Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

venerdì 26 aprile 2019

1872 Le proteste per il dazio

Una dimostrazione 
a Marradi
contro gli agenti delle tasse
ricerca di Claudio Mercatali


La divisa del Prefetto
(1860 - 1880 circa )

Per comprendere quello che segue occorre definire in breve i personaggi di questa vicenda:
  • Il Delegato di Pubblica Sicurezza era un funzionario di polizia responsabile dell' ordine pubblico nei Comuni. La sua presenza era necessaria perché nei primi anni dell'Unità d'Italia l'ordine pubblico era incerto.
  • il Dazziere era un privato che aveva in appalto la riscossione del dazio.
  • Il Prefetto era ed è il rappresentante del governo nella provincia, dipendente dal Ministero dell' Interno. 
Il dazio sul consumo era una tassa dello Stato su bevande e carne. Istituita nel 1864 era considerata iniqua ed odiosa. I Comuni appaltavano la riscossione del dazio ad agenzie private, e queste a volte erano troppo aggressive nell' esazione. Ecco che cosa successe a Marradi nell'estate del 1872:






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Firenze   1 agosto 1872              Dimostrazione delittuosa dazio al consumo
Al Sig. Sindaco del Comune di Marradi

 
Dai rapporti in proposito pervenutimi apprendo che la causa della dimostrazione delittuosa e della ribellione avvenuta la sera del 28 luglio in codesto Capoluogo fu, per quanto si asserisce, un aumento del Dazio al Consumo. La Prefettura non sa comprendere un tal fatto una volta che la tariffa dei Dazi è rimasta quale fu votata da codesto Consiglio Comunale nel 30 novembre 1870 e quale fu approvata da questa Deputazione Provinciale con Decreto del 20 gennaio 1871, ed una volta che il subappalto fattosi per la riscossione dei Dazi suddetti al sig. Lorenzo Alpigini approvato da questo uffizio nel 16 luglio fu fatto sulla base di quella tariffa e anzi con un abbuono sul canone relativo. Desidero quindi che in tal proposito mi fornisca sollecite e categoriche informazioni per stabilire se l'operato aumento del dazio sussista, o sia stato invece un pretesto per turbare l'ordine pubblico.
Il Prefetto 
 
Il Vicesindaco rispose ossequioso al Prefetto:
 

 
 
 
 
 
8 agosto 1872
Al Prefetto

Dal 2° assessore del Comune di Marradi
(= il vicesindaco)

 Il Consiglio ritenuto che detto appaltatore (Lorenzo Alpigini) nella riscossione del dazio non aveva dato luogo ad alcun reclamo e che perciò conservando egli tale appalto poteva ottenersi un vantaggio per i compratori e i venditori, senza danneggiare l'interesse della Amministrazione comunale, con deliberazione del 7 novembre 1871 chiedeva l'autorizzazione prescritta dall' art. 128 della legge comunale vigente per concedere a trattativa privata il detto appalto con quelle condizioni che il Consiglio medesimo avrebbe reputate migliori. Ottenuta l'autorizzazione in parola veniva dal Consiglio del 4 maggio 1972 accordato l'appalto ad Alpigini Lorenzo per l'annua somma di Lire 6.000 …
 



... L'appaltatore nominò pure quattro agenti daziari uno dei quali era certo Monti di Forlì. L'asprezza dei modi di questo agente e alcune parole da esso pronunciate in luogo pubblico secondo quanto riferisce la voce pubblica suscitarono l'indignazione non solo degli esercenti ma anche della popolazione.
Si aggiunga che l'Alpigini sul cadere del mese di luglio inviò avvisi ai venditori di generi soggetti a dazio per avvertirli che nel giorno primo del mese successivo sarebbe stata eseguita la vista alle botteghe per riscuotere la tassa all'introduzione dei generi e che perciò sarebbero state suggellate le botti e gli altri recipienti. Sarà quindi facile il persuadersi come nascessero lagnanze degli esercenti soliti a pagare la tassa col sistema degli abbuonamenti parziali anche quando la riscossione di quella era fatta direttamente dal Comune ... 



 
 
... Queste pubbliche lagnanze erano note al Delegato di Pubblica Sicurezza del quale la popolazione lamenta l'imprevidenza e l'inettezza. Egli era in dovere per prevenire tristi conseguenze di far ritirare l'appaltatore e gli agenti Daziari nelle proprie case, e se ciò fosse avvenuto immediatamente avrebbero avuto termine i fischi contro i predetti agenti, i quali continuando a trattenersi a padroneggiare sulla piazza davano indizio di disprezzare la dimostrazione contro ad essi diretta, e con ciò non vi ha dubbio che irritavano maggiormente i dimostranti. Non avendo sventuratamente adottato questa savia misura preventiva e continuando per molto tempo i fischi contro gli agenti Daziari doveva il Delegato di Pubblica Sicurezza persuadersi di sciogliere l'assembramento nella forma e nei modi prescritti dalla Legge e non mai ricorrere all'uso delle armi contro una popolazione formata per la maggior parte di donne e di onesti e pacifici paesani.
 
 
 
E' dunque altamente da censurarsi l'esplosione di tre colpi d'arma da fuoco eseguita dai Carabinieri e ordinata dal Delegato la quale ebbe per scopo di intimorire i dimostranti e se raggiunse l'atto di sciogliere quasi immediatamente l'assembramento suscitò una giustificata sorpresa negli altri pacifici cittadini mentre una palla andava a colpire sotto palazzo Fabroni ove sedevano poco prima alcune signore. Così ebbe termine la dimostrazione del 28 luglio.  









Non posso poi dispensarmi dal rendere un giusto e sincero encomio al sig. Pretore di Borgo S.Lorenzo e al Sig. Luogotenente Comandante la Sezione dei Reali Carabinieri, il contegno dei quali funzionari in questa trista circostanza fu massimamente lodevole.


 Con distinto ossequio                 
Il Vicesindaco




Il Sindaco scrive ai Carabinieri e precisa che la responsabilità dell'accaduto non è la loro ma va attribuita tutta al Delegato di Pubblica Sicurezza:



22 agosto 1872
Oggetto Dimostrazione
del 28 luglio 1872

Ill.mo sig. Luogotenente Comandante della sezione dei Reali Carabinieri di Marradi


Sapendo che Ella si è recata in questo Capoluogo per procedere ad alcuni esami sui dolorosi fatti della sera del 28 luglio p.p. sento il dovere di accertare la S.V. Illma come questa popolazione non sia minimamente indignata contro l'Arma dei Reali Carabinieri, i quali se esplosero alcuni colpi non fecero che ottemperare a richieste verbali del Delegato di Pubblica Sicurezza che li comandava nel servizio fatto in quella trista circostanza. Soltanto la imprevidenza del suddetto Delegato è stata deplorata dalla intera popolazione e perciò la permanenza di tale funzionario in questo Capoluogo potrebbe nuovamente compromettere l'ordine pubblico. Ciò io debbo dichiarare per debito d'imparzialità e del mio ufficio; mentre tengo per fermo di non essere lungi dal vero. Aggradisca i sentimenti della mia peculiare stima e osservanza.

Il Sindaco 



Il Sindaco e il Vicesindaco minimizzarono ma il fatto era stato grave, come si può leggere nel quotidiano La Nazione e soprattutto nel periodico La Cronaca, di Trento, che pubblicò il resoconto nella pagina degli Esteri, perché il Trentino all' epoca faceva ancora parte dell' Impero Austro Ungarico.



Fonte: documenti dell'Archivio storico del Comune di Marradi.       

martedì 23 aprile 2019

L'inaugurazione della linea Faentina

Il viaggio inaugurale
del 23 aprile 1893
Ricerca di Claudio Mercatali

 
La stazione di Crespino
nel primo Novecento.

 
Il 9 novembre 1880 cominciarono i lavori da Faenza verso Marradi, raggiunto il 26 agosto 1888. Mentre i lavori procedevano dopo molto discutere fu deciso il percorso diretto da Borgo San Lorenzo a Firenze e non quello da Pontassieve. I lavori da Firenze al Mugello iniziarono nel  1884 e si conclusero l'8 aprile 1890. Il 31 maggio 1890 iniziarono anche i lavori della parte centrale, da Borgo San Lorenzo e Marradi, che naturalmente era la più impegnativa. L’inaugurazione della linea intera avvenne il 23 aprile 1893.
L’opera era imponente, tanto che desta meraviglia anche oggi. C’erano migliaia di operai impegnati in un durissimo lavoro quasi tutto manuale. Si sfruttarono le nuove tecnologie: oltre alla tradizionale calce si fece uso del cemento Portland (quello che usiamo anche oggi) in commercio in Europa dal 1860 e soprattutto della dinamite, brevettata nel 1868 dallo svedese Nobel. La stampa locale dava spesso notizia del procedere dei lavori.
 
Questo qui accanto è un trafiletto del periodico faentino il Lamone che con un certo entusiasmo comunica l'arrivo dei primi treni di prova a Fognano e il ritorno a Faenza in 29 minuti (a circa 30 km/h).

 
Il 26 agosto 1888 il primo treno giunse a Marradi dove i ferrovieri e i macchinisti fecero la classica foto ricordo. C’erano anche il capostazione e sua moglie, seduto al tavolinetto dell’ufficio, messo accanto ai binari per far vedere il Telegrafo Morse a fili, il massimo della tecnologia delle comunicazioni, che poi nel giro di qualche anno fu abbinato al telefono.

 

 

 
 
La ferrovia fu un desiderio profondo per i nostri antenati, un vero e proprio sogno. Proprio per tutti? Leggiamo questo articolo del periodico Il Messaggero del Mugello, specialmente il finale:






… Ecco dunque cosa sognai …













… e i barrocciai, se pure sanno bestemmiare, bestemmieranno di meno su per Pratolino e lungo la Carza perché non avranno che raramente occasioni di esporsi al caldo alla pioggia, al gelo …
 
 
 
 
 
 
Questa che segue è la cronaca del viaggio inaugurale pubblicata dal quotidiano La Nazione.
 
 



 
 
 
 

 
 
 
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La Ferrovia Bologna - Ancona c'era già dal 1861 e quindi la Faentina si innestò in quella creando un moderno collegamento verso il nord Italia. Il primo orario fu questo qui accanto, del primo gennaio 1893 quando ancora la ferrovia non era in funzione. Da Faenza per Firenze partivano due treni misti (metà passeggeri e metà merci): uno alle 8.10 di mattina e uno alle 8.10 di sera.
 

Per approfondire:
Panconesi Colliva, Cara Faentina, Ponte Nuovo Editrice Bologna
Blog alla voce dell’ archivio tematico “La ferrovia Faentina”.

 

sabato 20 aprile 2019

1373 La conquista di Palazzuolo

I Fiorentini sgominano
gli Ubaldini una volta per tutte.
 Ricerca di Claudio Mercatali


 
Palazzuolo sul Senio
 

 
 
 
Nel 1362 Giovacchino di Maghinardo degli Ubaldini da Susinana, lasciò i suoi tredici o quattordici castellari di Palazzuolo al Comune di Firenze. Non fu un atto di bontà ma una necessità derivata dai suoi debiti, che i Fiorentini avevano saldato in cambio del tutto e di un “generoso” vitalizio. Lo sappiamo dallo storico Emanuele Repetti che ne parla nel suo Dizionario della Toscana (1830).
 
Dopo la morte di Giovacchino i tanti membri di questa famiglia comitale, che sarebbero stati eredi senza questo atto, entrarono in agitazione per riavere i “loro” castellari e dopo qualche anno si ribellarono e minacciarono Firenzuola e Palazzuolo.



La goccia che fece traboccare il vaso fu la presa con l’inganno di Castel Leone, un fortilizio vicino a Bibbiana,
con la morte del castellano e di una parte dei difensori.



Quindi Firenze decise per la guerra e mandò a Palazzuolo le sue milizie al comando di diversi capitani, perché conquistassero una volta per tutte i castellari degli Ubaldini e li demolissero fino alle fondamenta. La campagna militare procedette veloce, nel 1372 e nella primavera successiva, fino alla conquista completa.


 
 
 
 
 
 
 
 
La chiesa di Salecchio.
(Il campanile fu ricavato da una
torre del castellare degli Ubaldini).
 
Il primo castello ad essere assediato fu quello del Frassino, alla Colla di Santa Lucia, fra Marradi e Palazzuolo, nella parrocchia (e castellare) di Salecchio. Qui risiedeva Maghinardo di Ugolino di Tano, uno dei maggiori capi della rivolta. Dal suo nome si capisce che era giovane, perché “di” significa che suo padre e suo nonno erano viventi al momento del fatto. Irruento, poco incline al compromesso, resistette dalle Calende di Aprile del 1373 (cioè dal giorno 14) al 4 maggio e poi si arrese. I Fiorentini lo portarono a Firenze e siccome i suoi parenti di Palazzuolo non si volevano sottomettere, fu decapitato e il suo corpo rimase esposto al Bargello come mònito.

Gli Ubaldini continuarono la guerriglia, però meno accaniti perché avevano capito che i Fiorentini erano decisi a tutto. Cadde il castello di Susinana, dopo un assedio finito con una trattativa e il castellare di Lozzole, dietro un compenso pro bono pacis di settemila fiorini. Così Firenze acquisì il Comune di Palazzuolo, che fino ad allora si era chiamato Podere degli Ubaldini e da allora prese il nome di Podere Fiorentino. Tutte queste cose ce le racconta uno storico fiorentino di cui non sappiamo il nome ma che conosceva bene i posti, perché cita in dettaglio tutte le rocche degli Ubaldini. Lasciamo che sia lui a dire e leggiamo “La Cronaca d’incerto” cioè il suo resoconto:

 Gli Ubaldini e i loro consorti erano ossi duri e nel 1387 scoppiò una rivolta alla Badia di Susinana, repressa nel sangue dal primo vicario di Palazzuolo, messer Domenico di Guido del Pecora, che fece arrestare i ribelli e il 5 giugno 1387 per punizione saccheggiò i poderi e spedì a Figline Valdarno la campana principale della Badia.
 
 
Il Comune di Palazzuolo ha chiesto più volte la restituzione, sempre negata, e la campana ora è nel museo civico di Figline.  Nel 1373 sarebbe stato facile conquistare anche Marradi, ma i Fiorentini non lo fecero e si accontentarono di mantenere il controllo indiretto del paese, che rimase sotto la signoria dei Manfredi fino al 1428.
 
Questo avvenne perché nel 1374 una tremenda carestia di grano mise in ginocchio Firenze e ridusse i cittadini alla fame. Non c’erano i soldi per una nuova impresa, il prezzo del grano della Romagna cresceva di continuo e le autorità pontificie facevano pesare le forniture. Era il tempo del rientro a Roma dei papi di Avignone e i legati pontifici stavano assumendo il controllo della Romagna dopo la riconquista fatta nel 1359 dal cardinale Egidio Albornoz, sicché l’espansione di Firenze nel versante adriatico non era vista di buon occhio.
 
Dunque i Fiorentini di allora, che avevano un alto senso dello Stato e della misura, un po’ per politica e un po’ per mancanza di soldi, per il momento si accontentarono della conquista di Palazzuolo, della sottomissione parziale di Modigliana, Tredozio, Marradi e sospesero l’avanzata verso altri siti della Romagna Toscana.
 
 

domenica 14 aprile 2019

La Valle del Lamone descritta da Giovanni Andrea Caligari

La storia  secondo il vescovo
di Bertinoro
Ricerca di Claudio Mercatali
              



Girolamo Mercuriali era un medico di Forlì che ricopriva degli incarichi importanti nella Firenze medicea della fine del Cinquecento. Ogni tanto tornava nella sua città natale e spesso passava dal Mugello.


Preferiva il Passo della Colla e  la valle del Lamone e quindi conosceva bene Marradi e Brisighella. Forse per questo divenne amico di Giovanni Andrea Caligari, un prelato di Brisighella che poi divenne vescovo di Bertinoro.

Un giorno il vescovo  regalò al medico una sua ricerca sulla storia della valle amata da entrambi e questo ora ci fa comodo, perché Caligari era un ottimo storico e per giunta scrive nel 1584,  in un tempo non  molto lontano dai fatti che narra.

Dunque se vogliamo sapere come andarono le cose qui da noi in quei secoli lontani possiamo leggere le memorie del vescovo di Bertinoro che sono qui di seguito …
 
 
 
 



 
Useremo l'edizione della Imprimeria Pietro Conti di Faenza, fatta dai consiglieri Anziani del Comune di Brisighella nel 1842 per donarla al Governatore Teodorico Conte Rasponi che quell'anno si sposava.
 
 
 
 
 
Astorre III Manfredi, rappresentato qui sopra nell'atto di pregare, divenne signore di Faenza all'età di tre anni a seguito della morte di suo padre, assassinato.


Nel 1501 il duca Valentino Borgia conquistò Faenza, lo prese prigioniero e lo fece imprigionare a Castel Sant'Angelo, a Roma. Qui fu assassinato, fatto a pezzi e gettato nel Tevere. Aveva diciassette anni.
 
 
 
 
 
 
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martedì 9 aprile 2019

Le elezioni comunali del 1946

 Le donne votano
per la  prima volta
 Ricerca di Claudio Mercatali


 Gli eletti a Marradi nel 1946

Il 7 aprile 1946, esattamente 73 anni orsono, le donne in Italia votarono per la prima volta. Quel giorno fu eletta la prima donna al consiglio comunale di Marradi, che si chiamava Maria Beneventi.  Il diritto di voto per le donne fu una conquista lunga e difficile. Sono famose le foto delle Suffragette americane e inglesi, come queste qui vicino, che ai primi del Novecento avevano l’ardire di inscenare manifestazioni di protesta per il fatto di essere escluse dal voto.

Qualcuno le prendeva sul serio e qualche altro in giro. Lo stesso nome “suffragetta”  suona un po’ a scherno come “piccola e ingenua  sostenitrice del Suffragio”.



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Nell’Ottocento le donne non votavano, salvo rarissimi casi. Qui da noi il Granduca di Toscana nel 1851 concesse alle donne possidenti il diritto di farsi rappresentare nel Consiglio Comunale da un famigliare a loro scelta. Era già molto dati i tempi. Ecco qui accanto una lettera della marradese Assunta Bandini, figlia del ricco Filippo, che chiede al Gonfaloniere di accreditare suo figlio  Antonio Cavina come suo delegato.




Il primo stato europeo a riconoscere il Suffragio universale fu il Granducato di Finlandia, e alcune donne furono elette in parlamento nel 1907. Secondo la Costituzione Sovietica del 1918  le donne votavano nelle assemblee di fabbrica e nelle amministrazioni, ma per le elezioni politiche il problema non si poneva perché nella Russia Sovietica non si votava.



Negli anni precedenti la Prima guerra mondiale le donne votavano in Norvegia (1913) e Danimarca. Le inglesi con più di 30 anni e le donne tedesche e polacche ebbero il voto nel 1918, le olandesi nel 1919 e nel 1929 tutte le donne statunitensi. Nel 1928 le donne inglesi ottennero il diritto di voto con gli stessi diritti degli uomini, cioè a 21 anni d'età.


… Il 5 aprile 1946 si riunì il primo consiglio Comunale di Marradi. Erano passati 23 anni dall'ultimo …



Il diritto di voto alle donne fu introdotto nella legislazione internazionale nel 1948 quando le Nazioni Unite approvarono la Dichiarazione universale dei diritti umani. Come stabilito dall'art.21:

“Chiunque ha il diritto di prendere parte al governo del proprio paese, direttamente o attraverso rappresentanti liberamente scelti. 3) La volontà del popolo dovrà costituire la base dell'autorità di governo; questa sarà espressa mediante elezioni periodiche e genuine che si svolgeranno a suffragio universale e paritario e che saranno tenute mediante voto segreto o mediante procedure libere di voto equivalenti.”

Un intervento della maestra in Consiglio.



Dai documenti dell’ Archivio Storico del Comune sappiamo che la maestra Maria Beneventi, eletta nel 1948 fu rieletta nel 1951. Si può dire infine che qui in paese ci sono giudizi contrastanti sul comportamento politico della maestra Beneventi, ma questo è normale perché le donne anche in politica sono pari agli uomini.