nei ricordi di suo figlio
Mauthausen
Arrivarono alla stazione di
Mauthausen e salirono il colle sospinti e bastonati, con il ringhio dei cani da
guardia. Il lager in cima era una specie di fortezza con una grande aquila
sopra la porta. Era già chiaro che sarebbe stata durissima ma ancora non
sapevano quanto, perché una persona normale non può immaginare una cosa del
genere. Con loro c'era un gruppo di ergastolani, perché i Tedeschi avevano
sgomberato il carcere di Porto Azzurro, all'isola d'Elba. Uno di loro,
silenzioso e preoccupato, aveva appuntito il manico di un cucchiaio di latta a
furia di strisciarlo sul muro, per farne una specie di arma. Essendo pratico
aveva capito che quello non era un carcere ma una macelleria. Remo Scalini, per
gli amici Il Bigolo, lo prese in giro e l'ergastolano gli sferrò un colpo
mancandolo di poco. Poi nei giorni successivi costoro furono trasferiti e non
si videro più.
Ogni tanto passava un deportato
spagnolo, che era stato catturato in Francia, dove si era rifugiato dopo la
fine della Guerra di Spagna (1939). Vide che Adelmo era un "triangolo
rosso" , numero 1782 cioè un detenuto politico e si fidò di lui e degli
altri.
Il triangolo di Adelmo. Gli venne assegnato al
campo di concentramento di Fossoli (Modena). Il triangolo si portava sul petto e sulla manica sinistra:
rosso politico, nero zingaro, verde delinquente comune, rosa omosessuale ...
Essendo esperto del luogo lo
spagnolo con il triangolo verde diede dei buoni consigli: "dichiarate di
sapere un mestiere utile, perché i Tedeschi hanno un disperato bisogno di
manodopera e vi manderanno ai lavori forzati. Se rimanete qui c'è poco da fare
per voi".
Così Alberto Ciani disse che era
un calzolaio e Remo Scalini un camionista mentre Adelmo che sotto le armi aveva
fatto il radiotelegrafista disse di essere un tecnico radio e un elettricista. Fu
assegnato a un kommando di forzati e preso dalla ditta Hans Hager di Bad Ischl
dove si accorsero subito che di cose elettriche non si intendeva e lo mandarono
nella squadra delle riparazioni idrauliche e dei danni dei bombardamenti. Per fare delle riparazioni capitò anche in casa del musicista Franz Lehar, che gli lasciò per ricordo questa foto con la dedica.
Hans Hager non era un nazista e
trattava umanamente i prigionieri che lavoravano nella sua ditta.
Hans volle mettere le cose in
chiaro per non avere guai con le SS e fece firmare ad Adelmo questo
contrattino, mezzo in tedesco e mezzo in italiano, nel quale mio babbo si
impegnava a non scappare, a impegnarsi nel lavoro ...
"... e se non dovessi attenermi alle dovute prescrizioni che devono essere
attese da me, posso contare a una durevole permanenza nel campo di
concentramento".
Così Adelmo e gli altri
personaggi di cui parla nel suo libro, che dipendevano da altre ditte dello esso
Arbeit Kommando, vissero per tutto l'inverno 1944 come coatti, al lavoro per
rimediare in qualche modo ai danni devastanti dei bombardamenti nella fine
apocalittica della guerra.
La ditta Hager fece fare i
documenti di riconoscimento ai deportati, perché le squadre giravano per
riparare i danni dei bombardamenti e i controlli erano frequenti.
Questo fu importante, perché con
questi documenti Adelmo poté poi dimostrare che era stato un lavoratore coatto.
Dopo la fine della guerra i
rapporti con la famiglia Hager non si interruppero e nel 1950 Adelmo, in
Austria in viaggio di nozze, passò da Bad Ischl.
... Délmo, gli disse commosso Gustl, il ragazzino che lavorava con lui
nella squadra, sei tornato? Vieni anche tu a dire qualcosa a quelli ... Adelmo
si schernì e Gustl lo rimproverò un po' :
... non ti ricordi più che cosa ti hanno
fatto? Era diventato comunista e odiava profondamente chi era stato nazista.
Hans Hager lo capiva e spiegò che le sofferenze l'avevano segnato dentro e si
era incattivito. Con il tempo forse sarebbe tornato il ragazzo dolce che era
...
Fra le carte di mio padre c'è
ancora una lettera di Franz Hager che dimostra che non tutti gli austriaci
furono nazisti e c'era anche chi non si lasciò coinvolgere nella follia della
dittatura.
Caro Adelmo
mi conceda di usare questo modo
di rivolgermi a Lei che era consueto durante la sua permanenza a Bad Ischl. Mi
scusi per il fatto che io solo adesso rispondo alla Sua lettera del 20 agosto
che fu persa e che dovette essere ricercata diligentemente dopo il ricevimento
della sua premurosa cartolina del 26.12.1949.
Io, mia moglie e i bambini che due anni e mezzo fa sono aumentati di un
maschio ci rallegriamo di poter salutare il sempre gentile e amabile Adelmo nel
1950 con la sua apprezzata fidanzata come ospiti assolutamente benvenuti di
tutto cuore. Per la perdita di suo padre accetti le mie più sentite
condoglianze. Nel 1948 abbiamo perduto il padre e poche settimane fa la madre
di mia moglie. Nel marzo 1950 andrò a Roma con il club dell'OVP, Sezione
dell'Austria superiore (Osterreichische Volkspartei, Partito Popolare
Austriaco) di cui dal 1945 faccio parte e
porterò con me mia moglie.
Per il prossimo suo matrimonio accetti i miei più sinceri auguri di
felicità; sono convinto che la sua fidanzata sia una cara e buona persona,
altrimenti Lei non le sarebbe piaciuto. Mi darebbe una particolare gioia poter
ricevere sue notizie ... Franz Hager
Nel 1999 il Governo Austriaco
varò il cosiddetto Piano di Riconciliazione, ossia un riconoscimento finanziario e soprattutto
morale per tutti quelli che potevano dimostrare di essere stati ai lavori
forzati in Austria. Dopo una settimana anche la Repubblica Federale Tedesca
emanò una legge per indennizzare i deportati nei campi di sterminio.
La legge approvata dalla Camera
Alta del parlamento tedesco, il Bundesrat, prevedeva indennizzi per le seguenti
categorie di lavoratori schiavi:
"deportati in ghetti chiusi,
campi di concentramento e di educazione al lavoro, in prevalenza ebrei, che
avranno l'indennizzo individuale più alto, e lavoratori forzati, costretti a
lavorare per le imprese tedesche e detenuti in campi sorvegliati".
Il Fondo tedesco venne finanziato
con 10.000 miliardi di lire, versati per metà dal governo e per metà dalle
imprese.
Ricordo che nel 2004 accompagnai
mio babbo alla Cassa di Credito Cooperativo di Faenza per riscuotere l'assegno
del rimborso tedesco e il cassiere lo guardò stupito e gli disse: "un
bonifico con una causale come questa non l'avevo mai pagato".
Qui accanto: il bonifico e la causale:
Programma Tedesco di indennizzo per gli ex lavoratori forzati sotto il regime
nazista. Decisione: per lavoro forzato in condizione di
schiavitù.
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