Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

domenica 28 febbraio 2021

Una storia di famiglia alla fattoria di Stabbia

Una brava nonna 
e un padre assente
ricerca di Claudio Mercatali


La chiesa di Lozzole

Giovanni Naldoni nel 1794, un anno prima di morire, nominò sua moglie Rosa Gondi usufruttuaria dei beni di famiglia e designò come erede la figlia Domenica Teresa, che quando sposò Angelo Nuti ottenne dalla madre le rendite dei poderi La Piana e Casa del Piano (oggi Pianelle) e 4000 scudi di dote (era molto). 
Stiamo parlando della fattoria di Stabbia, a Lozzole. Nacquero Maria e Carolina, orfane di lei dopo pochi anni. Il loro padre Angelo oberato dai debiti nel 1810 “espatriò” (cioè fuggì in Romagna, nello Stato Pontificio) lasciandole sole. Così le due piccole furono allevate dalla nonna Rosa Gondi. Nel 1829 alla sua morte ereditarono la proprietà ma i creditori si fecero avanti. Fra questi i fratelli Gotti vantarono 1000 scudi per una ipoteca fatta dal padre Angelo nel 1808 sul podere La Piana ma le sorelle negarono il debito e si addivenne alla causa.

 





Il giudice ricostruì la storia che avete letto qui sopra ed escluse i Gotti dalla lista dei creditori delle sorelle, perché Angelo non aveva diritto di ipotecare ed essi avrebbero dovuto fare più attenzione a prestargli i propri soldi. Così i fratelli Gotti rimasero con il credito chirografario (il foglio dell’ipoteca) con il quale potevano chiedere il dovuto al sottoscrittore ma non alle sorelle, però Angelo Gotti non aveva un soldo.

 



Questa storia sembra di oggi, con il padre assente e oberato di debiti, la nonna energica che alleva le nipoti orfane e salva una parte della proprietà. In duecento anni certe situazioni non sono cambiate per niente. La storia ha un lieto fine: le due sorelle grazie all’azione energica della nonna salvarono gran parte della proprietà e all’anagrafe del comune di Marradi sono segnate come “benestanti”. Si sposarono, vendettero tutto all’asta e si spartirono il ricavato.

Il termine chirografario deriva dal greco “keiros” e “graphos” scrivere e significa “scritto a mano”. Indica un credito che deriva da un foglio firmato dal debitore: una fattura, un assegno, una cambiale, un’ipoteca. Il creditore chirografario è chi possiede uno di questi documenti.





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Vendita volontaria della fattoria di Lozzole e altro pubblicata dalla Gazzetta di Firenze nel 1838.










La registrazione dei matrimoni
delle due sorelle




domenica 21 febbraio 2021

Marradi negli Annuari del Regno d'Italia

Rassegna sulla realtà sociale
e commerciale del paese
ricerca di Claudio Mercatali



Come dice il nome un Annuario è un libretto nel quale è catalogata una realtà o sono elencati i fatti accaduti in un certo anno. Ce ne sono di tanti tipi: statistici, commerciali, scolastici, e altro. Anche gli Almanacchi sono degli Annuari, simili a calendari ma con tante informazioni aggiuntive. Due esempi ben noti sono Il Calendario di frate indovino, pieno zeppo di miti, leggende e credenze popolari e l'Almanacco Michelin, colmo di notizie geografiche e gastronomiche. Adesso ci interessa L'Annuario d'Italia, calendario generale del Regno, una pubblicazione ufficiale del Ministero dell'Interno che in pratica era una raccolta di notizie economiche e sociali di tutti i comuni, provincia per provincia. Com'è descritto il comune di Marradi? Leggiamo la nostra realtà dalla fine dell'Ottocento agli anni Trenta:


1889
L'Annuario d'Italia cominciò le pubblicazioni nel 1885 e questa è la realtà commerciale di Marradi in quegli anni.


Il re era Umberto I, qui sopra con la spada e i mustacchi, che ci guarda un po' severo. Morì nel 1900 ucciso con una revolverata dall' anarchico Gaetano Bresci.


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1899
Il Mandamento di Marradi, descritto qui accanto, comprendeva i comuni di Marradi e Palazzuolo di Romagna, che però erano comuni autonomi.

... Il Capoluogo è una grossa terra posta nella valle del Lamone, al confluente dei torrenti Collecchio e Salto ...




Allora c'era la Romagna Toscana e Marradi, con Palazzuolo e altri comuni del versante adriatico facevano parte del Collegio elettorale di Rocca san Cassiano. 






1916
C'è la guerra, la situazione commerciale e sociale del paese è abbastanza diversa da quella dell'Ottocento.




Le fiere:
1° lunedì di giugno
lunedi a metà luglio
11 agosto
3° lunedi di settembre
lunedì dopo i Santi







1930
nuove notizie dall'Annuario Toscano


Le banche:
Banca di Firenze
Banca di Deposito e Sconto
Credito Romagnolo
Cassa di Risparmio Firenze




Gli ingegneri:
Ceroni Francesco
Fabbri Lorenzo
Mughini Vincenzo
Mercatali Luigi
Agnolozzi Ezio






Nel 1930 anche senza la Romagna Toscana, passata sotto Forlì nel 1923 la Provincia di Firenze aveva un'estensione molto grande.








domenica 14 febbraio 2021

L'allevamento dei bachi da seta

Una Memoria di Jacopo Fabroni
sul Giornale Agrario Toscano del 1835
ricerca di Claudio Mercatali




Chi era Jacopo Fabroni? Questo nome nella famiglia fu ripetuto almeno sei o sette volte nei secoli, secondo l’uso di dare ai discendenti il nome di qualche antenato. Il Nostro nacque alla fine del Settecento, visse sempre a Marradi nel suo palazzo di Piazza Scalelle, assieme ai suoi numerosi parenti. 
Era un notaio, appassionato delle cose del suo paese, con cento interessi, ottimo scrittore, ottimo oratore. Lo storico Antonio Metelli cita un suo comizio fatto dal balcone di piazza Scalelle nel 1848, intriso di fervente patriottismo. Se ne potrebbero dire tante di lui ma è meglio fare riferimento alla biografia della Nuova Enciclopedia Popolare Italiana, pubblicata dai suoi contemporanei, che ne sapevano di più. Leggiamo:





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... I suoi scritti, sono in buona lingua, briosi di gioventù, facili e piani ed attraggono il lettore, pieni di utili verità; onde riescono vantaggiosi a consultarsi. Oggi sono sparsi, e facilmente soggetti all' oblio, perché pubblicati senza nome. Ma se in Marradi vi saranno persone cui stanno a cuore le glorie paesane, faranno opera degna se le rintracceranno tutte ...

Adesso Jacopo ci interessa per una corrispondenza con Raffaello Lambruschini, agronomo di fama, membro del Gabinetto Vieusseux di Firenze, a proposito della coltivazione dei bachi da seta che, secondo il Fabroni, a Marradi si potrebbe migliorare parecchio ...




Vincenzo Dandolo, di cui il Fabroni dice nel suo articolo, era un agronomo veneziano, ideatore di nuove tecniche per allevare il baco da seta.


Il bombix mori, più noto come baco da seta, è un insetto che compie la metamorfosi dentro un bozzolo filato da lui stesso e diventa una farfalla dal buffo aspetto ...


La fabbricazione della seta nel Medioevo era un segreto industriale cinese che, secondo il mito,  fu carpito da Fra Giovanni da Pian del Carpine che portò in Europa alcuni bozzoli nascosti nella canna del suo bastone.


Fra Giovanni aveva saputo che il Bombix è monofago, ossia mangia solo le foglie di gelso e muore se gli viene data qualsiasi altra foglia. Il segreto era appunto questo e il frate malfidato portò nel suo bastone anche i semi del gelso, che era una pianta sconosciuta qui da noi.



Nonostante i nostri sforzi bisogna ammettere che tutt'oggi le migliori sete sono quelle cinesi e giapponesi. Nel Novecento in Europa le filande fallirono quasi tutte con l'avvento delle fibre sintetiche.




La prima fibra sintetica venne fabbricata dalla multinazionale Pont de Nemours nel 1937, americana ma fondata nell' Ottocento da un francese. Si chiamava Nylon 6,6 e la sua commercializzazione fece chiudere tutte le filande. I suoi inventori, entusiasti, le diedero questo nome che è l'acronimo i Now You Lose Old Nippon (Ora hai perso vecchio Giappone) perché erano convinti di aver scoperto un sostitutivo della costosa seta. Oggi noi sappiamo bene che non è così perché le magliette di Nylon non traspirano e se sono al 100% portarle è un patire.


Per altri scritti di Jacopo Fabroni sul blog

12.04.2020  J.Fabroni sul Giornale Agrario Toscano (tematico Scienze Agrarie)
12.04.2020 La manomorta ecclesiastica (tematico )
02.08.2019 I miglioramenti di un fondo alpino (tematico Scienze della Terra)
17.11.2018 J.Fabroni descrive la Romagna Toscana (tematico La Romagna Toscana)
28.02.2017 J.Fabroni eclettico signore dell' '800 (tematico I Marradesi dell' '800)
20.03.2013 Gli affreschi di Palazzo Fabroni (tematico Gli affreschi)


lunedì 8 febbraio 2021

Al chilometro uno

Un sopralluogo all’ inizio della strada Faentina antica
Ricerca di Claudio Mercatali



1783 Il conte Scipione Zanelli arriva a Marradi in carrozza da Campora lungo la Faentina Vecchia (una avventura).





La strada Faentina collegava la Romagna a Firenze già al tempo dei Romani. Se ne trova traccia nell’ Itinerario Antonino, uno stradario di quei tempi, nel quale Biforco è indicato con il nome di Castellum (si pensa che sia il Castellaccio), ripetuto tante volte nella cartografia medioevale.

Dalla metà del Quattrocento alla metà del Settecento, al tempo dei Medici, questo percorso fu usato soprattutto per importare sale e grano dalla Romagna ma era volutamente ristretto e malagevole, in modo da essere poco praticabile per le salmerie e gli eserciti che potevano invadere la Toscana.

I pellegrini diretti a Roma potevano passare ma il loro transito era penalizzato dai pedaggi, dai controlli e dai pochi ostelli disponibili a basso prezzo. Era così anche alla Futa, al Muraglione e al Giogo, perché questi valichi portano nel Mugello, cioè troppo vicino a Firenze e la cintura sanitaria voluta dalla Signoria non favoriva certo il transito di queste persone, spesso portatrici di epidemie. Le Vie Francigene più vicine a noi sono ai Passi della Calla, dei Mandrioli, dello Spino, verso il Valdarno aretino, lontano dalla Città.

Le cose cambiarono alla fine del Settecento, con i Granduchi di Lorena. A quei tempi i commerci con il nord Italia erano diventati indispensabili e il problema delle invasioni non c’era più perché questi granduchi erano del casato Asburgo, lo stesso che controllava quasi tutto il nord Italia. Per questo il Granduca Leopoldo I di Lorena rinnovò i valichi, prima al Muraglione, Poi alla Colla e al Giogo, cambiando i tracciati dove era necessario.

A valle di Marradi la variante più importante fu a Popolano dove la strada granducale venne portata oltre il Lamone, verso San Adriano, Rugginara e Marignano. Il ponte di Marignano fu inaugurato nel 1817, la nuova dogana di Rugginara nel 1841. La vecchia Faentina medioevale, da San Martino in Gattara alla Badia di Campora e poi a Popolano andò in disuso e divenne un semplice stradello interpoderale, com’è anche oggi.

Fino al Settecento il confine con lo Stato Pontificio da Popolano a San Martino non era chiaro, perché oltre il Lamone c'erano diversi campi del Granducato, frutto di sconosciuti accordi o disaccordi medioevali. Dunque la Vecchia Faentina era nel territorio della Chiesa ma toccava diverse enclaves granducali e per semplificare furono proposte delle modifiche, che però andarono a buon fine solo alla fine del Settecento.



Qui accanto: il confine fra il Granducato e lo Stato Pontificio dopo le rettifiche della fine del Settecento. Oggi è il limite  fra Toscana e Romagna.


Il primo miglio della vecchia Faentina sotto piena sovranità toscana cominciava alla Badia di Campora, dove c’era il confine ufficiale con lo Stato Pontificio e finiva circa a Filetto, secondo un tracciato che non corrisponde alla strada maestra odierna. Eccoci al punto che ci interessa: c’è rimasto qualcosa? Andiamo a vedere.

La Badia di Campora oggi è una casa poderale dismessa ma il nome indica una diversa origine e nel medioevo era un convento o un cenobio. Non se ne sa di più e già nella cartina della valle del 1597 compare appena come un edificio secondario di culto.

 


La costruzione della ferrovia Faentina alla fine dell’ Ottocento cambiò completamente questo sito e al fosso di Ghizzana il tracciato stradale antico fu interrotto. Però nel fosso c’è ancora l’arco del ponte di Vasculla che consentiva il passaggio verso Popolano. E’ sepolto nella vegetazione, pericolante anche solo per il passaggio a piedi, però è bellissimo nel suo genere, un po’ come spesso le rovine delle quali non ci si aspetta l’esistenza. Si potrebbe proseguire passando dalla ferrovia, però l’attraversamento dei binari è vietato e qui è anche poco agevole. Oltre la strada ferrata c’è la strada vecchia per Valnera, il cosiddetto Sentiero di Garibaldi, che scende a Popolano attraverso il Ponte di Buscone, chiuso perché in parte crollato ma aggirabile con un sentiero laterale. Oltre questo ponticello la via diventa agevole e nel giro di alcune centinaia di metri ci porta a Popolano. 


Con il tempo ha perso ogni funzione di collegamento ed è diventata una Via Crucis e un percorso nel quale la devozione popolare ha fatto sorgere tanti tabernacoli, ex voto per grazia ricevuta, lapidi a ricordo e quant’altro.

 


Ci si avvicina così a Popolano da una parte insolita e il paese si vede oltre il fiume Lamone.




A Popolano la strada percorre il retro delle case lungo tutto il paese. In realtà la parola “retro” qui non è esatta perché osservando bene le finestre e i portoni ci si rende conto che queste erano le facciate degli edifici, rivolte in antico verso la strada principale.


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Qui nell’edificio più grande c’era la Dogana delle Campora, e ancora oggi è noto come La Dogana. Accanto c’è una chiesina antica, dedicata nel 1920 ai caduti della Prima Guerra Mondiale. Fu voltata di 180 gradi, ossia la porta fu murata per aprire quella odierna dalla parte opposta, nella piazzetta di Popolano.

Alla fine del paese la vecchia Faentina sbocca nella strada odierna, con un raccordo recente. Prima andava diritta nei campi per circa duecento metri e poi passava davanti alla casa di Filetto. Il muro che oggi costeggia la strada per Faenza è della Faentina medioevale.



L’edificio di Filetto è almeno del Cinquecento, perché compare a filo della strada in una cartina del 1597 con un profilo laterale che oggi c’è solo in parte, con un portichetto dipinto e una chiesina.



Siamo ormai al traguardo; nel punto del muro in cui la nostra indagine si ferma c’è la pietra miliare K8 che non si capisce bene che cosa indica. Da qui al Ponte di Marignano, frontiera lungo la Faentina nuova del Granduca Leopoldo ci sono 6 km e dalla Badia di Campora ce n'è uno.

 

 

   

martedì 2 febbraio 2021

La produzione agricola e di allevamento nella Romagna Toscana






Uno studio di 
Lorenzo Fabroni di Modigliana
ricerca di Claudio Mercatali

Lorenzo Fabroni era un dottore di Modigliana, autore di tanti articoli nel periodico L’Industriale della Romagna Toscana, pubblicato dalla tipografia Cappelli di Rocca san Cassiano e fondato da Jacopo Fabroni, il notaio di Marradi proprietario del palazzo in Piazza Scalelle.

Non risulta che Lorenzo fosse imparentato con i Fabroni di Marradi, però con questa famiglia così articolata e onnipresente non si sa mai. Per alcuni anni fu anche segretario dell’Accademia degli Incamminati. 






I suoi scritti riguardano soprattutto questioni agrarie e di allevamento ma in questo caso il Nostro si occupa di produzioni agricole. Leggiamo:








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Nell'Ottocento la produzione serica era tipica anche del Comune di Marradi, con tante filande più o meno note.








Pian di Sotto è una bella villa di campagna, secolare proprietà della famiglia Bandini di Marradi, che la vendettero negli anni Cinquanta. Nel 1944 i Tedeschi trovarono un loro soldato morto lì vicino e per rappresaglia misero due bombe d'aereo nelle cantine e ...


Però l'edificio della vecchia filanda è ancora quello dell'Ottocento.