Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

sabato 2 dicembre 2017

1434 - 1459 Le lettere di Ludovico Manfredi

L'ultimo conte
di Marradi  
implora la grazia
ricerca di Claudio Mercatali

  
Il Carcere delle Stinche ai primi
dell' Ottocento
(ricostruzione di Paolo Borbotti)

Ludovico Manfredi, conte di Marradi, fu l'ultimo signore della Rocca del Castellone.
Nel 1425 circa, entrò in lite con il Comune di Firenze e i Fiorentini ad un certo punto lo invitarono in città per trattare. Era un tranello e appena arrivato fu imprigionato nel carcere delle Stinche, dove rimase per più di trent' anni. Marradi, come gli altri comuni della Romagna Toscana, venne inglobato nella Signoria di Firenze.
Il fatto è già stato raccontato su questo blog, ed è nell'archivio alla data 06.02.2012. Chi volesse saperne ancora di più potrebbe consultate il libro "La via del grano e del sale" di Giuseppe Matulli, disponibile alla biblioteca di Marradi.
 
Ludovico dopo qualche anno dal carcere cominciò a scrivere ai Medici e ad altri implorando la grazia. Nella prima metà del Quattrocento i Medici non erano ancora del tutto Signori della città e perciò le lettere indirizzate a loro in questo periodo sono in un fondo dell' Archivio di Stato chiamato "Mediceo Avanti il Principato". Ci sono giunte alcune lettere indirizzate a Cosimo il Vecchio, politico e banchiere, capostipite della famosa famiglia e ad Averardo de' Medici.
 

 Leggiamo questa del 2 novembre 1434, spedita ad Averardo de' Medici, che sei anni prima era stato al comando delle truppe che avevano conquistato il Castellone:

"Magnifico padre e maggiore mio: sentendo del ritorno e buona condizione vostra mi piace sommamente per ogni rispetto, e quanta cosa che essere potesse mi dà speranza ferma di essere per vostra grazia e operatione di tanta miseria liberato ...".
 



Ludovico ha una bella scrittura e se ingrandite l'immagine potete leggere da soli il resto della lettera, ma dovete avere la pazienza di risolvere tanti rebus, perché in sei secoli la lingua è cambiata ..
Vi siete già arresi? Allora riassumendo la lettera: Ludovico ricorda ad Averardo che fu imprigionato con l'inganno, anche se aveva un salvacondotto e che è disposto ad andarsene ovunque, in qualsiasi parte del mondo pur di avere la libertà ..."

 
Cosimo il Vecchio in un dipinto di Benozzo Gozzoli,
(Cappella dei Magi, nel Palazzo Medici Ricciardi)
 
La liberazione non ci fu e allora Ludovico si rivolse al papa Eugenio IV, che nel 1438 - 39 era spesso a Firenze, dove si teneva il Concilio per la riunificazione della Chiesa Romana con quella di Costantinopoli. Lo studioso Giuseppe Matulli ci dice che dedicò al papa questa poesia:

 

Speranza, fede e carità, Signore
Sommo, mi mosse a mostrarti l'affetto
dell'ardente mio cor, tanto perfetto
da conservar tuo bene e tuo onore.

Onde meglio sperava, stò in piggiore
carcere tenebroso più ristretto
confinato per sempre e con dispetto.
Soccorri a me Santissimo Pastore.
....
Del fallo sie perdono,
e se non meglio, almanco nello stato
ritorni innanzi tal notificato.

 
Dalle Carte Valgimigli Biblioteca Manfrediana, Faenza
  

Giovanni VIII Paleologo
va a Firenze per il Concilio
(Palazzo Medici Ricciardi)

 
In effetti in occasione dei Concilii spesso c'erano indulgenze e amnistie e forse Ludovico avrà sperato, soprattutto quando seppe che da Ravenna il corteo dei dignitari bizantini era arrivato a Firenze passando da Marradi. Però l'amnistia per lui non ci fu. Dagli storici dell' epoca sappiamo che l'imperatore Giovanni VIII Paleologo e il Patriarca di Costantinopoli passarono dal Passo della Colla. A Faenza attesero molti giorni e poi dopo un faticoso viaggio di tre giorni arrivarono a Firenze. Era il 7 febbraio 1439.
 

 
Il 2 febbraio 1439 Giuliano Cesarini, cardinalis sancti angeli, scrisse da Faenza a Cosimo de Medici
                                                           
  La lettera del cardinale Cesarini
 
“... Spettabile uomo e fratello umanissimo, sono qui a Faenza con l’imperatore e altri greci. Sollecitiamo l’invio di cavalli e muli e poiché vi sono 200 greci da condurre, servono 150 muli. Fate spedire i cavalli e i muli con ogni diligenza possibile e celermente, perché non possiamo aspettare di più senza gravi spese e incomodità ".

Nel 1440 Firenze era in crisi, perché in primavera il condottiero Nicolò Piccinino, al soldo del Duca di Milano, era penetrato nel Mugello da Marradi e l'aveva devastato. Il 29 giugno Firenze lo sconfisse in un' importante battaglia ad Anghiari (Arezzo) ma il pericolo rimase. Il 25 luglio 1440 Ludovico scrisse questa lettera a Cosimo il Vecchio e si offrì di combattere i Milanesi:
 

 

"Magnifico domine mio, tempo è passato meglio che mai .......  sperando la grazia e virtù vostra per la mia liberazione dalla quale risulterà prestissima ruina di vostro e miei inimici, per dio dìgnati di farlo signor mio che non avete stimadore né partigiano più fervente di me a confermare ed esaltare lo stato vostro, ma che per ogni rispetto desidera di più servire alla magnificienza vostra alla quale mi raccomando"          die 25 luglio 1440

 La grazia non venne concessa nemmeno questa volta. Dopo qualche anno (1448) Ludovico scrisse di nuovo a Cosimo e a suo padre Giovanni, questa volta in versi.

Consumata l'età, perduto l'avere
Ove bene speranza in grave lucto
Sei anni con diciotto mal conducto
In carcere tetra son contra dovere,
Misericordia degna far sapere,
Ora piacerti che non più distrutto
Da chi può sia, perché a tutto
E signori solo possono provvedere
Miei germani siano qui convocati
E se possibil fosse a lor lasciarmi
Ditelo perché niun trovi ogni sospetto
In grazia tengo che ben servatevi
Certo siate sono pronto a servirvi
In tutti i luoghi vi sarò soggetto

La poesia è bruttina, però è originale: le prime lettere di ogni verso, lette in verticale, formano le parole "Cosimo de' Medici". Un'altra poesia, dedicata a Giovanni, padre di Cosimo, in latino e un po' in italiano, dimostra che Ludovico aveva una certa cultura. E' quella a destra nel documento qui sopra. Comincia così:
 
Johannes qui gratia Dei fertur (Giovanni che è portato dalla grazia di Dio)
Ornato di virtù, ben fortunato
Hor mi soccorri si che sventurato
A domini fides morbi servatur (è protetto dalle malattie dalla fede nel Signore)

........... ecc ..............

Chi vuole sapere il resto lo può tradurre dall' originale qui sopra. Ora ci basta notare che qui si viene a formare la parola "Johannes Medici" in verticale.

Come andò a finire il disgraziato ultimo Signore di Marradi?
Nel 1459 era ancora in carcere e forse venne liberato di lì a poco su richiesta del Duca di Milano. L'ultima sua lettera è del 7 agosto 1459 ed è qui accanto. Invoca ancora la grazia e nelle ultime righe ricorda ancora il Castiglionchio, che non vedrà mai più.
 

Fonti: Archivio Mediceo Avanti il Principato

Vol.3 filza 66, pg 63 n° 36 lettera del 2 agosto 1434 ex carcere Stincharum (ad Averardo)
Vol.1 filza 11, pg 21 n° 393, lettera del 25 luglio 1440 (a Cosimo)
Vol.1 filza 8, pg 138, n° 70 (r,v) sonetti del 31 dicembre 1448 (per Cosimo)
Vol.4 filza 138, pg 296, n°52 lettera 7 agosto 1459 (ultima di Ludovico)
Vol.1 filza 11, pg 206 , n° 216 lettera del 2 febbraio 1439 (del cardinale Cesarini)
 
Altri documenti non usati in questo articolo:

Vol.1 filza 9, pg 160, n° 181 lettera dell' 8 settembre 1455
Vol.1 filza 8, pg 138 (r,v), n° 63, lettera del 19 ottobre 1448

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