Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

venerdì 20 aprile 2012

Il castello di Benclaro a S.Adriano

l'ultima residenza 
di Maghinardo Pagani,
signore delle “città 
di Lamone e di Santerno”*
di Marco Cappelli
Lo stemma 
di Maghinardo Pagani



Alla fine del XIII secolo “castro Benclari”, presso l’attuale abitato di Sant’ Adriano, era il castello più importante di tutta l’alta valle del Lamone, qui spesso abitava e qui morì, a poco più di cinquanta anni, il 27 agosto del 1302 dopo l’ora terza e dopo pranzo, Maghinardo Pagani signore di queste terre e di gran parte della Romagna.

S.Adriano, 
il castello e palazzo Pagani


Maghinardo nella zona possedeva altri castelli come Castiglionchio sopra Marradi e Gattara, questi però erano veri e propri fortilizi, strategicamente migliori, ma molto più scomodi e lontani dalla viabilità di fondo valle.

Inoltre la rocca di Castiglionchio, la fortezza più grande, era stata gravemente danneggiata da un forte terremoto il 30 di aprile del 1279 (epicentro Rocca S. Casciano, magnitudo 5,55 scala Richter) (1). Tra le macerie del castello erano morte molte persone e tra queste Bonifacio Pagani detto Bambo, cugino in secondo grado di Maghinardo.

Castro Benclari comprendeva invece anche edifici civili ai piedi del colle, queste case avevano un livello protettivo più basso della rocca però consentivano un tenore di vita più agiato e, nello stesso tempo, stavano in comunicazione diretta con la fortezza sovrastante, che dall’alto svolgeva una funzione di vedetta, di rifugio e di estrema difesa.

Il complesso di Benclaro segnava la vallata con due forti emergenze: in alto, ma non lontana, la rocca con il suo mastio e la sua cinta fortificata, in basso, ancora più imponente, un palazzo-torre alto circa 20 metri con attorno un gruppo di edifici pertinenziali e, oltre il rio verso Marradi, la chiesa già dedicata a Santo Adriano con un gruppo di abitazioni per totale di circa venti focolari (2).

Nel borgo venivano redatti gli atti civili del signore del castello. Sappiamo infatti di due contratti, uno del 18 luglio 1297 e uno del 3 maggio 1302, con i quali il fattore di Maghinardo un certo Bino de Bastardis, concede in affitto terreni a nome del suo principale, il primo atto è rogato in “foro Benclari”, il secondo in “ valle Allamonis in domuncula ubi ius redditur in mercatale Benclari” (3).


Il palazzo a torre (ora torre di casa Cappello) era stato costruito nel XIII secolo da Pietro, padre di Maghinardo (morto tra il 1265 e il 1273) e dallo zio Bonifacio Pagani (morto in battaglia su un ponte della Galisterna nel 1273) (4). Il palazzo originale era più alto di due piani di quello attuale. Per motivi di sicurezza nei secoli la torre è stata scapitozzata, un piano fu demolito negli anni 30 del secolo passato e gli anziani tramandano il ricordo di un altro piano abbattuto per gli stessi motivi.

La costruzione di questa torre è comunque successiva al 1235 anno in cui “ li Huomini del castello di S.Adriano in val di Lamone territorio Faentino giurarono riconoscere per loro Signori Acarisio Acarisi nobile Faentino, e Pagano Pagani di Sosenana per instrumento di Graziadiodi Zaniolo di Gio. Fasolo”(5). Possiamo stimare l’ edificazione dell’edificio tra il 1235 e il 1265.

Un palazzo cosi imponente, lontano da grossi centri urbani e lungo la strada di fondovalle serviva, con molta probabilità, alle necessità di controllo del commercio di derrate alimentari con la Toscana e in particolare al commercio di cereali con la città di Firenze.

Verso la metà del XIII secolo infatti il governo degli Anziani di Firenze stipulò con Pietro Pagani un contratto della durata di otto anni per il rifornimento di cereali, facendosi rilasciare in pegno, per garanzia, il suo castello di Castiglionchio nella valle del Lamone, e pagando in anticipo una cifra convenuta per il grano che sarebbe stato fornito solo a lunghi intervalli (6).


Questa costruzione rispettava la tipologia dei palazzi a torre dell’epoca che, pur non essendo fortezze, dovevano garantire una buona sicurezza ai signori che vi alloggiavano. Anche qui il primo piano abitato era molto rialzato dal livello del terreno e ci si poteva accedere solo attraverso scale a pioli rimovibili, la stessa cosa spesso succedeva anche per i piani superiori. Una scala in pietra, all’interno di un fabbricato vicino, portava invece ad un ampio scantinato posto sotto la torre, qui una vecchia apertura tamponata si dice celasse una galleria di comunicazione con la rocca. E’ probabile comunque che una via di fuga sotterranea verso la campagna esistesse davvero.

Quando 1295 Maghinardo Pagani fu costretto, dal Conte di Romagna, ad abbandonare la città di Faenza stabilì la sua dimora in questo palazzo ed è in una delle sue stanze che morì il 29 agosto del 1302.

Scrive lo storico Metelli ”…entrava la Vallata di Amone, ed arrivato al suo Castello di Benclaro, che sorgeva sul medesimo luogo, dove ora siede il borgo di Santo Adriano, ivi fermava la sua dimora.” (7). Dimora che dal testamento si deduce localizzata nel palazzo-torre. Il notaio Martino da Cesena chiude infatti il testamento con la seguente postilla: ”Actum in catro Benclari Faventine diocesis, in camera palacii seu domus ipsius d. Maghinardi”(8). E cioè: testamento redatto nel castello di Benclaro, nella camera del palazzo sua dimora.

Nel corso dei secoli accanto alla torre, nella parte a nord est, si e sviluppato un complesso di edifici colonici che fino agli anni ’60 del ‘900 hanno costituito una preziosa testimonianza, purtroppo oggi perduta, di quanto può essere armonioso l’accostamento tra costruzioni di epoche diverse.




Una delle ultime immagini del complesso 
della colonica di casa Cappello









Ora la torre, più bassa di due piani di quando nel 1302 vi morì Maghinardo Pagani, è stata restaurata ed è un edificio isolato, ma comunque, non sufficientemente lontano da costruzioni che non ne rispettano il carattere e ne disturbano l’immagine.







Nella parte tergale della torre è stata realizzata, in tempi successivi, una scala esterna per accedere al primo piano che nel medio evo era inaccessibile dal livello del terreno. Quando l’edificio fu costruito era più alto di due piani e, molto probabilmente, la strada di fondovalle passava accanto alle sue mura come si vede nella mappa del catasto Leopoldino.
Immaginandolo com’era si può ancora percepire il senso di dominio che il palazzo trasmetteva a coloro che, attraversando la piana di Santo Adriano, passavano sotto le sue mura. Interno dello scantinato con in vista le strutture in acciaio ideate per il risanamento statico della volta in pietra. Buona tecnica di restauro che permette di conservare e separare la visione dell’antico dalla moderna struttura di rinforzo. Opera in ferro eseguita da Mordini Carlo (Marradi) restauro della parte muraria eseguita dalla ditta Neri Luciano (Valnera – Brisighella)

 Nel muro interno della cantina rivolto verso Marradi esiste ancora un vano, ora tamponato, di una grossa apertura sormontata da un arco in mattoni. Notare l’uso di pietra spugnosa nelle parti più spesse della volta allo scopo di alleggerire la spinta sulle murature verticali.

Ma che fine ha fatto invece l’altra grossa costruzione del castello e cioè la rocca che dominava il castro dalla cima dell’attuale colle di Monte Bello?

Maghinardo nel suo testamento lascia il castello di Benclaro, con i benefici del pedaggio che si facevano pagare a Filetta, alla figlia Francesca moglie di Francesco signore di Orsi. Poiché nel documento non si entra nella descrizione delle varie parti del castello è sottointeso che sia il palazzo sia la rocca sia tutte le altre abitazioni e pertinenze vengono ereditate dalla figlia Francesca.

Quando ero bambino i vecchi tramandavano la storia di un fortissimo terremoto che avrebbe spaccato in due la montagna e distrutto la fortezza.

Questo ricordo si lega ad un altro: ero all’asilo (1957-58) quando nelle stanze della canonica di S. Adriano arrivò un gruppo di ragazzi del paese, a me sembravano tanto grandi ma ricordando chi erano, avranno avuto 10 massimo 13 anni, questi portarono a don Nerino una spada e dei pugnali arrugginiti che avevano trovato scavando tra i ruderi della vecchia fortezza. Nel 1922 Padre Serafino Gaddoni pubblica, nella Regia Deputazione di Storia Patria per le provincie di Romagna, il testamento di Maghinardo Pagani da Susinana e nell’ introduzione, parlando del colle dove sorgeva la fortezza, annota: ”Uno scheletro e punte di lancie e di freccie si sono trovate scavando in quel terreno”.





Quando le fortezze sono abbandonate tra i loro resti non si trovano mai manufatti e soprattutto non si trovano armi. I ritrovamenti sopra descritti tra i ruderi della rocca sono i segni una fine violenta, catastrofica e improvvisa.


Un terremoto come tramandano le storie popolari?

Ho verificato gli eventi sismici della regione successivi al 1302 e il primo terremoto con potenza comparabile a quello che distrusse Castiglionchio nel 1279 si verificò il 4 di agosto del 1383 (epicentro Forlì magnitudo 5,37 scala Richter)(9). Ma a quella data, molto probabilmente, la fortezza di Benclaro era già stata distrutta.

In un censimento del 1371 si descrive ”Villa S. Adriani in qua sunt focul XX” (10) ma non si accenna più al Castello.

Quando nel 1428 Averardo dei Medici conquista la rocca di Castiglione, nelle cronache della spedizione viene annotata la presa del castello di Gamberaldi, si parla del castello di Gattara ma non si trova mai nessun riferimento al castello di Benclaro, sicuramente a quella data Benclaro non aveva più nessun valore strategico.

In un rapporto del 1509 si legge: “ Si vedono hoggi in piedi la Torre vecchia e la Rocca nuova di Brassichella, alcuni pezzi di muraglia di Rontana ….Gattara, S. Cassiano, Marradi, Castiglione… . Sono ruinati e spersi a fatto li castelli della Pergola, di Baccagnano…… di Monte Romano, di Donegaglia, di Benclaro ….”(11) .



Questi fatti danno credibilità agli storici che così raccontano la fine della fortezza di Benclaro:

anno 1321 …” la figlia di lui Francesca, che con Francesco Orsini suo marito abitava nel castello di Benclaro o di Santo Adriano dentro la valle di Amone, mal ricordevole dei comandamenti del suo gran genitore aveva negato di pagare le mille lire..’’(12) ai Faentini i quali per ritorsione presero e demolirono per sempre la rocca di Benclaro. I resti ritrovati sul posto sembrano testimoniare che la rocca fu rasa al suolo a seguito di una conclusione violenta dell’assedio. E’ probabile che le cose siano andate proprio così.

Oggi le pietre dell’antica fortezza vivono ancora, un poco più a valle, nelle mura di in una vecchia colonica, di nome Montebello, che fu costruita con i resti dell’antico castello dei Pagani.

Bibliografia

*Dante Alighieri - Divina Commedia – inferno - canto XXVII.

1) Istituto Nazionale di Geofisica e Geologia- terremoti storici.   2) Fantuzzi M. – Monumenti Ravennati – vol. III – pag. 343. 3) Regia Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romagna – vol. IV – Bologna 1922.  4) I Pagani – Libro d’Oro della Nobiltà Mediterranea.  5) Tonduzzi G.C. – Historie di Faenza pag. 271.   6) Il Castellone – La Storia - Fulvia Rivola.   7) Metelli A. – Storia di Brisighella e della Valle di Amone - vol I - pag 141.   8) Cfr. n. 3 – Il Testamento di Maghinardo Pagani da Susinana.   9) Cfr. n. 1.   10) Cfr. n. 2.   11) Calegari A. – Cronaca di Brisighella e Val d’Amone – pag. 39.   12) Cfr. 7 vol I - pag. 217.

1 commento:

  1. Le 1000 lire di cui si parla nel testamento di Maghinardo dovevano essere pagate agli eredi di Alberto Collina, signore di Castrum Collinae e che il Pagani si era annesso come tutte le altre signorie fino all'imolese alla fine del XIII secolo. Uno di questi eredi era Guiduccio di Albertaccio (dalla) Collina, membro del Consiglio degli Anziani e che era già stato temporaneamente scomunicato assieme agli altri dall'Arcivescovo di Ravenna per essersi impossessati del castello di Oriolo. E' probabile che proprio lui abbia condotto i faentini alla distruzione di Benclaro.

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