Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

martedì 3 ottobre 2017

La Cecca

Una commedia del Cinquecento,
di fra' Silvano Razzi
ricerca di Claudio Mercatali



Silvano Razzi era un frate camaldolese, di Marradi, che da giovane scrisse alcune frizzanti commedie piacevoli da leggere. Suo fratello Serafino era un frate predicatore di cui abbiamo detto diverse volte qui nel blog e di cui avremo modo di ridire, ma non ora. Una delle commedie di Silvano ha titolo La Cecca ed è firmata Girolamo Razzi, che era il nome del Nostro prima di prendere i voti.
Andiamo subito a leggerla, senza divagare in notizie biografiche già note o che si possono leggere anche su internet.

Girolamo qui scrive con un buon spirito laico, ben lontano dal linguaggio monastico e religioso dei suoi scritti successivi. La vicenda è ambientata a Pisa, in un anno imprecisato della metà del Cinquecento  e tratta degli intrighi e delle avventure di Hippolito e Lattanzio, due studenti universitari.
I principali personaggi si muovono spinti dal sesso e dai soldi, e solo in secondo luogo dal sentimento.
Hippolito si è invaghito di Lucrezia, la moglie del dottor Ricciardo, e cerca in ogni modo di infilarsi in casa sua profittando di qualche assenza del geloso marito, che non la lascia mai uscire. Lucrezia è al corrente di questi tentativi e sarebbe disposta a imbastire un relazione con Hippolito perché è insoddisfatta della sua condizione di moglie.


Lattanzio invece è innamorato di Emilia, figlia del ricco Bonifazio, e soprattutto sa che lei ha una dote di 1000 ducati (una somma notevole). Suo padre l’ha data in sposa a un giovane pisano che però è scomparso in mare, su una nave assalita dai pirati mentre tornava da Palermo. Anche per lui il problema è infilarsi in casa della ragazza di nascosto e per questo si accorda con la Cecca, la serva di casa.

 

Le vicende di Hippolito e Lattanzio si intrecciano variamente nel corso della commedia e alla fine ognuno dei due ottiene il suo scopo:

Hippolito riesce a intromettersi in casa di Lucrezia, che però si mette a urlare spaventata. Poi si calma e fa sesso con lui.
Le grida mettono in allarme  il vicinato, il marito torna prima del previsto e Hippolito si butta addosso un mantello e fugge fingendosi un ladro. Lucrezia urla un’altra volta, il marito la trova spettinata e mezza nuda e non le crede, ma accetta il fatto compiuto per non perdere la faccia.

Per Lattanzio le cose sono più complicate e cerca di introdursi in casa di Emilia da una porticina laterale aperta dalla Cecca, la donna di servizio vera protagonista della commedia.

La Cecca è la serva di Bonifazio e Lisabetta, i genitori di Emilia. E’ una povera contadina, in apparenza sprovveduta “vestita di romagnuolo come si usa ai paesi suoi” e forse il marradese  Razzi quando tracciò il personaggio aveva in mente la tipica campagnola dei nostri monti serva in città. I suoi padroni la trattano male, le dicono  … o merda, che ti sia in gola …” (pg 23).

Ma come dice l’autore “ … ogni serpe ha il suo veleno” e la Cecca favorisce in ogni modo Lattanzio dietro la promessa di avere un posto di serva in casa sua quando lui sposerà la ricca Emilia. E ci riesce …

L’avventura di Lattanzio passa per tante vicissitudini e contrattempi. Il padre di Emilia, che già l’aveva data in sposa al giovane pisano scomparso in mare, la promette in sposa a Gianser Ricciardo figlio del possidente Chisica. Lo scomparso torna, inatteso, e quindi Emilia si trova con un marito, un promesso sposo e il pretendente Lattanzio, che nel frattempo ha imbastito una relazione con lei.
Anche qui c’è la scena madre: Bonifazio trova la figlia mezza nuda e scapigliata e la costringe a dire dove si è nascosto Lattanzio: si è infilato in un forziere e Bonifazio lo serra dentro con l’intenzione di buttarlo nell’ Arno …
Poi torna il sereno. Lattanzio viene accettato in casa e così anche gli interessi della rozza ma intraprendente Cecca vanno a buon fine. Girolamo Razzi sembra quasi parteggiare per lei, e la loda nell’ultima pagina della commedia come se egli fosse uno spettatore e non l’autore.  Infatti fa dire alla Cecca:

“Ho questa fede, o spettatori e mi pare di sentirvi bisbigliando dire, che la Cecca è più valente che Orlando e più d’assai ch’el Secento, poi ch’ella ha saputo fare questo mercato e guadagnarsi un padrone, el pan per sempre, e se voi gentildonne perdete i vostri begl’anni, ve ne pentirete, quando non troverete più cane che v’abbai ..”.

Girolamo Razzi non sembra proprio uno che poi si farà frate. Però si sa, la vita ha le stagioni …






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