dopo la sconfitta del 1373
ricerca di Claudio Mercatali
Dopo un centinaio di anni di guerriglia finalmente i Fiorentini riuscirono a sgominare gli Ubaldini del Mugello e di Palazzuolo. Questo clan di autocrati forse di origine longobarda aveva formato una grande famiglia comitale su ambedue i versanti dell' appennino, composta da centinaia di membri imparentati o legati da interessi comuni molto forti. Firenze li contrastò sempre perché aveva bisogno di controllare il Mugello e i passi dell' Appennino e per questo voleva la sovranità sui siti. Ora lasciamo stare i vari episodi di questo secolare conflitto, descritti più volte qui sul blog e partiamo dal 1372 - 1373, anni della loro definitiva sconfitta.
Il Comune di Firenze sarebbe stato disposto a lasciare la proprietà dei vari poderi alle tante famiglie di Ubaldini ma voleva per sé la sovranità dei siti, tanto che il nome antico Podere degli Ubaldini divenne per decreto Podere Fiorentino. Tutto questo non era nella cultura del clan, che confondeva il concetto di proprietà con quello di sovranità e il contrasto divenne insanabile.
GLI UBALDINI DI MARRADI
I discendenti del Tronca continuarono a risiedere a Marradi, come risulta da alcuni antichi contratti di compra vendita, però furono dei tranquilli cittadini.
Gli Ubaldini posero Apecchio sotto protezione del Ducato di Urbino al tempo di Guido da Montefeltro, che era figlio naturale di Bernardino della Carda. Nel 1514 Apecchio divenne una contea indipendente e tale rimase fino al 1752, quando morì senza eredi Federico II (1745-52). La Santa Sede profittò del fatto e prese il controllo diretto della contea occupandola senza indugio, prima che spuntasse qualche pretendente. All'Unità d'Italia Apecchio divenne un comune della provincia di Pesaro Urbino.
Dopo un'altra rivolta nel 1402 il Capitano di Palazzuolo emise un bando di espulsione per tutti gli Ubaldini vietando per sempre la loro residenza nel Comune. Fu quasi una pulizia etnica, forzata ma senza vittime e così il clan piano piano scomparve dalle cronache di Palazzuolo.
Era cominciata la diaspora. Dove andarono tutti costoro? Le sorti furono diverse: chi accettò la sottomissione venne lasciato nella sua dimora, purché non fosse a Palazzuolo. Poteva mantenere anche lo stemma di famiglia sulla facciata di casa, con il teschio del cervo, come successe agli Ubaldini di Galliano (nel Mugello) e di Marradi. Molte famiglie vendettero le proprietà al Comune di Firenze e in cambio ottennero denaro e la cittadinanza fiorentina, con il diritto di aggiungere uno scudo crociato allo stemma. Invece i tanti irriducibili e quelli sottoposti a bando dovettero andare via e non tornarono più. Erano diventati banditi nel primo significato del termine, che non è sinonimo di delinquente, anche se la storiografia fiorentina li descrive spesso come dei ladroni.
GLI UBALDINI DI MARRADI
Il paese era stato coinvolto poco nelle vicende degli Ubaldini, perché la valle del Lamone era soprattutto sotto il controllo dei conti Guidi di Modigliana e dei Manfredi, però alcune famiglie c'erano anche qui e altre se ne aggiunsero con la diaspora da Palazzuolo e da Firenzuola.
Il più aggressivo fu senza dubbio Bartolomeo Ubaldini detto Il Tronca o Gamba tronca perché zoppo a seguito di una rissa. Marradi era il posto giusto per lui perché è a soli 5 Km dal confine con Palazzuolo e certi contatti li poteva ancora mantenere. Ai primi del '400 fu autore di un complotto ordito ai danni di Firenze in accordo con il condottiero Jacopo Dal Verme, che aveva conquistato Bologna e aveva mire ampie. Ci voleva ben altro contro Firenze e infatti i due non combinarono niente.
I discendenti del Tronca continuarono a risiedere a Marradi, come risulta da alcuni antichi contratti di compra vendita, però furono dei tranquilli cittadini.
La famiglia di Domenico Ubaldini detto Pulìgo nei primi anni del Quattrocento si trasferì a Firenze e lui, nato nel 1492, divenne un abile pittore.
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Le cronache del 1428 parlano anche di Bernardino Ubaldini della Carda che non era marradese ma fu il capitano al servizio di Averardo de' Medici che conquistò il Castellone di Marradi. Ottenne la resa del maniero anche perché promise la liberazione di Ludovico Manfredi, signore del paese.
I Fiorentini non mantennero le promesse e questo fu uno dei motivi del suo passaggio al servizio della Repubblica di Siena. Di certo Bernardino conosceva le vicende dei suoi parenti qui da noi perché diversi Ubaldini di Palazzuolo sottoposti a bando dopo la sconfitta del 1373 si erano rifugiati proprio al castello di Belvedere della Carda, al confine fra Marche e Umbria, dando vita a una progenie, come sarà più chiaro fra un po' continuando a leggere.
Nel 1564 Lorenzo di Ottaviano di Michele Ubaldini fu Capitano di Marradi con nomina del Comune di Firenze e i poteri descritti qui accanto. Forse i suoi antenati si saranno rivoltati nella tomba nel sentire che uno di loro aveva accettato un tale incarico per conto dell'odiato nemico, ma tant'è.
GLI UBALDINI
DI APECCHIO
Però gli irriducibili furono tanti. Giovanni d'Azzo, l'ultimo degli Ubaldini della Pila (nel Mugello) si rifugiò presso gli Ubaldini della Carda, conti di Apecchio, e al suo seguito o dietro al suo esempio gli irriducibili della famiglia, quelli che proprio non ne volevano sapere della sottomissione a Firenze, fecero altrettanto.
Fino al XII secolo Apecchio era stato un dominio del vescovo di Città di Castello, ma nel XIII secolo dopo una lunga lotta aveva prevalso la famiglia Ubaldini della Carda, proveniente dal vicino castello di Carda, imparentati con gli Ubaldini di Montaccianico, signori del Mugello. Città di Castello non aveva certo la forza di Firenze e qui i tenaci Ubaldini ebbero la meglio e conquistarono la sovranità del sito.
Gli Ubaldini posero Apecchio sotto protezione del Ducato di Urbino al tempo di Guido da Montefeltro, che era figlio naturale di Bernardino della Carda. Nel 1514 Apecchio divenne una contea indipendente e tale rimase fino al 1752, quando morì senza eredi Federico II (1745-52). La Santa Sede profittò del fatto e prese il controllo diretto della contea occupandola senza indugio, prima che spuntasse qualche pretendente. All'Unità d'Italia Apecchio divenne un comune della provincia di Pesaro Urbino.
Dunque il nocciolo della consorteria degli Ubaldini del Mugello e di Palazzuolo ai primi del Quattrocento trovò rifugio presso i più fortunati parenti marchigiani. Con la secolare cultura di famiglia i nuovi arrivati contribuirono a governare per 350 anni un paese che anche oggi ha più o meno le dimensioni di Palazzuolo. Questo è un buon segno, perché i dittatori non durano così a lungo.
Nel 1778 lo storico fiorentino Marchionne di Coppo Stefani come se si dovesse scusare per le tante note denigratorie ricevute dalla famiglia nei secoli precedenti, scrisse ai nobili Giuseppe Maria e Pietro Ubaldini questo elogio:
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