supera la malinconia descrivendo Castagno d’Andrea:
Le nebbie sono scomparse: esco. Mi
rallegra il buon odore casalingo di spigo e di lavanda dei paesetti toscani.
La chiesa ha un portico a
colonnette quadrate di sasso intero, nudo ed elegante, semplice e austero,
veramente toscano.
Tra i cipressi scorgo altri
portici. Su una costa una croce apre le braccia ai vastissimi fianchi della
Falterona, spoglia di macchie, che scopre la sua costruttura sassosa. Con una
fiamma pallida e fulva bruciano le erbe del camposanto.