Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

domenica 26 aprile 2015

Un tour nella Valle del Lamone e del Marzeno

100 km di allenamento ciclistico primaverile
di Claudio Mercatali


Il ponte di Marignano, che ha la buffa particolarità di avere il confine
 fra Toscana e Emilia Romagna
 a metà dell'arco.



Una regola generale del cicloturismo dice che prima di affrontare le salite dell' appennino bisogna fare mille chilometri nelle strade piane per "fare la gamba". In questi allenamenti conta il movimento agile, ma scegliamo un percorso dove ci sia qualcosa da vedere, perché le strade di pianura sono poco faticose, ma monotone e spesso bruttine.
Il tour di oggi è da Marradi lungo la valle del Lamone, con un approccio finale alle prime colline di Faenza.





A Popolano di Marradi deviamo subito verso la comunale per S.Martino, perché le vie giuste per le bici sono quasi sempre quelle con meno traffico. Questa stradina era la strada principale per Marradi prima del 1830, e venne abbandonata perché il Granduca Leopoldo fece costruire il ponte di Marignano e spostò la carreggiata oltre il Lamone.
Da un punto di vista viario aveva ragione, ma qui siamo a solame e d'inverno o nella mezza stagione si va meglio. Del resto se da Marradi a Faenza la strada corre sempre a sinistra del Lamone un motivo ci sarà.



Il ponte di Sant' Eufemia (Brisighella)


A Brisighella conviene imboccare la strada di Sarna, perché la via verso Faenza da quella parte è piacevole e non c'è traffico. Al bivio della strada detta Carla c'è da fare la prima salitella.
Sono 1500 metri duri ma panoramici su per un collinotto che dà sulla valle di Marzeno. In cima c'è il monumento al ciclista e un cartello spiega che è dedicato "A tutti i Radunisti d'Italia".





Il monumento ai "Radunisti d'Italia" 
e il bel panorama 
della valle di Marzeno.


Chi sono costoro?
Nelle intenzioni di chi scrisse sarebbero i cicloturisti che a gruppi passano di qui e forse anche quelli delle auto d'epoca, che fanno bollire un po' d'acqua nei radiatori mentre percorrono queste curve guardando il bel panorama della Romagna.





Il campo sportivo
della chiesa di Rivalta



Anche la vallata del Marzeno è piacevole in bicicletta, forse più di quella del Lamone, ma oggi la percorreremo poco, fino alla chiesa di Rivalta, dove c'è l'imbocco di una straduccia che porta a Santa Lucia delle Spianate.
Nel 2013 dall'aereo si trovava facilmente, perché qualcuno si prese la briga di tosare l'erba del campo sportivo parrocchiale in questo modo (ingrandisci la foto e guarda). Senza l'aereo si deve fare attenzione al cartello "Via Uccellina" che è sette - ottocento metri dopo il campanile.





Come si sarà capito si cerca di evitare Faenza e il traffico, grande nemico dei ciclisti. Santa Lucia è un bel paesino, oggetto di  speculazione edilizia non esagerata negli anni Novanta.
E' un crocevia di straducce che portano in diversi posti interessanti ma oggi andremo diritti per un paio di chilometri fino alla strada per S.Mamante, una chiesa in cima ad una collina, che merita una visita.
Si arriva con qualche affanno in questo posto già noto agli amanti del pedale di cento anni fa.







Olindo Guerrini era un poeta dialettale di fine Ottocento e inizio Novecento. Anticlericale e blasfemo, fu denunciato dal vescovo di Faenza e condannato per diffamazione. Girò mezza Italia in bicicletta, scrivendo poesie. In questa qui accanto parla della chiesa di S.Mamante, nella collina dove siamo ora.
Dice che dopo la messa sua moglie comprò un' ampollina d'olio benedetto, contro i dolori, ma lui lo usò per ungere la catena della bicicletta e (... per punizione?) successe che ... ingrandisci e leggi ... 




Da S.Mamante, imboccando una straduccia chiamata Via di Oriolo, si passa facilmente all'altura di fronte. E siamo così giunti a Oriolo dei Fichi, un collinotto dal quale si vede mezza Romagna.
Il posto è incantevole e piacque anche a Guidantonio Manfredi, signore di Faenza.

Dalle carte dell' Archivio Mediceo avanti Principato risulta che costui nel 1428 si accordò con i Fiorentini rinunciando a Marradi e Modigliana, ed ebbe da Firenze l'appoggio per ottenere la media e bassa valle del Lamone e dell' Acerreta. La Signoria dei Manfredi era difficile da espandere ulteriormente, perché a Forlì dominavano gli Ordelaffi, ossi duri, e a Imola gli Alidosi, ai quali si poteva strappare qualche sito, ma a prezzo di una guerra.



Lo stemma dei Manfredi, 
signori di Faenza.


Però per via più o meno diplomatica si poteva ottenere Oriolo dei Fichi, un castellare con cinque o sei chilometri quadri di territorio, "comune rurale" per privilegio medioevale, e cioè quasi indipendente, sottoposto solo all' autorità papale. Per averlo serviva un accordo con i Fiorentini, padroni di Modigliana, e con il papa. Con i Fiorentini fu semplice, perché Guidantonio aveva una Compagnia di Ventura, comandata dal fratello Astorre e Firenze era ai ferri corti con i Visconti di Milano, e aveva bisogno di gente armata.
Con il papa Martino V invece ci furono dei problemi. Il 7 marzo 1431, poco dopo la morte del papa, Guidantonio pensò che fosse il momento di agire e scrisse questa lettera ai governanti di Firenze, che la tiravano per le lunghe. Leggiamo ...


Oriolo dei fichi 
in una vecchia stampa di Guido Rossi


"Nobili ed egregi uomini ... la grandissima confidenza e la speranza indubitata che sempre ho avuto e ho in voi mi muove a notificarvi questo messaggio.
Voi sapete la singolare e filiale devozione che in passato ho avuto in quella magnifica ed eccelsa corte (Firenze) e quanto sempre per quella ho operato e fatto per la sua esaltazione e grandezza, mettendo per conservazione di essa non solo l'avere ma la propria persona e sottomettendomi a grandissimi pericoli. E inoltre vi è noto come mi fosse promesso, a chiare lettere, finita la guerra, di assegnarmi il castello di Oriolo, e seguita la pace non è successo.
Sia tramite il magnifico Signore e padre mio Conte di Urbino sia eziandio (anche) tramite i miei ambasciatori e cancellieri ho fatto domandare a quella Vostra Signoria e da loro sempre mi fu data risposta di ben fare senza alcun effetto, per la ragione che sua Santità non era contenta e nonostante che non ci fosse bisogno che quella parte fosse d'accordo con me, sono stato paziente com'era nella volontà delle Signorie loro.


Ora che il papa è morto e non c'è più ostacolo né scusa, di nuovo ho fatto domandare alla Vostra Signoria di avere il detto castello di Oriolo e la risposta loro è stata che essi erano impediti e che senza nessun dubbio l'intenzione era di darmi quello come promesso e che le cose erano andate per le lunghe non per volere ma per darmelo con l'assenso del papa e della chiesa, e perché il papa è morto ma non sono morti i cardinali che fanno tutto, e così non era morta la chiesa. Volevano attendere e vedere chi fosse papa perché avevano piacere che fosse d'accordo e allora con licenza di chi sarà mi darebbero questo castello. Della qual risposta mi meraviglio molto che, trattenendo così il mio avere, vogliano darmi a intendere di volermi più bene di quanto me ne voglia io stesso.



La qual cosa ho deliberato di notificarvi pregandovi sopra di ciò e che facciate dove bisogna quello che vi pare e comprendiate che sia un onere e un debito di quella corte (Firenze) e anche se non mi è stato detto ho inteso che è stato creato nuovo pastore (papa) il vescovo di Siena (Eugenio IV) nel quale posso comprendere che lor signori hanno o avranno grande confidenza, per la qual cosa ora mi pare il caso di dover di nuovo supplicare per la detta materia e anche considerata la risposta che ho avuto dalla Signoria loro, sperando di avere un buon effetto ... ".

da Faenza, die VII marzo 1431


Da buon romagnolo Guidantonio era stato duro e diretto nel dire, ma Oriolo dei Fichi gli venne dato solo in via provvisoria. Il castello passerà sotto Faenza solo nel 1478 dopo che il suo successore avrà pagato 2.500 fiorini all' arcivescovo di Ravenna.

Nei giri in bici si cerca l'anello, cioè si evita il più possibile di ripetere la stessa strada al ritorno. Dunque scendiamo da Oriolo dei Fichi senza tornare a Santa Lucia. C'è una straduccia che dopo un certo girovagare porta a Faenza e sbuca nella strada per Modigliana proprio accanto alla circonvallazione. Poi un'altra strada va a Brisighella  passando da Sarna.



Siamo nel cuore delle piantagioni di peschi del faentino, che sono così estese che al momento della fioritura si vedono anche dal satellite Landsat. Ve la ricordate la canzone di Lucio Battisti?

"... fiori rosa fiori di pesco ... c'eri tu ... fiori rosa ... stasera esco ... ho un anno di più ..."


Se si passa nel pieno della fioritura l'ambiente distoglie dalla fatica, il saliscendi della strada impone uno sforzo giusto e pensando al più e al meno si arriva facilmente vicino a Brisighella.

Poco prima delle Terme si potrebbero imboccare le strade della Bicocca o del Casale, che portano entrambe a Modigliana con uno scavalco da infarto. Una decina di anni fa durante un Giro d'Italia passò di qui Mario Cipollini, della Saeco, che era un velocista e un play boy ma in salita era un brocco. Si racconta che una donna gli urlò e lui scese dalla bicicletta e la rincorse un po' nel campo. Però lei da lontano gli urlò ancora:

" ... t'un nì capì! Adess t'i da corr drì a ch'itre, no drì al donn!" .


Mario Cipollini


Ecco il ponte delle Terme. Siamo a Brisighella, che da questa parte della valle fa un effetto ancora migliore. Il paese venne fondato nel 1290 da Maghinerdo Pagani da Susinana, signore di Faenza e dell'intera valle del Lamone. "Fondare"  forse non è il verbo giusto, perché in realtà Maghinardo rase al suolo il castello di Baccagnano, che era sopra alle Terme, per punire gli abitanti del luogo che gli si erano ribellati e li costrinse a rifare le case nel calanco là di fronte, dal quale emergono i tre colli di gesso. Da un punto di vista agricolo il danno fu grosso, però in compenso prese forma l'abitato attuale, che ha un assetto urbanistico unico.

Adesso si tratta di trovare una pedalata agile e di risalire la valle consumando le residue energie.
Ecco la Pieve di Tho, la Piev dl'ot, dell' ottavo miglio a partire dalla via Emilia. Un miglio romano era poco più di un chilometro e mezzo e quindi si arriva quasi subito a Ponte Nono.
I nomi d'origine romana continuano fino alla Pieve di Undecimo, subito a monte di Fognano, e poi non ce ne sono più.

Le forze svaniscono rapidamente e devo misurare il passo con la gamba. Salgo con il 34/21 un rapporto leggerissimo, e se siete dei cicloturisti scuoterete senz'altro la testa leggendo queste righe. A quindici km/h ci vogliono circa tre quarti d'ora per arrivare al Ponte di Marignano. Qui si cambia regione e si passa in Provincia di Firenze. Però il confine non dice il vero e siamo sempre in Romagna. Sembra impossibile ma è così.
Comincia l'alta valle del Lamone e si vede il castello di Marradi, laggiù in fondo ...


Fonti: Archivio mediceo avanti Principato, filza 11 doc.7.
Olindo Guerrini, Sonetti romagnoli, Zanichelli (BO)


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