Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

lunedì 22 aprile 2013

Un giorno lungo un secolo



La storia del manoscritto 
di Campana perduto 
e ritrovato
di Giuseppe Matulli


 La prima pagina del manoscritto 
Il più lungo giorno




 

A Giovanni Papini



Se dentro una settimana

non avrò ricevuto il mano-

scritto e le altre carte che

vi consegnai tre anni sono

verrò a Firenze con un buon

coltello e mi farò giustizia

dovunque vi troverò



Dino Campana.

Marradi, 23 gennaio 1916.



Marradi, 1946. La casa isolata, vicino al ponte era di Torquato Campana, zio del poeta. Qui venne scritta la poesia L'invetriata.
Come si vede si salvò per miracolo dai bombardamenti aerei.

 
Questo documento testimonia il momento di tensione più drammatica nella vicenda del manoscritto de Il più lungo giorno. Papini gli aveva scritto pochi giorni prima, su carta intestata de “La voce”:



21.1.1916

A Dino Campana Marradi

Le ho ripetuto centinaia di volte che i suoi manoscritti li ha Soffici. E Soffici è ufficiale a Pistoia, scriva dunque a Lui (Via G. Verdi, 2). Ho frugato in tutte le mie carte e ho trovato soltanto questi che le metto qui dentro. Tutti gli altri sono a casa di Soffici.


Giovanni Papini



In effetti il manoscritto era stato consegnato nel 1913, quando Campana si era presentato nella redazione de “L’Acerba” per proporre timidamente (ricorda Soffici) una sua collaborazione alla rivista. Il primo lettore del manoscritto fu Giovanni Papini che lo passò a Soffici dicendo che conteneva “cose molto buone”. Soffici fu dello stesso parere ma, secondo le memorie dello stesso Soffici, Campana era nel frattempo scomparso, e quando riapparve non fece parola a Soffici del manoscritto. Nella primavera del 1914 Soffici ricevette una lettera di Campana che gli richiedeva il manoscritto avendo intenzione di pubblicarlo.
Ma Soffici rispose che, dopo un trasloco della sua biblioteca, non riusciva a ritrovare il manoscritto e chiedeva tempo per ricercarlo. Soffici ricorda di non aver più incontrato Campana finché vide in libreria i  "Canti Orfici" freschi di stampa. Sulla “riscrittura” dei testi presenti nel manoscritto de "Il più lungo giorno" si sono fatte inevitabilmente molte considerazioni, ma non è mancato il fondato sospetto che Campana avesse comunque intenzione di apportare diverse modifiche al manoscritto scomparso (e non soltanto relativamente al titolo), come poi si è rivelato nel confronto fra i testi. Ma quelle, sulle intenzioni del poeta, sono e rimangono soltanto illazioni che non potranno mai essere provate.
La storia del manoscritto de "Il più lungo giorno vede il secondo tempo aprirsi con un articolo di Mario Luzi su “Il Corriere della Sera” del 7 giugno 1971, nel quale il grande poeta fiorentino ricostruisce nei particolari la comunicazione della figlia di Soffici, Valeria, poi i contatti anche con la signora Maria Soffici e la loro determinazione di donare il manoscritto ad una qualche importante biblioteca come proponeva lo stesso Luzi che informando del ritrovamento, anticipa una sintetica valutazione.
Secondo Luzi, la ricostruzione a memoria del testo ha consentito a Campana di realizzare “una maggiore condensazione... una più decisa fusione... una più forte intensità ritmica”.
Successivamente gli eredi Campana (figlie e nipoti del fratello Manlio che risiedono a Palermo) rivendicano la legittima proprietà del manoscritto che così rimane per diversi anni in Sicilia. Il 25 maggio 2002 si celebrò a Bologna il premio di poesia intitolato a Campana e assegnato ad Andrea Zanzotto. In quella occasione il Comune di Bologna e la biblioteca dell’ ”Archiginnasio” organizzano una notevolissima mostra documentaria su Campana: una  cornice più che dignitosa e prestigiosa per esporre per la prima volta al pubblico il famoso manoscritto. Ma alla richiesta del sottoscritto, la risposta fu netta e irremovibile. Il valore, anche affettivo del manoscritto era tale che gli eredi non avrebbero mai consentito a correre il rischio di un trasferimento del prezioso reperto. Perciò nulla da fare!
Non erano ancora trascorsi tre anni quando si apprese che il manoscritto sarebbe stato messo all’asta. Il comune di Firenze con l’Assessore alla Cultura Simone Siliani si fece promotore di una sottoscrizione per partecipare all’asta. Da parte mia cercai di agevolare l’operazione parlandone con Aureliano Benedetti allora presidente della Cassa di Risparmio S.p.A., nonché appassionato bibliofilo, col quale partecipai alla esposizione all’hotel Baglioni del manoscritto. Fu Aureliano Benedetti a suggerirmi di intervenire su Carmi, Presidente della Fondazione, a cui avrebbe parlato anche Benedetti.
Scrissi a Carmi pregandolo di sostenere l' iniziativa del Comune e Carmi mi telefonò per informarmi che avrebbe partecipato direttamente l’Ente Cassa per acquisirlo e consegnarlo alla biblioteca Marucelliana che, fra l’altro era la biblioteca che aveva dimostrato, con diverse iniziative. sensibilità e interesse per la vita e le opere di Campana. Così accadde il 4 marzo 2005 e la biblioteca Marucelliana, confermando la fama di “simpatie Campaniane”, ha provveduto a mettere in rete l’intero manoscritto. Il tormento de "Il più lungo giorno" terminava così nel migliore dei modi realizzando al meglio l’auspicio che Mario Luzi aveva formulato nel 1971 convincendo in quel senso anche la vedova e la figlia di Ardengo Soffici.





 
Giro d'Italia in bicicletta
 (1° arrivato al traguardo di Marradi)

Dall’alta ripida china precipite
Come movente nel caos d’un turbine
Come un movente grido del turbine
Come il nocchiero del cuore insaziato.
Bolgia di roccia alpestre: grida di turbe rideste
Vita primeva di turbe in ebbrezze:
Un bronzeo corpo dal turbine
Si dona alla terra con lancio leggero.
Oscilla di vertigine il silenzio dentro la muta catastrofe di
rocce ardente d’intorno.
- Tu balzi anelante fuggente fuggente nel palpito indomo
Un grido fremente dai mille che rugge e scompare con te
Balza una turba in caccia si snoda s’annoda una turba
Vola una turba in caccia Dionisos Dionisos Dionisos



Amo le vecchie troie

Amo le vecchie troie
Gonfie lievitate di sperma
Che cadono come rospi a quattro zampe sopra
la coltrice rossa
E aspettano che le si innaffii
E sbuffano e ansimano
Flaccide come mantici


 

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