Un trekking sul monte più alto
di Claudio Mercatali
Qui da noi la frase "fino in
cima al Lavane" significa "molto lontano e in alto", perché
questo monte, con i suoi 1241m è il più elevato della zona.
Però il modo di dire non corrisponde
del tutto alla realtà, perché il Lavane non è la montagna più lontana dal
capoluogo e nemmeno la più difficile da risalire. Le sue pendici sono ripide ma
abbordabili e la vetta, anzi le vette, perché sono tre o quattro, non hanno una
morfologia aspra e sono coperte da belle faggete.
Questo trekking si è svolto il
nove settembre, approfittando del fatto che in cima c'era il raduno degli
escursionisti dello UOEI, che festeggiavano il centenario della fondazione del
loro sodalizio.
La sigla, che sembra un esercizio
di vocalizzazione, significa Unione Operai Escursionisti Italiani e lascia
intendere che nel 1912 i fondatori intesero costituire un gruppo di svago
popolare.
Per il Lavane non c'è un punto di
partenza unico, perché si può arrivare alla vetta in almeno tre modi: da
Farfareta, da Magliabecco oppure dalle Case Nuove dell'Eremo di Gamogna.
Il gruppetto di cui faccio parte
sale da Farfareta, e precisamente dalla località La Noce, dove è stata aperta
di recente una strada che nessuno di noi ha ancora percorso e che quindi ci
incuriosisce. Non conosco i miei sei compagni di viaggio, né loro si conoscono
fra sé, perché ci siamo incontrati per caso.
Il punto di partenza,
dalla località La noce.
Dopo un chilometro noto che siamo
assortiti proprio bene: c'è quello che non va, quello con i bastoni da fondo,
la coppia stagionata, quello che non sta mai zitto e quello che si attarda a
fare le fotografie (io).
La prima tappa è al podere Le
Crognole, che è quasi un piccolo borgo di tre o quattro edifici, come d'uso per
le case isolate dei pastori. Quando si arriva qui è passato un terzo della
salita.
Benvenuti alle Crognole!
La strada campestre sale e il
paesaggio si apre: là di fronte di vede Val di Rovino, Valdervé come la chiama
Dino Campana, che la cita nei Canti Orfici, nel racconto del Viaggio a La
Verna.
Si vede anche la Riva Bianca, una
frattura concava del monte, che i geologi chiamano "nicchia di
distacco" che per la sua curvatura ha la caratteristica di rimanere sempre
asciutta e biancastra, anche quando piove.
La salita si sente e qui anche
una persona allenata comincia "a farsi acqua" (a sudare) per dirla
come Dino Campana. Il gruppetto si è sfilacciato un po': il faentino con i
bastoni da fondo è in fuga, il chiacchierone si è zittito, marito e moglie
gemono, e io ho daffare con la luce radente del sole che è sorto da poco e mi
costringe a scattare tante foto per averne una buona.
Valdervé (Val di Rovino), dalle Crognole.
Arriviamo così al rifugio del
Lavane e con ciò siamo ai due terzi della salita. Questo edificio, bruttissimo,
è però indispensabile e ben attrezzato. Negli anni Ottanta fu oggetto di
polemiche e rancori, perché i cacciatori non lo volevano, temendo l'arrivo
degli odiati escursionisti anticaccia. Intanto il gruppetto si è rinserrato e
così assieme affrontiamo l'ultimo tratto.
Il rifugio è esattamente
a mille metri di quota.
Prato Giuliano
Dai pascoli alti il panorama è da
favola. Da Prato Giuliano si vede l'appennino da Ronchi di Berna (cioè dal
monte Carzolano) fino a Monte Romano.
Gli alpini in azione
Ecco, siamo alla Capanna del Partigiano.
Sono quasi le dieci e il gruppo degli alpini di Marradi è già all'opera per
allestire le panche per il pranzo e per la messa di mezzogiorno. L'uomo dei
bastoni da fondo non è ancora soddisfatto e cerca un'altra meta. Mi viene da
dire: "Andiamo nel punto più alto del Lavane, che è più avanti, dove c'è
la colonnina del punto trigonometrico".
Poi penso ... certo che lui è
molto più veloce di me ... forse era meglio se stavo zitto .... Quello che
parla sempre mi ha letto nel pensiero e mi ha puntato il dito subito: "E
sas tiré e la paròla déda innartùrna endrì ... ".
E allora andiamo. Si tratta di
scendere e di risalire nel cocuzzolo qui di fronte, lungo un sentierino poco
faticoso che ci porta proprio in cima, in un posto come tanti altri, dentro la
faggeta, che però ha la caratteristica di essere a 1241m. Un pilastrino di
lamiera marca il fatto (a fianco).
Cento metri più avanti si esce
per un attimo dalla faggeta e si vede un panorama particolare per un marradese
e cioè il Castellone e Biforco.
Ora il gruppetto si disfa: i miei
soci si rimboccano le maniche per preparare il pranzo ma il mio scopo sono le
fotografie e quindi riparto da solo per tornare indietro passando da
Magliabecco, lungo un percorso tutto diverso da quello dell'andata. Mi piace
passare da Magliabecco, perché si percorre sempre un crinale e si vedono tante
cose. Poi si va quasi sempre verso nord o nord ovest e quindi si fotografa
bene. Dalla cima del Lavane il panorama è meglio di una carta geografica: si
deve scendere fino a Prato Cavallo e poi giù lungo i pascoli.
Dalla vetta del Lavane si vede Biforco.
... prima meta, Prato Cavallo, seconda meta
Magliabecco ...
Questo versante è completamente
diverso da quello delle Crognole. Qui non c'è macchia e nemmeno castagneti, solo
pascoli, con poca terra e pietra spesso in affioramento. In compenso gli spazi sono ampi.
Magliabecco è un borgo di pastori citato nei contratti di compravendita del
Trecento. I pastori naturalmente non ci sono più e le case sono diventate
residenze estive.
Ecco Prato Cavallo, che in realtà
è un lastrone di pietra coperta da un dito di terra. Al bordo superiore un
dirupo forma l'orlo superiore della vallata di Albero e sullo sfondo di vedono
anche Testiati e Val della Meda.
Ormai sono all'arrivo e là in
fondo vedo Farfareta e le Crognole, cioè la direttrice che ho percorso
all'andata.
Forse Magliabecco è il più tipico
dei tre paesini che formano Campigno (gli altri sono Le Pille e Farfareta). Ha
la struttura tipica del borgo di pastori, con case ammucchiate una a ridosso
dell'altra, perché qui ogni fetta di terra risparmiata corrispondeva ad una
fetta di pane in più.
Tutto attorno grandi pascoli,
perché ogni famiglia doveva tenere vicino a casa il proprio gregge. Per
risparmiare terreno il più possibile la strada sale ripidissima e si fa fatica
anche se è asfaltata.
I tempi? Per salire al Lavane dalle
Crognole servono due ore, per scendere dalla vetta a Magliabecco e poi alla
chiesa di Campigno altrettanto. Campigno è a una quota media di 620m, la
capanna del partigiano è a 1220, dunque il dislivello è di 600m, sempre in
salita. Questo significa lo sforzo è costante ed elevato. La temperatura cala
di un grado ogni 100m. Regolatevi.
Il rifugio di Prato Giuliano e la Capanna del Partigiano sono strutture aperte al publbico e gestite dalla associazione ANUU, Associazione dei migratoristi italiani per la conservazione dell'ambiente naturale, sezione di Marradi.
Il rifugio di Prato Giuliano e la Capanna del Partigiano sono strutture aperte al publbico e gestite dalla associazione ANUU, Associazione dei migratoristi italiani per la conservazione dell'ambiente naturale, sezione di Marradi.
Complimenti per le foto,sono molto belle,poi Campigno è molto suggestivo.
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