Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

domenica 6 novembre 2022

Il castello di Mantigno

Un trekking 
in Val dell'Agnello
a Palazzuolo sul Senio
relazione di Claudio Mercatali






Mantigno è nella valletta del torrente Ortali, abitata fin dai tempi antichi. I toponimi danno una indicazione chiara di questo: Budrio è una parola celtica che indica una confluenza di fossi, Sala è un noto toponimo longobardo per i luoghi dove si ammassavano i raccolti da spartire. Si ha notizia di una chiesa precedente alla attuale (del 1386) nel sito detto Chiesa vecchia.




Nel Medioevo Mantigno fu un Castrum, ossia un luogo fortificato, parte del sistema difensivo degli Ubaldini fino al 1362 – 1372 quando venne preso dai Fiorentini, durante la complicata guerra di conquista di Palazzuolo. Essi assediarono i siti fortificati del Comune e poi li rasero al suolo, per impedire che i tenaci Ubaldini li riprendessero, come avevano fatto altre volte. L'azione del radere al suolo non avveniva nella furia della battaglia ma con una operazione successiva, pianificata e affidata a imprese di demolizione pagate apposta. Per questo i resti del castellare di Mantigno non sono più evidenti e si trovano solo poche tracce.


Prima di questa soluzione definitiva il Comune di Firenze per anni aveva nominato un castellano obbligato a risiedere sul posto con un manipolo di armigeri. Costui firmava un vero e proprio contratto di lavoro, rogato da un notaio proprio nel castello, per avere la certezza che avesse visionato il sito e la presa di possesso fosse effettivamente avvenuta. Queste precauzioni erano necessarie perché il posto era pericoloso, minacciato dagli Ubaldini sempre pronti a riprendersi quello che il Comune di Firenze aveva tolto loro. La stessa procedura c'era per tutti gli altri quindici o venti castellari di Palazzuolo e all'Archivio di Stato di Firenze ci sono le pergamente con i contratti, come questa qui sopra.



La rocchetta con il castellare non è nel borgo di Mantigno e per raggiungerla si deve fare un trekking, corto ma tosto. Bisogna salire fino all'attuale podere abbandonato di Val dell' Agnello dove ci sono i ruderi della casa fortificata sede del castellare. Infatti bisogna tener conto che la parola "castello" in questo territorio si riferisce a un insieme di edifici, fra i quali uno residenziale abitato dal castellano nei periodi di tranquillità (in questo caso il borghetto di Mantigno) e uno in quota, scomodo e poco accessibile ma più sicuro in caso di assalto.  

Attorno c'erano sette o otto poderi con case munìte quanto basta per resistere a qualche atto ostile. Insomma Mantigno nel Medioevo era una vera e propria Corte castellana con una sua economia e le sue regole. Il Comune di Firenze, che l'aveva conquistata e persa più volte aveva ben chiaro il fatto e nominava il castellano con un presidio per esercitare una funzione di governo. Non era la strategia giusta perché gli abitanti di questa frazione in qualche modo erano parenti o consorti o amici degli Ubaldini e sopportavano a stento un governatore nominato dalla Città che in sostanza era un estraneo e in certi casi non vedeva l'ora di andarsene a fine contratto, cioè dopo due o tre anni.

Per questo nel 1373 Firenze demolì tutti i castellari di Palazzuolo, che allora si chiamava Podere degli Ubaldini e perché il nuovo corso fosse chiaro a tutti cambiò anche il nome in Podere Fiorentino e nominò un Capitano unico per tutto il comune che risiedeva nel centro del capoluogo nel cosiddetto Palazzo dei Capitani.


Il tempo è si è fermato attorno a Mantigno e le testimonianze di tutto questo sono ancora evidenti.

Salendo dalla strada campestre che comincia qualche centinaio di metri prima di Mantigno si incontra la casa di L'Ocarello, toponimo errato che andrebbe scritto Lucarello, come nel Catasto Leopoldino del 1822. Lucus o locus significa posto, sito, e Lucarello è come dire Posticino. Questo complesso fu costruito in almeno tre tempi diversi: l'edificio a destra ha i marcapiani di mattoni murati e quindi è recente, la parte sinistra è del 1725 come si legge in una incisione sull' architrave di una finestra ma la parte centrale è più vecchia, con le pietre alla base consumate dall' umidità del terreno e  quindi impostata ai tempi degli Ubaldini o poco dopo. 





Se si prosegue per questa via dopo aver sudato un po' si arriva a Val dell'Agnello, una casa poderale in rovina che al suo tempo fu la sede più difendibile della corte castellana di Mantigno. E' possibile che alla sommità del monte di fronte ci fosse una rocchetta per una eventuale estrema difesa.


Oltre Val dell'Agnello il panorama si apre e si vede la valle di Bibbiana e il Passo della Faggiola, dove c'erano altri due castellotti degli Ubaldini. Volgendo lo sguardo dalla parte opposta la vista spazia fino al Passo della Sambuca e a Lozzole, sede di un altro importante fortilizio della Consorteria, che diede tanto filo da torcere ai Fiorentini. Dunque Val dell'Agnello era un sito collegato a vista con gli altri castellari, con i quali comunicava con segnali di fumo. Altri mondi.
Il posto invita a proseguire, perché percorrendo il crinale i panorami si susseguono. Ora siamo a 800m di quota, la salita è passata quasi tutta e la fatica è relativa. Raggiunta all' incirca la quota 900 si arriva a un capanno di caccia molto curato e si incontra una strada campestre praticabile con una jeep. Se si percorre verso destra si arriva al Passo della Faggiola dopo qualche chilometro, se si va a sinistra si scende di nuovo verso Mantigno dalla parte di Sala e Budrio, chiudendo l'anello del trekking con un percorso altrettanto lungo.



Per ampliare

Nel blog all'archivio tematico alla voce "I castelli della valle"
Rocche e Castelli di Romagna di AA.VV.-1970 libro n.1-pag. 242





1 commento:

  1. Facendo una ricerca storica ho trovato sul sito delle chiese italiane che in questa chiesa di Sant'Andrea in Mantigno fu' parroco nel 1886 per una decina di anni, uno zio della mia nonna Don Francesco Cavallari ed e' gia' due anni che cerco di visitare questa chiesa all'interno ma pare non sia possibile avendone in possesso le chiavi una signora di Faenza. Se qualcuno ne avesse notizie mi farebbe piacere per visitarla.
    Parrini Patrizia ( sono la stessa che ha fatto pubblicare su questo blog " La gente di Biforco nel 1945 "

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