Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

mercoledì 15 gennaio 2020

1360 Il cardinale Albornoz riconquista la Romagna

Ristabilita l'autorità pontificia,
fino alla sua morte
Ricerca di Claudio Mercatali

Il cardinale spagnolo Egidio Albornoz era un alto prelato della corte papale di Avignone e Innocenzo IV desideroso di riportare il Papato a Roma, lo incaricò di restaurare l'autorità nei territori della Chiesa in Italia, che di fatto alla metà del Trecento erano in mano a diversi signori locali. L'intrepido cardinale, abile condottiero, discese in Italia nell' autunno 1353 alla testa di un piccolo esercito di mercenari e cominciò la riconquista dal Lazio, dove il potente Giovanni di Vico, prefetto di Roma, signore di Viterbo, usurpava una vasta parte dei territori papali. Questi nel 1354 fu sconfitto nella battaglia di Orvieto e fece atto di sottomissione. I signorotti dell’Umbria, capita l’antifona, fecero altrettanto.

L'Albornoz a questo punto rivolse la sua attenzione alla Marca di Ancona e alla Romagna dove spadroneggiavano i Malatesta a Rimini, gli Ordelaffi a Forlì, i Manfredi a Faenza e i Da Polenta a Ravenna. Nel 1355 sbaragliò i Malatesta ed essi si sottomisero. Ormai la tecnica dell’astuto cardinale era chiara: prima sconfiggeva duramente i signorotti che si opponevano e poi concedeva loro il condono purché giurassero fedeltà alla Chiesa.
Così fecero anche i signori del Montefeltro e i Da Polenta di Ravenna. Invece Francesco Ordelaffi di Forlì, e il suo alleato Giovanni di Riccardo Manfredi, Signore di Faenza, rifiutarono la sottomissione e nel 1353 il papa proclamò addirittura una crociata contro di loro. Questa situazione generale influì su una serie di episodi che coinvolsero anche il nostro territorio.


1356 – 1359 L’assedio
di Forlì e di Cesena
I Manfredi si sottomisero, ma l'Ordelaffi e sua moglie, la bellicosa Marzia degli Ubaldini, detta Cia, figlia di Vanni da Susinana, cercarono di resistere agli assedi. Cia è la donnina che compare fra i merli nello stemma di Palazzuolo sul Senio e suscitò l’ammirazione dei suoi contemporanei.

Francesco Ordelaffi cercò anche di assoldare la Gran Compagnia del Conte Lando, ma l’astuto cardinale lo precedette e offrì al mercenario un lauto compenso purché si allontanasse dalla Romagna. Il Conte Lando accettò il contratto offerto da Arezzo e Siena, in guerra contro Perugia e nel 1358 si avviò lungo la valle del Lamone, però

vicino a Campigno, sette chilometri oltre Marradi, gli abitanti stanchi dei suoi soprusi lo affrontarono in una storica battaglia qui rappresentata dal prof. Lanfranco Raparo e per lui fu un disastro.
Cesena e Forlì, ormai allo stremo, si arresero nel 1359 e Cia degli Ubaldini fu imprigionata ad Ancona, dove poi morì. Fu così che i territori del papato tornarono sotto l’autorità pontificia e Albornoz fu salutato come Pater Ecclesiae.

1348 – 1370 
La situazione a Marradi

Giovanni di Alberghettino Manfredi era un aggressivo Signore che spadroneggiava nell'alta valle del Lamone e la sua dimora stabile era al Castellone di Marradi. Il suo chiodo fisso erano gli odiati Manfredi di Faenza, suoi cugini, per certe vicende di famiglia che sono qui di seguito. Leggeremo direttamente gli autografi di Giuseppe Matulli, l'autore del libro La via del grano e del sale. Sono conservati alla Biblioteca di Marradi, donati dalla famiglia dopo la sua tragica morte e in pratica sono le bozze del libro che tanti marradesi hanno in casa.

anno 1348
La Romagna era per diritto una terra del Papa, che per amministrarla nominava un Legato, un governatore, detto Conte di Romagna. Però spesso il Legato era condizionato dai signorotti locali. Alberghettino per prendere il potere provò ad ucciderlo e successe che ...

"Dal mese di zugno fece fama che messer Giovanni di Alberghettino di Faenza, con certi cittadini di Faenza, voleva uccidere il conte di Romagna. Il quale tractato, pervenuto a notizia del dicto conte, incontanente fece tagliare il capo a uno che il doveva uccidere. El dicto messer Giovanni di Alberghettino se ne fuggìo con molti suoi amici" ...



anno 1350
Un secondo tentativo di conquistare Faenza, organizzato assieme a suo cugino Giovanni de Manfredi, andò a buon fine. Però suo cugino volle tutto per sé e lo cacciò quando non ebbe più bisogno di lui. Per questo in lui nacquero tanti rancori per i suoi parenti faentini.

"Messer Giovanni de Manfredi di Faenza, con lo favore e consiglio de messer Francesco degli Ordelaffi, signore di Forlì, e con lo favore de molti cittadini di Faenza discacciò nel mese di febbraio el conte di Romagna e Giovanni di Alberghettino de la città di Faenza, e tolse la segnoria della dicta città per sé".

Stava arrivando il cardinale Albornoz e per Giovanni non ci fu una occasione di rivincita, e poi in fondo era meglio aspettare per vedere come andavano le riconquiste del papa. Il nostro feudatario si rifugiò al Castellone e ne fece la sua dimora per quaranta anni. Nacque così la piccola Contea di Marradi, che dopo di lui passò a suo figlio Amerigo e poi a suo nipote Ludovico, l'ultimo conte, finito in disgrazia e imprigionato nel carcere delle Stinche dai Fiorentini, che nel 1428 inglobarono tutto il comune nella loro Signoria.
A questo punto per seguire le avventure di Giovanni di Alberghettino conviene usare anche la raccolta detta Corpus Chronicorum Bononiensium (Raccolta delle cronache bolognesi) un librone in latino. In particolare ci interessa Bernardino Azzurrini, uno storico del Cinquecento citato tante volte e tradotto da Giuseppe Matulli. Da quel libro apprendiamo che …


anno 1354
"Giovanni di Alberghettino ordinò di impadronirsi di Faenza e toglierla agli uomini di Rinaldo Manfredi. Per la qual cosa alcuni di Faenza furono presi e cento altri furono catturati presso Santa Maria fuori Porta".
Il nostro feudatario provò almeno altre due volte il colpo di mano a Faenza, nel 1358 e nel 1361, come ci riferisce lo storico Azzurrini in queste memorie facili da leggere anche senza la traduzione.
Alla fine, suo malgrado e costretto dai Fiorentini, dovette rinunciare alle varie pretese che aveva sui territori dei vicini e si accontentò della Contea di Marradi. Fu stipulato un vero e proprio trattato di pace, a Montemaggiore, un bel podere vicino al Castellone. Erano in tanti quel giorno ...

anno 1370
"Fu fatta pace e concordia in casa di Giovanni di Alberghettino Manfredi tra il suddetto e il gonfaloniere e i priori di Firenze, con l'intervento di Bernardino di Milano, Ruggero di Dovadola, Nicola Righi dei Manfredi, Ferruccio di Francesco dei Pangetti e Ludovico di Bernardino dei Caccianemici".

Come mai questi aggressivi personaggi si riunirono a Montemaggiore? Che cosa li preoccupava?
Il motivo era che stava entrando in scena il principale attore nella storia della valle del Lamone a fine Trecento, e cioè il Comune di Firenze che voleva prendere tutto, con calma, senza scatenare guerre, con acquisti, eredità e cogliendo le varie occasioni offerte dai feudatari in lotta fra loro. C’è Montemaggiore di qua e Montemaggiore di là. Di qua e di là da che? Fra i due poderi corre il confine fra Marradi e Palazzuolo, che era già sotto il dominio dei Fiorentini e siccome questi non si fidavano di Manfredi e di qualcuno degli altri, si incontrarono al limite delle rispettive terre.

1371 Il censimento
di Anglic de Grimoard
Innocenzo VI morì nel 1362 e fu eletto papa il francese Guglielmo di Grimoard, con il nome di Urbano V. Suo fratello Anglic divenne Vicario in Italia e stilò la Descriptio Romandiole, un censimento per scopi fiscali dei territori appena riconquistati, nel quale si parla anche di Marradi. Che cosa dice Anglic de Grimoard su di noi valligiani del Lamone nella Descriptio Romandiole (Descrizione della Romagna)? Il suo censimento riporta per ogni località della valle gli abitanti suddivisi in Focularia, in famiglie, dette anche Fumantes, formate da persone in grado di pagare le Fumantarie, le tasse richieste a chi non viveva all’addiaccio.

Dunque i Focularia non indicano il totale delle famiglie ma solo quelle che potevano essere tassate. E’ la logica poco evangelica dell’esattore: si conteggiano i contribuenti e si trascurano i nullatenenti, che tanto non pagano. Con un criterio ritenuto accettabile ma approssimativo il numero dei contribuenti si ottiene moltiplicando il numero dei focularia per cinque e così ad esempio Marradi Marciana (la parte dopo il Ponte Grande, Jum Maré), che contava 60 focularia aveva circa 300 persone in grado di pagare le Fumantarie. Invece non c’è modo di conoscere il numero dei poveracci e nemmeno quello dei nobili, dei potenti e in genere dei privilegiati esentati dalle tasse.

1372 – 1373 La rivolta degli Ubaldini di Palazzuolo
Nel 1367 Urbano V lasciò Avignone e tornò a Roma. Però i tempi non erano ancora maturi e dopo tre anni dovette tornare ad Avignone. Senza Albornoz, che nel frattempo era morto, i signorotti locali avevano rialzato il capo. I nuovi comandanti pontifici procedevano nella riconquista troppo lentamente e gestire lo Stato della Chiesa era un problema. Secondo Scipione Ammirato, uno storico fiorentino del Cinquecento, nel 1372 il Papato incoraggiò una rivolta degli Ubaldini per respingere il Comune di Firenze nel versante toscano. La reazione di Firenze fu dura: Gaspare Ubaldini, fratello di Vanni da Susinana e quindi zio di Cia fu costretto dalle milizie fiorentine a fuggire dopo aver preso per qualche settimana Castel Lione di Bibbiana, Mainardo di Ugolino degli Ubaldini si arrese nel castello del Frassino (1373) che è vicino alla attuale fattoria I Cancelli e fu decapitato a Firenze. I territori della Badia di Susinana e di Gamberaldi furono devastati dai Fiorentini fino alla sottomissione completa.

1377 Palazzuolo passa sotto Firenze

L’intero Comune di Palazzuolo nel 1377 passò sotto Firenze e assunse il nome di Podere Fiorentino. A Marradi rimasero i Manfredi e Modigliana era già un libero Comune perché  1337aveva cacciato i Conti Guidi, però ambedue i paesi erano più o meno sottoposti a Firenze. 



1387 L’ultima rivolta
degli Ubaldini
Questa famiglia di feudatari di probabile origine longobarda era fatta di gente tosta.  Nel giugno 1387 le soldatesche del Comune di Firenze repressero un’altra ribellione degli abitanti di Susinana e portarono la campana della badia a Figline Valdarno. La richiesta di Palazzuolo per averla indietro non è mai stata accolta però ogni anno, nella quarta domenica di luglio, si tiene il Palio della Campana che è una amichevole disputa a colpi di catapulte fra due squadre di Palazzuolo e di Figline.


Così passò la seconda metà del Trecento qui da noi, fra le pretese dei signorotti locali, l’azione del cardinale Albornoz in Romagna, la lenta ma continua espansione del Comune di Firenze e i problemi degli abitanti, tartassati dagli agenti del cardinale Anglic se accendevano il camino troppo spesso.


 Per approfondire cerca nel blog

28 aprile 2013 Giovanni di Alberghettino Manfredi
18 dicembre 2016   Cia degli Ubaldini
20 aprile 2019    La conquista di Palazzuolo sul Senio
08.01. 2020   Il censimento del cardinale Anglic de Grimoard


Nessun commento:

Posta un commento