ricerca di Luisa Calderoni ( seconda parte )
Dopo
la liberazione di Marradi, Vitaliano tornò in paese con la madre e il fratello Mauro.
Partendo da Ponte della Valle, la famiglia raggiunse Monte Rotondo e poi scese verso
Marradi passando per San Bruceto dove, nei campi sotto la strada, c'era una batteria di cannoni. Qui incontrarono gli indiani che donarono a tutti
cibo e cioccolata e, solo ai grandi, le sigarette.
Il paese era nel caos più totale e ovunque, da Villanceto alla Stazione Ferroviaria, erano parcheggiati mezzi militari. In ogni luogo agibile erano alloggiati i soldati e il traffico di mezzi militari era così intenso che, per superare il paese, parte di esso era stato deviato sulla linea ferroviaria, e attraverso la galleria degli Archiroli, raggiungeva direttamente il fondo del paese.
Il paese era nel caos più totale e ovunque, da Villanceto alla Stazione Ferroviaria, erano parcheggiati mezzi militari. In ogni luogo agibile erano alloggiati i soldati e il traffico di mezzi militari era così intenso che, per superare il paese, parte di esso era stato deviato sulla linea ferroviaria, e attraverso la galleria degli Archiroli, raggiungeva direttamente il fondo del paese.
I negozi erano stati saccheggiati, la merce sparsa per la strada,e ogni bottega traboccava di vettovaglie che gli alleati distribuivano generosamente alla popolazione....
La famiglia Mercatali potè rientrare nell’abitazione di
Via Talenti, luogo chiamato popolarmente “ Veriolo”, che non aveva subito
danni, al contrario di larga parte dell’abitato, che, fuori del centro storico, era andato completamente distrutto.
Al primo piano del palazzo dove viveva
Vitaliano c’era il ristorante Mercatali
detto "Gigi", la cui figlia Teresita era famosa per la sua bellezza, e che era stato trasformato in mensa per gli ufficiali
inglesi. Un indiano, che era al servizio alla mensa degli ufficiali, sapeva che la madre di Vitaliano aveva contratto il tifo e andava a curarla : doveva essere una specie di stregone, perché,con l'uso delle mani, stringendole la pelle delle mani tra pollice e indice, premendole le tempie e esprimendo delle strane formule, riuscì a guarirla.
Per difendere le ragazze del palazzo da eventuali insidie degli indiani, la madre di Vitaliano chiese aiuto agli ufficiali inglesi. Questi collocarono un segnale rotondo, nero, con degli strani segni, all’inizio della rampa di scale che andava ai piani superiori. Il cartello avvertiva che la zona indicata era “infetta” e così non ci furono problemi con gli indiani. Questi però avevano una cattiva nomea e si diceva che violentassero le donne. Nel paese si mormorava che al podere “ La Capanna” un giovane contadino che voleva proteggere le proprie sorelle dagli indiani, fosse stato accoltellato e ucciso.
Per difendere le ragazze del palazzo da eventuali insidie degli indiani, la madre di Vitaliano chiese aiuto agli ufficiali inglesi. Questi collocarono un segnale rotondo, nero, con degli strani segni, all’inizio della rampa di scale che andava ai piani superiori. Il cartello avvertiva che la zona indicata era “infetta” e così non ci furono problemi con gli indiani. Questi però avevano una cattiva nomea e si diceva che violentassero le donne. Nel paese si mormorava che al podere “ La Capanna” un giovane contadino che voleva proteggere le proprie sorelle dagli indiani, fosse stato accoltellato e ucciso.
La Mariola, Maria Andreani, matrigna di Bertina Gurioli in Gigli, rientra a Marradi | sul ponte Bailey sul Lamone |
A Marradi, racconta Vitaliano, c’erano diversi gruppi etnici di indiani tra cui i sich,
caratterizzati dal turbante, e i Gurkha, col tipico codino.
I
Gurkha erano piccoli di statura ma molto pericolosi . Infatti erano armati di scimitarra e ad essi erano riservate operazioni ardite e bliz notturni. Non erano
molto numerosi, non socializzavano con i marradesi e risiedevano nell’ex bottega di Gentilini, in cima a Via Razzi.
I
sich avevano i capelli lunghi che arrotolavano nel tipico turbante, mentre la barba
veniva arrotolata sotto il mento. Freddolosi ma igienisti, andavano a lavarsi
nelle fredde acque del Lamone, perché quello tra il 1944 e il 1945 fu un inverno
particolarmente lungo, freddo e nevoso. Si nutrivano con piadine di farina dette
ciapati cotte sulle lastre calde e condite con zenzero, Il ristorante " Il Lamone", in Piazza Scalelle, era destinato alla preparazione di una gran quantità di
gnocchi che venivano fritti in grandi caldaie piene d’olio bollente e che gli indiani distribuivano anche ai ragazzini del paese. Furono
loro ad introdurre il D.D.T, allora sconosciuto in Italia, che servì a liberare
case e persone dalle pulci e altri
fastidiosi insetti.
frammento dell'aereo alleato caduto a Pian delle Fagge |
Gli indiani rimasero a Marradi per circa un
anno dopo la liberazione del paese anche per recuperare i corpi dei loro compagni morti che erano stati collocati in sepolture provvisorie e superficiali.
Per questo triste
lavoro fu reclutata anche una squadra di marradesi tra cui Ivano Credari, marito
della cugina di Vitaliano, Caglia, padre di Orazio e un certo Italo Montuschi che abitava
alla “Torre”. Questa squadra provvedeva anche a prelevare i morti
provvisoriamente sepolti nelle varie
zone del fronte.
Una volta levati dalla terra, i corpi venivano
avvolti in una coperta militare e caricati su un camion scoperto per essere
trasportati a Faenza. Vitaliano e suo fratello Mauro avevano bisogno di
recarsi là per acquistare materiale per l’officina. Poiché era molto difficile trovare un mezzo di
trasporto, non si facevano scrupolo di salire sul cassone del camion insieme ai
morti, ma avevano l’accortezza di stare in piedi sui corpi più vicini alla cabina del
camion, con la testa fuori, per non sentire l’odore della decomposizione.
I
ragazzi, e Vitaliano tra questi, si recavano alle funzioni religiose degli
indiani che si erano ricavati un proprio luogo di culto nella Casa Biagi, dopo
la chiesa. Qui, tra le numerose candele accese e il fumo dell’incenso, i ragazzi, dopo essersi tolti le scarpe, assistevano ai riti dei sich. Gli indiani erano consapevoli delle loro risatine e dello
scarso interesse per il rito ma quando i
ragazzi se ne andavano, venivano comunque
ricompensati con cioccolate e caramelle. All’uscita c’era talmente tanto fango
nelle vie che una volta, l’amico di Vitaliano, Enrico Beppetti, perse
una scarpa e non la ritrovò più. Infatti tutto il paese era ricoperto da uno
strato di fango rossiccio alto anche 10 centimetri, portato dai numerosissimi mezzi militari e
dai cingolati che passavano in continuazione. Questi tritavano e rimuovevano fango, calcinacci e frammenti di coppi, colorando di rosso la sede stradale. La chiesa arcipretale poi era diventata un ricovero per i muli e gli inglesi, vicino alla pila dell’acqua santa, facevano il fuoco, bruciando tutto ciò che trovavano, compreso i mobili antichi. Per molti anni, finché non è stata rifatta la pavimentazione, è rimasto ben visibile il segno lasciato dal fuoco.
Al di là della disperazione per i morti e per le distruzioni, tra la gente c'era anche tanta voglia di riprendere a vivere: si ballava in ogni luogo, davanti al Forno Sartoni, nel teatro Animosi, nella Villa Ersilia.
E i ragazzi trovavano sempre un'occasione per divertirsi...
Anche il ponte Baily che gli inglesi avevano gettato tra le due sponde del fiume Lamone in sostituzione dell'antico "Ponte Grande"fatto crollare dai tedeschi in ritirata, poteva diventare un mezzo di divertimento: Vitaliano e gli altri ragazzi infatti scendevano nel fiume e dallo sbancamento di terra sbirciavano le gambe delle ragazze che si intravedevano tra le assi del ponte..
Intanto era iniziato il tempo della ricostruzione e della rinascita. Gli inglesi avevano organizzato delle squadre di lavoro composte da volontari per riparare le strade liberarandole dallo spesso strato di fango e dal materiale scartato dai negozianti. Tutto veniva ingoiato dalle botole del voltone di via Fabroni.
I ragazzi, tra cui Vitaliano, cercavano di recuperare il salvabile dalle macerie. I mattoni venivano accuratamente puliti per essere venduti a chi doveva ricostruire: tre mezzi mattoni venivano pagati come un intero. I calcinacci venivano vagliati per recuperare la sabbia. Si recuperavano tutti i metalli, tubature, ringhiere, rame, bossoli di proiettili e qualche volta, chi era particolarmente fortunato trovava anche dei gioielli in oro.
Anche il ponte di Villanceto della linea ferroviaria Faentina, era stato gravemente danneggiato durante la guerra. L'arcata centrale sulla strada era crollata ed era rimasto su solo il tubo che convoglia l'acqua dell'acquedotto, sostenuto da un ponteggio provvisorio.. Ciò che rimaneva dell'arcata, nell'immediato dopoguerra, fu smontato per opera di Vitaliano e di Lino Marolli mentre i lavori di rifacimento furono affidati ad una impresa esterna. Successivamente fu ripristinata la linea ferroviaria, prima la tratta Fognano-Marradi, cui lavorò anche Vitaliano, poi la tratta Marradi- Borgo San Lorenzo.
GIOCHI
PERICOLOSI
Vitaliano è sempre stato un ragazzino vivace e
a volte spericolato, come raccontano questi episodi della sua infanzia.
Dopo l'8 settembre i tedeschi iniziarono a requisire tutte le armi presenti nel paese portandole nella caserma dei Carabinieri in via Palazzuolo.
Era uscita infatti un'ordinanza severissima, affissa in tutto il paese, che avvertiva che chi fosse stato trovato con delle armi sarebbe stato fucilato sul posto. Erano proibiti anche gli assemblamenti e per assemblamento si intendeva un gruppo formato anche da sole tre persone.
Ma i bambini si disinteressavano di quella ordinanza, anzi se ne facevano beffe...Un giorno videro un barroccio carico d'armi che, trainato dagli operai del Comune, risaliva via Razzi. Era diretto alla Casa del Fascio dove dovevano essere scaricate in una stanza d'angolo sul lato di Villa Ersilia. La finestra della stanza era munita di sbarre abbastanza larghe attraverso le quali poteva passare un bambino. E così fu: Walter Piccini, figlio di un banchiere proprietario del palazzo oggi di Farolfi in via Fabbroni, riuscì ad entrare e passò agli altri ragazzi cinque o sei pistole. Ogni pistola recava attaccato nel calcio un cartellino con il nome del proprietario e a Vitaliano toccò quella di Giuseppe Pierantoni, direttore del Credito Romagnolo e proprietario dei " Cancelli" verso Palazzuolo. E così questi spericolati ragazzini giravano per il paese con la pistola in tasca!!! Racconta Vitaliano: " L'ultima Befana Fascista, noi eravamo in teatro, palco numero 6, secondo ordine, con la pistola in tasca..."
La pistola che Vitaliano nascondeva nel comodino, fu trovata e sequestrata dai suoi genitori. Nascosta tra le travi della soffitta, non fu più ritrovata.
In un'altra occasione Vitaliano e il cugino Enzo trovarono un fucile rotto senza spallatura e lo portarono in soffitta, nascondendolo, con alcune cartucce, sotto la brace che serviva per accendere il fuoco domestico. Quando la madre di Vitaliano andò ad accendere il fuoco utilizzando la brace del solaio, una cartuccia esplose e ferì al volto la zia Dina che portò per tutta la vita la cicatrice della ferita riportata.
Un luogo di intensa attività per i ragazzi del paese era il fiume ed era "normale" andare nei pozzi a buttare le bombe a mano per far venire su i pesci. La polvere da sparo poteva esssere usata anche per caricare le cartucce da caccia o per accendere il fuoco. Molti marradesi si erano trasformati in improvvisati artificieri e questo poteva essere molto pericoloso....
Walter Piccini, di cui abbiamo detto sopra, aveva un fratello, Vinicio. La famiglia Piccini era sfollata a Corella e i due ragazzi morirono entrambi mentre cercavano di smontare una bomba trovata tornando da scuola. A ricordo degli amici, Vitaliano ha battezzato con il nome Vinicio il suo figlio primogenito.
Dopo l'8 settembre i tedeschi iniziarono a requisire tutte le armi presenti nel paese portandole nella caserma dei Carabinieri in via Palazzuolo.
Era uscita infatti un'ordinanza severissima, affissa in tutto il paese, che avvertiva che chi fosse stato trovato con delle armi sarebbe stato fucilato sul posto. Erano proibiti anche gli assemblamenti e per assemblamento si intendeva un gruppo formato anche da sole tre persone.
Ma i bambini si disinteressavano di quella ordinanza, anzi se ne facevano beffe...Un giorno videro un barroccio carico d'armi che, trainato dagli operai del Comune, risaliva via Razzi. Era diretto alla Casa del Fascio dove dovevano essere scaricate in una stanza d'angolo sul lato di Villa Ersilia. La finestra della stanza era munita di sbarre abbastanza larghe attraverso le quali poteva passare un bambino. E così fu: Walter Piccini, figlio di un banchiere proprietario del palazzo oggi di Farolfi in via Fabbroni, riuscì ad entrare e passò agli altri ragazzi cinque o sei pistole. Ogni pistola recava attaccato nel calcio un cartellino con il nome del proprietario e a Vitaliano toccò quella di Giuseppe Pierantoni, direttore del Credito Romagnolo e proprietario dei " Cancelli" verso Palazzuolo. E così questi spericolati ragazzini giravano per il paese con la pistola in tasca!!! Racconta Vitaliano: " L'ultima Befana Fascista, noi eravamo in teatro, palco numero 6, secondo ordine, con la pistola in tasca..."
La pistola che Vitaliano nascondeva nel comodino, fu trovata e sequestrata dai suoi genitori. Nascosta tra le travi della soffitta, non fu più ritrovata.
Manifesto informativo che negli anni '50 era affisso in tutte le scuole, per informare sui rischi che si correvano maneggiando materiale esplosivo |
In un'altra occasione Vitaliano e il cugino Enzo trovarono un fucile rotto senza spallatura e lo portarono in soffitta, nascondendolo, con alcune cartucce, sotto la brace che serviva per accendere il fuoco domestico. Quando la madre di Vitaliano andò ad accendere il fuoco utilizzando la brace del solaio, una cartuccia esplose e ferì al volto la zia Dina che portò per tutta la vita la cicatrice della ferita riportata.
Un luogo di intensa attività per i ragazzi del paese era il fiume ed era "normale" andare nei pozzi a buttare le bombe a mano per far venire su i pesci. La polvere da sparo poteva esssere usata anche per caricare le cartucce da caccia o per accendere il fuoco. Molti marradesi si erano trasformati in improvvisati artificieri e questo poteva essere molto pericoloso....
Walter Piccini, di cui abbiamo detto sopra, aveva un fratello, Vinicio. La famiglia Piccini era sfollata a Corella e i due ragazzi morirono entrambi mentre cercavano di smontare una bomba trovata tornando da scuola. A ricordo degli amici, Vitaliano ha battezzato con il nome Vinicio il suo figlio primogenito.
scheggia di bomba da cannone, scheggia di bomba d'aereo e proiettili di fucile mitragliatore, rinvenuti negli sbancamenti. |
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