Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

lunedì 26 maggio 2014

La dogana di Rugginara

Truffe e pasticci
al confine
con lo Stato Pontificio
ricerca di di Claudio Mercatali




Negli anni 1820 – 1830 circa fu completata la strada granducale per Faenza, da Popolano al ponte di Marignano. Prima si passava dalla parte opposta del fiume lungo la direttrice Popolano – Campora – S.Martino cioè a solame, come d’uso per le strade antiche. La costruzione del ponte di Popolano, demolito nel 1970 e sostituito dal brutto ponte attuale, tagliò fuori la vecchia dogana, chiusa nel 1841. 




La strada Faentina nel 1833. 
Le case di Rugginara non ci sono 
perché furono costruite dopo qualche 
anno ed erano uffici doganali.



La nuova dogana fu costruita a Rugginara e le case che ci sono in quella località sono appunto i vecchi uffici doganali. Chi passava di lì si doveva fermare e pagare il dazio o le gabelle, in vigore nel Granducato di Toscana. Invece la dogana pontificia era a S.Cassiano.

Lo storico Antonio Metelli di Brisighella ci dice che lo Stato Pontificio nel 1848 incassava dalla sua dogana 6.000 scudi all’anno e il Granducato altrettanti. E’ tanto o poco? Per capire servirà sapere che nel 1839 la costruzione della “Strada nuova” cioè via Razzi costò circa 6.000 scudi. Dunque dalla dogana si ricavava un bel gettito, fra le proteste e i mugugni dei marradesi. I gabellieri di Rugginara ogni giorno andavano avanti e indietro, da Popolano a Marignano e fino a Galliana, per impedire che qualcuno passasse la frontiera senza pagare, ma era una lotta impari perché qui da noi non c’è un confine naturale che impedisca il transito da Marradi a Brisighella. Come si poteva fare per eludere la Dogana? Le tecniche erano diverse, e spesso efficaci, ma qualche volta andava male e allora i doganieri denunciavano l’evasore al Vicario di Marradi e si andava a processo. Nell’ Archivio storico del Comune ci sono i documenti di diversi processi per contrabbando, evasione fiscale, elusione del dazio e quant’altro. Leggiamo che cosa successe negli anni dal 1843 al 1848: 


Il ponte granducale di Popolano, 
demo­lito nel 1970 circa. 
La casa sulla destra è la vecchia 
dogana chiusa nel 1841



1843 Il modo più semplice per passare a S.Martino senza pagare le gabelle era quello di guadare il Lamone. Così fece Franco Cappelli, con i suoi amici, ma furono sorpresi e:



“Dani Marcello, doganiere a Rugginara le rappresenta (al Vicario) che la mattina del primo maggio scorso Ciani Giovanni, Cappelli Franco e Nannini Paolo, tutti di S.Adriano, infransero la Legge di Finanza perché con due muline e una cavallina attaccate a tre legni senza molle (tre barrocci) varcarono il Lamone al podere Fiume di Sotto per accedere dallo stato estero senza far capo al ponte di Marignano per pagare la tassa di transito. L’esponente porta a testimoni Luigi e Pasquale Benerecetti, abitanti a Fiume di Sotto e Giorgio Alpi, loro garzone”. 5 maggio 1843



... varcarono il Lamone al podere Fiume di Sotto ...

1843 Si poteva nascondere la merce, ma i doganieri avevano il diritto di perquisizione, fino a Marradi. Fu così che Giovanni Sangiorgi di Filetto, che veniva dalla Romagna con un carico di biancheria da portare al signor Fabio Fabroni fu trovato a Popolano con una certa quantità di tabacco da fiuto nascosto in una cesta di panni e pagò una multa ricevendo questa quietanza come ricevuta: 

“Il sottoscritto doganiere fa quietanza a Giovanni Sangiorgi di Filetto della multa fattagli a Popolano il 23 novembre scorso per due libbre di tabacco in polvere, da fiuto, di qualità estera. La multa di 21 lire è stata depositata nelle mie mani e ne sono contento e soddisfatto”.

Il doganiere Francesco Paladini 6 dicembre 1843.



1844 Si poteva anche cercare la via della corruzione. I commercianti Luigi Villa e Lorenzo Gondoni, forestieri, arrivarono il giorno 13 giugno a Rugginara. Erano le dieci di sera e forse venne offerto un passaggio rapido e notturno della frontiera, pagando una tangente al posto delle gabelle o furono loro a offrire denaro ai gabellieri. Sta il fatto che qualcosa non andò per il verso giusto e scoppiò una lite. La merce fu sequestrata e i commercianti denunciarono i doganieri al Vicario di Marradi. La vicenda non era chiara e il Vicario prima di decidere chiese lo Stato di servizio dei tre Doganieri all’ufficio delle Regie Entrate e così scoprì che:

· Paladini Francesco, Livorno 1809: “sottoposto dal capo distaccamento ad un giorno di arresto per essersi rifiutato di fare il servizio di guardia dal medesimo ingiuntogli”.

· Marzi Giovanni, colle Valdenza 1804: “sottoposto a calcato monito onde impiegasse maggiore fermezza nella direzione di un Distaccamento, per non essere eliminato dal comando dei sottoposti, cioè degradato” (cosa poi avvenuta, trasferito a Marradi).

· Pasqualetti Pasquale, Cortona 1812 “Sottoposto a monito per essere attaccato da malattia venerea. Otto giorni di arresto di rigore per aver accettato un regalo dal console francese mentre era di guardia a un brigantino francese carico di merce di contrabbando naufragato nella spiaggia di Migliarino (Pisa)”. 

I due commercianti si resero conto di aver sollevato un putiferio e allora cercarono un accordo e scrissero questa lettera a Firenze:

Alla Direzione Generale delle Regie Imposte di Firenze

A proposito del sequestro di sedici colli di cotone eseguito il 16 giugno 1844 dalle Guardie di Rugginara, ci siamo determinati ad avanzare umilissima istanza per il recupero della mercanzia previo pagamento delle gabelle e diamo quietanza discretissima prima dell’ inizio del processo. Intendiamo renunziare spontaneamente di buon animo ad ogni risentimento per le offese ricevute. Luigi Villa e Lorenzo Gondoni 13 agosto 1844

L’intendenza di Finanza accettò e il Vicario dichiarò chiuso il caso.

Tutti questi impicci e soprattutto le pignolerie erano mal tollerati dalla gente, e in effetti l’imposizione di questi balzelli era una vera ingiustizia.




La “carta di via” era una specie di passaporto 
per la Romagna. Questa è del sig. Angiolo 
Felice Fabroni, che andò a Faenza il 27.04.1852



1848 Dopo la Prima guerra di Indipendenza, vinta dagli Austriaci, ci furono accenni di rivolta contro lo Stato Pontificio e il Granducato e successe il fatto più noto, che a quanto ci racconta lo storico Antonio Metelli avvenne così:

“ … Erasi di quei dì tumultuato in Modigliana, per odio contro la tassa di pedaggio posta al varco dé confini, il che aveva fatto nascere i medesimi appetiti in Marradi, poiché avendo i Modiglianesi rotta la catena che serrava il passo, pareva alla minutaglia che togliendo ogni divisione tra gli Stati fosse un andare a libertà e alla riunione dell’Italia e facilmente i Marradesi se ne persuasero consistendo il commercio loro nel carbone che giornalmente portavano in Romagna. Essi, corsi a furia a Rugginara vi svelsero dagli arpioni la catena e tolsero di mezzo l’odiato balzello. Queste cose si seppero a Firenze e affinché lo Stato non venisse a mancare della pecunia che ritraevasi dalle gabelle venne mandato a Marradi un nerbo di Polacchi che nel disfacimento degli eserciti si erano rifugiati in Toscana ed erano stati poco prima assoldati per togliere loro ogni pretesto di tumulto, i quali poi per loro natura lasciarono le cose poco meno come prima…”. 

1849 Qualche tempo dopo anche il Governo Pontificio mandò dei soldati al confine con il Granducato e successe che:

“ … vennero da Brisighella venticinque fanti pontifici, condotti da un tenente. Andando costoro ogni giorno pel contado in traccia dé malandrini che infestavano le campagne, accadde per la poca pratica che avevano dé luoghi, che entrassero nei confini della Toscana dalla parte di Marradi, e arrivati a Rugginara sparsero terrore fra i soldati che vi riscuotevano le gabelle, sicché arraffato in fretta il pubblico denaro se ne fuggirono verso Marradi. Scopertasi poi la verità il Governo Toscano richiamossi fortemente pei violati confini a quello del Pontefice, il quale per satisfare i vicini ordinò che que’ fanti venissero ritratti …”. 





Le case della Dogana
di Rugginara





La riscossione delle gabelle cessò nel 1859, dopo il plebiscito per l’Unità d’Italia. I due Stati non c’erano più e quindi la dogana non aveva più significato. Gli uffici di Rugginara furono chiusi, però l’edificio era praticamente nuovo e l’Erario del nuovo Regno d’Italia lo mise all’asta e lo vendette a dei privati. Con il passare degli anni il ricordo della dogana di Rugginara sbiadì sempre di più fino a cancellarsi. Le colonnine di confine dove c’era la catena non ci sono più e anche lo stemma granducale sopra la porta di ingresso si è consumato e non si riconosce.







Quello che rimane dello stemma 
granducale sulla porta degli uffici doganali.




Fonte: Documenti dell'archivio storico
del Comune di Marradi




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