Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

giovedì 22 luglio 2010

Briganti e malandrini nell' Ottocento


Breve storia di alcuni episodi
avvenuti nella zona di Marradi
 
ricerca di Claudio Mercatali

 
Nell’Ottocento il brigantaggio era frequente nella zona di Marradi e di Modigliana, perché il confine con lo Stato Pontificio era una comoda via di fuga per i contrabbandieri e i fuorilegge dell’ agitata Romagna ottocentesca, ma non solo per loro. C’era anche un brigantaggio nostrano, fatto da persone un po’ sbandate che si aggiravano per le campagne cercando di arraffare quello che potevano. Ci furono tanti episodi, tutti finiti male, in genere a fucilate con i gendarmi o dopo un inseguimento fatto dai contadini armati di forcone. Sono storie di miseria, a tratti buffe o penose, di povera gente che cercava di campare rubacchiando ad altra povera gente.

La banda Buriga compì le sue scorrerie nella zona di Modigliana. Tredozio e Marradi, nei primi anni dell’Ottocento. Era formata da una decina di elementi, guidati da un tal Giovanni Montanari, detto appunto Buriga, originario di Bagnacavallo, un paese fra Faenza e Ravenna, che prima di darsi al banditismo era stato un domestico della famiglia Dappiani di Modigliana. I suoi compari erano gente della zona, cinque contadini, un bracciante, due vetturali e un mercante di pentole. I più giovani probabilmente si erano dati “alla macchia” e al banditismo perché coscritti.

LA COSCRIZIONE Napoleone conquistò l’Italia nel 1799. I Francesi richiamavano continuamente alle armi i cittadini, e i richiamati, detti “coscritti” spesso erano renitenti alla leva e latitanti.

Uno dei contadini più anziani era già stato condannato per brigantaggio e uno dei due vetturali era evaso dal carcere di Faenza. Gli altri erano incensurati.

Si aggiravano per le campagne commettendo piccoli furti di cose e bestiame, più qualche grassazione organizzata meglio ai danni di qualche benestante di Modigliana e Tredozio. Uno dei loro bersagli preferiti erano le canoniche delle chiese di campagna, perché evidentemente dai preti si poteva rubare qualcosa in più da mangiare e forse qualche spicciolo. Il loro brigantaggio durò dal 15 ottobre 1809 al 21 febbraio 1811. In questo giorno un benestante di Tredozio, nel corso di una rapina ai suoi danni, riuscì a dare l’allarme suonando una campana. Così Buriga e i suoi furono inseguiti dalla gente di Tredozio e dai gendarmi di Marradi, e rimasero bloccati presso la chiesa di Santa Reparata, nella vallata di Lutirano, proprio al confine fra Marradi e Modigliana. Qui ci fu uno scontro a fuoco, due banditi furono uccisi e gli altri catturati.

Furono portati a Firenze per il processo e le condanne furono durissime. Buriga il 12 settembre 1811 fu condannato a morte e fucilato. Un contadino di diciotto anni fu condannato ai lavori forzati a vita e un altro subì una condanna a dodici anni. Ci fu anche qualche assoluzione, soprattutto per i briganti più anziani, che si erano arresi subito senza sparare.

Bisogna però ricordare che nello scontro all’ Osteria de vdòc (l’Osteria del pidocchio) morì una guardia. Dov’era questa osteria?
Nella vecchia carta del geometra Morozzi (1780 circa), si vede che il Poggiolo dell’Osteria del pidocchio è lungo la vecchia strada da Modigliana a Marradi. L’Osteria era lì, vicino alla chiesa di Santa Reparata.

Vdòc (pidocchio) in romagnolo significa anche “avaro” e con ogni probabilità qui c’era un oste che lesinava nella mescita, oppure il posto non era il massimo per l’igiene. La notizia di queste scorribande era giunta anche a Firenze e nel 1810 la Prefettura scrisse a “le Maire” di Marradi, cioè al Sindaco di nomina francese, offrendo 25 fanti d’aiuto per reprimere il fenomeno. Però il Sindaco Remigio Fabroni rifiutò, dicendo che ormai il problema era risolto. Non era vero, ma i soldati francesi avevano una pessima fama fra la gente e si preferì dire una diplomatica bugia purché non venissero. La figura del brigante ha sempre colpito l’immaginario collettivo della gente. A questo contribuiva l’insicurezza della vita nelle case isolate, il buio, il timore degli sconosciuti e il rischio continuo di essere derubati da qualche disperato. Era facile pensare ai briganti e ai malandrini quando si vedeva un viandante armato.

Lo storico Metelli racconta che nel 1848, alla fine della Prima Guerra di Indipendenza, il Governo Pontificio mandò dei soldati verso Marradi, al confine con il Granducato, nella zona di S.Martino e Rugginara, per rendere più sicure le campagne, e successe che:

“ … vennero da Brisighella venticinque fanti pontifici, condotti da un tenente. Andando costoro ogni giorno pel contado in traccia dé malandrini che infestavano le campa¬gne, accadde per la poca pratica che avevano dé luoghi, che entrassero nei confini della Toscana dalla parte di Marradi, ove alcuni onesti uomini se ne givano cacciando a diporto su quei monti. Uditosi dai soldati lo strepito degli archibugi, sospettarono che fossero ladroni, e perciò si diedero a seguirli, e questi credendo di essere seguiti da briganti, giacché quei fanti non usavano cappelli soldateschi, si volsero a fuga verso Rugginara (= alla dogana), dove arrivati sparsero terrore fra i soldati che vi riscuotevano le gabelle, sicché arraffato in fretta il pubblico denaro se ne fuggirono insieme verso Marradi, Scopertasi poi la verità il Governo Toscano richiamossi fortemente pei violati confini a quello del Pontefice, il quale per satisfare i vicini ordinò che que’ fanti venissero ritratti immantinente da Brisighella…”.

Gli edifici dell'ex Dogana di Rugginara

Dunque lo sconfinamento provocò un piccolo incidente diplomatico. Dopo il 1848 lo Stato Pontificio imboccò la china del disfacimento irreversibile e fino al 1859 ci fu il vuoto di potere. In questo clima di sbandamento trovò spazio il più famoso dei briganti romagnoli, il Passatore, che però non arrivò mai a Marradi. Nel 1851, dopo la sua morte, i suoi seguaci, dispersi, continuarono con il banditismo, e qualcuno di loro ogni tanto passava il confine del Granducato per sfuggire alle guardie pontificie. Le cronache narrano che Giuseppe Afflitti, detto il Lazzarino, si permetteva addirittura di fare qualche esercitazione di tiro a segno nelle campagne di Marradi più vicine alla Romagna. Di fronte a tanta sfrontataggine il Governo Granducale nel 1854 mandò a Marradi un plotone di soldati austriaci, che rimisero rapidamente le cose a posto. L’arciprete si lagnò di loro, perché avevano trovato comodo alloggiare nell’Oratorio del Suffragio, proprio sulla piazza del paese, dopo aver messo da parte candele e paramenti.

Il Lazzarino fu il più longevo dei briganti romagnoli e fu fucilato a Bologna nel 1857. Un compare del Lazzarino, Giuseppe Zanelli detto il Cesarino, fu ucciso nel luglio 1853. Secondo alcuni documenti dell'epoca don Pietro Valgimigli, detto don Stiffelone, arciprete di S.Valentino di Tredozio, complice, per tenere tutto per sé il bottino delle rapine organizzò una trappola chiamando i gendarmi del Granduca.

Le “avventure” dei briganti finirono subito dopo l’Unità d’Italia, perché senza il confine di Stato non si poteva più riparare “all’estero” e la nuova polizia sabauda, i Carabinieri, erano molto efficienti. Ci furono però vari episodi di banditismo e di rapina, da parte di gruppetti armati che si scioglievano dopo il “colpo” e poi si ricomponevano per qualche altra malefatta.

Il Lazzarino in un vecchio disegno








Il 16 maggio 1872 la diligenza di Angiolo Cappelli percorreva la strada Faentina fra Crespino e Casaglia (la ferrovia non c'era ancora) e venne assalita dai briganti, nel modo descritto qui accanto ...

Il 6 ottobre 1876 il comandante della Stazione dei Carabinieri di Marradi così scrisse:

“Facendo seguito al mio rapporto del 4 corrente partecipo alla Signoria vostra (... il Prefetto) che il signor Neretti Luigi era stato derubato di 222 lire e non già di 85 lire come aveva prima dichiarato, e ciò perché non voleva far conoscere ai propri figli di possedere qualche risparmio. La reale somma trafugata al Neretti sempre più conferma che autori del reato furono i quattro malfattori incontrati dai Regi Carabinieri di Brisighella, giacché i due rimasti uccisi possedevano 55 lire per cadauno, e deve supporsi che altrettante ne possedessero i due che riuscirono a fuggire e che vuolsi siano di Brisighella”.





Il più famoso episodio di banditismo avvenne il 29 maggio 1874 alla Colla di Casaglia. A circa un chilometro dal Passo, dalla parte di Marradi, c’è la “curva di Cencione”. Secondo le cronache dell’ Ottocento costui era un commerciante di Ronta che transitava spesso lungo la Colla.
Nel maggio 1874 stava andando verso Borgo S.Lorenzo con il calesse. I briganti lo aspettarono dietro alla curva e spararono, non si sa se in aria o addosso a lui. Il cavallo si imbizzarrì, Cencione cadde a terra, picchiò la testa e morì.
Questo episodio, raccontato in molti modi, lasciò un vivo ricordo nella gente, anche a Marradi. Il resoconto del fatto, tratto dal quotidiano La Nazione, è qui accanto.

Fonti

Il bosco e lo schioppo, Edizioni Le Lettere. Romagna Toscana, Tomo II. Edizioni Le lettere. Archivio storico di Terra del Sole. www. Archivio di Scansano, sentenze Tribunale di Firenze. A. Metelli Storia di Brisighella e della valle del Lamone. Un racconto del 1981 di Don Becattini, parroco di S.Reparata

 

1 commento:

  1. Complimenti professore.
    Ottimo documento ben "documentato" e scritto da "scrittore".
    Su Cencione anch'io ho qualcosa da dire: seguite il blog e saprete.
    Buonanotte,
    VAAp (Antonio)

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