Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

lunedì 14 ottobre 2013

Omero Zaccherini

"Val di Lamone"
Numero unico in occasione 
del primo anniversario della liberazione di Marradi
ricerca di Luisa Calderoni


                                             
Omero Zaccherini





Nell'autunno del 1945 venne pubblicato il foglio Val di Lamone, numero unico per celebrare il primo anniversario della liberazione del paese.
Omero Zaccherini, un marradese residente a Firenze, scrisse questo articolo, nel quale esprime la sua costernazione e i suoi dispiaceri per le condizioni del paese semidistrutto dalla guerra.

 
RITORNO A MARRADI

“ Lungo la polverosa e scoscesa strada dell’Appennino, lasciando dietro di me sempre nuovi segni della dura guerra che anche queste montagne e questi villaggi hanno subito, sono tornato a Marradi, il piccolo indimenticato paesetto che mi ha visto nascere, dove ho trascorso la fanciullezza e conosciuto le prime gioie e le prime amarezze della vita. Volevo rendermi conto di persona, se quanto mi era stato raccontato corrispondeva a verità; ma via via che  mi avvicinavo alla meta, si dileguavano le speranze che vi fosse stata un’esagerazione su quanto si raccontava  e ad esse succedevano sgomento e dolore per quello che i miei occhi vedevano.



Primo è il piccolo villaggio di Biforco, a pochi chilometri dal mio  paese, a mostrarmi le sue rovine:  case sventrate, mura diroccate, ponti distrutti; e le facce degli abitanti ancora smorte e patite. Una cupa desolazione è successa a quell’aria di gaiezza, che vi si respirava quando fiorentini e romagnoli, venuti a trovar refrigerio nei mesi estivi, si mescolavano ai balli campagnoli, alle cacciate appassionanti, alle gite rumorose.


Il ponte di Biforco distrutto






Più oltre, superata la curva dell’Annunziata, mi appare Marradi.
Ma dove erano le prime case, case operaie, non vi è che macerie. Nella zona del mercato tutto è muto e deserto: non una casa è restata in piedi; e devastato è il bel parco della villa Bassani, dove ragazzi ci portava l’arciprete (morto anche lui di ferite riportate durante un cannoneggiamento), a trascorrere fra giuochi e divertimenti i pomeriggi domenicali Son spariti i luoghi più cari alle mie memorie d’infanzia. Soltanto il centro del paese rimane, raccolto intorno alla piazza, sebbene mostri le numerose ferite che le grosse artiglierie hanno inferto alle case e alla torre comunale che le domina .
 



 Via Roma (ora via Dino Campana)
e il ponte di Villanceto

 
Ma appena dopo il centro, dalla via Fabbroni dove prima la vista era limitata da una stretta strada chiusa da due file di case, si presenta ai miei occhi un vuoto che permette di vedere fino oltre il nuovo ponte sul Lamone l’imbocco della strada per Palazzuolo di Romagna.



La chiesa parrocchiale si leva come per miracolo su un caotico ammasso di rovine, che occupa ora l’area di Marradi basso, dove erano quei caratteristici vicoli di casupole, giù fino alla Filanda, l’unica industria del paese, la cui distruzione ha tolto il lavoro e il pane a circa duecento operaie.


... La chiesa parrocchiale si leva come per  miracolo su un caotico ammasso di rovine ...



Qui diciassette mesi prima avevo lasciato un paese pieno di vita, che niente aveva risentito dalla guerra,  dov’erano sfollate molte famiglie, ritenendosi più al sicuro che in città.
Ora sembra un regno di morte. Gli abitanti, costretti a fuggire davanti alla guerra, girovagarono per le montagne, conducendo una vita da bestie, e tornati al paese, non trovarono le case, la roba, gli amici.
Ho parlato coi miei compaesani: ognuno ha cento episodi da raccontare, cento guai da lamentare. Chi ha in prestito una stanzuccia, chi il letto, chi i vestiti.
Ma Marradi non deve morire così; deve risorgere più bello e rigoglioso di prima in un moderno paese, con l’aiuto del Governo e della Provincia, e soprattutto per merito della sua laboriosa popolazione, che, lasciando da parte rancori e rimpianti, lavorerà solidamente alla ricostruzione.
Direi che si debba lanciare una grande sottoscrizione sotto forma di prestito comunale:” Marradesi, ricostruiamo il nostro paese “.
Tutti, anche i tanti che attualmente risiedono altrove, saranno orgogliosi di offrire il loro denaro o, almeno, il lavoro delle braccia, privandosi di qualche ora di riposo.”
                         Omero Zaccherini


Ma chi era Omero Zaccherini?
Omero era nato a Marradi il 27 dicembre 1914 e si era trasferito a Firenze nel 1934. Si dice che, essendo stato messo a balia da una signora del paese natio, ogni volta che tornava a Marradi si recava nel  bar da lei gestito, per gustarne la prelibata torta di riso.

Entrato a "LA NAZIONE" come operaio, era diventato presto impaginatore e poi "proto" cioè  capo officina della tipografia. Omero stava al banco e distribuiva il materiale per la linotype, il macchinario che faceva le righe del giornale, usando i caratteri di piombo. Diventò poi direttore della tipografia e, infine, direttore dello stabilimento in cui si stampava "LA NAZIONE".



Un caricatura di Omero Zaccherini fatta dai suoi  colleghi del quotidiano "La Nazione" 
quando andò in pensione.











Firenze: la sede del quotidiano 
"La Nazione" 



Un vecchio cassetto per caratteri mobili detto " Cassa Italiana"








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