Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

sabato 24 gennaio 2015

Gli schiavi di Hitler

La prigionia di Adelmo Mercatali
nei ricordi di suo figlio

Mauthausen



Arrivarono alla stazione di Mauthausen e salirono il colle sospinti e bastonati, con il ringhio dei cani da guardia. Il lager in cima era una specie di fortezza con una grande aquila sopra la porta. Era già chiaro che sarebbe stata durissima ma ancora non sapevano quanto, perché una persona normale non può immaginare una cosa del genere. Con loro c'era un gruppo di ergastolani, perché i Tedeschi avevano sgomberato il carcere di Porto Azzurro, all'isola d'Elba. Uno di loro, silenzioso e preoccupato, aveva appuntito il manico di un cucchiaio di latta a furia di strisciarlo sul muro, per farne una specie di arma. Essendo pratico aveva capito che quello non era un carcere ma una macelleria. Remo Scalini, per gli amici Il Bigolo, lo prese in giro e l'ergastolano gli sferrò un colpo mancandolo di poco. Poi nei giorni successivi costoro furono trasferiti e non si videro più.

Ogni tanto passava un deportato spagnolo, che era stato catturato in Francia, dove si era rifugiato dopo la fine della Guerra di Spagna (1939). Vide che Adelmo era un "triangolo rosso" , numero 1782 cioè un detenuto politico e si fidò di lui e degli altri.


Il triangolo di Adelmo. Gli venne assegnato al campo di concentramento di Fossoli (Modena). Il triangolo si portava sul petto e sulla manica sinistra: rosso politico, nero zingaro, verde delinquente comune, rosa omosessuale ...

Essendo esperto del luogo lo spagnolo con il triangolo verde diede dei buoni consigli: "dichiarate di sapere un mestiere utile, perché i Tedeschi hanno un disperato bisogno di manodopera e vi manderanno ai lavori forzati. Se rimanete qui c'è poco da fare per voi".
Così Alberto Ciani disse che era un calzolaio e Remo Scalini un camionista mentre Adelmo che sotto le armi aveva fatto il radiotelegrafista disse di essere un tecnico radio e un elettricista. Fu assegnato a un kommando di forzati e preso dalla ditta Hans Hager di Bad Ischl dove si accorsero subito che di cose elettriche non si intendeva e lo mandarono nella squadra delle riparazioni idrauliche e dei danni dei bombardamenti. Per fare delle riparazioni capitò anche in casa del musicista Franz Lehar, che gli lasciò per ricordo questa foto con la dedica.



La ditta era quasi priva di operai validi perché tutti erano al fronte. C'era un ragazzino austriaco, Gustl, qualche anziano e i deportati. Era stata militarizzata e posta sotto il controllo delle SS. I deportati dipendevano dalla ditta durante le ore di lavoro e dopo passavano sotto sorveglianza dei kapò in un recinto di filo spinato percorso da corrente elettrica pieno di baracche sgangherate, fino al giorno successivo. Era uno dei tanti campi satellite di Mauthausen, un Kommando Arbeit di forzati, dove si rimaneva finché si aveva la forza per lavorare. Gli sfiniti, gli ammalati e quelli che creavano problemi tornavano al campo principale e ...

Hans Hager non era un nazista e trattava umanamente i prigionieri che lavoravano nella sua ditta.



Hans volle mettere le cose in chiaro per non avere guai con le SS e fece firmare ad Adelmo questo contrattino, mezzo in tedesco e mezzo in italiano, nel quale mio babbo si impegnava a non scappare, a impegnarsi nel lavoro ...


"... e se non dovessi attenermi alle dovute prescrizioni che devono essere attese da me, posso contare a una durevole permanenza nel campo di concentramento".




Così Adelmo e gli altri personaggi di cui parla nel suo libro, che dipendevano da altre ditte dello esso Arbeit Kommando, vissero per tutto l'inverno 1944 come coatti, al lavoro per rimediare in qualche modo ai danni devastanti dei bombardamenti nella fine apocalittica della guerra.


La ditta Hager fece fare i documenti di riconoscimento ai deportati, perché le squadre giravano per riparare i danni dei bombardamenti e i controlli erano frequenti.
Questo fu importante, perché con questi documenti Adelmo poté poi dimostrare che era stato un lavoratore coatto.

Dopo la fine della guerra i rapporti con la famiglia Hager non si interruppero e nel 1950 Adelmo, in Austria in viaggio di nozze, passò da Bad Ischl.


... Délmo, gli disse commosso Gustl, il ragazzino che lavorava con lui nella squadra, sei tornato? Vieni anche tu a dire qualcosa a quelli ... Adelmo si schernì e Gustl lo rimproverò un po' :
 ...     non ti ricordi più che cosa ti hanno fatto? Era diventato comunista e odiava profondamente chi era stato nazista. Hans Hager lo capiva e spiegò che le sofferenze l'avevano segnato dentro e si era incattivito. Con il tempo forse sarebbe tornato il ragazzo dolce che era ...



Fra le carte di mio padre c'è ancora una lettera di Franz Hager che dimostra che non tutti gli austriaci furono nazisti e c'era anche chi non si lasciò coinvolgere nella follia della dittatura.

Caro Adelmo
 mi conceda di usare questo modo di rivolgermi a Lei che era consueto durante la sua permanenza a Bad Ischl. Mi scusi per il fatto che io solo adesso rispondo alla Sua lettera del 20 agosto che fu persa e che dovette essere ricercata diligentemente dopo il ricevimento della sua premurosa cartolina del 26.12.1949.
Io, mia moglie e i bambini che due anni e mezzo fa sono aumentati di un maschio ci rallegriamo di poter salutare il sempre gentile e amabile Adelmo nel 1950 con la sua apprezzata fidanzata come ospiti assolutamente benvenuti di tutto cuore. Per la perdita di suo padre accetti le mie più sentite condoglianze. Nel 1948 abbiamo perduto il padre e poche settimane fa la madre di mia moglie. Nel marzo 1950 andrò a Roma con il club dell'OVP, Sezione dell'Austria superiore (Osterreichische Volkspartei, Partito Popolare Austriaco) di cui dal 1945 faccio parte e porterò con me mia moglie.
Per il prossimo suo matrimonio accetti i miei più sinceri auguri di felicità; sono convinto che la sua fidanzata sia una cara e buona persona, altrimenti Lei non le sarebbe piaciuto. Mi darebbe una particolare gioia poter ricevere sue notizie ...   Franz Hager



Nel 1999 il Governo Austriaco varò il cosiddetto Piano di Riconciliazione, ossia  un riconoscimento finanziario e soprattutto morale per tutti quelli che potevano dimostrare di essere stati ai lavori forzati in Austria. Dopo una settimana anche la Repubblica Federale Tedesca emanò una legge per indennizzare i deportati nei campi di sterminio.

La legge approvata dalla Camera Alta del parlamento tedesco, il Bundesrat, prevedeva indennizzi per le seguenti categorie di lavoratori schiavi:
"deportati in ghetti chiusi, campi di concentramento e di educazione al lavoro, in prevalenza ebrei, che avranno l'indennizzo individuale più alto, e lavoratori forzati, costretti a lavorare per le imprese tedesche e detenuti in campi sorvegliati".
Il Fondo tedesco venne finanziato con 10.000 miliardi di lire, versati per metà dal governo e per metà dalle imprese.

Ricordo che nel 2004 accompagnai mio babbo alla Cassa di Credito Cooperativo di Faenza per riscuotere l'assegno del rimborso tedesco e il cassiere lo guardò stupito e gli disse: "un bonifico con una causale come questa non l'avevo mai pagato".


















Qui accanto: il bonifico e la causale: Programma Tedesco di indennizzo per gli ex lavoratori forzati sotto il regime nazista. Decisione: per lavoro forzato in condizione di schiavitù.



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