Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

giovedì 17 febbraio 2022

50 anni di terremoti

Gli eventi non distruttivi
dal 1930 al 1980 nell’appennino
Tosco - romagnolo
Ricerca di Claudio Mercatali



L’appennino tosco romagnolo come ognuno sa è zona sismica. Le scosse lungo la catena sono abbastanza frequenti e danno effetti distruttivi all’incirca ogni 150 – 200 anni. Tutto normale: i monti nascono sempre per effetto di spinte compressive e le forze interne non si esauriscono quasi mai del tutto. Nel nostro caso la causa remota e generale è dovuta alla spinta della Placca Tirrenica che preme sulla Adriatica e infatti risalendo le valli romagnole verso la Toscana si incontrano formazione geologiche via via più vecchie:

1)  Le Argille del Pleistocene della collina faentina (100.000 anni o poco più)
2)  La Vena del gesso (5 – 6 milioni di anni)
3)  La Marnoso arenacea (15 – 20 milioni di anni

Quest’ultima c’è anche sotto il fondovalle del Mugello, sepolta dai detriti depositati dalla Sieve e dai suoi affluenti.



Strati verticalizzati 
alla Colla di Csaglia



LE PRINCIPALI STRUTTURE 
DI SFORZO

Il rilevamento geologico ha permesso di individuare le principali strutture probabili sedi delle forze che generano i terremoti. Ce ne sono anche in profondità, che non si vedono dalla superficie ma sono state scoperte per mezzo dei rilevamenti geofisici.

La prima struttura è una lunga frattura che percorre tutto l’appennino dal Passo del Giogo fino al Falterona. Qui da noi passa da Palazzuolo sul Senio, poi taglia l’abitato di Marradi, la valle della Badia del Borgo all’altezza del podere Trebbo di Val della Meda e prosegue. Si riconosce bene perché in un’epoca remota lo sforzo fece ruotare gli strati e li pose in verticale. Questo grande schiantamento non è l’unico, ma fa parte di un sistema di fratture parallele accompagnate da tante ramificazioni.



Il paese di Galliano e sullo sfondo il lago di Bilancino 
(conca del Mugello)


La seconda struttura è l’ampio fondovalle della Sieve, da Galliano e San Piero a Vicchio. E’ mai possibile che questo fiume, che in fondo non è un gran che, abbia potuto scavare una valle così larga? 







I geologi pensano di no e dicono che l’escavazione del fiume ha prodotto la tipica valle a V che c’è da Vicchio a Pontassieve, ma non la piana di Borgo San Lorenzo. Le trivellazioni in quest’area hanno rivelato uno spessore di argille lacustri di diverse centinaia di metri, segno che qui un tempo c’era un lago, che poi si vuotò per effetto dell’escavazione del fiume alle Balze di Dicomano, dove comincia la valle a V di cui si è detto prima. Gli studiosi spiegano che i tanti episodi di compressione che portarono alla nascita dell’appennino si alternarono a qualche episodio di rilassamento, che favorì la formazione di conche lacustri. E’ successo così anche nel Casentino, la valle parallela e quasi gemella del Mugello, che infatti è sede di alcuni centri sismici che trasmettono delle scosse fino a noi.

Tutti questi ragionamenti formano la cosiddetta tettonica, che è una parte nobile della geologia, ma impone ragionamenti ampi, sofisticati e difficili, che ora non ci interessano oltre. E’ sofisticato anche il nome, che come al solito viene dal greco tectaino = costruisco, così come architetto e architettura. Dunque scendiamo nel dettaglio per vedere come andarono le cose nel '900 qui da noi.

I NOSTRI TERREMOTI DAL 1930 AL 1980

In questi cinquanta anni qui da noi sono avvenuti solo terremoti non distruttivi, più o meno allarmanti ma senza danni. L’ultimo sisma devastante com’è noto fu il 29 giugno 1919 e adesso è fuori dall’ intervallo di tempo della nostra indagine.
I geofisici ci dicono che le scosse sismiche avvengono di continuo e oltre alle sette di cui stiamo per dire ce ne sono state molte altre, inavvertite perché sotto la nostra soglia di sensibilità ma registrate dagli strumenti dell’Osservatorio Sismologico di Prato e dallo Ximeniano di Firenze. In fondo è meglio così perché in questo modo le forze nel sottosuolo si scaricano progressivamente senza fare danni.

Per studiare un terremoto occorre prima di tutto trovare il suo epicentro, ossia il punto in cui la scossa è stata massima perché probabilmente la frattura profonda che l’ha prodotto è lì sotto, a qualche chilometro di profondità. Poi attorno all’ epicentro si disegnano le isosiste, o isosisme, ossia le linee sinuose che circoscrivono le aree dove il fenomeno ha avuto la stessa intensità o ha prodotto gli stessi danni. Si ottiene così una cartina geografica che circoscrive il fenomeno ed è anche facile da leggere.

3 Maggio 1931
Nella prima settimana di questo mese ci fu un ciclo sismico fitto, con un massimo di di 16 scosse ben avvertite a Palazzuolo, dove destò un vivo allarme.





15 dicembre 1931
Ecco le isosiste di una bella scossa con epicentro nella zona Giogo - Colla di Casaglia, accompagnata da 22 eventi di assestamento.








11 – 13 febbraio 1939
Erano ormai sette anni che non tirava il terremoto quando avvenne una scossa con epicentro Lat 44° 04’ 24’’ e Long 11° 38’ 42’’ cioè al podere La Schiavonia, che non diede danni. Ci fu solo qualche lesione nelle case più vecchie del paese.







26 aprile 1956

Questo fu un ciclo di scosse breve ma intenso e i fenomeni furono a volte accompagnati da un cupo rombo. Il rumore accompagna spesso le scosse telluriche e contribuisce non poco ad alimentare l'inquietudine della gente.








3 giugno 1956
Arriva fino a Marradi l'effetto di una serie di cosse con epicentro a Rocca San Cassiano - Santa Sofia. Non è un fatto insolito: l'appennino forlivese è sede di un attivo centro sismico nella valle del Savio.









29 ottobre 1960
 Si aprì un periodo sismico che il direttore dell’ Osservatorio di Prato definì formidabile, con un totale di 96 scosse in due mesi. L’evento ebbe una eco anche sul quotidiano La Stampa, che pubblicò un ampio resoconto fatto dal suo corrispondente dal Mugello.





Le scosse di questo mese procurarono un vivo allarme nella popolazione del Mugello.




Clicca sulle immagini
per avere
una comoda lettura







20 marzo 1980
Una lunga serie di scosse a Palazzuolo e Marradi, ripetuta in modo insistente fino alla fine del mese destò fastidio e apprensione.






Che cosa si deve fare in caso di sisma? Occorre sapere che una scossa può durare 30 – 40 secondi e quindi non dà tempo di ragionare. Crea disorientamento, difficoltà di equilibrio e quindi si riesce a compiere solo qualche movimento, specialmente se già programmato in precedenza: conviene mettersi sotto un tavolo o lungo un muro e rimanere fermi. Alla fine della scossa con calma si deve uscire e andare senza indugio all’area di raccolta che ogni Comune per legge deve aver predisposto nei vari quartieri e soprattutto deve mantenere agibile negli anni. Non conviene fare altre mosse, anche se sono di sollievo per scaricare la tensione, come intrattenersi a parlare con i conoscenti scesi in strada. L’interno delle auto e i camper sono posti sicurissimi.


Per ampliare

P.Francesco Coccia Attività sismica in Toscana durante il cinquantennio 1930 – 1980. Edizioni del Palazzo.
Nell’Archivio tematico del Blog c’è la voce “Scienze della Terra” dove puoi trovare altri articoli di questo argomento.

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