Orlando
Pescetti (1588)
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di Claudio Mercatali
Orlando
Pescetti era un letterato vissuto a cavallo fra il
Cinquecento e il Seicento, nativo di Marradi. Ce lo dice lui stesso nel prologo de “La Regia Pastorella”
una commedia pesantissima da leggere, come quasi tutte quelle di quel periodo. Orlando
per motivi che non conosciamo si trasferì a Verona e visse sempre in Veneto,
mentre i suoi parenti rimasero a Marradi, nella casa di famiglia, vicino alla
chiesa arcipretale e a fianco di quella di Dino Campana. Oggi non c’è più
perché una bomba la rase al suolo nel 1944.
Pescetti
oltre che commediografo era un critico letterario spesso al centro di dispute e
polemiche e anche un linguista abbastanza autorevole e autoritario. Ecco, ora
ci interessa in quest’ultima veste, a proposito della corretta pronuncia della
lettera zeta. Per
capire bene quello che stiamo per leggere ci serve un ripassino sulle
consonanti. Queste lettere per essere pronunciate richiedono un certo movimento
della bocca. Se avete dei dubbi provate con voi stessi: riuscite a dire “b”
senza battere le labbra? E “c” senza appoggiare la lingua al palato? No di
certo e quindi i linguisti le hanno suddivise così:
Labiali:
dobbiamo chiudere e aprire le labbra (p, b, f, v, m)
Linguali:
per pronunciarle usiamo la punta della lingua (l, r)Dentali: la lingua si appoggia ai denti anteriori (d, t, s, z, n)
Palatali: la lingua si appoggia al palato (c, g)
Gutturali: serriamo le labbra come per fischiare (c di collo, g di gufo, q)
Oltre
a questo le Dentali esse e zeta, hanno una doppia fonetica:
La
esse è sonora (o dolce) in “rosa”, e sorda (o aspra) in “sala”. La
zeta è sonora (o dolce) in “zanzara”, e sorda (o aspra) in “pazzo”.
Ora
ci interessa la zeta, che per la sua
doppia fonetica condiziona la pronuncia di tante parole. In Toscana si usa
dolce o aspra a seconda delle parole, mentre in Emilia si usa quasi sempre
dolce. Insomma la parola “zucchero” si deve dire con la zeta di pazzo, come fanno a Firenze o con quella di zanzara, come a
Bologna? Oggi il problema non c’è, perché si accettano ambedue le pronunce, ma
in passato non era così.
Leggete che cosa scrisse Orlando Pescetti sull’ uso corretto della zeta, che secondo lui va usata sempre come in Toscana.
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