Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

lunedì 8 febbraio 2021

Al chilometro uno

Un sopralluogo all’ inizio della strada Faentina antica
Ricerca di Claudio Mercatali



1783 Il conte Scipione Zanelli arriva a Marradi in carrozza da Campora lungo la Faentina Vecchia (una avventura).





La strada Faentina collegava la Romagna a Firenze già al tempo dei Romani. Se ne trova traccia nell’ Itinerario Antonino, uno stradario di quei tempi, nel quale Biforco è indicato con il nome di Castellum (si pensa che sia il Castellaccio), ripetuto tante volte nella cartografia medioevale.

Dalla metà del Quattrocento alla metà del Settecento, al tempo dei Medici, questo percorso fu usato soprattutto per importare sale e grano dalla Romagna ma era volutamente ristretto e malagevole, in modo da essere poco praticabile per le salmerie e gli eserciti che potevano invadere la Toscana.

I pellegrini diretti a Roma potevano passare ma il loro transito era penalizzato dai pedaggi, dai controlli e dai pochi ostelli disponibili a basso prezzo. Era così anche alla Futa, al Muraglione e al Giogo, perché questi valichi portano nel Mugello, cioè troppo vicino a Firenze e la cintura sanitaria voluta dalla Signoria non favoriva certo il transito di queste persone, spesso portatrici di epidemie. Le Vie Francigene più vicine a noi sono ai Passi della Calla, dei Mandrioli, dello Spino, verso il Valdarno aretino, lontano dalla Città.

Le cose cambiarono alla fine del Settecento, con i Granduchi di Lorena. A quei tempi i commerci con il nord Italia erano diventati indispensabili e il problema delle invasioni non c’era più perché questi granduchi erano del casato Asburgo, lo stesso che controllava quasi tutto il nord Italia. Per questo il Granduca Leopoldo I di Lorena rinnovò i valichi, prima al Muraglione, Poi alla Colla e al Giogo, cambiando i tracciati dove era necessario.

A valle di Marradi la variante più importante fu a Popolano dove la strada granducale venne portata oltre il Lamone, verso San Adriano, Rugginara e Marignano. Il ponte di Marignano fu inaugurato nel 1817, la nuova dogana di Rugginara nel 1841. La vecchia Faentina medioevale, da San Martino in Gattara alla Badia di Campora e poi a Popolano andò in disuso e divenne un semplice stradello interpoderale, com’è anche oggi.

Fino al Settecento il confine con lo Stato Pontificio da Popolano a San Martino non era chiaro, perché oltre il Lamone c'erano diversi campi del Granducato, frutto di sconosciuti accordi o disaccordi medioevali. Dunque la Vecchia Faentina era nel territorio della Chiesa ma toccava diverse enclaves granducali e per semplificare furono proposte delle modifiche, che però andarono a buon fine solo alla fine del Settecento.



Qui accanto: il confine fra il Granducato e lo Stato Pontificio dopo le rettifiche della fine del Settecento. Oggi è il limite  fra Toscana e Romagna.


Il primo miglio della vecchia Faentina sotto piena sovranità toscana cominciava alla Badia di Campora, dove c’era il confine ufficiale con lo Stato Pontificio e finiva circa a Filetto, secondo un tracciato che non corrisponde alla strada maestra odierna. Eccoci al punto che ci interessa: c’è rimasto qualcosa? Andiamo a vedere.

La Badia di Campora oggi è una casa poderale dismessa ma il nome indica una diversa origine e nel medioevo era un convento o un cenobio. Non se ne sa di più e già nella cartina della valle del 1597 compare appena come un edificio secondario di culto.

 


La costruzione della ferrovia Faentina alla fine dell’ Ottocento cambiò completamente questo sito e al fosso di Ghizzana il tracciato stradale antico fu interrotto. Però nel fosso c’è ancora l’arco del ponte di Vasculla che consentiva il passaggio verso Popolano. E’ sepolto nella vegetazione, pericolante anche solo per il passaggio a piedi, però è bellissimo nel suo genere, un po’ come spesso le rovine delle quali non ci si aspetta l’esistenza. Si potrebbe proseguire passando dalla ferrovia, però l’attraversamento dei binari è vietato e qui è anche poco agevole. Oltre la strada ferrata c’è la strada vecchia per Valnera, il cosiddetto Sentiero di Garibaldi, che scende a Popolano attraverso il Ponte di Buscone, chiuso perché in parte crollato ma aggirabile con un sentiero laterale. Oltre questo ponticello la via diventa agevole e nel giro di alcune centinaia di metri ci porta a Popolano. 


Con il tempo ha perso ogni funzione di collegamento ed è diventata una Via Crucis e un percorso nel quale la devozione popolare ha fatto sorgere tanti tabernacoli, ex voto per grazia ricevuta, lapidi a ricordo e quant’altro.

 


Ci si avvicina così a Popolano da una parte insolita e il paese si vede oltre il fiume Lamone.




A Popolano la strada percorre il retro delle case lungo tutto il paese. In realtà la parola “retro” qui non è esatta perché osservando bene le finestre e i portoni ci si rende conto che queste erano le facciate degli edifici, rivolte in antico verso la strada principale.


Clicca sulle immagini

se le vuoi ingrandire





Qui nell’edificio più grande c’era la Dogana delle Campora, e ancora oggi è noto come La Dogana. Accanto c’è una chiesina antica, dedicata nel 1920 ai caduti della Prima Guerra Mondiale. Fu voltata di 180 gradi, ossia la porta fu murata per aprire quella odierna dalla parte opposta, nella piazzetta di Popolano.

Alla fine del paese la vecchia Faentina sbocca nella strada odierna, con un raccordo recente. Prima andava diritta nei campi per circa duecento metri e poi passava davanti alla casa di Filetto. Il muro che oggi costeggia la strada per Faenza è della Faentina medioevale.



L’edificio di Filetto è almeno del Cinquecento, perché compare a filo della strada in una cartina del 1597 con un profilo laterale che oggi c’è solo in parte, con un portichetto dipinto e una chiesina.



Siamo ormai al traguardo; nel punto del muro in cui la nostra indagine si ferma c’è la pietra miliare K8 che non si capisce bene che cosa indica. Da qui al Ponte di Marignano, frontiera lungo la Faentina nuova del Granduca Leopoldo ci sono 6 km e dalla Badia di Campora ce n'è uno.

 

 

   

2 commenti:

  1. Sono incantato dai vostri articoli, il linguaggio che usate me li rende veramente piacevoli da leggere, li accompagnate da tanti documenti storici e foto del presente che me li fanno vivere. E' sempre un piacere leggerne di nuovi! Grazie!

    RispondiElimina
  2. Ad oggi i nomi comuni dei luoghi intorno a Campora sono i seguenti: le 3 case indicate nella foto come Campora si chiamano Campora di la (la casa piccola più vicina alla strada comunale), Campora (la casa grande a forma di capanna) e Campora di sopra (la casa sopra alla ferrovia). Andando verso S. Martino, superato il confine, c'è un podere a sinsitra vicino al fiume che si chiama Badia. Probabilmente la Badia di campora è quella casa, che è già in territorio romagnolo

    RispondiElimina