Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

lunedì 1 settembre 2025

Le prime locomotive della Faentina

Quando si viaggiava
con i treni a vapore

Ricerca di Claudio Mercatali

Un treno merci dalla Toscana
entra nella stazione di Marradi


Nel 1863 fu inaugurata la Porrettana e subito emerse la necessità di un' altra linea appenninica, in particolare dal 1865 quando Firenze divenne capitale del Regno d’Italia. Il tracciato dalla Romagna fu deciso lungo la valle del Lamone ma ci furono due progetti per il tratto dal Mugello a Firenze: uno da Pontassieve e uno da Vaglia. 


Il 9 novembre 1880 mentre non era stata ancora risolta la questione dell' arrivo a Firenze, cominciarono i lavori da Faenza a Marradi, raggiunta il 26 agosto 1888. I lavori della tratta Firenze - Borgo San Lorenzo durarono dal 1884 all' 8 aprile 1890.  Il 31 maggio 1890 iniziarono anche i lavori tra Borgo San Lorenzo e Marradi, che era la tratta più impegnativa. La ferrovia intera fu inaugurata il 23 aprile 1893. Collegava Firenze a Bologna via Faenza con 18 Km in più rispetto alla Porrettana e con un valico a 578 metri, 100 in meno . La pendenza massima era del 25 per mille, solo in alcuni tratti. 


Nonostante ciò la Faentina rimase secondaria perché penalizzata dal doppio valico (gallerie di Pratolino e degli Allocchi), che incideva sul consumo di carbone. Durante la Prima Guerra Mondiale la Porrettana era percorsa da 70 coppie di convogli al giorno, mentre sulla Faentina ne transitavano 60.


L'elettrificazione fu iniziata dopo la fine della guerra ma non fu completata. La Direttissima Firenze – Bologna (anni Trenta) ridimensionò il ruolo delle due vecchie ferrovie. 
Il raccordo con la rete a Pontassieve era solo verso Firenze. In pratica per andare dalla Romagna verso Roma un treno merci doveva invertire il senso di marcia due volte, a Borgo San Lorenzo e a Pontassieve con un aumento di tempi e di prezzi. Nel 1944 la Faentina fu minata dai Tedeschi e i danni furono tali, e l'interesse così basso, che la linea fu ripristinata solo il 13 ottobre 1957, ma il collegamento con Firenze era solo verso Pontassieve. All'inizio degli anni Novanta gli enti locali ottennero da TAV spa il ripristino della vecchia linea come contropartita al passaggio della linea ad Alta Velocità Bologna – Firenze e la Faentina fu riaperta il 9 gennaio 1999.

Questa in estrema sintesi la storia della nostra ferrovia. Ora però ci interessa il “materiale rotabile” cioè il tipo di locomotive che la percorrevano.


Le 420


Le locomotive del gruppo 420 FS furono progettate e costruite dal 1872 dalla Wiener Neustadter Lokomotiv Fabrik di Georg Stigl. Ne furono costruite in concessione alcune centinaia anche da varie industrie fra le quali l’Ansaldo e la Società Ernesto Breda, fino al 1904. Negli anni seguenti il Governo nazionalizzò le varie aziende ferroviarie private e fondò le FS (Ferrovie dello Stato), Queste locomotive passarono nel parco macchine del nuovo Ente con il nome di 480 RA (cioè inglobate dalla Rete Adriatica e talvolta indicate con la parola Stigl). Erano macchine a 2 cilindri esterni a semplice espansione con distribuzione del tipo Stephenson, con quattro ruote motrici accoppiate. La caldaia era lunga 8,5m. Alla locomotiva era accoppiato un tender a tre assi lungo 6,30m.


Le 451 FS

Acquistate tra il 1887 e il 1890 dalla Soc. Italiana Strada Ferrate Meridionali per l'esercizio della Rete Adriatica erano un aggiornamento del precedente progetto RA 450 e vennero costruite da varie fabbriche, tedesche, italiane ed inglesi ed equipaggiate in maniera differente per il sistema di frenatura e la disposizione delle apparecchiature. Come si vede qui accanto, erano le tipiche locomotive usate per collaudare i viadotti ferroviari.


Siccome furono costruite in diverse fabbriche queste locomotive avevano tante varianti, anche se in fondo il progetto era lo stesso. Qui vediamo una 451 bis
 sale verso la Toscana sul viadotto di Villanceto, a Marradi. 




La 470

Ai primi del Novecento L'Ufficio d'Arte di Firenze della Rete Adriatica progettò una locomotiva a 5 assi accoppiati con motore a doppia espansione Sistema Plancher. Era una macchina potente per avere trazione sulle linee di valico della rete. Le neonate FS (1905) le chiamarono locomotive 470 ed entrarono in servizio fra il 1907 e il 1912 con 143 unità. Hanno concluso il servizio alla fine degli Sessanta. Avevano una cabina chiusa e al posto del tender c'era una carro a 2 assi composto di un serbatoio d'acqua e di un comparto bagagliaio per il capotreno. La cabina chiusa si surriscaldava e da questo venne il soprannome di forno crematorio. La potenza era di 1000 cavalli ma la velocità era di soli 50 Km/h perché al motore era richiesta soprattutto la potenza di traino in salita.

La 625 FS

Le locomotive 625 FS erano per l’impiego misto merci e viaggiatori su linee acclivi, prodotte all'inizio del Novecento. Furono dette Signorine, per la linea aggraziata e compatta. Hanno avuto grande diffusione sulle linee secondarie collinari.

La 640 FS

Il progetto della locomotiva del gruppo 640 deriva dal progetto precedente del gruppo 600 elaborato dall'Ufficio Studi di Firenze della Rete Adriatica. Erano macchine per i treni veloci e nella Faentina si videro poco.



La 730 e la 740 FS

Le 730 furono progettate per la Rete Adriatica prima della nascita delle FS, per i servizi gravosi sulle linee dell'Appennino e dell' Italia Centrale. Ne vennero costruite 190 tra il 1906 e il 1909. Furono macchine eccellenti. Avevano 4 assi accoppiati e un peso di 14t per asse. Raggiungevano la velocità di 60 km/h. Avevano un freno automatico ad aria compressa Westinghouse e una condotta del vapore per il riscaldamento delle vetture viaggiatori. Il progetto del gruppo 740, sviluppato dalla Rete Adriatica qualche anno prima della nazionalizzazione delle ferrovie del 1905, nacque per migliorare il servizio già buono che le locomotive del gruppo 730 svolgevano sulle linee importanti e in genere le linee del centro - nord. Il progetto fu portato avanti dalle neo costituite Ferrovie dello Stato. Ne vennero costruite 470 tra il 1911 e il 1923.


Fonti

M.Panconesi, M Colliva Cara Faentina e Cara Porrettana Ed. Ponte Nuovo, Bologna 1986.
Blog della Biblioteca, Archivio tematico alla voce Lavori per la Ferrovia.


martedì 12 agosto 2025

La strada di Casa dell’Alpe

Una via tanto richiesta 
dai Palazzuolesi

Ricerca di Claudio Mercatali


La strada 
della Sambuca


Dov’è Casa dell’Alpe? E’ un podere alla Colla di Casaglia, nel versante mugellano, proprio sotto l’Hotel Gran Fonte dell’Alpe. Lì c'era la mulattiera che da Razzuolo arrivava al Passo della Colla prima che il Granduca Leopoldo facesse la strada attuale. A Casa dell’Alpe c’era il bivio: a destra si andava alla Colla e poi a Marradi e a sinistra si continuava fino a Prato all’ Albero e poi al torrente Rovigo, a Cà di Vagnella, a Ronchi di Berna e oltre la Sambuca, fino a Palazzuolo.


La strada di Casa dell'Alpe
nel Catasto Leopoldino (1822)


Ecco questa era la strada di Casa dell’Alpe, tradizionale e malagevole via per Palazzuolo. A piedi si potrebbe percorrere anche oggi, perché il tracciato è stato praticato dai barrocci e dai mulattieri fino alla prima metà del Novecento e sono rimaste tante tracce. Poi negli anni Cinquanta l’Ente Provincia di Firenze accontentò le secolari richieste di Palazzuolo e costruì la Strada della Sambuca, che parte dalla Colla di Casaglia con un tracciato diverso dalla vecchia via.

Negli articoli seguenti un palazzuolese ben informato dei fatti, che si firma Ipla, racconta la storia di questa via a partire dagli anni dell’Unità d’Italia con informazioni precise e considerazioni critiche e risentite, specialmente nei confronti dei Marradesi. A suo dire nell’ Ottocento e dopo i Marradesi remarono contro le richieste di Palazzuolo e furono fra i principali responsabili della mancata realizzazione della Strada di Casa dell’ Alpe, ossia della Strada della Sambuca come poi si chiamò quando finalmente fu fatta.

Ipla pubblicò i suoi articoli storici nel febbraio del 1921, dopo l’ennesimo e definitivo rifiuto della Provincia di Firenze al finanziamento richiesto. Leggiamo:


Primo articolo 
23 gennaio 1921

... nel 1861 il Consiglio Compartimentale (poi diventerà l'Ente Provincia) deliberò di accordare 100.000 lire globalmente ai due comuni di Palazzuolo e di Marradi perché costruissero una strada che li unisse fra loro. Tale deliberazione suscitò ira e sdegno in Palazzuolo, invece che contentezza. Veniva accordato ciò che non era stato chiesto ...

... domandava (il Consiglio Comunale di Palazzuolo) che il Consiglio Distrettuale medesimo ponesse la sua attenzione sulla strada che spiccandosi dalla Faentina alla Casa dell'Alpe sale l'Appennino e discende nella vallata del Senio ...



Clicca sulle immagini
er avere una comoda lettura





Secondo articolo
13 febbraio 1921

... Credo opportuno ripubblicare, a maggior intelligenza di quanto finora è stato scritto, il memoriale del Consiglio Generale di Palazzuolo ...



... Fu naturale che la vicina Marradi disapprovasse ...












Terzo articolo
20 febbraio 1921

... I Marradesi questa volta avevano giocato un bel tiro ai loro vicini ...



... Palazzuolo dovette per allora desistere dall' intrapresa battaglia ed a ciò più che l'indifferenza od ostilità altrui maggiormente l'indusse un nuovo problema che s'affacciava all'orizzonte: la via ferrata.


Quarto articolo
27 febbraio 1921

I Palazzuolesi avevano cercato di coinvolgere anche gli altri comuni della loro vallata, Casola Valsenio e Riolo Terme, ottenendo qualche appoggio, più che altro formale.



venerdì 1 agosto 2025

Fu fondata prima Vallombrosa o Camaldoli?

Una disputa tra i frati

Ricerca di Claudio Mercatali


Il monastero di Camaldoli fu fondato da san Romualdo circa nell'anno Mille e nello stesso tempo san Gualberto fondò Vallombrosa. Sono ambedue conventi benedettini, ma separati. Però agli inizi del Settecento l'abate camaldolese Guido Grandi scrisse un libro per dimostrare che Vallombrosa era una filiazione di Camaldoli e dopo qualche anno il monaco vallombrosano Fedele Soldani ne scrisse un altro per dimostrare che non era vero. Era nata una disputa accanita, per una questione di prestigio ma anche di soldi perché la primogenitura di Camaldoli avrebbe portato a quel monastero più donazioni e lasciti e quindi più potere.

Guido Grandi era un abate visitatore, ossia ispettore di monasteri e anche lettore di filosofia nel monastero fiorentino di S. Maria degli Angeli, dove insegnava matematica, materia in cui divenne esperto, tanto che il granduca Cosimo III volle conoscerlo. Era sempre impegnato in questioni, polemiche e dispute.

Nella corrispondenza qui di seguito Orazio Mazzei, un monaco della Badia del Borgo di Marradi gli comunica che Fedele Soldani cerca di accattivarsi le simpatie del cardinale Aldobrandini. Soldani nelle sue Questioni istoriche cronologiche vallombrosane (Lucca 1731) negava che Vallombrosa fosse stata una filiazione della Congregazione camaldolese. Il Grandi gli aveva già contestato questo, con una dura lettera firmata con lo pseudonimo don Vitale Marzi e il Soldani gli aveva risposto per le rime. Orazio Mazzei, della Badia del Borgo, che parteggiava per Guido Grandi gli chiese una copia dei suoi libri da mandare al cardinale, in modo da smontare le tesi del suo rivale. Leggiamo:


All'illustrissimo padre visitatore Guido Grandi
monastero de' Camaldolesi Faenza


Come bene dice Antonio Lupis nella sua Segreteria Morale, che un uomo allor quando ha perso il rossore si rassomiglia al porco dritto, quale talmente ha indurito la pelle, che più non sente le percosse dei sassi. V.S. Ill.ma avrà cognizione mediante l'infamia della sua condotta del nostro religioso padre Fedele Soldani, Monaco Vallombrosano, che messosi a fronte di S.E. Ill.ma ha preteso con i suoi scritti, e stampe non solo di impugnare la di lei sapienza e Virtù ma di più biasimarla come apocrifa, e totalmente mendace. Questo medesimo religioso, vero geroglifico di una meretrice, che stimando gli atti più disonesti di una galanteria d'amore, si è presentato personalmente davanti alla Maestà del nostro Ministro Aldobrandini dignitosissimo protettore della nostra Congregazione e con i medesimi suoi libri a lui dedicati per ricevere da quello in premio qualche grado onorifico nella nostra Religione.
Io che amo assai la giustizia e sempre son tutto a favore del merito, ritrovandomi all'età di 68 anni molto sciente e consapevole del di lui primato e pubblico successo, vorrei reprimere appresso il medesimo porporato la di lui baldanza mezzo d'uno dei suoi virtuosi libri stampati da V.S. Ill.ma sotto il nome di padre Marzi, nei quali apparendo chiare le bugie del medesimo venefico soggetto, conoscesse l'inganno con il quale pretendeva allucinare la prudenza di un santo dignitosissimo cardinale. Mi onori dunque trasmettermelo avvisandomi la spesa, che io puntualmente soddisfacendo per via del vostro padre di Santa Umiltà gli resterò con quelle obbligazioni con cui vi dico:

Vostro obbligatissimo servo don Orazio Mazzei, monaco
Santa Reparata, Marradi 28 agosto 1733

Dopo tre giorni arrivarono a Marradi i libri e il monaco della Badia ossequioso ringraziò della considerazione ricevuta.

All'illustrissimo padre visitatore Guido Grandi
monastero de' Camaldolesi Faenza


M'accresce la sicurezza di aver luogo nella stimatissima grazia di Vostra Grazia Eccellentissima il ricevimento che fò oggi dei suoi dottissimi e bei libri per mano di un nostro lavoratore; ed essendo questa occasione per me una delle più considerabili contentezze stimo perciò infinitamente l'uffizio di dover io esser marrano per far spiccare appresso di sua Eccellenza Aldobrandini la di lei gloria, e nel medesimo tempo reprimere la baldanza di chi si voleva far conoscere qual alter Deus in materia di cronologia, del qual studio (a mio parere) non è se non alquanto infarinato. ..... il vero, a parere di Seneca le dignità a chi è degno di pena accrescono maggior esca al male, là dove la depressione gli mette al dovere e gli serve di freno che all'avventargli alle scellerataggini, chi non si adoprerà per reprimere la superbia di quello, che piccolino di merito pretende di farsi grande. Essendo dunque io amicissimo e buon servitore da qualche tempo della signora Sor Maria Teresa e Sor Maria Geltrude Aldobrandini, sorelle del medesimo Eccellentissimo porporato e degnissime monache della Crocetta di Firenze, perché faccino maggiore spicco i suoi libri, procurerò con ogni cautela e diligenza che per le mani loro gli venghino presentati da parte di Sua eccellenza Reverendissima;sarà poi mio pensiero accompagnargli con una lettera informativa del soggetto contraddittore per far conoscere a Sua Eccellenza se egli per tanto tempo che è stato presule della religione apostata e ramingo che sono stati sette anni possa e abbia potuto mai impratichirvisi e dei pubblici archivi e del privato della Nostra Congregazione a fine di farsi vedere alle stampe.
Nel rendere poi a vostra Eccellenza ossequiose grazie la supplico altresì di darmi qualche riscontro che gli siano stati accetti i sentimenti espressi con altra mia in ordine alle sue maggiori felicità, col farmi abbondante parte dei suoi comandamenti, mentre baciandole riverentemente le vesti, mi dico

suo obbligatissimo servo don Orazio Mazzei, monaco
da Santa Reparata, Marradi 31 agosto 1733

Il cardinale Aldobrandini, Legato Pontificio di Ferrara, in quei giorni si recò in visita a Faenza e quindi l'intervento del monaco della Badia era divenuto superfluo:


All'illustrissimo padre visitatore Guido Grandi
monastero de' Camaldolesi Faenza



Giungono qua a Marradi le nuove come l'eminentissimo Aldobrandini, Legato di Ferrara, sia per venire o per dir meglio sia già venuto costì nella città di Faenza ove tanto lei che il cardinale hanno le loro stanze e residenza, e io considerando di porgere al sopraddetto Prelato in opportuna occasione personalmente le sue opere gliele trasmetto con tutta la diligenza acciò abbia egli stesso quell'onore. Per dire il vero io volevo presentarglieli per me stesso personalmente nell'occasione di passar da Ferrara, andando alla sua casa di Governo, ma trattenendomi fino a Santa Reparata, festa di questa abbazia, dove siamo meschini monaci, mi è parso più a proposito per lei abboccarsi con Sua Eminenza che già conosce il soggetto descrittogli già dalla sua sorella monaca della Crocetta e da suo nipote don Fabio, i quali in Firenze hanno veduti, letti e commentati gli istessi libri. Intanto con tutta la vivezza del mio spirito potrò ringraziare il reverendo abate Guido, confermandole sempre più la mia volontà di servirlo, mentre nel pregare per Voi dal cielo ogni maggiore prosperità mi confermo col dirmi.

da Santa Reparata, Marradi 1ottobre 1733 don Orazio Mazzei, monaco



A
l Reverendissimo don Guido Grandi Visitatore dei Camaldolesi

Credo che a quest’ora Vostra Signoria avrà terminato le sue fatiche nelle visite di sua Congregazione e secondo mi accennò il padre Mauri si sarà restituito alla sua quiete, e stanza, dove avrà trovato come si portò l’accidente propizio che il detto padre consegnasse in propria mano a S.E. Aldobrandini i suoi libri, al medesimo porporato molto graditi. Io me ne rallegro seco mentre ho conosciuto aver avuto buon fine i suoi virtuosi sudori. Come vedrà dall’inclusa io non mancai di cooperare a quel bando che gli promisi, di fargliene presentare per la sorella sua monaca, ma sapendo essere costì S.E. me gli feci rimandare e spediti a Faenza hanno sortito con tutta gloria il suo fine. Vedrà dall’inclusa stessa l’aver avuto la medesima religiosa gran gusto di vedergli e sentirà come il padre Soldani da Poppi con stravagante affettazione incensa Sua Eccellenza a fargli credere essere il corpo di San Pietro ligneo a Vallombrosa ed essere della sua famiglia. Io che ho passato il tempo di anni 40 nella mia religione e che più volte sono stato di famiglia a Vallombrosa so che per quante diligenze abbia fatto il reverendo padre abate in cercarlo mai l’ha potuto ritrovare e leggo di più che era di famiglia e di casata aldobrandesca; vorrei che sopra di ciò S.E. mi dicesse la sua opinione acciò mi confermasse e mi facesse palese gli sbagli del soggetto. Compatisca l’incomodo e si arricordi che il maggior contento che possa ricevere è l’impiegarmi in qualche suo comando a fargli conoscere che io col cuore mio le dico:

Don Orazio Mazzei di Santa Reparata, Marradi a dì due 9embre 1733

Ma perché tanto accanimento? Come mai il monaco vallombrosano Orazio Mazzei sosteneva le ragioni del camaldolese Guido Grandi? Per semplice amore della verità? Don Diego Colombari da Forlì, abate della Badia del Borgo nel 1738 nel suo libro Ricordanze scrisse:

Ricordo come in Marradi in un luogo pubblico esistente al tempo del Reverendissimo abate Targioni (1732 - 1733) fu attaccato un cartellaccio contro l’onore del padre Abate a causa che non correggeva il padre Allegri che frequentava troppo spesso la visita di certa signora. Il cartello dunque toccava l’onore del padre Abate come fosse complice e consenziente di qualche male, e pure mai usciva di casa per la sua vecchiaia, toccava l’onore di detto padre Allegri, della Signora e del suo sposo. La giustizia però non potè fare il suo corso perché non rinvenne il certo autore, però vi furono indizi sopra un religioso di casa. Sia detto il tutto acciò gli Abbati vedino di riconoscere i suoi polli, perché spesso si avvera quel santo detto: Inimici hominis domestici eius (Un uomo ha i suoi nemici in casa).

Insomma nel 1733 dentro il monastero della Badia del Borgo c’era un sommessa lotta per la nomina del nuovo abate e può darsi che il monaco Orazio Mazzei fosse partecipe di questa.



Fonti
Carteggi del padre camaldolese Guido Grandi, Bibl. Univ. di Pisa EVA Internet culturale
La storia della Badia del Borgo di Fuvia Rivola, Livietta Galeotti e Teresa Montuschi