Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

mercoledì 1 ottobre 2014

Enrico Visani per Dino Campana

La pittura e la poesia




Dedicato a Dino campana,
1980, olio su tela


Che cosa succede quando la poesia si abbina alla pittura? Che sensazioni riceve un pittore quando legge un poeta? Proviamo ad appaiare alcune poesie di Dino Campana ai quadri di Enrico Visani, ambedue di Marradi.

Enrico Visani è nato a Marradi (FI) il 6 febbraio 1938. La sua infanzia si è svolta negli anni più drammatici della guerra ed è stata segnata da fughe, precipitosi trasferimenti, pericoli di vita. La sua formazione artistica è stata da autodidatta. Inizia la sua storia di pittore per caso, quando un imbianchino viene a decorare la pasticceria di Vaiano, dove vive e lavora. Usando i pennelli e i colori lasciati dall’operaio durante la pausa di lavoro, Visani dipinge di notte una marina che la mattina dopo espone tra bignés e dita d’apostolo.
Nel 1971 decide di dedicarsi completamente alla pittura. Stimolato in questo, si è aperto all’arte attraverso un sofferto percorso interiore, che lo ha portato a studiare l’opera di grandi maestri contemporanei, come Burri, Fontana, Moore, De Kooning, Afro, Fautrier, in un contesto problematico sensibile alle discussioni sulla cibernetica e sull’intelligenza artificiale. Il primo importante pittore cui ha chiesto un incontro è stato Gastone Breddo, che gli ha dato alcuni utili consigli.
La sua prima mostra di rilievo è stata alla galleria “Le Nuove Muse” di Bologna, con presentazione in catalogo di Bruno Saetti. In questa occasione Francesco Arcangeli riconosce che il lavoro di Visani è in linea con il Naturalismo Padano da lui teorizzato.
Il 1975 è l’anno di un’importante personale a Salonicco con testi in catalogo di Franco Solmi e Marilena Pasquali. Oltre all’attività pittorica, svolge una mansione che gli dà modo di affinare la propria sensibilità artistica e di farsi “sul campo” una cultura museale di riguardo, occupandosi dell’allestimento della galleria d’Arte Moderna di Bologna. Entra in contatto con alcuni indiscussi protagonisti del ’900 artistico italiano, come De Chirico, Manzù, Guttuso, Annigoni, Conti.
Fondamentale per la sua formazione è poi l’incontro con Xanti Schawinsky, uno degli ultimi esponenti della Bauhaus, da cui apprende la grande lezione dell’arte e della cultura mitteleuropa.
Alla fine degli anni ’70, si avverte nel lavoro di Visani l’esigenza di una svolta. Il naturalismo lirico e gestuale che gli è proprio, lascia il passo ad un bisogno di drammatica interiorizzazione sul modello ideale di Bacon e De Kooning. Grazie a Minguzzi presenta i primi risultati di questa sua svolta, in una mostra alla Galleria Forni di Bologna.
Seguono una mostra alla Galleria Comunale di Rivoli e, nel 1981, un’altra alla Galleria Cochlias a Salonicco. In Grecia, Visani continua a trovare consensi e amicizie nell’ambito di importanti personalità dell’arte e della cultura, quali Yannis Ritsos e Mikis Theodorakis. Nel 1997 ha fondato il Sindacato Artisti dell’Emilia Romagna, diventandone segretario. Sotto tale veste ha allestito la prima Biennale e la Triennale di Bologna. La mostra al Museo Marino Marini di Firenze completa un’attività espositiva sempre di alto livello.

Tebaldo Lorini

Appennino verde,
1978, olio su tela


Salgo (nello spazio, fuori del tempo)    
(da: I Canti Orfici, viaggio a La Verna)

L'acqua il vento
La sanità delle prime cose —
Il lavoro umano sull'elemento
Liquido — la natura che conduce
Strati di rocce su strati — il vento
Che scherza nella valle — ed ombra del vento
La nuvola — il lontano ammonimento
Del fiume nella valle —
E la rovina del contrafforte — la frana
La vittoria dell'elemento — il vento
Che scherza nella valle.
Su la lunghissima valle che sale in scale
La casetta di sasso sul faticoso verde:
La bianca immagine dell'elemento.




Opulenta matrona, olio su tela



6 La Notte   (da: I Canti Orfici)

Non seppi mai come, costeggiando torpidi canali, rividi la mia ombra che mi derideva nel fondo. Mi accompagnò per strade male odoranti dove le femmine cantavano nella caldura. Ai confini della campagna una porta incisa di colpi, guardata da una giovine femmina in veste rosa, pallida e grassa, la attrasse: entrai. Una antica e opulente matrona dal profilo di montone, coi neri capelli agilmente attorti sulla testa sculturale barbaramente decorata dall'occhio liquido come da una gemma nera dagli sfaccettamenti bizzarri sedeva, agitata da grazie infantili che rinascevano colla speranza traendo essa da un mazzo di carte lunghe e untuose strane teorie di regine languenti re fanti armi e cavalieri. Salutai e una voce conventuale, profonda e melodrammatica mi rispose insieme ad un grazioso sorriso aggrinzito. Distinsi nell'ombra l'ancella che dormiva colla bocca semiaperta, rantolante di un sonno pesante, seminudo il bel corpo agile e ambrato. Sedetti piano. 


In un momento   (Dino Campana a Sibilla Aleramo, 1917)

Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose.

P.S. E così dimenticammo le rose.


Le mie  rose, 1984, olio su tela





Barche amorrate
(da: I Canti Orfici, Varie e frammenti)

Le vele le vele le vele
Che schioccano e frustano al vento
Che gonfia di vane sequele
Le vele le vele le vele!
Che tesson e tesson: lamento
Volubil che l'onda che ammorza
Ne l'onda volubile smorza
Ne l'ultimo schianto crudele
Le vele le vele le vele.


  
Le  vele,1980, olio su tela








  da: Un viaggio chiamato amore


Rose calpestava nel suo delirio
E il corpo bianco che amava.
Ad ogni lividura più mi prostravo,
oh singhiozzo, invano, oh creatura!

Rose calpestava, s’abbatteva il pugno,                                      Dedicato a Sibilla Aleramo,
e folle lo sputo su la fronte che adorava.                                                        1985, olio su tela
Feroce il suo male più di tutto il mio martirio.
Ma, or che son fuggita, ch’io muoia del suo male.

Sibilla Aleramo                                                                                            




Per apprezzare meglio l'arte di Enrico Visani, notevole anche in temi diversi da questi, non rimane che andare a vedere la mostra, perché il colore vivo dato dall' artista è molto meglio di quello riprodotto con la tavolozza colori del computer.

Enrico Visani esporrà a Marradi nel Teatro degli Animosi dal 5 al 26 ottobre, anche nei giorni della Sagra delle Castagne. 






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