Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

sabato 12 novembre 2022

A Piancastello e alla Rocca di San Michele

Due trekking all'estremo 
limite del Granducato
resoconto di Claudio Mercatali


Negli ultimi decenni del Trecento e nel primo Quattrocento passarono sotto la sovranità di Firenze i valichi Futa, Giogo, Colla e Muraglione, tutti a circa 900m di quota, cioè bassi e con accesso al Mugello. 





Il loro controllo consentiva di prevenire gli attacchi dei Visconti di Milano, che in quei tempi avevano sconfinato nel Mugello un paio di volte ed erano stati respinti con difficoltà. C'era anche bisogno di stendere una cintura sanitaria attorno alla Città, perché la peste nera del 1348 - 49 aveva ucciso metà dei Fiorentini e si voleva limitare il transito dei pellegrini diretti a Roma, che portavano denari ma anche batteri.

LA CONQUISTA


Per conquistare l'appennino i Fiorentini dovettero smantellare il secolare sistema feudale dei Conti Guidi di Modigliana e degli Ubaldini di Senni e Monte Accianico, il che avvenne dopo una guerriglia durata quasi un secolo. Queste erano famiglie comitali con un intreccio di interessi e parentele vasto, su ambedue i versanti dell' Appennino. Gli Ubaldini diedero tanto filo da torcere nel Podere degli Ubaldini (oggi Palazzuolo) dove il loro radicamento era forte. 
In pratica essi stessi e i loro consorti costituivano una buona parte della popolazione e non potevano essere semplicemente sconfitti e cacciati. I Fiorentini perciò misero in atto una serie di strategie, fatte di favori, privilegi, acquisti, deleghe, accomandigie, contratti a livello e quant' altro era in uso nel diritto medioevale. Quando nessuna di queste cose era praticabile si arrivava all'atto di forza e la mano dei nuovi signori si faceva pesante. 
I castellari conquistati venivano rasi al suolo perché non tornassero ai vecchi proprietari. Ai protagonisti dell'ultima grande rivolta del 1387 venne dato bando e vietata la dimora per sempre, con tanto di taglia come se fossero dei delinquenti (leggi qui sopra).

LA RICERCA

La ricerca di oggi riguarda due castellari conquistati nel 1373 e demoliti nel 1387 dal capitano fiorentino Domenico di Guido del Pecora impegnato a sedare una rivolta alla Badia di Susinana. Come detto più volte nelle ricerche citate in bibliografia la demolizione completa era anche un atto simbolico, perché fosse chiaro a tutti che il vecchio potere non esisteva più. I Fiorentini non sparsero il sale sulle mura, come i Romani a Cartagine dopo la Terza Guerra Punica, ma il significato era lo stesso. Dunque nei siti dei trekking di cui state per leggere non ci sono resti di castelli ma rovine di case poderali antiche o cumuli di sassi rinfusi, individuabili solo con la cartografia antica e i resoconti medioevali. 
Questo basta per stuzzicare la curiosità di studiosi, archeologi dilettanti e appassionati di ricerche con il metal detector. Gli altri sappiano che questi siti si raggiungono a piedi dopo aver sudato abbastanza, però hanno una grande visuale perché i castellari di Palazzuolo erano collegati a vista e comunicavano con i segnali di fumo.

I CASTELLARI

I castellari di Palazzuolo e Marradi erano quasi sempre composti da due edifici distanti fino a un chilometro: il primo aveva una funzione soprattutto residenziale, e una famiglia di Ubaldini o di loro consorti vi risiedeva coltivando il podere circostante. Il secondo era una torretta alta una quindicina di metri in cima a un cocuzzolo dove il signorotto si rifugiava con la famiglia e i seguaci quando i segnali di fumo comunicavano una minaccia. 
La rocchetta era su una pendice scoscesa al massimo, senza sorgente né strada così gli assedianti non potevano accamparsi o avvicinarsi con qualche macchina d'assedio. Chi si arroccava disponeva delle risorse che si era portato dietro e beveva dalla cisterna l'acqua raccolta dal tetto.

E' ovvio che una sistemazione del genere era efficace contro un signorotto della stessa taglia o per resistere alle rivolte dei servi della gleba vessati troppo, ma non poteva bastare per scampare all' assedio di una compagnia di armigeri di Firenze e infatti questi castellari non resistevano più di due o tre settimane quando venivano pressati dalle milizie della Città.
Però la loro conquista spesso non era definitiva perché dopo qualche anno gli Ubaldini in qualche modo rimediavano i danni e tornavano ad abitare il sito. Così si tornava daccapo e serviva un altro costoso assedio.

Le milizie andavano pagate, i luoghi erano disagevoli, e così spesso la vicenda si concludeva con una trattativa e anche una offerta in fiorini in cambio della resa, fatta dal capitano fiorentino per limitare i costi dell'assedio. Gli assediati ne valutavano la convenienza sapendo che comunque alla fine avrebbero dovuto cedere. C'è tutta una storiografia che parla di questi patteggiamenti e anche dei ricatti degli assedianti, che tagliavano le viti e i castagni nei poderi dei servi degli Ubaldini arroccati nella torre per indurli alla resa o predavano le loro case. Ecco, questo è il quadro della situazione: così erano i tempi e le circostanze.



Piancastello

Questo fortilizio è uno dei meno noti fra i quattordici che Gioacchino degli Ubaldini lasciò in eredità al Comune di Firenze suscitando le ire dei suoi parenti. Oggi è nel comune di Casola, così come Castel Pagano, perché i Fiorentini li diedero in signoria al Conte Sandro de' Cattani di Campalmonte d'Imola per sé e i suoi discendenti.


E' un sito particolare, sul crinale fra Senio e Sintria, a 700m slm e si raggiunge meglio da quest' ultima valle, con un trekking corto ma tosto, dal fondovalle poco dopo la località Molino Boldrino. Il nome del posto viene dalla morfologia un po' insolita per un fortilizio.


Oggi Piancastello è un rudere in mezzo a una pineta piantata negli anni Cinquanta per rimboschire ma prima era abitato. Vicino c'è Monte Cece che nel 1944 fu sede di un comando inglese perché la zona era sulla Linea Gotica.




Come detto prima di solito i castellari degli Ubaldini si componevano di due edifici, uno per la residenza usuale e un altro per il rifugio in caso di assedio, che in pratica era una torretta nel cocuzzolo più impervio del circondario. Di questo rimangono le tracce scarse e dubbie in un poggiolo a poca distanza dalla casa, dove si gode un bel panorama verso il Senio e il torrente Sintria all' altezza di Croce Daniele. Forse la principale funzione del fortilizio era proprio quella di fornire una visuale ampia al castello di Fornazzano, che è qui di fronte sull' altro versante della valle.




La Rocca di San Michele

San Michele è il nome di una chiesina alla sommità del monte che si vede dalla Badia di Susinana. Nel 1833 era una parrocchia con 145 fedeli ma oggi il sito è disabitato. 


E' quasi certo che la chiesa fu costruita a ridosso di una rocchetta degli Ubaldini, usando una parte delle pietre di quella quando i Fiorentini la demolirono nel 1387. 



La vista da Susinana è un po' ingannevole perché il sito sembra un nido d'aquila ma in realtà salendo dal retro lungo la strada che porta al podere Il Salto si arriva in cima in modo agevole.




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E' possibile che il castellare avesse un secondo livello di sicurezza, più in alto, nel podere Val di Vinco, che ha le caratteristiche di una antica casa fortificata. Il crinale è panoramico, dalla parte di Palazzuolo e verso Casola.



Per approfondire sul blog


Archivio tematico "I castelli della valle"
03.10.2011 Lozzole antica rocca
20.04.2019 La conquista di Palazzuolo


Bibliografia

Rocche e castelli di Romagna vol.1 Bologna 1970 Nuova alfa, Biblioteca@comune.modigliana.fc.it con prenotazione dalla gentile bibliotecaria Erika Nannini.


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