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di Claudio Mercatali
Anglic
de Grimoard, ecco un personaggio che merita un approfondimento. Nacque a Grizac
(nel Languedoc, in Francia) nel 1320 e intraprese una brillante carriera
ecclesiastica, favorito da suo fratello maggiore Guillaume, che divenne papa
con il nome di Urbano V. Qui lo vediamo rappresentato con aria vagamente
penitente e la manina benedicente ma in realtà era un attento amministratore ed
esattore delle tasse dovute alla Chiesa.
Insomma dava il meglio di sé negli
inventari, nei rendiconti e nei censimenti fatti per scopi fiscali e ora ci
interessa proprio per questo, perché in uno dei suoi scritti parla della Valle
del Lamone e di Marradi. Erano
i tempi torbidi del Papato Avignonese e la sua azione fu sempre preziosa soprattutto
negli anni in cui fu Legato Pontificio in Italia, residente a Bologna. Curava
benissimo anche i beni di famiglia, da cui diverse accuse dei suoi detrattori …
Però questo aspetto della sua vita ci interessa poco.
Che
cosa dice Anglic de Grimoard su di noi valligiani del Lamone nella Descriptio
Romandiole (Descrizione della Romagna)? Il suo censimento riporta per ogni
località della valle gli abitanti suddivisi in Focularia, in famiglie, dette
anche Fumantes, formate da persone in grado di pagare le Fumantàrie, le tasse
richieste a chi non viveva all’addiaccio.
Dunque
i Focularia non indicano il totale degli abitanti ma solo quelli che potevano
essere tassati. E’ la logica poco evangelica dell’esattore: si conteggiano i
contribuenti e si trascurano i nullatenenti, che tanto non pagano. Con un
criterio ritenuto accettabile ma approssimativo il numero dei contribuenti si
ottiene moltiplicando il numero dei focularia per cinque e così ad esempio
Marradi Marciana (la parte dopo il Ponte Grande, Jum Maré), che contava 60
focularia aveva circa 300 persone in grado di pagare le Fumantàrie. Invece non
c’è modo di conoscere il numero dei poveracci e nemmeno quello dei nobili, dei
potenti e in genere dei privilegiati esentati dalle tasse.
Detto
questo leggiamo come ci descrisse il cardinale Anglic, senza usare il testo
originario, che è in un duro latino medioevale con influssi di Languedoc, ma
fidando nell’interpretazione di Leardo Mascanzoni, un professore universitario
di Bologna che lo studiò a fondo.
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