Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

sabato 30 luglio 2022

In ricordo del dott.Francesco Catani


Una memoria 
della prof.ssa Donatella Lippi




Nella scorsa primavera il veterinario Francesco Catani ci ha lasciato. Aveva 91 anni, tutti trascorsi alla fattoria di Vossemole, vicino a Badia della Valle. La sua famiglia vive lì dalla fine del Settecento. Signore di campagna e uomo di cultura era conosciuto e stimato da tutti nella valle Acerreta, a Marradi, a Tredozio e oltre. Questo qui accanto è il ricordo scritto dalla prof.ssa Donatella Lippi sul Corriere Fiorentino.



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Alcuni scritti di Francesco sono sul Blog e trattano di due sue passioni: la costruzione delle meridiane e i sonetti in dialetto.


1) 09.10. 2011 Al Sol misuro i passi
2) 23.09.2018 Le poesie del veterinario Francesco Catani

domenica 24 luglio 2022

Le Memorie di Remo Montevecchi

Nato a Marradi il 22 settembre 1929 e da lui trascritte nel 2011, all'età 82 anni.

ricerca di Luisa Calderoni

“Vorrei cercare di ricordare il periodo della guerra dal 1942 al 1945 con date non precise. Incomincio però un pochino prima con episodi che hanno segnato la mia vita e il periodo della guerra.

Mio babbo all'età di 18 anni (1920), fu assunto in ferrovia con la qualifica di cantoniere. Questo ha segnato tutta la mia vita. Babbo ha fatto il militare nel Genio Ferrovieri in Val d'Aosta. Rientrato a Marradi, ha ripreso il suo lavoro se non che, nell'anno 1924-1925, per uno sciopero non politico, (babbo non era un politico anche se era di idea socialista), ma finanziario, fu licenziato come antifascista e espulso. In seguito babbo si è sposato e dal matrimonio con mamma Emma, (che mamma), è nata mia sorella Liana, purtroppo morta nel 2009, e io sono nato nel 1929. 






Quando sono nato ero così magro che dicevano che ero come una rana scorticata. Il babbo, non come me, era un uomo forte e quindi non aveva problemi a trovare lavoro. 
Il Fascismo non glielo dava. In quel periodo, 26-27 anni, portava la legna di castagno sulle spalle e sulla schiena: dal Forcone a San Bruceto fece la media di 90 kg. abbondanti a viaggio.


Nel 1930 babbo e altri amici formarono una squadra di muratori e manovali denominata “ La Squadraccia”. Prendevano il lavoro di ristrutturazione in campagna. In quel periodo erano a Monte Romano a ristrutturare una canonica. Io compivo un anno ed ero molto malato di gastroenterite. Quando il lunedì mattina babbo partì per la settimana di lavoro, rientravano il sabato sera, io ero quasi moribondo. 

Il babbo passando davanti a una nicchia dove c'era una Madonnina, (tra Gamberaldi e Monte Romano), si inginocchiò e disse:” Se mio figlio deve fare questa vita, fa' che al mio ritorno lo trovi morto. Viva il Fascismo.” Io sono cresciuto magro, ma molto, fino all'età di 24 anni. Mi ritrovo molto migliorato, sono qui alla bella età di 82 anni.




Nel 1932 cambia tutto. Babbo è riassunto al suo lavoro in Ferrovia, non come statale, ma come operaio con una ditta che aveva la manutenzione dei binari. Il lavoro era fisso ma il guadagno era la metà, se un ferroviere guadagnava 600 lire al mese, babbo la metà, però erano tanti. Nel 1936, babbo, con grande dispiacere, dovette prendere la tessera del Partito Fascista altrimenti lo avrebbero licenziato.

1940: Inizio della guerra.

Nel 1941 mio babbo viene richiamato alle Armi perché era del Genio Ferrovie e perché non era fascista, altrimenti avrebbe avuto l'esonero. Come Corpo Speciale fu inviato nei pressi di Napoli. In quel periodo gli Inglesi avevano cominciato a bombardare di notte i nostri nodi ferroviari quindi i ferrovieri, di giorno, riparavano i binari danneggiati. Nel 1943 babbo fu fatto rientrare perché anche da noi cominciarono ad avere bisogno e mio babbo era un buon caposquadra. Fu un breve periodo di tranquillità escluso per gli sbandamenti militari. Poveri i nostri soldati in Nord Africa e in Russia sul Don.


1943
: 8 settembre. Incomincia la tragedia per l'Italia e per gli italiani. Inizio della mia esperienza di cosa vuol dire guerra: disagi, morti, massacri e fame tanta, distruzioni e i voltagabbana. In quel periodo a Marradi c'era un distaccamento tedesco della Marina, distaccato a Villa Ersilia e al Molinone. Erano a Marradi forse dal giugno 1943. Comandante era un capitano di carriera militare ma non Hitleriano. Il vice era un tenente fanatico nazista. Ebbi occasione di conoscere bene il Capitano perché amico della mia madrina fascista. Un giorno sono stato invitato a pranzo: ho mangiato pollo o anitra ripiena di marmellata. Mi diceva:” Il mio bisnonno è morto non so in quale guerra, non in quella prussiana ma in quella del 1915. Io morirò in questa guerra, mio figlio farà un' altra guerra e forse morirà ma arriverà il giorno che vinceremo, allora guai al mondo.”

Avvennero i giorni dello sbandamento, passavano i treni pieni di soldati attaccati dove era possibile rimanere. Questo per qualche giorno. Un giorno (il 12 o il 13), ero con gli amici in giro e sentimmo dire che da Brisighella arrivavano i bersaglieri per attaccare i Tedeschi. Allora io corsi a casa. Abitavo al casello di Villanceto. Quando fui nei pressi del cancello di Villa Ersilia, c'erano i Tedeschi trincerati con mitragliatrici e altre armi, con elmetti e il mauser pistola a tracolla. Mi fecero segno di correre gridando “Rauss”. Erano tedeschi che io conoscevo bene. Non successe nulla, i Tedeschi partivano con i camion vuoti e tornavano pieni di moschetti, quelli che avevano in dotazione i bersaglieri. Passò un periodo piuttosto tranquillo qui da noi. Naturalmente si sapeva che ovunque i bombardamenti distruggevano le nostre città e paesi. Si cominciò a parlare di banditi tedeschi e di partigiani, i contrari al Regime.


Io tornai a scuola a Borgo San Lorenzo e da noi era tutto tranquillo, fino al 23 dicembre 1943 quando ci fu il primo bombardamento a Borgo San Lorenzo. La mia scuola venne spianata: per fortuna noi ragazzi eravamo in vacanza natalizia. Dopo le Feste cominciarono i primi rastrellamenti da parte dei Tedeschi e dei Repubblichini fascisti e le prime deportazioni. Comincia la primavera, comincia la guerra a casa nostra. Un giorno ci fu uno scontro fra partigiani e fascisti verso San Cassiano, intervennero anche i Tedeschi di Marradi altrimenti i fascisti si facevano massacrare. Al rientro a Marradi i fascisti avevano un partigiano mezzo squartato e loro e i marradesi brindavano a fiaschi di vino offerto dal proprietario di un negozio di vino.

Qualche giorno dopo i partigiani in cima alla Colla uccisero il Comandante tedesco, il Capitano che comandava il distaccamento di Marradi. Per fortuna riuscirono ad evitare la rappresaglia. Il nostro cielo era sempre pieno di aerei in particolare bombardieri. Una domenica mattina verso le 11, ci fu uno scontro tra caccia tedeschi e inglesi: uno di questi cadde a Val della Meta. La situazione peggiorava sempre, i partigiani diventavano sempre più sicuri delle loro forze ricevendo i rifornimenti di armi ed esplosivo paracadutati. Cominciarono a far saltare i primi binari e mio babbo con altri operai doveva andare a ripararli con il rischio di prendere una raffica dai partigiani.

Un giorno eravamo nel campo sportivo, si sentì un aereo, veniva dal lato Piazza, un rumore diverso, dopo l'aereo perse un'ala e poi cominciò il lancio degli aviatori con quegli ombrelli. L'aereo cadde in località Pian delle Fagge. Gli aviatori americani furono portati alla macchia dai partigiani. Gli episodi si seguirono ma il giorno 6 giugno ore 13 e 40, fu il vero inizio del calvario della mia famiglia.


Quel giorno il cielo era continuamente pieno di aerei e noi eravamo sempre col naso in su. Avevamo terminato di mangiare, mio babbo lavorava in stazione, passò per la galleria. Io andai sul ponte di Villanceto a guardare questo via vai di aerei bombardieri. Poco prima dell' una e venti vidi una formazione da bombardamento venire su per la valle. Erano troppo bassi. Mia mamma mi chiamava. Arrivati sopra a Marradi e Biforco rigirarono verso la valle dove si riunirono e si abbassarono. Mamma mi chiamava. Io allora corsi via e entrai in galleria dentro una mucchia dove c'erano mamma, mia sorella, i nonni, zia Dina.


In quel momento successe il finimondo. Dopo un po' che le esplosioni erano terminate, avvolti dalla polvere uscimmo: la casa dove io abitavo, il casello di Villanceto, era parzialmente colpita. Arrivati sul ponte, prima di scendere sulla strada, vedemmo cosa era successo: 


le Case Operaie spianate, la zona “Palazzina” distrutta, il mercato sottostante pieno di persone e bestiame morti, ovunque distruzione e morte. Ora il pensiero più grande era cosa fosse successo a babbo, però poco dopo spuntò dalla galleria e ci raccontò che il paese dall'ospedale in giù era totalmente integro.

5 Giugno 1944. Comincia il calvario, in particolare per i meno giovani. Sfollammo subito a Vangiolinello, vicino a dove ora si trova l'antenna tv. Mio babbo e mio nonno portarono a schiena tutto il mobilio, letti, materassi e altro perché avevamo una casa ben arredata. Per noi bimbi c'era sempre un'occasione per scherzare: era la spensieratezza della fanciullezza. Mio nonno e mio babbo scendevano sempre giù a casa dove avevano l'orto ben fornito, polli, galline e conigli.





Nel periodo che va da gennaio 1944 al 5 giugno 1944 il mangiare scarseggiava, la tessera non bastava, ma a noi non era mai mancato perché babbo aveva fatto cambio alla pari fra un quintale di marroni e un quintale di grano. Poi passavano tanti treni carichi di alimentari, tante mele, piselli secchi, fagioli. In stazione di Fantino con un carro di sacchi di farina e uno di piselli secchi ci mangiammo fino alla partenza per Monte Romano.


Quando partimmo, babbo aveva £. 2000, erano tanti soldi e servirono in aiuto perché contribuivano alle spese dove eravamo sfollati. Gli ultimi giorni a Monte Romano babbo divise i soldi tra noi quattro perché, se ci avessero divisi, potevamo comprare qualcosa. Ho messo l'episodio della mia magrezza dopo la mia terribile malattia quando avevo un anno perché ha influito nella mia vita futura, perciò, per questo motivo, quando i Tedeschi prendevano i giovani per fare trincee o altre postazioni, a me non guardavano.

Un giorno nonno era nell'orto del casello, arrivarono due cacciabombardieri che dopo un breve passaggio nella valle, si alzarono e scendendo giù dalle Piane, sganciarono delle bombe per colpire il ponte di Villanceto. Una bomba colpì il ponte, una cadde nell'orto vicino a nonno che gli fece fare un volo di otto o nove metri senza essere ferito. Rimase dolorante per molti giorni.


Le giornate passavano tranquille. Il giorno 30 giugno una formazione di bombardieri sganciò molte bombe sulla stazione. Ci fu un morto, la moglie del com. di mio babbo che nel frattempo, non tutti i giorni, andava a lavorare. Un giorno quando eravamo nella Concia a giocare, due caccia si lanciarono in picchiata sopra le nostre teste e nei pressi di Fantino, curva di Casalecchio mitragliarono un camion che durò tanto a bruciare. Qualche giorno dopo, ai primi di luglio, babbo, rientrando da lavorare ci disse che noi di Marradi eravamo nella Linea Gotica, che dovevamo andare via o ci avrebbero caricati nei camion e portati a Medicina.

Nel periodo che va dal 1941-42, fino a che non partimmo da Vangiolinello, avevamo la tessera per pane, sale, olio e tante altre cose ma la cosa peggiore era il pane: quante famiglie soffrivano la fame. Noi avevamo l'orto, il vino, le galline, polli, conigli, e poi passavano tanti treni carichi di tante cose da mangiare, quindi non mancava molto. Un giorno un treno non potendo salire per il troppo carico, lasciò nella stazione di Fantino dei carri carichi di sacchi di farina. Tutti si arrangiarono, mangiammo pane fino a che non partimmo da Vangiolinello. Un'altra volta un carro di piselli secchi: anche quelli bastarono tanti mesi.


Ritornando alla Linea Gotica quindi, l'abbandono di tutto e tutti. Nonna disse di andare da un suo cugino a Monte Romano. Partimmo due giorni dopo. Scendemmo giù a Casa Bellini, passammo il fiume, salimmo su alla Poderina e lungo il crinale passammo da Gamberaldi, sempre lungo il crinale e in colonna di sette. La giornata era bella serena, i bombardieri passavano continuamente. Poco dopo Gamberaldi arrivarono degli aerei, ci dovemmo nascondere nel bosco. Più avanti passammo davanti alla Madonnina dove mio babbo si fermò quando stavo male: ci fermammo, pregammo, partimmo. Nel pomeriggio arrivammo a Monte Romano.


Al Casone di Monte Romano, podere della parrocchia della Chiesuola, fummo accolti in maniera a dir poco entusiastica. Il cugino di nonna, capo famiglia, Sandro, la moglie Maria (che cuoca!), il figlio Michele, la moglie e tre bambini più piccoli, 12, 10 e 7 anni di età, due maschi e una femmina. Ci ambientammo molto bene grandi e piccoli perché erano persone buone e semplici.

Il mangiare non mancava. C'era tanto lavoro ma tutti contribuivamo alla raccolta di quello che dava il podere. Battemmo oltre 100 quintali di granaglie (a cerchia grande a seconda dell'età), le patate gli uomini le levavano e noi più piccoli le mettevamo nei sacchi che poi caricati nel carro trainato da due grandi buoi, le portavano a casa.


Quindi non soffrivamo la fame, c'era anche il formaggio di vacca, latte, ricotta, pane, uova, un orto grande pieno di tante verdure, pomodori, zucche, insalata e tante altre cose. A circa un chilometro c'era il negozio a Monte Romano e si trovavano ancora tante cose. Fu un periodo molto bello (un po' triste pensando a casa nostra). In quel periodo di pace e tranquillità imparammo il massacro di Crespino. Verso i primi di agosto cominciarono le organizzazioni partigiane e il comando era alla Fiorita, 50 metri in linea d'aria da casa nostra.
La domenica andavamo a messa alla Chiesuola da zio Gianì. Non so quando incominciarono, forse a metà agosto, i primi lanci di materiale ai partigiani con grandi Bengala e noi raccoglievamo i paracadute di seta abbandonati nei campi. Tutto procedeva normale perché non vedevamo né Tedeschi, né fascisti. Tutto questo venne interrotto una domenica pomeriggio da una cannonata caduta nei presi del cimitero.


I viveri nel negozio di Monte Romano cominciarono a scarseggiare, allora mia mamma disse di andare a Brisighella per vedere se si trovava cose che potessero essere utili. Partimmo al mattino molto presto, via Ca' di Malanca dove qualche giorno dopo vi fu un grande combattimento fra partigiani e Tedeschi con molti morti, Purocielo e scendemmo a Sant'Eufemia, prendemmo la ferrovia, quando uscimmo dalla galleria c'era un puzzo di carne marcia, c'erano tanti cavalli semi sepolti. 


Ci dissero che un camion di quelli che viaggiavano nei binari attaccato da caccia Alleati era arrivato a gran velocità, in galleria, come il camion si erano rifugiati carri, cavalli e soldati quindi provocò una strage. Dovemmo camminare col naso coperto da un fazzoletto. Camminavamo sempre lontano dalla strada, arrivammo a Brisighella. Mamma comprò un po' di tutto, alimentari e altre cose importanti. (Diceva sempre per fortuna che siamo andati a Brisighella), Fra queste cose disinfettanti, garze e altre cose per la salute. Dopo questa grande camminata rientrammo la sera tardi a Monte Romano con grande gioia di tutti nel vederci arrivare. Qualche giorno dopo sentimmo sparatorie: si sentiva la battaglia. Dopo qualche giorno ci dissero che quella battaglia fu la tanto ricordata anche oggi tra partigiani e Tedeschi. Alla Fiorita c'era sempre il comando dei partigiani ma non era mai successo nulla.


... Intanto alla Chiesiuola
era arrivato il nostro arciprete ...


Una domenica mattina andammo alla Messa io e mia sorella e non ricordo con altri o no. Intanto alla Chiesuola era arrivato il nostro Arciprete. Uscendo dalla Messa vedemmo un gruppo di partigiani, in mezzo a loro c'era uno che conoscevamo bene, un fascista aveva scritto nella cinghia del moschetto: piombo per i fascisti. Quando arrivai a casa lo raccontai a babbo, non so descrivere la sua reazione. I primi giorni della settimana cominciammo a sentire il rumore del Fronte quindi le cannonate. La domenica cadde la prima cannonata vicino al cimitero. Corremmo a vedere il buco. Cominciarono a passare i primi Tedeschi in ritirata perché la nostra casa era nella strada verso la Romagna.


Un giorno venne il cugino di Sandro che abitava nel podere sotto, Ca' di Martino, e disse che in casa c'erano i Tedeschi, un piccolo gruppo, e gli mangiavano tutto. Andò alla Fiorita a chiamare i partigiani. Si fermarono un attimo: uno di Bologna mi disse, facendomi vedere un buco nella cinghia che teneva il fucile alla spalla : ”Ieri è passata di qui, oggi speriamo di qua “, indicando la parte opposta. Andarono giù, circondarono la casa, cominciarono a urlare ”Fuori i Tedeschi” che avevano lasciato le armi fuori della porta. Quando uscirono cominciarono a sparare sulle armi e quindi si arresero. Erano in 16, li portarono sopra a una frana e li ammazzarono. Non si facevano prigionieri. Gli uomini andarono a tirare la terra per coprirli.


Non ricordo dopo quanto tempo una donna andò a fare pipì nella concimaia: vide muovere del letame e fieno di scarto. Si mise a urlare: semi coperto c'era un tedesco nascosto. Lo presero i partigiani ma non lo fucilarono: aveva una foto con la moglie e 4 bambini. Erano gli ultimi giorni e le cannonate piovevano. Mia nonna pregava di recitare il Rosario e io partecipavo e le dicevo:” Nonna, io sono giovane per morire.”


Il funerale dell'arciprete Montuschi si svolse a Marradi in ottobre, con grande concorso di popolo.

Una delle ultime notti furono costanti esplosioni di cannonate e una cadde alla Chiesuola dove ci furono dei morti e rimase ferito l'Arciprete di Marradi che poi, a causa delle ferite, morì. Il giorno, ogni tanto, passava qualche tedesco in ritirata. La notte quando eravamo a dormire, sentimmo un gran movimento: di colpo entrò un Capitano con la pistola in mano dicendo:”Dove partigiani? Chi è padrone di casa?” Il figlio, uomo di circa 40 anni, si presentò e gli fece visitare la casa e disse che gli uomini li avrebbero portati a scavar trincee. Questo non avvenne . Ecco ritorna la mia nascita: dal giorno della mia guarigione quando avevo un anno rimasi sempre tanto magro che i tedeschi non mi guardavano.

Nel frattempo che Michele faceva visitare la casa al capitano, sua moglie riuscì a nascondere qualche pane fatto il giorno prima. Al mattino sono partiti e avevano mangiato tutto quello che avevano trovato compreso un bidone di strutto, senza pane.

Il giorno le cannonate piovevano, era una cosa impressionante, non essendo più nulla da mangiare e da bere, una mamma e la moglie di Michele andarono alla sorgente a prendere l'acqua e c'era un pero volpino. Raccolsero le pere, sempre sotto le cannonate, quindi gli ultimi due giorni mangiammo le pere e quelle poche patate nascoste ai tedeschi. Verso sera arrivarono cinque tedeschi col Sergente. I soldati, dopo essersi trincerati all' angolo della casa, uno alla volta venivano a mangiare quel po' che avevamo, lo dividemmo con loro, uno tirò fuori la foto della famiglia, erano stanchi di combattere un avversario ma avevano paura del sergente che era un feroce nazista.

Durante la notte sentimmo il combattimento: raffiche, bombe a mano, urli e dopo il silenzio di tutto, le solite cannonate fino al mattino, un gran correre avanti e indietro, nessuno ebbe il coraggio di guardare fuori. Al mattino silenzio, non più cannonate, raffiche, il più assoluto silenzio. Quando furono passate un paio di ore dopo l'alba, babbo e Michele uscirono fuori: non c'era nessuno ma vicino alla postazione dove erano i tedeschi c'era un soldato morto con una raffica di mauser pistola dal basso in alto. In giro ovunque era pieno di sangue però non c'era più nulla e nessuno. Michele dopo un po', come dire, di tristezza a vedere quel giovane con la testa sforacchiata, prese le scarpe al povero morto. Facevano comodo.


Verso le 10 incominciarono le cannonate degli Alleati che passarono sopra le nostre teste con fischi impressionanti e esplosero un 100 - 200 metri più avanti. Verso le 11 circa dalla finestra della cucina vedemmo pattuglia di soldati inglesi e gurkha, ci fecero segno di stare giù. Avanzavano lentamente tra le capanne che ci sono intorno alle case dei contadini. (In quel tempo ce n'erano tante). 

Gurkha nepalesi



Quando furono più avanti si sentì una raffica, indietreggiarono rapidamente senza vittime, solo il radio telegrafista aveva un taglio nella guancia. (E' chiaro che noi acquattati, guardavamo), se fossero dentro il fosso sotto la finestra, fosso che serviva per lo scarico del lavandino, doccia e altro. Il radio telegrafista cominciò a parlare di sé, si scatenò il finimondo di cannonate però quando i soldati alleati cercavano di avanzare ecco che si sentiva. Intanto nella stalla le vacche e i vitelli cominciavano a muggire per la sete. L'acqua era in una pozza fuori in direzione delle trincee tedesche. Verso il pomeriggio i soldati alleati si ritirarono al coperto 100 metri verso la Chiesuola. Verso le 5 sempre nel pomeriggio, Michele e babbo andarono nella stalla per portare le bestie ad abbeverare. Passato un po' di tempo sentimmo uno sparo e un urlo, mentre Michele aveva a mano l'ultima bestia, un vitello, e rientrava alla stalla, un tedesco gli aveva sparato colpendolo a un braccio ferendo il muscolo. Babbo sistemò la bestia e Michele corse in casa e mamma si mise subito a disinfettarlo e poi lo fasciò, quindi fu fermata l'emorragia e l'infezione, però era rimasto danneggiato (prese la pensione di guerra). Con grande gioia anche babbo rientrò. La nottata passò molto calma, la fame era tanta e anche i rosari erano tanti. (non li ho più detti).

Ogni tanto qualche sparatoria e qualche sibilo di cannonate da una parte e l'altra. Al mattino ritornarono le truppe alleate all' attacco avanti indietro a tutto il giorno. Durante il giorno venne un ufficiale inglese e ci disse se volevamo rientrare a Marradi che tutto era libero. 

Gamberaldi

Allora i miei decisero di partire al mattino dopo molto presto. Alla Chiesuola trovammo molte macerie, i feriti li avevano portati a Coniale dove era l'ospedale militare. Giunti a Gamberaldi passando davanti alla Madonnina e ringraziandola, trovammo tanti soldati con molti mezzi e i soldati ci hanno dato pane bianco e cioccolato. Giungemmo a Marradi il 29 settembre 1944, andammo a Villa Grilli, ci arrangiammo. Il giorno dopo babbo e nonno andarono a Vangiolinello a prendere un po' di roba e ritrovarono tutto. Da Villa Grilli si vede tutta la valle che era piena di camion. Il secondo giorno sparirono per sempre. Rimanemmo a Villa Grilli pochi giorni, andammo ad abitare in piazza: era piena di mezzi corazzati. 


Io andavo a lavorare con gli Inglesi, mangiavo e ricominciammo a vivere. Partite le truppe di occupazione, ritornò la calma. Mio babbo fu reintegrato in Ferrovia con ricostruzione carriera. Gli hanno ridato quello che il Fascismo gli aveva preso.

Ho 82 anni oggi, è stato tanto triste ricordare quei momenti così terribili e ricordare tutti i miei cari che non ci sono più, babbo, mamma, mia sorella Liana, nonno Gianì, nonna Palmira, e zia Dina. Non sono ore e giorni precisi. Non posso non ricordare la famiglia di Sandro, ci accettarono a casa loro con gioia e tanta comprensione. Siamo rimasti legati fino in ultimo.

PS: Quando abitavo il Piazza, un giorno arrivarono i soldati australiani per andare a stanare i tedeschi a Monte dei Gessi. Ci riuscirono. Fecero una grande festa e un giovane tenente la notte dormì in camera con me (quante cimici e pidocchi e pulci fin quando gli Inglesi ci diedero il D.D.T.).

Rientro a Marradi: come si vede non avevamo nulla. Io ero andato alla Nofi (?) era tipo bar, io ero a fare il tè in un grande pentolone, il capo e un certo Prati (scomparso da Marradi), si mangiava e mi davano qualche AM-Lira poi andavo con la polizia per raccolto degli sbandati. Era il responsabile della cucina e avevamo tanta roba da mangiare. Babbo era andato a riparare l'acquedotto e poi a mantenere le strade (era un responsabile ), poi c'erano tanti marroni...”

L'AM lira era una valuta provvisoria emessa 
dagli Alleati nel 1944 e 1945.

lunedì 18 luglio 2022

Eugenio Montale parla di Campana

A scuola di poesia da Dino 
(sesta lezione)
ricerca di Claudio Mercatali



Eugenio Montale (Genova, 1896 – Milano, 1981) ottenne il Nobel per la letteratura nel 1975. Nel 1925 firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Nel 1967 fu nominato senatore a vita per meriti letterari. Si iscrisse nel Gruppo misto (fino al 1972), poi nel Partito Liberale Italiano (1972 - 1976), e infine nel Partito Repubblicano (1977 - 1981). Ebbe tre lauree honoris causa, dall' Università di Milano (1961), di Cambridge (1967) e dalla Sapienza (1974). E' sepolto vicino alla chiesa di San Felice a Ema, sobborgo di Firenze, con la moglie Drusilla.


Nell' ottobre 1942, prima di ottenere questi riconoscimenti, scrisse un articolo su Dino Campana, nella rivista Italia che scrive. Che cosa pensava Montale di Campana in quegli anni quando ancora il nostro poeta era sconosciuto al grande pubblico? Non rimane che leggere il riassunto di questo articolo ...




Le sue considerazioni sono interessanti, perché ritiene che gli scritti campaniani di maggior pregio sono i brani di prosa e non le poesie. E poi è convinto che Dino non riscrisse a memoria i Canti orfici, dopo lo smarrimento del manoscritto, ma usò anche i suoi appunti sparsi, soprattutto quelli del cosiddetto Quaderno, perso anche quello (un destino) ma ritrovato dai famigliari in quegli anni. 


Questo consente un confronto fra le prime stesure delle poesie e i testi definitivi. Per esempio le modifiche alla poesia Boboli, inserita nel Canti Orfici con il nome Giardino autunnale.



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Che cosa c'è di incorruttibile nella poetica di Campana secondo Eugenio Montale? Le sue conclusioni sono queste:



... Se non ripugnasse ridurre a brandelli un'anima che tese a una espressione totale e che pur ci ha lasciato un'immagine così frammentaria di se stessa, noi ci sentiremmo di ridurre l'opera così breve di Campana a poche pagine incorruttibili per le quali non crediamo che si possa negare al poeta di Marradi una voce ben diversa da quelle del suo tempo.
Un'antologia che comprenderebbe per esempio La Notte, La Verna, Firenze, Scirocco, Piazza Sarzano, Faenza qualche notturno, qualche pezzo delle poesie già citate, e pochi altri frammenti e pensieri. E' poco? E' poesia - prosa, cioè di tono basso? 
Neghiamo il cioè, non crediamo necessaria e sicura l'illazione. "Passato come una cometa" (Cecchi) Dino Campana non ha esercitato, forse, una "influenza incalcolabile" ma la traccia del suo passaggio è tutt'altro che insabbiata. In lui nulla fu di mediocre; i suoi stessi errori noi non li chiameremo errori ma inevitabili urti contro gli spigoli che lo attesero a ogni passo. Gli urti di un cieco, se vogliamo. I veggenti, anche se per avventura visivi come il nostro Campana sono irrimediabilmente, su questa terra, gli esseri più sprovveduti, più ciechi.


Fonte: Rivista Italia che scrive, anno 1942

La rivista Italia che scrive fu fondata nel 1918 da Angelo Fortunato Formìggini (Modena 1878 - 1938). Nel 1938 all'epoca delle leggi razziali Formìggini, ebreo, cambiò nome alla Casa editrice per evitare la confisca.

martedì 12 luglio 2022

I castelli di Rocco Guerrini

La rassegna completa 
delle sue realizzazioni
ricerca di Claudio Mercatali



Rocco Guerrini, nato a Marradi nel 1525 da giovane si stabilì a Firenze, poi emigrò in Francia e infine in Germania. Fu un abile architetto progettista di castelli e fortezze, soprattutto in Sassonia e nel Brandeburgo, dove si era stabilito perché si era convertito alla dottrina calvinista e in Francia non era più accettato. La sua realizzazione più importante è la fortezza di Spandau (Berlino) ma ora non ne parleremo. Oggi interessa una rassegna delle altre costruzioni alla quali partecipò, come progettista o direttore dei cantieri o sovrintendente alle opere.



I primi progetti riguardano le fortificazioni di Metz, nel nord della Francia e in particolare i bastioni a ovest e sud della città, che sono quelli in verde sulla sinistra di questa planimetria del 1740
Di tutto questo non rimangono che poche tracce, perché le fortificazioni furono demolite alla fine del Settecento per consentire l'espansione della cittadina. Nel 1870 - 1880 una parte dei bastioni c'era ancora, come si vede in questa fotografia, ma in seguito a successive demolizioni l'aspetto odierno è quello mostrato qui accanto. Ben presto Rocco e la sua famiglia dovettero lasciare la Francia, essendo protestanti calvinisti. Trovarono asilo e lavoro prima in Sassonia e poi nel Brandeburgo, länder di prevalente fede protestante. Il primo committente fu l'Elettore di Sassonia, che commissionò a Guerrini alcune fortezze e la supervisione di Augustenburg, un suo castello di caccia.

Renaissancebau, im Auftrag von Kurfürst August errichtet 1568-1572 von Hieronymus Lotter, unterstützt von E. van der Meer. Oberaufsicht ab 1572 Graf Rochus zu Lynar. Hier: Das Brunnenhaus, dahinter der Südflügel.

In italiano: Edificio rinascimentale, commissionato dall' Elettore Augusto, costruito dal 1568 al 1572 da Hieronymus Lotter, aiutato da E. van der Meer. Supervisione dal 1572 del Conte Rochus zu Lynar. Qui: la casa della fontana, dietro di essa l'ala sud (tratto da uno studio di Jorg Blobelt, 1949 -).

 

Le fortificazioni della Sassonia e anche della Baviera sono lungo antiche linee di confine, distanti dalle città e quindi non hanno subito i pesanti bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Königstein e  Wülzburg sono fortezze intatte e visitabili.


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se le vuoi ingrandire





Questa qui accanto è una descrizione del palazzo di Dessau fatta da Jacopo Fabbroni, un notaio di Marradi della metà dell'Ottocento appassionato studioso della storia di Marradi.



Le fortificazioni di Senftenberg in parte sono di terra battuta, con il solito perimetro a stella. Siamo quasi al confine con la Cecoslovacchia, un punto cruciale.








Il länder preferito da Guerrini era senz'altro il Brandeburgo.




Le fortificazioni di Kustrin oggi sono proprio al confine con la Polonia.











Alcune fortezze sono giunte ai nostri giorni in parte, perché demolite in tempi antichi una volta venuta meno la loro funzione. Peitz è una delle ultime costruita da Rocco Guerrini.



Forse la costruzione più particolare è la Zeughaus di Kassel, una antica polveriera e armeria devastata dai bombardamenti del 1944 ma di recente recuperata nella parte rimanente e trasformata in edificio civile, con spazi espositivi, negozi e una scuola.




Per approfondire nel blog
Digita   I Marradesi del '500 nell'Archivio tematico.










mercoledì 6 luglio 2022

La famiglia Guerrini a Firenze

Il ramo fiorentino
ricerca di Claudio Mercatali




Piazza Guerrini, a Marradi, è
di fronte alla antica casa di famiglia. 


Giambattista Guerrini, di Marradi, parente del famoso Rocco, nei primi anni del Seicento si trasferì a Firenze con tutta la famiglia, divenne cittadino nel 1622 e così cominciò la storia dei Guerrini del ramo fiorentino. Il loro cognome si perse alla metà del Settecento quando Maria Guerrini, figlia unica, sposò il cavalier Vettori. Ora ci interessa Benedetto, figlio di Giambattista, nato nel 1596 forse a Marradi perché in quel tempo la famiglia non si era ancora trasferita. 


Benedetto in un primo tempo fu al sevizio di Cristina di Lorena come Aiutante di Camera e poi lei gli affidò il nipotino Ferdinando, perché gli facesse da padrino. Nacque così un rapporto di fiducia con incarichi sempre più importanti che continuò anche quando Ferdinando II divenne granduca. Nel 1632 fu promosso Segretario di Camera e nel 1640 Procuratore per le nomine agli Uffici. Nel 1651 Procuratore di Palazzo, nel 1654 Ufficiale dell' Onestà, nel 1656 fu uno dei Dodici Buonomini. Morì l'8 ottobre 1657.

Riceveva e smistava la posta diretta al Granduca, e quindi ci sono giunte tante lettere sue o indirizzate a lui. Queste che seguono sono di Galileo Galilei, ormai vecchio, che scrive da Arcetri dove era in domicilio obbligatorio a causa della condanna avuta dal Tribunale del Sant’Uffizio per le sue scoperte astronomiche, troppo rivoluzionarie per l’epoca.




Chiede qualche fiasco di vino, un paio di occhiali e un intervento presso il papa per poter avere la grazia. Le lettere furono pubblicate per la prima volta dall’abate Giambattista Tondini, di Brisighella, maestro a Tredozio nel Settecento, collaboratore e poi feroce critico del monsignor Angelo Fabroni. Leggiamo:




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Con Benedetto la famiglia Guerrini crebbe in prestigio e si arricchì. Nel 1646 acquistò un palazzo vicino al Lungarno delle Grazie in via dei Tintori. Forse è l’attuale palazzo Bargagli.







La sua posizione di funzionario di rango lo rendeva uomo di potere e questo qui accanto è un sonetto, di tal Lorenzo Morassini a lui dedicato per riconoscenza o per disinteressata amicizia.
Fa riferimento alla torre che compariva nello stemma dei Guerrini, che avevano il titolo di Conti di Linari, una castellare (oggi un bel podere) al confine con Modigliana,



Il   25 ottobre 1647 morì Evangelista Torricelli, allievo di Galileo Galilei e come lui critico nei confronti del clero. Alla notizia Benedetto Guerrini organizzò un funerale solenne e la sepoltura nella chiesa di San Lorenzo, a Firenze, come aveva chiesto il granduca. Però l'abate non voleva le spoglie di quel miscredente seguace di un condannato dall'Inquisizione e così la salma di Torricelli, messa volutamente assieme ad altre senza i necessari contrassegni, venne persa e finì in una fossa comune.

E i Marradesi? E’ mai possibile che avendo un compaesano così importante non gli abbiano scritto per qualche motivo? Le ricerche nell'archivio storico del Comune di Marradi non hanno dato il risultato sperato.


Fonti

Archivio Mediceo del Principato, carteggio dei Segretari. Arch. di stato di Firenze
Archivio storico del Comune di Marradi.
Giambattista Tondini: Delle lettere di uomini illustri.
Claudio Paolini: Repertorio delle architetture civili di Firenze.
Mario Bevilacqua: Atlante del Barocco fiorentino.