Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

lunedì 23 luglio 2012

Biscotti detto Gianni


con gli “Zappatori senza padrone”



La Comune di Pianbaruzzoli fu un'esperienza di vita descritta così da chi l'ha vissuta:

"Nella metà degli anni Settanta un gruppo di giovani, caricati gli zaini in spalla, decisero di averne abbastanza dell’avvento della modernità. Spinti da un insieme di idee anche diverse fra loro, ma uniti da un senso comune di rifiuto della modernità “energivora” e schiavizzante, occuparono un villaggio semi diroccato e abbandonato da decenni: “Pian dei Baruzzoli”.
Da allora molti movimenti antagonisti e rivoluzionari sono nati e decaduti ma la Cooperativa zappatori senza padrone G.Winstanley è sopravvissuta per decenni fra alterne vicende".

Il ritorno assoluto e completo alla natura, e una definizione dei rapporti umani del tutto alternativa non sono novità del Novecento, perché già prima erano stati teorizzati e praticati. Gerard Winstanley (16091676) che dà il nome alla Cooperativa degli Zappatori fu un religioso e politico inglese, portavoce della comunità dei diggers (= zappatori, appunto) del Surrey, ossia dei gruppi che, ai tempi della Rivoluzione inglese di Cromwell, si unirono per lavorare le terre secondo principi comunitari e di eguaglianza.
Un altro ispiratore fu Henry David Thoreau (1817– 1862), che si vede qui accanto, poeta, filosofo, naturalista e libero pensatore americano, autore del libro Life in the woods (Vita nella foresta), una riflessione sulla vita in stato completamente naturale e sulla disobbedienza civile. Il pensiero di Winstanley e di Thoreau fornì a Biscotti un motivo in più per andare a Pianbaruzzoli ... ecco il suo racconto ... 

"Sono arrivato a Piambaruccioli il 21 gennaio del ’79 e ci ho lasciato qualcosa, ma è niente in confronto a quanto ho ricevuto. Conservo ancora una copia del libro bianco, che racconta le prime storie di amore ed anarchia della valle: anni ‘76, ‘77,’78. E' stato un seme particolarmente infestante forse credi che sia morto o dimenticato, ma ogni tanto qualcuno lo ripianta e quello rispunta vigoroso. Intanto grazie per quel che è stato, per come è ora e per quel che verrà. Gli zappatori senza padrone sono un qualcosa che non è prigioniero del tempo o dello spazio, non sono esclusiva di nessuno, ma il nostro seme è scritto che non può morire. Abbiamo trovato la felicità nella miseria e nell’ ignoranza reciproca ma con dignità, forse anche ingenuità, ma lasciando la porta sempre aperta, perché da noi se si presenta un ladro è probabile che ci lascia qualcosa e si porta via un bel ricordo. Giambardo, Enca, Tonino, Snella, Jerry, Marisa, Ulisse, Prana, Piera, Puiana, il Romano, le Romane, Peppino, Ciarly e tanti, tanti altri.

La befana del ‘79.
Lasciai mamma e babbo a Firenze, ero quasi maggiorenne e girovagavo un po’, i miei amici più cari erano la chemise Lacoste, i barros con la punta, i rayban. Gli altri, tutti gli altri una sfida, qualcosa da umiliare o evitare. Vidi sulla copertina di “Re nudo” la foto di uno schifoso capellone che abbracciava un tacchino.(Ulisse e Astolfo) dovevo fare qualcosa per salvare quel tacchino: almeno fargli un bel bagno insaponato perché potesse riaversi dal puzzo e dalle grinfie di quel sudicione; i pidocchi erano su un gradino sociale sicuramente superiore alla razza dei capelloni. L’articolo di quel giornale parlava di un gruppo di esseri… ? giovani che vivevano tutti insieme di una comune: uomini, ragazzi, donne, animali, una c o m u n e libera…?! la cosa mi intrigava molto: allora gli extraterrestri esistevano davvero? Dovevo andarci, vedere, toccare con mano, che cos' è, come si fa in ” una c o m u n e  ”? 
  Re Nudo, Rivista italiana di Controcultura (1970)

Telefonai alla redazione del giornale e mi spiegarono che la Comune si trovava a Pianbaruccioli nella valle dell’ Acquacheta (risposta più evasiva e nebbiosa non me la potevano dare). Dai dai seppi da un ortolano appassionato di Dante che la Valle dell’ Acquacheta esisteva per davvero, al confine tra la Romagna e la Toscana ma ne parlavano come di una chimera. Alla stazione degli autobus mi dissero che da Firenze dovevo arrivare a san Godenzo e poi prendere la coincidenza per la Romagna fino a "San Maledetto" in Alpe un paesino sperduto. Mi organizzai; salii sulla Sita, ma a San Godenzo ci fermammo per la troppa neve, non si poteva proseguire. Con me scesero dall’ autobus due ragazze romane, anche loro giovani, di bella presenza e con l’ aria un po’spaesata ...

La strada per Piamba
... io rimasi sorpreso quando appresi che anche le romane erano lì per andare a Piamba ... e vidi le romane in chiacchiera con uno strano tipo, era Jo’Jo’, talmente preso d’entusiasmo per questo incontro che non vedeva altro, gli fui presentato, ma si manteneva un po’ guardingo nei miei confronti. La strada per andare a Piamba è la comunale per Marradi, dopo un km di tornanti in salita si lascia Il Poggio, la parte alta del paese, ed infilato un cancellino si scende, quasi si scivola giù per un sentiero di circa 400m fino ad una casa disfatta. Da li si attraversa un ponticello da dove partono diversi sentieri, se in una sera fredda prendi quello sbagliato sarai inguaiato, se invece indovini quello giusto sei sul sentiero dell’Arrabbiata. Non è un caso questo nome: circa due km per risalire dal torrente al crinale, in un sentiero particolarmente stretto ed irto, con balzi e tornanti che non farebbe neanche una capra, pieno di bivi che ti invitano a sbagliare e perderti in continuazione. Quando sei in cima sei dimagrito di tre kili. 


 
Il cartello che indica 
la direzione  per l'Arrabbiata
e (a sinistra) un tratto del sentiero.


Circa dieci passi prima del crinale nel sentiero c’è una nicchia che ti può riparare dalle tormente che ti aspettano di lì a poco anche in estate e se ci tieni alla salute devi fermarti un momento e possibilmente coprirti e ripararti alla meglio, ancora pochi passi ed entri nell’ imbuto del vento: sembra difficile a credersi ma tutte le correnti più fredde si danno appuntamento proprio li dove sei spuntato tu in cima al crinale.

La notte
... Ormai si era fatto buio pesto avevo perso il conto di quanto avevamo arrancato nella neve, non sentivo freddo, anzi caldo il sudore mi annebbiava la vista, anche il mio zaino era diventato un sacco di sudore… laggiù in fondo, nel buio, con l’onda del vento ogni tanto si sentivano dei campanelli ed il ragliare di un ciuco, poi ho visto un lumicino, mi sono fermato, ho chiesto: "l’avete visto anche voi"? La ragazza che mi precedeva si è fermata e senza dire una parola mi ha abbracciato, non so perché ma mi sentivo un leone e di colpo mi era passato l’affanno, ormai ci stavamo avvicinando alle case: avevo un po’ di inquietudine non riuscivo a prefigurarmi come dovevo pormi e presentarmi. Jò cacciò un urlo prolungato degno di un lupo, per tutta risposta arrivo il suono di un corno: eravamo quasi sull’uscio, da una fioca luce che traspariva da una finestrina si intravedeva dall’esterno un curioso albero di natale da cui penzolava uno scarpone, un paio di mutande, una mano di cartone che faceva le corna, quel che rimaneva di un calzino, un pitale come puntale; accanto c’era una porticina, mentre continuavano gli scambi di urli tra Jò e quel che c’era là dentro qualcuno ci apri la porta.

Sopra: la strada per Marradi vista
dalla vetta del sentiero dell'Arrabbiata

Sotto: Pian Baruccioli visto
da Poggio ai Venti.


Clicca sulle immagini se le vuoi ingrandire

L'arrivo
Entrai in una stanza di circa 3 per 4 con un tavolo delle panche ed un cucina economica con un tubo ritorto e trasudante fumo e condensa, un odore assai particolare di umanità compressa nel buio fioco di qualche candela. 
I miei occhi facevano veramente fatica ad abituarsi, il soffitto era per buona parte affumicato da un camino che non tirava, fuori faceva così freddo che forse questa “gente“ si scaldava anche con il fumo, le piccole finestre non avevano vetri ed erano riparate da plastica. Logica, matematica e geometria, erano rimaste fuori al freddo perché che ci crediate o no in due stanzine c’erano non meno di 35 persone, la più parte fumatori, questo contribuiva a dare spessore e corpo alla coltre di nebbia che si respirava lì dentro. Ebbene prendo fiato e vado in apnea, se fossi entrato in un gabinetto sporco mi avrebbe fatto meno senso: su muri, soffitti, pentole, tavola, panche, c’era un dito di schifo, per terra, che forse era il posto più pulito, due signori si spulciavano il capo l’uno con l’altro, senza curarsi troppo se il risultato finiva sulla tavola dove si apprestavano a mangiare. Jerry e Marina giocavano alla maraffona (carte), il Romano (presidente) scriveva e ogni tanto urlava qualcosa, qualcuno decantava proclami e pianificava battaglie politiche e non solo, chi urlava per farsi valere, Ciarly meditava, chi suonava, poi c’era una catena di montaggio per preparare i chapati (piadine di acqua e farina), l’impastatore di farina quello più vicino alla stufa, era completamente nudo (Ulisse) il sudore gli colava nell’impasto per dare un valore aggiunto alla pietanza. Puiana recuperava i muci delle sigarette ormai finite per confezionarne di nuove, mister X impastava della maria, Padova ed Enka preparavano con cuoio, perline e filo di rame della bigiotteria, Prana raccontava viaggi di ogni tipo, uno si lavava con il mom e impasto di cenere bagnata per allontanare i parassiti, la Marisa e la Snella confezionavano con paglia e stoffa delle bambole da portare a qualche fiera, sulla stufa un pentolone ribolliva ortiche cipolle e patate, sopra il pentolone erano stesi a grondare dei calzini (il coperchio non c’era), qualcuno puntava le ragazze altri puntavano il bottiglione, Giambardo parlava di semine, orti e quella capra da curare; fece una pausa per dirci: Benvenuti a Piambaruccioli !!


L'accoglienza
Il cinema che mi si presentava davanti divenne per un momento una foto silenziosa, solo mister X faceva dei rapidi movimenti; l’unico riconoscibile era Jò. Le romane cominciarono a scoprirsi e tutti ne furono ben contenti, loro invece si sentivano un po’ impacciate ed impressionate da tanta attenzione. Allora la Marisa andò loro incontro con un gran sorriso rassicurante ed un abbraccio. Si fece avanti una ragazza, mi prese tutte e due le mani e mi disse: “devi essere molto stanco”. Io divenni rosso come un peperone, poi il presidente al quale luccicavano gli occhi, mi chiese:“quanti anni hai, sei venuto da solo o c’è anche la tua mamma?” Io risposi che per me è stata una impresa molto impegnativa arrivare fin lassù. In mezzo a tutta quella marmaglia c’era un pistoiese: Enka e quando capi’ che ero toscano gli si alzarono le antenne gli si allargò un sorriso fino alle orecchie e mi disse:“ oh te? chi ti ci ha mandato?, finalmente qualcuno che parla la mi’ lingua”e mi tese la mano per una stretta, io mi ritrassi,“se voi darmi la mano devi prima disinfettarla” Allora Ulisse, quello tutto igniudo mi disse che lui era caduto nel disinfettante da piccolo ed era allergico al sapone, e senza mettere tempo in mezzo mi abbracciò senza possibilità di scampo, così tutti risero a crepapelle. Si fece avanti Giambardo che mi invitò a sedermi e mi parlò di orti, semine, della sua mamma che non stava troppo bene, e che dopo l’inverno viene la primavera.
Si era fatto tardi ed ero davvero stanco, dovevo stendermi da qualche parte e farmi una bella dormita, dove? “esci dalla porta dove sei entrato gira un paio di cantonate sulla destra e se non entri nello stalletto del maiale, vuol dire che sei entrato nel palazzo, ci sono delle scale, stai attento perché alcuni gradini sono rotti e gli altri mancano, su di là dovresti trovare un letto se non ci vedi perché è buio fai domanda all’ Enel. Presi le mie cose e seguii le indicazioni della reception, io e le romane arrivammo al portone del palazzo, a tasto trovai la scala di pietra e mentre salivamo sentimmo aprirsi l’uscio, capimmo dalla voce che era uno di casa, salendo ancora per quelle scale accesi l’unico fiammifero che avevo; dovevo memorizzare velocemente quello che vedevo perché di lì a pochi secondi sarebbe stato buio pesto: in un angolo c’era della paglia, nel mezzo un buco di circa un metro, poi ciarpame, un aratro e scritte sui muri ... si spense il fiammifero ...

Il risveglio
Non so quanto è passato, ma mi svegliai ... sentivo sui piedi un peso che si muoveva lentamente e non potevano essere i piedi delle ragazze e tanto meno gli zaini; cercai di ritrarre i piedi mentre sbottonavo gli occhi, ma non fu facile ne’ l’uno ne’ l’altro: i miei piedi erano diventati un materasso per un cane. Ero sveglio? Si ero sveglio. Le ragazze cominciavano a svegliarsi e mentre una si stirava tra me e il muro, l’altra, che aveva ancora gli occhi chiusi mi fece un abbraccio dalla testa ai piedi che melo ricordo ancora … ed aprendo gli occhi disse: ma che ore sono? Le dissi barando che era ancora notte fonda, mentre me la avvinghiai per non fare scappare tutto questo, l’altra che era dietro di me mi diede un bacio sul collo e mi esortò: alzati scemo! L’unica finestra era aperta per metà, perché aveva solo un'anta con i vetri di un tempo, faceva freddissimo. Il cane scodinzolava felice, anch’io sentivo qualcosa che scodinzolava, mentre cercavamo di riassettarci un po’ alla meglio saltellando e tremando, valutai che la Comune aveva degli aspetti decisamente apprezzabili. La stanza aveva oltre il pavimento sfondo anche il soffitto aperto, e si intravedevano delle trecce di cipolla e granturco appese al trave del piano superiore, le pareti mezze stonacate facevano intravedere vecchi disegni e scritte di nuovi proclami:“la famiglia è ariosa e stimolante come una camera a gas”
... di sottofondo si sentivano urla dilungate e confuse, tintinnare di campanelli, gente che chiamava, altri che rispondevano.

Pianbaruccioli
Pianbaruccioli è un insieme di tre case, tre capanne e un rudere all’ingresso, con da un lato il forno e dall’altro l’osservatorio, c’erano dei solchi nella neve che univano le case evidentemente utilizzate, sull’ ingresso della stalla era una scritta: “chi non occupa preoccupa” una ragazza che proveniva dalla stalla aveva un pentolo con il latte delle capre appena munto, distante era seguita da un caprone con le corna lunghissime.

Immagini di due Rainbow Gatherings 
(raduni arcobaleno) 
degli anni Ottanta).

La cucina? Si attraversava una massa informe di cenci e zaini poi scavalcando 4 o 5persone che dormivano per terra, si arrivava al camino che tirava come la sera prima, in mezzo al fumo si intravedeva un paiolo con dell’acqua a bollire, di lato c’era il cuoco che tenendo in mano una padella sulle braci, faceva abbrustolire dei grani d’orzo, di fianco c’era l’aiuto cuoco che anche lui faceva riscaldare qualcosa in una padella: erano delle foglie ed a guardarlo bene l’ho riconosciuto, era mister X ... 

  Nella stanza accanto c’era il tavolo con sopra ogni ben di dio, tra cui: bottiglioni vuoti, carte da giuoco, uno zaino, uno sparpaglio di muci, la Marisa sempre sorridente, si era ritagliata un angolino per bersi una tazza di qualcosa, la stufa riscaldava il latte di capra da aggiungere poi al paiolo con l’orzo, qualcuno impastava dei chapati, un altro dopo essersi soffiato il naso su una manica raccattava un po di pane secco dalla cesta con su scritto “per il maiale” e lo miscelava nel paiolo con l’acqua, l’ orzo e un po’ di manica, e di lato a una panca un giovine di belle speranze russava con la guancia nel suo vomito. Entrò la Snella “non ci fate caso anche a me le prime volte faceva impressione, poi ci se ne fa una ragione, a questo mondo c’è gente che sarebbe ben felice di avere tutto questo, fate colazione con noi e prendetevi un bicchiere, un pentolino, insomma quello che riuscite a trovare di là sull’acquaio …dovevo fare la pipì: "Scusate dov'è il bagno? Ulisse mi rispose: “le persone troppo educate mi fanno impressione, tu credi di essere più leggero perché ti sei tolto lo zaino, ma mi pare che tu abbia ancora tanto peso inutile appresso, pertanto seguimi” ... Cammin facendo la comitiva si era incrementata, sia di uomini che di donne, anche il cane si era unito a noi, arrivammo alla concimaia e mi invitarono a fare un cerchio, tutti si calarono gonne o pantaloni, chi ce le aveva anche le mutande, (Ulisse non aveva di queste complicazioni), io rimasi come un imbecille, non sapevo se voltarmi, scappare, o che cosa, considerai che in qualche modo, mi conveniva stare al gioco, anche chi non gli scappava rimaneva comunque in quella posizione a fare compagnia.

La vita in comune
... A me fu assegnato il compito di andare a prendere l’acqua al pozzo, Tonino mi disse:-“vieni con me che prendiamo la Luna”ed io: Come?-“Che palle con sti novizi bisogna sempre spiegarci tutto e ricominciare tutto da capo”. ... partimmo con una ciuca ... La fonte era una piccola costruzione di pietra, all’ interno della quale trasudava l’acqua della montagna, le pareti erano un colabrodo e sul fondo si poteva pescare si e no in 10cm.
Pianbaruccioli è come un porto dove approdano i più variopinti personaggi, chi per qualche ora, o giorno poi qualcuno vi si “ammala”, ed il suo soggiorno può durare ben più del previsto, una idea comune ci richiamava tutti lì; io non so se era proprio così, ognuno aveva alle spalle storie diverse e non sempre concilianti, per qualcuno era un’ ultima spiaggia, per me un gioco, chi cercava di scappare dalla consuetudine, oppure dalla legge, poi c’erano le mattonate mistiche, più svariate e caparbie che degeneravano nelle manifestazioni più curiose, come la costruzione di veri propri templi, altari, dove proliferavano, mantra e preghiere delle più tristi e mormorate, inni alla vita, gioia e letizia; cuochi e filosofi di alta cucina si davano convivio per rimarcare i dogmi più raffinati, con questi preamboli non era per niente facile conciliare le visioni alimentari ... Era crollato il forno, quella costruzione di pietra isolata poco fuori la cucina. La cosa era grave assai e mentre le riunioni incalzavano, feci una passeggiata nei dintorni, a circa un km c’era una vecchia casa che crollava ma il forno era integro. Mi organizzai per rimetterlo in funzione togliendo quel muro di rovi ed arbusti che aveva intorno che poi utilizzai per l’ accensione. Dalle case scorsero i fumi dei miei tentativi ed allora partì una comitiva di saggi e pompieri in erba e giunti sul posto mi rimproverarono: potevi incendiare la vallata, hai tagliato delle piante che facevano parte di un ecosistema dove la natura si stava riprendendo i suoi spazi, siamo una comune e le cose dobbiamo programmarle insieme e fintanto che non siamo tutti d’accordo qui non si muove foglia. Il tuo Karma è negativo, solo un viaggio interiore e tanta meditazione ti può salvare: sei un pazzo, hai profanato un tempio, sei stato mandato dalla CIA.

Intanto calava la sera, il freddo incalzava, il forno era sempre acceso ed i miei inquisitori, si avvicinarono uno ad uno per riscaldarsi. Il giorno seguente era diventato il forno ufficiale di tutta la comunità, e la cosa fu festeggiata con ricche infornate, danze, saune, baracca e musica e cilum, fino a notte fonda ...".

Nota: Sintesi dall'originale, "Biscotti detto Gianni, con gli Zappatori senza padrone”,
tratto dal blog "Selvatici", email boscoselvatico@gmail.com


 

Nessun commento:

Posta un commento