Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

lunedì 4 luglio 2016

Nel mare del Miocène

 Una ricerca di geologia
nell'appennino
di Claudio Mercatali

  

L'Italia nel Miocene medio
(10 - 12 milioni di anni orsono).


 Le rocce dei nostri monti sono d'origine marina e si dicono sedimentarie. In pratica l'arenaria deriva dalla sabbia depositata in fondo a un antico mare e il galestro viene dal fango scaricato dai fiumi. La dimostrazione è semplice: se si trita un pezzo d'arenaria con un martello torna quello che era, cioè rena, sabbia. Allo stesso modo dal galestro si ottiene della polvere o del fango.
Questo significa che il livello del mare era alla cima dei monti?

Certamente no, sulla Terra non c'è mai stata tanta acqua da fare questo.
Sono gli antichi fondali marini che sono stati compressi, accartocciati e sollevati dalla deriva dei continenti.
Dunque se giriamo nell' appennino percorriamo un antico fondale sconvolto.


 La struttura tettonica 
delle valli 
del Lamone e del Senio

La tettonica

 La tettonica è la parte della geologia che studia la struttura dei monti. La parola è un po' strana e deriva dal greco tectaino = costruisco e ha la stessa radice di architetto, architettura.
Lo sforzo tettonico (di sollevamento) ha portato in superficie le rocce che si formarono sotto al fondale di un mare che non esiste più, nell' epoca detta Miocène (12 – 18 milioni di anni fa) e quindi questa è l'età media della pietra dei nostri monti.
A quei tempi l'Italia non era uno stivale ma un arcipelago, come si vede nella figura qui sopra, che viene da uno studio molto noto dei geologi Azzaroli e Cita.

Le faglie

Una faglia è una rottura con spostamento delle parti, una specie di frattura scomposta della montagna.
E' evidente che per sollevare tutto il riempimento di un mare servono delle forze enormi in azione per milioni di anni. Perciò le rocce marine, che quando erano sotto il mare stavano in piano, ora sono piegate e spezzate in cento modi.

Se la forza che ha agito è stata molto forte, può darsi che le rocce siano in verticale, ruotate di 90° rispetto alla loro posizione originaria. Questo è il caso che ci interessa ora, perché la rotazione ci permette di vedere che cosa c'è sopra e sotto gli strati.

 La nostra meta: la faglia a strati diritti
della Colla di Casaglia

 Le tracce

Ma perché guardare sotto le rocce? Che cosa cercano i geologi (e quindi anch'io) quando guardano sotto i banchi d'arenaria? Cercano le tracce di quello che succedeva in fondo al mare del Miocene. Il tratto di strada che va dal Passo della Colla a Prato all'Albero è il posto giusto per questo genere di osservazioni. Qui c'è una grande faglia a strati verticali e andando semplicemente lungo la strada c'è la comodità di poter "leggere" gli strati come se fossero le pagine di un libro. Che cosa si trova?






 I flute cast sono bitorzoli di pietra alla base degli strati d'arenaria, "alla cotenna", come dicevano gli scalpellini di Marradi.
Sono il calco dei solchi prodotti dalla corrente nel fondale marino fangoso, riempiti dalla sabbia dello strato successivo.

  
  

Ce ne sono tanti tipi, a seconda della forza della corrente che li scavò. 
Quasi sempre osservando il calco dei vortici si riesce a capire il verso della corrente. Nella foto qui sopra 
il verso è dall'alto verso il basso ... e qui accanto?


  ... Non è difficile, ingrandite la foto e provate voi ...






I groove cast sono dei solchi prodotti dalla corrente marina che trascinava piccole pietre o resti di animali nel fondale fangoso. Anche questi sono dei calchi, stampati nella sabbia dello strato successivo.

Hanno una forma sempre rettilinea, perché l'oggetto trascinato scavava un solco diritto nel fango del fondale. Nel caso qui accanto c'è una confluenza di correnti e le strie si uniscono.





I ripple mark sono delle ondulazioni prodotte dalla forza di trazione delle correnti marine sulla sabbia. 
Si formano anche oggi e si vedono bene nelle spiagge durante la bassa marea.

Sono le impronte più comuni e danno la laminazione, cioè l' andamento ondulato e laminare
della roccia.

Anche qui tutto dipendeva dalla forza della corrente: per avere dei bei ripple mark serviva (e serve) una corrente debole, magari un po' divagante.



Se il flusso è forte o cresce i ripple non si formano e la roccia assume un aspetto massiccio. E' il caso mostrato qui accanto a sinistra: non facciamoci ingannare, le rocce sono in verticale per effetto dello sforzo tettonico, ma la loro posizione originaria era orizzontale, con lo strato B in basso e lo strato A in alto.

Nel tempo B sul fondale arrivava poca sabbia, distribuita in tanti straterelli dalle deboli correnti profonde. Poi deve essere successo qualcosa ed è arrivata una corrente forte (si capisce dai flute cast fra i due strati) e una gran quantità di sabbia che ha formato lo strato massiccio A.

 E gli animali marini? Ognuno di noi a questo punto immagina di trovare dei fossili, ma nella formazione marnoso arenacea, questa di cui stiamo parlando, ce ne sono pochi.
A pensarci bene non è poi tanto strano, perché dieci o venti milioni di anni sono un tempo grande e le conchiglie o gli scheletri dei pesci furono distrutti in mille modi e se ne trova solo qualcuno in via quasi eccezionale.


Però sono arrivate a noi le tracce dei bentonici, cioè degli animali che vivevano nel fondale, i buchi delle loro tane, le loro impronte e tanti resti vegetali. Vediamo i casi più comuni.

Qui a destra c'è il calco di un tragitto fatto da un mollusco bentonico che strisciava nel fondale in cerca di cibo. E' un caso abbastanza comune e nelle lastre d'arenaria più grandi come quelle che si trovano nell'alta valle di Campigno si vede il percorso completo.
  


Dunque le piste di nutrizione sono delle tracce di organismi bentonici mobili, cioè di animali che strisciavano sul fondale alla ricerca di cibo. Hanno spesso un andamento sinuoso e casuale.


 A e B sono calchi
di piste di nutrizione




Le bioturbazioni nel più classico dei casi sono delle tane a cilindro scavate dai bentonici fissi, cioè dagli animali marini che si nascondevano sotto la sabbia, come fanno oggi le vongole.
In genere i resti dell' animale non si trovano, però rimane la sua tana riempita di sabbia cementata.

I resti fossili sono di tanti tipi. Quelli classici nei nostri monti sono gli stampi delle conchiglie dei bivalvi tipo Patella o Lucina, che sono specie ancora oggi presenti.





A sinistra: Bioturbazioni e il calco
di un coccio di conchiglia

C'è anche una gran varietà di resti di foglie e rametti. Non sono mai a giorno, perché all'aria si ossidano rapidamente e si distruggono. Per trovarli occorre battere l'arenaria nel senso delle lamine e aprirla come si fa quando si apre un libro infilando i pollici fra le pagine. I pazienti cercatori di resti vegetali portano con sé una bomboletta di vernice trasparente spray, per isolare il fossile dall'aria subito dopo il suo ritrovamento.




Ci sono anche tracce più strane, difficili da interpretare.
Queste sembrano lasciate da pesci, che forse toccavano il fondale fangoso con il ventre mentre cercavano di catturare qualche preda.

A destra: Calchi di organismi marini di difficile interpretazione.






Tutto questo e altro ancora si trova nella faglia della Colla di Casaglia ed è facile da vedere e da toccare, perché i pezzi d'arenaria si staccano con il ghiaccio e cadono ai piedi della pendice, dietro le reti paramassi.


La faglia della Colla 
di Casaglia
(strada per Palazzuolo 
sul Senio)



2 commenti:

  1. Salve, ho letto per caso l'articolo su fossili e bioturbazioni, mi piacerebbe un parere proprio su una traccia che ho recentemente trovato in zona Casola Valsenio, quindi sempre nella medesima serie marnosa arenacea. Ho inserito qui alcune foto:

    https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10214407357764243&set=o.1496820510546663&type=3&theater

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    1. la zona di Casola è più giovane di circa 4 -5 milioni di anni e a quel tempo il mare del Miocene era già quasi pieno di detriti. Siamo prossimi al Messiniano, l'epoca dei depositi di gesso di Borgo Rivola. Detto questo le tracce sono bioturbazioni quasi di sicuro.
      In archivio c'è anche una ricerca sul gesso. saluti

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