Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

venerdì 12 agosto 2022

Il gelso, un albero cinese a Marradi

Un tempo le foglie nutrivano 
i bachi da seta oggi 
le sue more 
possono nutrire noi

ricerca di Claudio Mercatali




Come mai nelle nostre campagne, al margine dei campi e nei posti più impensati si trovano dei gelsi, che sono alberi di origine cinese? La storia comincia da lontano:




Giovanni da Pian del Carpine (Magione, Perugia, 1182 circa – 1252, Antivari, Montenegro) è stato un arcivescovo e missionario francescano italiano, che fece un viaggio in Mongolia nel 1245-1247 come ambasciatore del papa Innocenzo IV preoccupato dalle scorrerie dei Mongoli nell'Europa dell' est. La missione fu inutile, ma Giovanni scrisse l'Historia Mongalorum, un ampio trattato sui Mongoli e i Tartari. 



Secondo una leggenda sarebbe stato proprio lui a carpire ai Cinesi il segreto della fabbricazione della seta perché scoprì che il baco da seta vive solo se viene nutrito con foglie di gelso e di nessuna altra pianta. Secondo il mito avrebbe anche portato i primi bachi in Europa, assieme ai semi di gelso, nascosti nel cavo del suo bastone da viaggio.





La fabbricazione della seta nel Quattrocento era già una industria importante in Italia. In diversi documenti del Seicento e del Settecento si trovano descritte le regole per la coltura dei bachi e dei gelsi nei comuni di Modigliana e di Marradi. 





Gli imprenditori locali avevano una invidiabile passione per il loro lavoro e non esitavano a proporre i loro prodotti anche all'estero, ricevendone dei premi, come si può leggere qui accanto.


Nella prima metà dell'Ottocento anche le maestranze delle filande della nostra zona avevano raggiunto l'eccellenza e furono premiate in diverse esposizioni seriche.









Nella seconda metà dell'Ottocento sorsero nuove società per la tratta della seta e infine nel 1909 aprì la Filanda Guadagni, vicino alla stazione ferroviaria di Marradi, che impiegava circa 200 donne nel duro lavoro di lavorazione dei bozzoli.

I gelsi piantati in gran numero nei campi servivano per nutrire le decine di migliaia di bachi da seta che venivano allevati ogni anno. Dopo la fine dell'industria serica in Italia, a seguito dell'invenzione del Nylon e delle altre fibre tessili, i gelsi furono abbandonati e via via abbattuti perché erano di intralcio nella moderna lavorazione dei campi, però diversi alberi che erano in disparte sono sopravvissuti e ogni anno in giugno fruttificano e producono delle more dolci.
Da queste si può ricavare una marmellata con un procedimento tutto sommato simile a quello usato per preparare la marmellata con i lamponi e le more di rovo. Ecco una tipica ricetta:




80% di more di gelso, 20% di zucchero, 1 limone ogni chilo di marmellata. Si mette lo zucchero sulle more, si mescola tutto con un frullatore e si lascia a riposo qualche ora.

Si fa bollire con fiamma moderata per mezz'ora mescolando spesso. Ogni tanto si aggiunge un po' d'acqua, il succo di limone e la sua buccia grattugiata. Dopo mezz'ora si spegne e si mescola con il frullatore a immersione. Si riprende la cottura a fuoco lento fino a che l'impasto non assume la consistenza di una marmellata. La buccia di limone è addensante ma se la marmellata rimane liquida basterà aggiungere qualche spicchio di mela tritata, con la buccia, specialmente se cotogna. La buccia infatti contiene molta pectina, che è un addensante naturale.

Ora si possono riempire i vasetti ermetici di vetro. Le marmellate fatte in casa sono ottimi ambienti per la proliferazione dei batteri. Se volete sentirvi al sicuro fate bollire a bagnomaria i vasetti chiusi per venti minuti in una pentola a pressione.

Fonti
Archivio storico del Comune di Marradi.
Le foto delle more di gelso bianche e nere di Marradi sono di Giorgio Nati.

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