Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

martedì 29 marzo 2022

Alla ricerca dei castelli nelle valli del Lamone e del Senio

Quattro castellari nei dintorni 
di Marradi e Palazzuolo

ricerca di Claudio Mercatali



Nell'appennino romagnolo il Medioevo ha lasciato molte tracce. Le valli del Santerno, del Senio, del Lamone e del Tramazzo erano sede dei feudi degli Ubaldini e dei conti Guidi, due famiglie comitali che dominavano in ambedue i versanti dell'appennino, fino al Mugello gli Ubaldini e fino al Casentino i Guidi, con un intreccio di interessi e parentele difficile da definire e variabile nei secoli. 

Il loro dominio si esaurì alla metà del Trecento, a seguito dell'estendersi del Comune di Firenze, che voleva il controllo dei valichi della Futa, del Giogo, della Colla e del Muraglione. Queste famiglie feudali, forse di origine longobarda, costruirono decine di castellari, case a torre, fortilizi arroccati, tutti demoliti dai Fiorentini o abbandonati dallo Stato Pontificio, che però hanno lasciato dei resti o delle tracce individuabili. Ora vedremo quattro di queste costruzioni, le prime due in rovina e le altre rase al suolo.


IL CASTELLO 
DI FORNAZZANO

Castrum Monti Rotundi era un castello vero e proprio, con torre e cinta muraria, che alla metà dell' Ottocento fu disegnato da Romolo Liverani. 


Nel Duecento apparteneva a Ugolino da Zerfognano, uomo buono e nobile citato da Dante nella Divina Commedia. Poi passò a Maghinardo Pagani, che lo lasciò in eredità a suo fratello Ugolino e al nipote Bandino priore di Popolano. 

   La storia di questo fortilizio è spesso associata al castello di Gamberaldi, perché i due sono abbastanza vicini, al confine fra Toscana e Emilia Romagna. 




Poi passò ai Manfredi di Faenza e ai Veneziani quando invasero la Romagna all'inizio del '500. Marino Sanuto, uno storico veneto dell' epoca lo elenca fra le conquiste fatte dalla Serenissima nella nostra valle, che però durarono solo qualche anno perché il papa Giulio II chiamò i Francesi e si riprese tutto. 





Dopo il castello decadde e piano piano andò in rovina ma i resti sono evidenti anche oggi. Si sale dalla chiesa di Fornazzano e dopo aver sudato un po' si arriva al crinale dove c'è il fortilizio ...



Angelo Talassi, scrittore ferrarese del '700 cittadino adottivo di Faenza, nel suo romanzo epico comico L'Olmo abbattuto racconta che il conte Pietro Agostino Ferniani, governatore di Faenza fece abbattere un olmo secolare alla chiesa di Sarna, perché a suo dire era d'intralcio sulla strada. Nacque una disputa con il curato sostenuto dal vescovo e il conte Ferniani indispettito chiamò a raccolta gli abitanti di vari castelli della valle per punire Sarna (che non si potevano rifiutare perché molti erano servi suoi). Una specie di Armata Brancaleone scese minacciosa e sgangherata dai castellari di San Cassiano, Calamello, Gamberaldi e anche Fornazzano descritta come si può leggere qui accanto. Ci fu una battaglia? No perché piovve a dirotto e secondo Talassi gli improvvisati soldati di Fornazzano e gli altri un po' alla volta tornarono a casa, fradici e sconsolati come anche quelli della compagnia nemica radunata dal curato e dal vescovo.




LA ROCCA 
DI PALAZZUOLO

Il Castellaccio o Rocca San Michele è sopra al paese ed era degli Ubaldini.




Del resto il nome di Palazzuolo nel Medioevo era Podere degli Ubaldini (poi divenne Podere Fiorentino nel 1374, e nei secoli seguenti Palazzuolo di Romagna finchè nel 1951 fu ribattezzato Palazzuolo sul Senio). 



Visuale verso il Passo 
del Carnevale




Non sembra che questo castellare nonostante la posizione fosse il più importante e le cronache parlano più spesso di Lozzole e della Badia di Susinana. 


Visuale verso
Quadalto


Nell'immaginario collettivo dei palazzuolesi è un sito un po' sinistro anche se non ci sono episodi antichi a conferma. Forse per questo contribuì un episodio truce capitato lì nel Seicento quando il castello era già in rovina. Si tratta dell' omicidio di due prostitute che ricattavono un prete che aveva avuto un figlio da una di loro. Il racconto un po' bieco basato sulle cronache dell'epoca fu pubblicato sull'Eco del Senio, un periodico curato dal maestro palazzuolese Campomori.




Che cosa è rimasto del castello? Per saperlo bisogna salire dalla attuale Area Camper di Palazzuolo lungo un sentiero sulla roccia e dopo una sudatina si arriva a Caramelli, un ex podere che in origine era una dipendenza del castello, come testimoniano i resti. Dopo un'altra sudatina si arriva al fortilizio, su un crinale dove si gode di un'ampia vista su due versanti. 

Le rovine sono imponenti. Il sito si raggiunge male e solo un sentiero recente permette di arrivare in cima in modo agevole.






Clicca sulle immagini
se le vuoi ingrandire






IL CASTELLO DI GAMBERALDI

Campus araldi è un sito antico. Gli ari erano i guerrieri longobardi e – aldo è un suffisso che significa "vecchio". Dunque il toponimo forse significa campo dei vecchi guerrieri


Il contratto di acquisto del castello di Gamberaldi fatto da Pietro Pagani, padre di Maghinardo.

La zona è isolata rispetto alla viabilità odierna ma nel Medioevo non era così perché la Badia di Susinana era una dimora degli Ubaldini e dei Pagani che per arrivare al Lamone passavano da Gamberaldi. 


Anche oggi si può scendere facilmente a Valnera o salire al valico del Monte Carnevale o percorrere il Crinale delle Salde fino a Monte Romano.

Se ne erano accorti anche i Tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, e senza conoscere nulla di quanto stiamo dicendo fissarono qui un caposaldo della Linea Gotica, che procurò difficoltà agli Alleati e apprensioni ai marradesi che erano sfollati qui credendo di mettersi in disparte.



Tutto questo giustifica la presenza di un castellare vicino al podere Le Lastre e anche una dogana al podere Perdolina. 





Il castello di Gamberaldi è uno dei quattordici ceduti nel 1362 per testamento da Giovacchino Ubaldini ai Fiorentini, in cambio di un vitalizio e della cancellazione di una parte dei suoi debiti. 

Fu demolito nel 1384 per decisione del Comune di Firenze. Individuarne i resti non è semplice, perché Firenze fece radere al suolo tutti i castellari degli Ubaldini per dimostrare a tutti che il vecchio potere era finito.





Negli archivi fiorentini ci sono i contratti per le demolizioni date in appalto a ditte che potevano svendere i materiali recuperati. Era un modo per spendere meno e per svilire i beni dei vinti. Perciò conviene cercare nei dintorni, nel raggio di pochi chilometri dove possono essere state riutilizzate le pietre del castello. Vittorio Pratesi la cui famiglia è proprietaria di Gamberaldi da diversi secoli dice che le pietre delle porte e delle finestre della parte vecchia provenivano dalla demolizione del castello.


Il sito visto da lontano è proprio adatto per un fortilizio.









I resti che affiorano sono pochi. Furono riportati alla luce da qualche sconosciuto archeologo dilettante, con un sondaggio fatto
con molta cura.






IL CASTELLO 
DEL FRASSINO

Questo fortilizio è citato da diversi storici nelle Cronache trecentesche del Comune di Firenze, perché era la dimora di Maghinardo d'Ugolino di Tano Ubaldini, uno dei promotori della rivolta del 1373 di questa famiglia contro la Città.
 
Fu il canto del cigno degli ultimi feudatari dell' appennino, che furono definitivamente sgominati dal capitano fiorentino Giovanni Cambi.

Il castello del Frassino cadde dopo due settimane di assedio e Maghinardo fu condotto a Firenze e decapitato al Bargello perché fosse chiaro ai suoi famigliari che i Fiorentini facevano sul serio.



La storia è già stata descritta qui nel blog nel post La conquista di Palazzuolo e quindi andiamo avanti. Dov' era il castello del Frassino? Le fonti antiche più attendibili indicano la Colla di Santa Lucia, un sito panoramico dove la visuale spazia dal Monte Lavane a est, al Passo della Faggiola, a ovest. Il nome non è casuale perché Santa Lucia è la protettrice della vista.




Però il "castello" era solo un fortilizio, forse una casa torre o una dimora ben guarnita per la difesa. E' difficile essere più precisi perché nel 1384 l'edificio fu demolito dai Fiorentini. La demolizione sistematica è l'evento più sfavorevole per la ricerca storica di un edificio, perché lo cancella quasi del tutto.


Partiamo dalla Colla di Santa Lucia e cerchiamo ogni indizio che ci riporti a quei tempi antichi. Le pietre d'angolo della casa sulla Colla sono squadrate e lunghe mezzo metro, troppo per una casa poderale. Forse sono materiali che vengono dalla demolizione del castello.

La visuale è ampissima, 
verso Marradi e verso Palazzuolo.







Scendiamo alla casa del podere Frassino ma il tragitto è breve. Si arriva ad un rudere grande:

A) L'edificio attuale è di tre piani, alto dieci o quindici metri, troppi per un podere che in questo sito si poteva edificare più facilmente in orizzontale.


B) Dentro c'è un arco in pietra alto due piani, incomprensibile in una casa di contadini. A fianco dell' arco cinque ferri infissi formano una scala a muro che dalla stalla portava al piano abitato.

La casa è databile in base alla consunzione delle pietre alla base perché da altri edifici antichi si sa che il salnitro della stalla e l'umidità del suolo impiegano circa sette - otto secoli per conciare l'arenaria come si vede qui sopra. In più la facciata è rinforzata con un barbacane, un po' meno consunto e questo significa che già nel Cinquecento ci fu bisogno di un rinforzo per il corpo dell' edificio che quindi è ancora più vecchio. Di più non è dato di sapere.


A volte i castellari come questo si compongono di due edifici, uno residenziale e un altro a torre, più o meno distante, arroccato in alto. E' così anche nella Rocca di Palazzuolo abbinata al podere Caramelli. 

I resti della rocchetta del Frassino sono nel crinale sopra la Colla di Santa Lucia, scavati e rimossi dai tanti appassionati che sono venuti a frugare qui avendo saputo della vicenda di Maghinardo. Nessuno ha mai trovato niente di importante perché come si è detto prima la rocchetta non fu distrutta in guerra ma demolita con cura, con un atto premeditato.


I due edifici del Frassino non erano di certo sufficienti per reggere l'assedio di una milizia del Comune di Firenze. Allora perché Maghinardo di Tano si rifugiò qui? Fantastichiamo un po': l'abile capitano fiorentino Giovanni Cambi riuscì ad avvicinarsi di soppiatto e Maghinardo rimase imbottigliato nella rocchetta senza poter fuggire nei suoi monti dove sarebbe stato irreperibile. 
Invece secondo lo storico del Cinquecento Piero Buoninsegni furono gli abitanti del Frassino, stanchi di essere tartassati dai soldati fiorentini a consegnarlo, come si può leggere qui sopra.

Dov'è sepolto Maghinardo di Tano? Qualche anno fa sull' Eco del Senio, un periodico che si stampava a Palazzuolo fu pubblicato questo articolo, che dà una risposta alla domanda.
Forse i Fiorentini di allora si resero conto che la pena imposta al coraggioso palazzuolese era stata eccessiva.


Per approfondire sul blog

Archivio tematico alla voce "I castelli della valle"
03.10.2011 Lozzole antica rocca
20.04.2019 La conquista di Palazzuolo

Bibliografia


Rocche e castelli di Romagna vol.1 Bologna 1970 Nuova alfa, Biblioteca@comune.modigliana.fc.it con prenotazione dalla gentile bibliotecaria Erika Nannini,

Agostino Tolosano (XII sec.) Chronicon faventinum
Matteo Villani (XIV sec.) Nuova Cronica
Scipione Ammirato (XVI sec.) Dell'istorie fiorentine, libro XIX, 144
B. Azzurrini (XVI sec.) Ad Scriptores rerum Italicarum historiae Faventinae
Giulio Cesare Tonduzzi (XVII sec.) Historie di Faenza pg 385
Gian Benedetto Mittarelli (XVIII sec.) Annales Camaldulenses, anno 1297
Ludovico Antonio Muratori (XVIII sec.) in Scriptores rerum Italicarum, CI
Emanuele Repetti (XX sec.) Dizionario libro III, 89



martedì 22 marzo 2022

Le case a torre di Marradi

Dodici dimore particolari
ricerca di Claudio Mercatali



Nel Medioevo e anche dopo le classiche case a torre servivano per rendere più sicura la dimora. Quelle della nostra zona erano a pianta quasi quadrata, almeno su tre livelli, con scale ripide e anche a chiocciola o a pioli per salire al piano di sopra. Una soluzione scomoda, però un malandrino era indifeso mentre saliva. Spesso non c’erano aperture al piano terreno, perché una porta che non c’è non si può sfondare. 

Un edificio così era ottimo anche per i signorotti locali, che si dovevano difendere dai ladri, dai rivali e dai servi della gleba, che ogni tanto si ribellavano alle angherìe. A Marradi l’esempio tipico è Casa Cappello, a Sant’ Adriano, dove nel 1302 morì Maghinardo Pagani, il temibile signore delle valli del Senio e del Lamone citato da Dante nella Divina Commedia.


Qui da noi può darsi che una casa a torre sia del Quattrocento, quando ormai il Medioevo era finito, e anche del Cinquecento o del Seicento. Questo perché in questi secoli la valle del Lamone fu percorsa da diversi eserciti: Niccolò Piccinino condottiero al servizio dei Visconti (1439) i Veneziani (1498), le truppe del Comune di Firenze organizzate da Niccolò Machiavelli che contrastavano il rientro dei Medici (1512) le truppe della Lega di Cognac contro i Lanzichenecchi (1526) e poi da gente di passaggio: commercianti di grano con i muli carichi, contrabbandieri di sale, trafficanti vari, pellegrini diretti a Roma, brava gente ma affamati, sporchi e spesso malati. Insomma c'erano molti motivi per avere una casa difendibile e di difficile accesso.




E' rimasto qualcosa di queste costruzioni? Per quanto riguarda il Medioevo oltre a Casa Cappello nella media valle del Lamone e del Senio gli esempi sicuri sono la Torre di Pistrino, nella frazione di Casale del comune di Brisighella, e Visano a Palazzuolo. Prendiamo a riferimento questi esempi che di certo furono un modello per le costruzioni successive e cerchiamo edifici:

1) con fondazioni proprie, non impostati in sopra elevazione delle costruzioni accanto.

2)  a base quadrangolare di circa 7- 8 metri di lato, mura spesse, altezza di almeno 15m e una sola stanza per piano.

3) in bozze d’arenaria, spesso consunte alla base per l’ umidità del suolo e del salnitro se al piano terra c’era una stalla.

A Marradi ci sono diversi edifici con queste caratteristiche che forse in origine furono case a torre, non tutte medioevali e più basse di quelle dette prima. Perché non all’ interno del paese? Nel centro abitato l’esigenza difensiva era soddisfatta meglio e a minor costo con due file di case ai lati di un vicolo, magari con una o due stanze per piano, così come nel vicolo Tintoria, a Casa Vigoli o a Popolano nella Faentina vecchia.
La ricerca ha dato i risultati che state per vedere. Ognuno degli edifici seguenti è nel Catasto del Granduca Leopoldo (1822) e in molti è stato individuato almeno uno dei motivi della costruzione. Questo non basta di certo per dire che in origine furono case a torre, però rende plausibile che lo fossero, magari non nel Medioevo. Vediamo:




Casa Fossino è un gruppetto di edifici proprio sotto la chiesa di Cardeto. Fino al 1859 si passava di qui per andare da Biforco alla chiesa, lungo una stradina a ridosso del Lamone. Il Fossino di Valconte (oggi della Poderina) è un piccolo corso d'acqua che scende dal Castellone e forse il Conte era qualcuno della famiglia Manfredi, signori del castello nel Trecento. L'edificio a torre è nel Catasto Leopoldino (1822) ma non si hanno notizie più antiche.



La torretta Malfanti è accanto al ponte di Villanceto. E' bella, ristrutturata, e un po' misteriosa perché non si sa perché fu costruita. Compare nel Catasto Leopoldino con la casa accanto.

 


Vallérta
è un gruppo di case alla Badia del Borgo. La prima è a torre e la strada vecchia passava fra l'edificio e il monte, ripidissima. Di recente è stato costruito un muro a fianco per creare un po' di risedio e il rinterro ha reso l'edificio meno "turrito" di quanto non fosse prima. La strettoia fra la casa e il monte era veramente ostica e già nel Catasto Leopoldino c'è un tracciato un po' più agevole. La strettoia forse era una difesa anche per il grande edificio di Bassili (oggi Bacile) che è una costruzione importante e il nome basiléo significa "nobile". E' così anche sul versante opposto, proprio di fronte, in corrispondenza della Casetta, descritta qui di seguito. Dunque i due edifici rendevano difficile il passaggio soprattutto per chi voleva rubare la legna o i marroni.




La Casetta è un edificio lungo la strada per San Benedetto in Alpe, proprio di fronte a Vallérta. Nel Catasto Leopoldino si chiama Cicalini e la via vecchia passava dietro a casa, come a Vallérta. A pochi metri c'è Serravalle, nome che indica una strettoia. Non era possibile passare da queste due case con un mulo carico o un barroccio senza un permesso.




Casa Pacini è un casale vicino a Popolano. Nel Catasto Leopoldino è disegnato identico a oggi e la forma delle finestre ci permette di datare le case almeno al Cinquecento. E' un complesso edilizio di pregio, di certo aveva qualche funzione importante, che però non conosciamo.


Loiano
è una casa poderale con una torre tonda, nel comune di Brisighella, proprio al confine con Marradi. Il nome deriva da Giano, il dio bifronte che poteva guardare di qua e di là. Infatti dalla casa si vede un ampio tratto della valle e questo spiega la presenza di una torre di avvistamento. L'etimologia è certa perché si ripete in tanti siti della nostra zona con una bella vista: Beccugiano, Grisigliano, Piangiano, Monte Gianni, Luiano ... In questo caso si può andare più indietro del solito Catasto Leopoldino, perché nell'Archivio di Stato di Firenze c'è una planimetria della zona del 1661, fatta per concordare una rettifica confinaria fra il Granducato e lo Stato Pontificio.



Sessana di sotto
è un sito antico, citato in un contratto del 1291 del notaio Giovanni Manetti chiesto da don Ugolino per affittare il molino di Abeto a Peppo di Susciana (vedi in bibliografia). Dunque la fattoria c'era già a quel tempo e la sede non era nella villa attuale, che è abbastanza recente. Dalla sovrapposizione della carta topografica attuale sulla mappa del Catasto Leopoldino del 1822 si vede che il perimetro degli edifici non è cambiato negli ultimi duecento anni.



Campolasso è un insieme di edifici costruiti in tempi diversi. Dalla sovrapposizione della Carta Regionale odierna con la planimetria del Catasto leopoldino (1822) si rileva che una parte dell' edificio è antica e ha le caratteristiche della casa a torre. In ognuno dei tre piani c'è una stanza ampia, ma i solai sono pericolanti e non è bene entrare. All'ultimo piano si poteva accedere solo con una scala appoggiata al muro, così come a Barberina.

Barberina di sotto è una casa poderale di Lutirano, vicino al ponte per Tredozio. Oggi sembra un normale edificio rurale con la piccionaia al centro ma nel Catasto Leopoldino c'è solo la parte di mezzo.




Dunque le due porzioni laterali sono state aggiunte a fine Ottocento e prima l'edificio era a torre. Come si vede nelle cartine qui sopra, l'unica strada per Tredozio passava fra la torre e il fiume, davanti alla facciata che si vede qui sopra a sinistra, forse per sorvegliare il ponte e riscuotere il pedaggio da chi lo percorreva.



Vallamento Grande è vicino a Badia della Valle. Forse il nome viene dal dialetto germanico longobardo: lamm nel tedesco attuale è l'agnello e dunque Vallamento è come dire Val dell'agnello (che è un podere di Palazzuolo dove c'era un castellare degli Ubaldini). 




Qui c'è anche Pizzafrù (spitze = vetta) Rè ed Corniòla (korn = grano) Rio Faggeto (il cafaggio era una zona bandita, come a Cafaggiolo, nel Mugello). La sovrapposizione della mappa attuale con il catasto del 1822 mostra che la pianta di Vallamento Grande è la stessa di allora.




La villa di Gamberaldi ha una grande torre, nella parte che per diversi secoli è stata della famiglia Fabbroni. E' di grandi dimensioni, ha un orologio e non sembra la solita colombaia. Forse serviva a dare prestigio alla famiglia. La villa è stata la residenza amata dalla pittrice Bianca Minucci Fabbroni, che è sepolta qui, nel cimitero accanto alla chiesa.

Se consideriamo anche gli edifici con il nome "torretta" ricaviamo altre notizie, più vaghe perché il nome può riferirsi anche solo all'aspetto di una casa un po' alta.



La torretta del Poggio
è appena fuori Marradi. E' un edificio costruito in tre volte, e la parte più antica, quadrata, è proprio sul ciglio di balza sopra la mulattiera antica per Palazzuolo dismessa nel 1870 circa.
C'è anche la La torretta di Casa Carloni che oggi è una villetta ristrutturata, ma il nucleo antico compare nel Catasto del 1822. La stessa cosa si può dire per La Torretta di Cignano, vicino a Lutirano. 

Se ci allarghiamo ancora di più fino a considerare il toponimo "torre" riemerge il ricordo, ma solo quello, di edifici di cui non rimane nulla.





Il luogo La Torre è un cocuzzolo sopra al podere La Strada, dove passava la vecchia via Faentina in salita dal podere Marcianella. Nel Catasto del Granduca non compare, segno che già 200 anni fa la torre non esisteva più. Però il nome del sito è in un avviso di vendita all'asta del podere La Strada (1845) dove si cita un "casotto" alla sommità del campo.


Il vicolo della Torre, a Marradi, ha una storia simile perché il toponimo c'era già nel 1822 ma della torre non c'è traccia. Un piccolo disegno che si può vedere in una mappa del 1594 dà qualche vaga indicazione. C'è anche un'altra possibilità: la seconda dizione del cognome "Torriani" è "Della Torre" e quindi il toponimo Vicolo della Torre potrebbe significare semplicemente Vicolo dei Torriani.

In conclusione a Marradi le case a torre di tre piani più un seminterrato erano una vera e propria tipologia edilizia e non un fatto occasionale. Le famiglie che nel Medioevo effettuarono l’incastellamento della nostra zona erano gli Ubaldini nel Senio, e i conti Guidi nell’Acerreta e nel Tramazzo. Marradi era sotto il controllo di questi o quelli secondo un confine variabile a seconda delle loro fortune. Cercasi uno storico di Palazzuolo e uno di Modigliana per ampliare questa indagine.


Per ampliare sul blog

1)  Apri la cartella "I Castelli della valle" nell'archivio tematico.
2)   25.06.2020 Il Codice di Lottieri della Tosa