Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

mercoledì 9 gennaio 2013

La Guerra di Liberazione

Cippo commemorativo dedicato ai partigiani morti 
collocato tra il Paretaio e la Faggiola

dal Paretaio al Monte Battaglia 
con i partigiani…
di Luisa Calderoni




La zona dell’ Appennino che va dal Paretaio al Monte Battaglia, descritta in un precedente articolo apparso su questo blog, ha fatto da scenario alla guerra partigiana combattuta per ostacolare l’estrema offensiva  tedesca durante la Seconda Guerra mondiale. Qui infatti passava la Linea Gotica, ultimo baluardo difensivo tedesco volto a contrastare l'avanzata degli alleati sbarcati nel sud d'Italia.

Mentre gli Alleati faticosamente risalivano le vallate e le giogaie dell’Appennino passando dal Mugello, su queste montagne operò la 36a Brigata Garibaldi “ A. Bianconcini” che sul finire del giugno 1944 contava su circa 400 effettivi, diventati quasi mille ai primi di agosto. Gli uomini provenivano da varie zone dell’Emilia e della Romagna ma anche da Palazzuolo e Marradi. Divisi in sette compagnie di 33-35 uomini, contrassegnate dallo pseudonimo dei rispettivi comandanti, operavano su un fronte lungo circa 16 chilometri. Il loro comando era a Cà di Vestro.



Un'immagine di un ignoto partigiano 
della Brigata Bianconcini

La presenza dei partigiani in questa zona diede problemi molto seri alla Wermacht facilitando con le sue molteplici azioni l’avanzata alleata.  L'obbiettivo della 36a era avanzare con gli alleati verso Imola ed entrare da liberatori  nella città insieme all'esercito americano,  abbreviando i tempi della guerra in Italia. 
Proprio sulle barriere naturali dell’Appennino centrale la Wermacht stava approntando l’ultima linea difensiva, la cosiddetta Linea Gotica, la cui tenuta aveva un ruolo decisivo per impedire lo sfondamento alleato verso la pianura padana. 
E proprio in questa zona, nel settore più delicato della Gotica, nel punto di congiunzione tra la 10° e la 14° armata tedesca, operava la Brigata Garibaldi. 





La scelta dell’alto comando tedesco fu quella di annientarla, ma senza successo, nelle due battaglie della Bastia del 9 agosto e della valle superiore del Rovigo dal 10 al 13 agosto.




Tessera Anpi (Associazione nazionale partigiani d'Italia) per il riconoscimento della partecipazione alla Guerra di Liberazione. 


Man mano che gli Alleati avanzavano conquistando Firenzuola, situata all’imbocco della valle del Santerno, aumentavano anche le azioni dei partigiani che ricevevano, seppur lentamente e faticosamente, le direttive e i rifornimenti di armi dagli Alleati stessi. Le “banden” come le chiamavano i tedeschi, seminavano paura tra le truppe nemiche perchè potevano essere ovunque e non se ne conosceva la reale entità numerica. Esse erano oggetto di grande preoccupazione per i comandi tedeschi e a ragione perché “proprio nella giuntura tra le due armate tedesche e nel momento decisivo di quelle fatidiche giornate stava entrando in gioco il III Btl della 36a …“Preoccupava soprattutto il 350° regt. del col. Frey che, occupata la Faggiola il 23 settembre e presi il giorno successivo i monti della Croce (m.742) e Acuto ( m.735), si proponeva come punta di diamante in vista di Valmaggiore, l’antica chiesa situata su un’altura a m.698 di quota sul crinale principale”.Superate le asperità appenniniche e sfondata la Linea Gotica, niente più poteva ostacolare il dilagare degli alleati nella pianura Padana, se questo fosse stato l' obbiettivo delle nazioni alleate impegnate nella cosiddetta " campagna d'autunno".

Il monumento ai partigiani




                                    



Racconta Nazario Galassi nella sua opera “ Partigiani nella Linea Gotica:”

Quella straordinaria vicenda che cominciò sul Monte Carnevale per poi svolgersi attorno al grosso rudere di castello medievale dai muri spessi a prova di granata sulla cima di Monte Battaglia non è la più intensa e drammatica fra quelle sostenute dalla 36a, ma assume di gran lunga la valenza maggiore sia militare, sia politica per il ruolo svolto nell’ambito dello scontro decisivo della campagna d’Italia, che un autore ( Ingersoll, Segretissimo) indica come “la più amara, sanguinosa, dura, noiosa e nauseabonda di tutta la seconda guerra mondiale”. I partigiani della 36a consegnando agli americani quelle alture, comprese fra le valli del Senio e del Santerno, tennero aperto un varco, attraverso il quale le truppe alleate avrebbero potuto raggiungere rapidamente Imola e di qui le valli di Comacchio, annientando l’esercito tedesco per arrivare in poco tempo alle Alpi e risolvere in quei giorni la guerra d’Italia, che invece continuò fino al maggio dell’anno successivo (…) Fu un’occasione irripetibile, che purtroppo non si volle afferrare.”



36a Brigata "Bianconcini" Garibaldi
Foto della 36a Brigata Garibaldi scattata nell'estate del 1944 a Molino Boldrino, tra Casola Valsenio e Brisighella. Si riconoscono: il comandante della Brigata Luigi Tinti "Bob" (a torso nudo), alla sua sinistra il comandante di Battaglione Guerrino De Giovanni e (accasciato a destra) Roberto Gherardi, Vice Commissario. Foto donata dal CIDRA di Imola




In particolare Monte Battaglia, occupato e difeso dagli uomini della 36°, fu facilmente raggiunto dagli Alleati che, dopo aver preso Valmaggiore, vi furono guidati dai partigiani stessi lungo un percorso al coperto sul lato sud- orientale del crinale: la più importante delle alture che bloccavano la strada per Imola era stata presa senza combattere grazie alle azioni dei partigiani. 




I ruderi del castello di Monte Battaglia e, 
in primo piano, il monumento ai caduti 
(un corpo a pezzi).






Il monte Battaglia in una foto d'epoca
La controffensiva tedesca non tardò ad arrivare ma trovò la feroce opposizione di partigiani e “blue davils “ americani che tenendo Monte battaglia tolsero ai Tedeschi l’ultimo baluardo difensivo della Linea Gotica. Entrambe le forze in campo continuarono a dissanguarsi, gli Alleati nella difesa di monte Battaglia, i Tedeschi nella riconquista di una postazione ormai militarmente inutile essendo già stato deciso dai “vertici” che qui si arrestavano sia la campagna d’autunno sia l‘offensiva alleata sulla Gotica. Da quel momento, in attesa della primavera, gli Alleati, secondo gli accordi politici precedentemente intercorsi, dovevano limitarsi ad impegnare le armate tedesche immobilizzandole per impedire che fossero spostate su altri fronti di guerra.


Il monte Battaglia, il cui nome,  probabilmente di origine longobarda, non fa riferimento allle battaglie della II guerra mondiale che lo ricoprirono di cadaveri, nella sua vicenda di estremo, inutile baluardo tra due agguerritissimi schieramenti, sembra essere un' ulteriore simbolo dell’assurdità della guerra in tutti i suoi aspetti eroici e retorici: prima ricoperto di cadaveri di varie nazionalità, ora ricoperto di lapidi plurilingue a memento della trasversale follia umana.
Altre lapidi,  in altri monti della,  zona ci ricordano con i loro tristi elenchi di morti questo passato doloroso... 
















A sinistra: una formella in ceramica con il monumento ai partigiani del Passo della Faggiola e, a destra, la lapide con i nomi dei partigiani caduti al Passo della Sambuca.



Fonte: Nazario Galassi: “ Partigiani nella Linea Gotica”, University Press Bologna, 1998.




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