La
Settimana Rossa fu un moto insurrezionale che attraversò l'Italia nel giugno
del 1914 per sette giorni, dal 7 al 13, durante i quali sembrò che il paese
potesse essere travolto dalla rivoluzione. Ma solo in Romagna la popolazione
credette che fosse giunta per davvero "l' ùra sbaracuclôna", (l’ora
di sbaraccare), in altre parole, che la Rivoluzione fosse alle porte. Ecco
alcuni testi di giornali repubblicani romagnoli dell’epoca.
Il Pensiero Romagnolo
settimanale del partito Repubblicano di Forlì dal 1894: “13 giugno 1914 Il popolo italiano insorge contro la monarchia. La
Romagna sulla breccia come un sol uomo".
La Voce Mazziniana
21 giugno 1914 organo del Partito Mazziniano intransigente di Ravenna "Un comizio di oltre 20.000 persone.
Completa fraternità. Evviva la Repubblica! per la quale lo spettacolo offerto
dalla città ribelle era stato superbo, commovente, indimenticabile".
Al termine i partecipanti furono circondati dalle forze dell'ordine, per evitare che si spostassero in piazza Roma, dove c’era un concerto della banda militare. Scoppiò un tumulto, qualcuno sparò, i Carabinieri risposero e ci furono tre morti fra i dimostranti.
In Romagna la rivolta fu estesa e violenta, in quasi tutti i paesi. Fu impedita la partenza dei treni, vennero devastati caselli daziari, uffici telegrafici e stazioni ferroviarie. L’ira popolare si espresse anche con requisizioni di armi, di automobili dei proprietari terrieri, vennero requisite partite di grano e costituiti magazzini popolari per la distribuzione di grano, olio e vino a prezzi calmierati.
Siccome si era interrotta la distribuzione dei giornali, le false notizie circa il successo della rivoluzione aumentavano ancora di più l'entusiasmo degli insorti.Un'ondata di indignazione si sparse subito per tutta la città. La sera stessa del 7 giugno la Camera del Lavoro di Ancona decise lo sciopero generale. Era in atto una vera e propria insurrezione rivoluzionaria: vennero abbattuti i casotti daziari, la Camera del Lavoro faceva vendere il vino a cinque soldi il litro, furono ordinate requisizioni di grano. Furono organizzati blocchi stradali, per superare i quali occorrevano dei lasciapassare rilasciati dalla Camera del Lavoro.
Nei giorni tra l'8 ed il 10 giugno lo sciopero si espanse a macchia d'olio in tutta Italia. Intere zone della penisola sfuggirono al controllo dello Stato. La forte impronta antimonarchica e antimilitarista delle rivolte sembrò mettere il paese sull'orlo della guerra civile. Proprio per scongiurare il rischio che il Re dichiarasse lo stato d'assedio e il passaggio dei poteri pubblici ai militari, la Confederazione generale del lavoro dichiarò concluso lo sciopero dopo solo 48 ore, invitando i lavoratori a riprendere le loro attività:
Tutti questi fatti nel Mugello non avvennero. L’eccidio di Ancona destò impressione ma non ci furono insurrezioni e nemmeno fervore per quanto avveniva in Romagna. Anzi la stampa locale condannò la rivolta e criticò i Repubblicani e i Socialisti perché la presunta rivoluzione durò solo una settimana e non produsse niente.
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