Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

mercoledì 4 maggio 2016

La Vena del Gesso

Le rocce evaporitiche
nella Valle
del Lamone
Studio del prof. Franco Ricci Lucchi

La Vena vicino
a Casola Valsenio


Che cos'è una roccia evaporitica?

Per un geologo è chiaro ma per gli altri occorre dire che è una roccia che si forma quando l'acqua di un mare evapora e deposita i sali.

E' quello che avvenne qualche milione di anni fa qui da noi, quando si formarono le colline di gesso della bassa valle del Lamone. La formazione Gessoso Solfifera o Vena del Gesso è un complesso roccioso dell' appennino romagnolo.
Nella valle del Lamone è all' altezza di Brisighella, Casola e Borgo Rivola, ma Modigliana non c'è.

A Brisighella, la Rocca, la Torre dell'Orologio e la Chiesa del Monticino sono appunto su tre speroni di gesso. Il gesso è fatto solo di solfato di calcio, presente anche nelle saline. E' un sale che si deposita prima del cloruro di calcio (il sale da cucina) quando l'acqua evapora. Si può allora immaginare che l'ambiente di origine fosse una salina naturale, in un mare caldo a forte evaporazione. L'origine della Vena del Gesso romagnola venne descritta benissimo dal geologo Franco Ricci Lucchi e non rimane che seguire la sua spiegazione:

Il gesso geminato
"a forma di lancia"


Come sono fatti i banchi di gesso?

Se osserviamo gli strati di gesso notiamo già da lontano il loro diverso spessore; alla base della formazione sono imponenti (uno solo può raggiungere i 30 m) e verso l'alto diventano più sottili (ma sono sempre di qualche metro). A prima vista, sono tutti simili, e in effetti sono composti dallo stesso minerale cristallino, nella varietà detta selenìte.

Guardando meglio, ci accorgiamo che alcuni cristalli di selenite hanno una forma detta a ferro di lancia o a coda di rondine mentre altri sono irregolari. Inoltre quelli meglio sagomati e a punta mostrano spesso le punte volte in basso. Infine vi sono cristalli limpidi e cristalli torbidi, con un nucleo scuro, opaco, e un alone trasparente.

Queste differenze hanno un significato per il nostro problema, che è quello di capire l'origine del gesso.

 Nella Vena del Gesso ci sono anche altri tipi di roccia?

I banchi non sono fatti solo di gesso; vi si trova anche del calcare e della marna, soprattutto come pellicola attorno i cristalli di gesso.
Più raramente, si ritrovano anche resti di legno carbonizzato. Se percuotiamo poi uno dei cristalli opachi, sentiamo odore di catrame, segno che il gesso contiene sostanza organica trasformata in idrocarburi.

Un cristallo limpido
di gesso




Questo è un indicatore importante, come vedremo tra poco. Lo stesso odore lo fanno le marne scure, facilmente sgretolabili in foglietti e lastrine, che separano i banchi di gesso.
Normalmente nei sedimenti marini si accumulano resti di alghe, batteri, meduse, plancton e pesci. Guarda caso, le marne scure tra i gessi contengono resti fossili di pesci, insieme a resti e larve di insetti, foglie e piante varie.

Le marne al contatto fra due banchi di gesso

La mancanza di ossigeno nelle acque profonde del bacino ne ha permesso la conservazione. Infatti, in presenza di ossigeno i resti organici si decompongono rapidamente, come vediamo fare alle foglie d'autunno.

 Le stromatoliti

Tra lo strato di marna scura e quello di gesso sovrastante vi è talora una roccia calcarea sottilmente stratificata; si tratta di una stromatolite, derivante dalla cementazione di Tappeti algali (o batterici). Questi sono fatti di filamenti appiccicosi di alghe o batteri, che possono trattenere particelle di sedimento con cui vengono a contatto. I resti delle alghe non si sono conservati, indicando che l'ossigeno era presente in questa fase; quelli che restano nella roccia sono gli straterelli di particelle catturate. Queste strutture indicano anche presenza di luce, senza la quale le alghe non possono svolgere la fotosintesi. Ciò vuol dire che la profondità dell'acqua dove si impostavano i tappeti era scarsa. Ma quando si depositavano i gessi, le condizioni restavano le stesse?


 Come "nascono" i cristalli di gesso?

La risposta a questa domanda è nei primi cristalli di gesso che poggiano sulle stromatoliti calcaree; guardandoli con una lente o al microscopio, si vede che la zona centrale, più scura e opaca, non contiene solo impurità argillose e organiche, ma un feltro finissimo di filamenti, simili a quelli di un tappeto. Sono i rivestimenti calcarei dei famosi filamenti algali, che dunque sono stati inglobati e conservati nel gesso man mano che il cristallo cresceva.
Ne deriva che il gesso "è nato" e si è sviluppato entro i tappeti algali, quindi non nell'oscurità di un bacino profondo, ma ai margini di esso, in una laguna con poca acqua. Con l'evaporazione il livello dell' acqua calò e la laguna divenne una salina evaporitica. Quando il livello calava troppo, la salina andava a secco; i sedimenti e i cristalli, oltre a ossidarsi, subivano l' erosione dei fiumi o delle mareggiate ed erano trasportati come detrito. Per questo negli strati di gesso si trovano sia cristalli normali, nella loro posizione di crescita (con le punte rivolte in basso), sia cristalli frammentati e accumulati meccanicamente come succede alla ghiaia o alla sabbia.



Un possibile scenario
della "crisi idrica
del Mediterraneo" avvenuta
nel Messiniano
(epoca geologica
di 5 -  7 milioni 
di anni fa)



In che ambiente è avvenuto l'atto finale della deposizione?

Il Mediterraneo, nel Miocene superiore, era in condizioni un po' particolari. Anche oggi vediamo che il suo equilibrio idrologico è precario. Ciò perché è un mare interno, non chiuso ma quasi; la sua comunicazione con l'Oceano Atlantico, a Gibilterra è un passaggio stretto.
Basterebbe chiudere un po' di più il "rubinetto" di Gibilterra, lasciando affluire meno acqua dall'Atlantico e diventerebbe una gran salina, suddivisa in "vasche" minori (i suoi vari bacini), e potrebbe giungere fino al disseccamento completo. Ed è proprio questo che i geologi hanno immaginato, non senza contrasti e manifestazioni di incredulità: che le comunicazioni tra Atlantico e Mediterraneo si siano interrotte nel Messiniano, provocando la deposizione evaporitíca in tutto o quasi il Mediterraneo.





Un altro scenario delle conseguenze
di una chiusura dello stretto
di Gibilterra e di una successiva
riapertura.


Si potrebbe obiettare che, facendo evaporare tutta l'acqua del mare, otterremmo una crosta di sali spessa qualche metro soltanto; come mai allora abbiamo decine di metri di gesso?
Questo non è un grosso problema: basta ammettere che la chiusura non fosse totale, e che il Mediterraneo ricevesse acqua, e quindi sali, dall'oceano. Anche in una salina occorre garantire un afflusso continuo dal mare per avere una quantità di sale; quindi non si deve isolare completamente il bacino basta mantenere il bilancio in spareggio.

 Quante volte si è chiuso il "rubinetto" di Gibilterra?

Se torniamo a osservare la stratigrafia della Vena del Gesso ci rendiamo conto che il modello del Mediterraneo ridotto a salina forse non è pura fantasia. Esso ci aiuta a spiegare non solo il grande spessore dei banchi, ma anche la ritmicità della stratificazione. Infatti gessi, marne bituminose e calcari stromatolitici (i tre tipi base di roccia che abbiamo descritto più sopra) si alternano e si ripetono in un ordine fisso. Tale ordine corrisponde a un ciclo ripetuto di eventi; ed essendo registrato da sedimenti, si chiama appunto ciclo sedimentario.



Il gesso è solubile 
(nei millenni) e quindi
la Vena del Gesso 
è ricca di caverne,
Foto di Fabio Liverani


Ora proviamo a riassumere le fasi 
della formazione degli strati di gesso.



1 Si parte dalle marne scure "fetide" e bituminose. Esse indicano un ambiente stagnante e poco profondo; ci segnalano che la circolazione e la comunicazione con l'oceano erano ridotte, ma la salinità non era abbastanza alta e i sali non precipitavano.

2 Con una ulteriore riduzione dello stretto di Gibilterra aumentò la concentrazione dei sali disciolti e il livello marino cala, fino a permettere alla luce di arrivare ai fondali. Così si formano i tappeti algali e dentro si formarono i primi cristalli isolati di gesso.

3 La crescita del gesso diventò sempre più massiccia e si formarono i grossi banchi. La forma a coda di rondine dei cristalli è perché sono "geminati" (come dei gemelli siamesi che crescono insieme). L'orientamento delle punte verso il basso riflette la posizione naturale di crescita.

Col calare del livello marino e il contemporaneo accumulo di gesso, la salina o laguna si colmò e il gesso emerse dall'acqua durante le basse maree e venne attaccato dalle onde durante le mareggiate.

Il ciclo si ripete

Se, a questo punto, immaginiamo che si riapra il "rubinetto" di comunicazione con l'Atlantico, entrerà nel Mediterraneo nuova acqua col suo carico di sali. Risalirà il livello e le aree disseccate saranno di nuove sommerse; l'evaporazione tornerà a concentrare i sali nell'acqua, ma, prima che possa riprendere la precipitazione di gesso, si accumulerà del fango ricco di sostanza organica e resti di pesci, che formerà il "partimento" o interstrato di marna scura. E così parte un altro ciclo.

 Quanti cicli ci sono stati?

Si rilevano più di una dozzina di cicli solo che, dopo i primi 4 5, la quantità di gesso cristallizzata è sempre minore, e prevale via via il gesso detritico eroso e trasportato da tempeste e piene fluviali.
Poiché diminuisce anche lo spessore dei banchi, possiamo ritenere che nei cicli più recenti si sia formato meno gesso e che la durata dei cicli stessi sia stata inferiore a quella dei primi.

 Le cave di gesso in caverna
a Borgo Rivola


Fonte: Sintesi da una relazione del prof. Franco Ricci Lucchi, ordinario di Sedimentologia all' Università di Bologna e relatore per la tesi di Claudio Mercatali nel 1978.

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