Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

lunedì 30 novembre 2020

1340 Matteo da Marradi, Podestà di Firenze

Una difficile mediazione in una rivolta cittadina

Ricerca di Claudio Mercatali



Nei primi anni del Trecento l'economia, l'arte e la cultura fiorentina andavano a gonfie vele. In quegli anni furono portati avanti i lavori cominciati nel Duecento: la cattedrale, Palazzo Vecchio e le mura e se ne iniziarono di nuovi: il Campanile di Giotto, Orsammichele,la Loggia dei Lanzi e la Loggia del Bigallo, che sono il culmine dell'architettura gotica a Firenze.

Le Banche degli Spini, dei Frescobaldi, dei Bardi, dei Peruzzi, dei Mozzi, degli Acciaiuoli e dei Bonaccorsi prestavano denaro ad alto tasso (e ad alto rischio) ai papi di Avignone ed ai sovrani di tutta Europa, soprattutto ai re di Francia e di Inghilterra. Andava benissimo anche la manifattura della lana: si stima che quasi il 10% dei panni di lana prodotti in Italia fosse tessuto a Firenze, con grande richiesta di tinture pregiate, di porpora, di allume di rocca (un fissante per i colori) e di manodopera. Il commercio, le attività bancarie e manifatturiere si sostenevano a vicenda generando un circolo virtuoso che creava straordinarie ricchezze per alcune famiglie e reddito per il popolo minuto della città e del contado. Firenze stava diventando guida di uno Stato regionale con un territorio di influenza che andava dal  Chianti e la Valdelsa fino al Valdarno e l'Appennino, con influenza su Prato, Pistoia e Arezzo. 

Il crack finanziario

Dopo qualche anno dall’inizio della Guerra dei Cento Anni il Re Edoardo III d'Inghilterra, al quale molti banchieri fiorentini avevano prestato ingenti somme di denaro dichiarò l’insolvenza. Questo innescò una serie di fallimenti a catena disastrosi per l'economia cittadina. Nel 1311 fallirono i Mozzi e nel 1326 gli ScaliPoi tra il 1342 e il 1346 toccò a catena ai Bardi, ai Peruzzi, agli Acciaiuoli e ai Bonaccorsi. Queste famiglie cercarono di mantenere il potere che avevano e si inasprirono le contese reciproche, con il coinvolgimento della gente legata ai loro clan per interesse o per lavoro.



Nel 1340 nel corso di una di queste dispute cittadine ci fu un moto popolare contro i Bardi, accusati di tradimento verso la città per certe loro iniziative. Le cose volgevano al peggio, le spade erano sguainate ma intervenne il Podestà Matteo da Marradi e … 

Leggiamo come raccontano i fatti lo storico Emanuele Repetti (1841) e altri.

Questa qui sotto è una digitalizzazione fatta a spese dell’Università di Harvard. Gli Americani hanno memoria della loro storia solo fino al Settecento e sono affascinati dalle vicende dei secoli precedenti, specialmente quelle delle città italiane come Firenze.




Le università degli States fanno a gara per digitalizzare i documenti delle nostre Biblioteche Nazionali e per noi trasandati è una fortuna perché sennò tanti episodi come questo rimarrebbero sepolti nelle filze d’archivio per chissà quanto tempo.



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mercoledì 25 novembre 2020

Settecento

 Questo è il post n° 700 del blog. Il primo fu pubblicato nell'aprile 2010.

martedì 24 novembre 2020

1781 Le Cronache e le relazioni sul terremoto in Romagna


Resoconti, impressioni
 e umori sui fatti
Ricerca di Claudio Mercatali



Avere una descrizione  e valutare le conseguenze di un sisma antico è un lavoro interessante e difficile, ma per me che sono un geologo è quasi irresistibile. Per le scosse della primavera 1781 che sconquassarono Faenza e la tutta la media collina fino a Marradi si trovano tanti documenti, ma è bene leggerli con le dovute riserve.
Le relazioni delle Autorità pontificie sono una prima fonte, però risentono delle convinzioni scientifiche di chi le compilò e delle sue impressioni durante i sopralluoghi. 


E’ il caso della relazione qui di seguito, del conte Annibale Ferniani che scrisse al sig. abate don Girolamo Ferri, professore di eloquenza all’Università di Ferrrara. Annibale era convinto che i terremoti fossero causati anche dai periodi di siccità degli anni trascorsi, cosa non vera. Però era un attento osservatore e ci dà un bel po’ di notizie. Leggiamo:




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Un’altra relazione fu fatta pubblicare da un prelato alla tipografia faentina Archi, una istituzione all’epoca, e descrive soprattutto gli effetti sulle chiese, le canoniche e le solennità religiose organizzate per chiedere la protezione divina. Anche qui i dettagli sui danni non mancano, però sono rimarcati quasi solo quelli sui beni ecclesiastici. In più c’è l’interessante descrizione dell’ effetto emotivo che il sisma ebbe sulla gente e anche un’interpretazione del fenomeno, del tutto diversa da quella del conte Ferniani, ma errata ancor più di quella:

Per trarre gli uomini dalla via di perdizione a quella di penitenza Iddio più volte si è servito del flagello del terremoto …

E dunque leggiamo:











Infine si può fare riferimento ad una fonte esterna, in questo caso la Gazzetta Fiorentina, che rilevò il fenomeno perché una parte del territorio colpito era nella Romagna Toscana,  Dominio del Granduca. 


Questo periodico evitò ogni commento sulla Romagna Pontificia e sottolineò che il Granduca, nella magnificenza sua, aveva concesso l’esenzione dalle tasse (mente lo Stato Pontificio non lo fece).

Le vicende umane sono così, cambiano a seconda dell'intensità con la quale vengono vissute.


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Archivio tematico alla voce Scienze della Terra e Scienze geologiche

mercoledì 18 novembre 2020

La Prima Guerra di Indipendenza

Rassegna stampa sugli eventi successi a Marradi 
nel 1847–48   (prima parte) 
Ricerca di Claudio Mercatali 


... L'Italia s'è desta ... dell'elmo 
di Scipio s'è cinta la testa ...
L'Inno di Mameli, che poi divenne 
d'Italia, fu scritto nel 1847



Nel Granducato di Toscana il Decreto sulla libertà di stampa del 1847 autorizzò la pubblicazione di quotidiani indipendenti . L’aveva concesso Leopoldo II pressato dall’ opinione pubblica. Oltre a questo atto di liberalità abbastanza sincero concesse anche la Guardia Civica, un corpo armato gestito dai vari comuni, indipendente dalla gendarmeria e dall’ esercito. 
Cresceva a vista d’occhio il patriottismo della prima ora, quello più sincero e più ingenuo, pieno di speranze, di sogni e anche di incubi. I giornali spuntavano come funghi, ognuno con la sua linea editoriale: viva l’Italia Unita! No, è meglio uno Stato federale con a capo il papa. Che? Il Papa? E’ meglio uno Stato Federale con a capo un Re di Casa Savoia! Che? Di regnanti ne abbiamo avuti abbastanza! Vogliamo la Repubblica!

Tutti i giornali editi nel 1847 – 48 chiusero nella primavera del 1849 quando gli Austriaci vinsero quella che per noi è la Prima Guerra di Indipendenza e cominciò la Restaurazione. Leggiamo la cronaca locale per quanto riguarda la nostra zona:


5 settembre 1847
La Guardia Civica

Anche a Marradi fu istituita la Guardia civica ma i giornali non diedero risalto alla cosa. Allora Evaristo Piani, un ricco proprietario che poi diventerà il primo sindaco dopo L'Unità scrisse al Direttore del giornale L'Alba ...




10 settembre 1847
Inno per la Guardia Civica

L'Alba fu un quotidiano pubblicato a Firenze dal 14 giugno 1847 al 12 aprile 1849. Fondato da G. Bardi era diretto da Giuseppe La Farina. Di idee democratiche, antiaustriache e anticlericali, a volte apertamente repubblicano, criticava il liberalismo del giornale La Patria anche se cercava di mantenere l'unità del fronte nazionale.


11 novembre 1847
Un comizio dal balcone di Palazzo Fabroni

Il notaio Jacopo Fabroni, fervente patriota e ottimo oratore, parlò dal balcone di casa sua dopo il Te Deum in chiesa.




13 dicembre 1847
L'Accademia del teatro

L'Accademia del Teatro Animosi si attivò per finanziare la Guardia Civica.





8 marzo 1848
I collegi elettorali

Si elessero i Deputati rappresentanti della Toscana nel Consiglio Generali. Marradi faceva parte del Distretto di Borgo S.Lorenzo



22 aprile e 22 maggio 1848

Bisognava provvedere ad
equipaggiare la Guardia Nazionale



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15 giugno 1848
La resa di Peschiera

La Patria fu un giornale pubblicato a Firenze dal 2 luglio 1847 al 30 novembre 1848. Era stato fondato da Bettino Ricasoli e un collaboratore era il marradese Celestino Bianchi. Sulle sue pagine si prospettava una Italia liberale e federale fra i vari stati allora esistenti.



26 giugno 1848

Carlo Torriani diventò comandante della Guardia Civica.












28 ottobre 1848

Il patriota Angelo Masini passò da Marradi con la sua compagnia di lancieri. Morirà a Roma nel giugno 1849  a difesa della Repubblica Romana.
















giovedì 12 novembre 2020

1944 I voli di ricognizione della RAF

Gli Alleati cercano le vie 
di comunicazione 
più importanti
Ricerca di Claudio Mercatali







La RAF (Royal Air Force) nel 1944 compì una infinità di voli di ricognizione in tutte le parti d’Italia. I modernissimi aerei degli Alleati erano dotati di macchine fotografiche di alto livello che davano delle immagini nitide dei territori. Noi non lo sapevamo e non ce ne rendiamo conto nemmeno oggi, ma fummo letteralmente scrutati e studiati fino al dettaglio.




Queste che seguono sono immagini della valle del Lamone scattate allora. Che cosa c’era da vedere in questa valle? Ogni tanto ci sono dei paesini e tanta campagna ma senza fabbriche. Osservando meglio si capisce che gli Inglesi studiavano il modo di interrompere la ferrovia Faentina e i suoi impianti, come poi fecero nell’estate del 1944.




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Questa è una strisciata aerofotogrammetrica della zona di Fognano. E' una serie di immagini scattate in parziale sovrapposizione. Messe a coppie in un apposito dispositivo danno una immagine in rilievo oppure coprono una vasta area se vengono messe in serie.




Anche le vallate vicine furono fotografate, ma in misura minore. Questo è San Benedetto in Alpe con la strada che porta a Marradi.







Palazzuolo sul Senio all'inizio del 1944. Il ponte fu minato a settembre dai Tedeschi in ritirata. Il paese non fu bombardato ma venne duramente cannoneggiato al passaggio del fronte. 







Ecco, gli obiettivi sono stati scelti. Questa è Faenza bombardata. Ogni puntino è il cratere di una bomba.












Le tipiche bombe dei Liberator americani erano degli ordigni da 1000 libbre (circa tre quintali). Ogni apparecchio ne portava a decine e venivano sganciate tutte in una volta nel modo che si vede qui sopra.




Il cavalcavia della linea ferroviaria
Bologna - Ancona.











Il piazzale antistante la stazione di Faenza, con la statua di Luigi Farini capovolta. I danni all' edificio furono tali che dopo la guerra la stazione venne edificata ex novo.













Sullo sfondo, il viadotto di Villanceto, a Marradi, distrutto nel giugno 1944 assieme a tutta la parte circostante del paese.





Dopo ogni bombardamento passava un ricognitore per verificare se l'azione aveva avuto l'esito voluto. In questo caso si vedono gli effetti del bombardamento su Villanceto. Ogni puntino è il cratere di una bomba da 1000 libbre.




Ecco un esempio di quanto è stato appena detto. La foto mostra il bombardamento della linea Faentina a Borgo San Lorenzo, il 30 dicembre 1943. La ferrovia è la traccia circolare in alto. Come si vede l'obiettivo venne mancato e le bombe caddero sull' abitato. Fu distrutta la fornace di laterizi Brunori, la fabbrica di ceramiche dei Chini e la parte del paese circostante.








Per questo motivo il bombardamento fu ripetuto e come si vede qui accanto la nuvola delle polveri indica che il viadotto ferroviario Paoli fu distrutto.




Questa è una foto di verifica scattata da un ricognitore USAF (US Army Air Force)  sul viadotto Paoli di Borgo San Lorenzo.









Le riviste di informazione americane riportavano spesso le foto aeree delle città colpite. Qui si vede la Stazione di Campo di Marte, capolinea della Faentina a Firenze "prima, durante e dopo" l'azione dei bombardieri americani Marauder .









venerdì 6 novembre 2020

I molini della valle Acerreta

Nove opifici per una vallata

Ricerca di Claudio Mercatali

 

  

La gora del Molino

di Veriolo ghiacciata

 

 

Un tempo i molini erano fondamentali per la vita nelle campagne, perché il grano deve essere macinato e così anche le castagne per fare il castagnaccio, le frittelle e altri dolci. Dunque nella nostra zona c’erano due tipi di molino: quelli da grano nei fondovalle, e quelli per le castagne, in quota o nelle vallette laterali dove non ci sono seminativi. I servizi di prima necessità sono sempre stati oggetto delle attenzioni del fisco, perché la gente non ne può fare a meno e per averli è disposta o costretta a pagare una tassa. Per questo i molini erano spesso di proprietà del Comune e venivano dati in appalto triennale al miglior offerente.


Come faceva il Comune di Marradi a sapere quanto grano o quanti marroni aveva macinato il mugnaio? I metodi erano diversi e uno è descritto qui accanto.

  

 


Si trattava di misurare l’usura della pietra di macina nel palmento. Che cos’è il palmento? Leggete qui accanto perché in questo caso la figura è più efficace della parola.

 





Nel Comune di Marradi c’erano più di trenta molini, lungo il Lamone e nei torrenti laterali, tutti registrati e controllati dal Comune e quindi facilmente rintracciabili nelle carte dell’Archivio storico. In bibliografia ci sono due belle ricerche: una dei ragazzi della Scuola Media di Marradi (anno 2002 - 2003) e una di Franco Billi che fece una indagine nel 2003. Per ampliare questi esaurienti lavori si può aggiungere qualche dettaglio sui molini dell’Acerreta, un fiume gagliardo, affluente del Lamone a Modigliana. Nella zona di Lutirano ci sono i resti di nove mulini, circa uno ogni miglio (1600 – 1700m). 
La distanza fra uno e l’altro non è casuale ma dipende in primo luogo dalle possibilità di trasporto antiche: qui da noi un contadino poteva portare con il barroccio qualche soma (135 kg) di grano o di castagne per circa 1 km in un tempo ragionevole. La soma e la mezza soma erano dei carichi standard per un equino e non a caso gli asini si chiamano anche somari.

Contava anche il numero di poderi circostanti perché i molini erano imprese che per
mantenersi avevano bisogno di una certa entrata. In più c’è il fatto idraulico: gli impianti di molitura non lavorano per caduta veloce dell’acqua ma con il flusso energico ma lento dell’ acqua della gora. Considerato tutto questo la ricerca si semplifica parecchio: nell’ Acerreta il primo mulino era quello di Bedronico, vicino alla chiesa di Santa Reparata, al confine con Modigliana.


 

“Bedo” è una parola antica, addirittura prelatina, celtica, e significa canale. Nella zona sopra a Bedronico c’è la fattoria di Galliata, o Galigata, che è il corrispondente della fattoria di Galliana, nella parte opposta del Monte Budrialto (un budrio o botro è un sito dal quale si dipartono molti fossi).

Poi salendo il fondovalle, dopo un miglio c’era Cà d’zò (Casa di sotto) e di seguito tutti gli altri, come indicato nella cartina qui sopra.


Mulinello è una capannuccia sotto il podere Pistoglia, che oggi non si riconosce come opificio. Però lì sotto nella carta del Catasto Leopoldino il punto di molitura è indicato in modo chiaro. Il Molino di Veriolo, perfettamente restaurato dalla famiglia Vespignani è poco oltre Mulinello.


In questa valle i primi castagneti importanti sono oltre Badia della Valle, monastero fondato nell’anno Mille da San Pier Damiani. Nei molini successivi a questo, che sono vicino a Valpiana e a Ponte della Valle, si macinavano soprattutto castagne.



Il molino di Ponte della valle è l’opificio più difficile da trovare, perché è composto di due fabbricati, il Molino di Sopra e il Molino del Ponte, ambedue distrutti, che vanno cercati con la Carta del Catasto Leopoldino (1822) sotto mano.


Poi c’è il Molino di Rio di Mesola, all’ imbocco di una delle vie campestri che portano a Gamogna. E' facile immaginare che i monaci scendevano dall'eremo per macinare qui le poche castagne che potevano avere. Un’opera di presa è nel fosso laterale ma il molino propriamente detto è sulla balza che dà sull'Acerreta e se non si scostano le frasche non si vede quello che rimane dell' edificio. Si tratta di un impianto antico, descritto in un contratto in latino stipulato alla presenza del vescovo di Faenza Lottieri della Tosa (XIII secolo) dai frati di Gamogna che proprio per lo sfruttamento dell’acqua erano in lite con i confratelli del monastero di Badia ella Valle.
Ancora un miglio di fondovalle pianeggiante e si arriva a Molinello, piccolo edificio al quale scendevano i contadini di Pian di Lorino, delle Perticozze e di Poggiolo del Forcone a macinare poche castagne e molta miseria. Rimane solo qualche traccia: proprio di lì passa il metanodotto algerino ...

Per ampliare

Franco Billi, I molini del territorio di Marradi, nel Blog al tematico Scienze della Terra18 dic. 2013.

Il Codice di Lottieri della Tosa. Nel Blog al tematico Storia 1200 - 1299 25.06.2020.

Il marron buono di Marradi con uso gastronomico e gli antichi mulini ad acqua dell'alto Mugello. Libro di Vari Autori, curato da Elvio Bellini, disponibile presso il CSDC, via Castelnaudary, Marradi