Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

mercoledì 13 marzo 2013

Via Celestino Bianchi

nella memoria di Ede 
e Giovanna Cappelli
di Luisa Calderoni
                                          



via Celestino Bianchi fotografata
verso Casa Randi (sullo sfondo)


Via Celestino Bianchi, prima della guerra, era una strada stretta, piena di case e fitta di botteghe, che iniziava subito dopo il “Ponte Grande” e terminava alla Chiesa di San Lorenzo. Superato il ponte sul Lamone si incontrava la prima casa sul cui angolo si apriva, con due vetrine, la bottega di alimentari di Fafino, padre di Rosa Benini che avrebbe poi sposato un Tramonti. Seguiva l’ingresso del palazzo in cui risiedeva Velia Miniati, madre di Francesco Cappelli.

Planimetria di Jum Maré nel 
Vecchio Catasto del 1930

Nel palazzo successivo abitavano Linda di “Tità” con il marito Berto Cappelli, genitori di Giuseppe, Fabio e Armando, e Lorenzo Consolini, il macellaio, che aveva la bottega nella “Piazza di sotto” dove è ancora oggi.


Subito dopo c’era il palazzo in cui viveva la famiglia di Angiolo Cappelli, le cui figlie Ede e Giovanna, con la loro testimonianza, ci hanno permesso di ricostruire la vita in questa parte di Marradi ormai scomparsa.


 
In primo piano, le case 
di via Celestino Bianchi
viste dalla parte del fiume, 
negli anni Trenta.


A piano terra, di fianco all’ingresso si apriva lo sporto dell’osteria gestita da Angiolo. Accanto si ergeva il palazzo in cui abitavano la famiglia Solaini, la maestra Lupi e Don Neri, mentre a piano terra si apriva la bottega di un cestaio venditore di scope.


A questo punto la sequenza di case si interrompeva e si apriva una “cavinella”, specie di  disagevole e ripido accesso al sottostante fiume Lamone, le cui acque, allora limpide e correnti, erano un richiamo per pescatori e bambini e soprattutto erano frequentate assiduamente dalle lavandaie. Questa cavinella prendeva il nome di “Inferno”.

                   
La via fotografata verso la chiesa di S.Lorenzo.
Sulla bici Aldo Cappelli.



Ritornando sulla via si incontrava un palazzo abitato da Nardo, Leonardo Consolini, detto “il Cieco” e dalla famiglia Dacci mentre a piano terra c’era la bottega da barbiere di “Chicchi”, Angiolo Bernabei.
Poi la strada si allargava, e qui, un po’ scostata dalla linea degli altri palazzi, si apriva la casa natale di Dino Campana. Di fianco alla casa Campana  c'era l'abitazione del sacrestano, ( nell'odierno ingresso della " Sede" parrocchiale ),e, adiacente ad essa la chiesetta dedicata a Sant’Antonio, con campanile a vela e altare nella parete di fondo, verso il fiume. La chiesa era caratterizzata da un'ampia cancellata che sfiorava la volta e separava la zona delle panche per i fedeli dalla zona dell'altare, contornato da 4 finestrelle sempre piene di fiori freschi. 


La via fotografata 
verso Cà di Vigoli



Sul retro di questa serie di abitazioni, una costruzione lunga e stretta si protendeva verso il fiume: era la cosiddetta “bugatera”, il lavatoio cui si recava una certa Assuntina che abitava nel palazzo di Angiolo  Cappelli. Il lavatoio forse sfruttava l’acqua sorgiva che, dopo essere confluita nel fontanone che si apriva, ora come allora, di fianco alla chiesa, defluiva verso il fiume. Ancora oggi nel muraglione di bozze si apre un grosso scolo d’acqua, forse la stessa acqua che nel passato fluiva nella bugadera.






Il Cardinale Catani


L’altro lato della via, caratterizzato dalla numerazione dispari, era completamente occupato dal Palazzo del Cardinal Catani. Dalla parte del ponte vi abitava Gigliola, sorella di Lorenzo Consolini, il macellaio. Altri abitanti erano la famiglia Mugnai, avendo un Mugnai sposato Maria Cattani nipote del Cardinale. Maria  era  la sorella di Anna, moglie di Antonio Cassigoli. Un'altra abitante della casa era  una certa Domenichina che lavorava alle Poste e che era la sorella della moglie di Lello Campana, cugino di Dino.

Nel palazzo, proprio di fronte all’osteria di Angiolo Cappelli, si apriva la bottega di Sante Cantagalli, ortolano, detto “ Santino”.




Il palazzo, nel lato verso il sagrato,  era racchiuso da un muro di pietra alto e stondato che conteneva il campo della chiesa lavorato da “Baluga”. Il campo saliva verso la strada per Palazzolo occupando l’attuale sede stradale.


                                                                  
                                             La bottega di Angiolo Cappelli, il secondo da sinistra, in via Celestino Bianchi. 
                                            Si riconoscono, a sinistra di Angiolo, "Pirì",  venditore di lupini, e a sinistra Teresa Cantagalli, nonna  di Giuseppe Caldani 
                                            e delle sorelle Solaini. poi Ada Cappelli, figlia di Angiolo con la piccola Graziella.
                                               La foto fu ritrovata da Ebe e Giovanna, figlie di Angiolo, sotto le macerie della casa in cui abitavano, posta   proprio sopra la bottega.

 


Come accennato prima, in questa via abitava un certo Angiolo Cappelli, che appare nella foto successiva, e su di lui ci vogliamo soffermare un po’…



Angiolo detto Anzolò, era nato nel 1881 e benché proveniente da un umile famiglia contadina delle "Casette di Camosciano”, all’età di sei anni fu mandato a scuola a Marradi dal Maestro Torquato Campana, zio di Dino. Il maestro Torquato teneva scuola nella prima parte della sua abitazione che si affacciava direttamente su via Tamburini, che anche allora si chiamava così, avendo come confine il ponte. La casa era un po’ più in basso rispetto al livello della strada stessa e c’erano alcuni scalini che scendevano al livello dell’ingresso. Questa parte dell’abitazione, crollata quando fu minato il “Ponte grande”, era collegata alla seconda parte della casa, quella superstite, da una sequenza di archi sotto cui venivano ricoverate le piante in inverno. Nella parte anteriore della casa, su via Tamburini, aveva il suo laboratorio un marmista, tal Gaetano Neri, al quale era stato commissionata un’acquasantiera per la chiesa di San Jacopo in Cardeto. Nell’acquasantiera doveva essere rappresentato il volto di un angioletto e il marmista prese a modello per la sua scultura il piccolo Angiolo, roseo e paffutello bambino dai capelli rossicci.


 



Oggi questo piccolo capolavoro con un angioletto dal volto di Angiolo Cappelli, (quando si dice un nome, un destino…), fa bella mostra di sé entrando a destra nella chiesa di Cardeto mentre non sappiamo ancora dare un nome al volto femminile che orna l’ acquasantiera di sinistra. Conosciamo il nome dello scultore perchè egli ha apposto il suo nome e la data, 1891, su entrambe le acquesantiere.





 Tutto questo piccolo mondo finì di colpo il 30 giugno 1944, polverizzato dalle bombe delle Fortezze Volanti della RAF, ma questa storia l'abbiamo già raccontata il 1 febbraio 2012 su questo blog.







1 commento:

  1. Preziosa raccolta dinotizie!
    Complimenti e grazie a chi l'ha voluta, realizzata, diffusa!

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