Memorie di Francesco Cappelli.
"Dopo l'8 Settembre 1943, data della disfatta e dello scioglimento del nostro esercito, i giovani marradesi, per vie diverse e molto disastrose, tornarono alle loro abitazioni. Qui governavano i tedeschi:. Essi incutevano un certo terrore che man mano sfociò in fiducia e in una certa sicurezza in quanto i tedeschi continuavano la guerra, la loro guerra, che a noi non apparteneva più: ne scorrazzavano per il paese, ma in pochi ci facevano caso.
Il fronte era lontano da noi, la guerra si combatteva più in Abruzzo e in Campania, la Sicilia era già caduta in mano alleate, le notizie interessavano, forse attendevamo la resa della Germania....cosa che appariva la soluzione più logica visto che da tutte le parti l'esercito tedesco retrocedeva lasciando molte vite sui campi. Ma così non fu.
Prima ci fu l'annuncio della liberazione del Duce e la ricostituzione di un fantomatico governo, la Repubblica di Salò, che stabiliva di continuare la guerra contro gli Alleati inglesi ed americani. Poi la fuga del Re d'Italia rifugiatosi a Brindisi col suo Stato Maggiore, che invitava dal suo posto sicuro a continuare la guerra contro i tedeschi, considerati nemici e invasori.
La confusione più grande regnava nella testa dei giovani che non sapevano quali pesci prendere e a quali santi votarsi...Avvenne che molti ragazzi di Marradi fuggirono nelle campagne, altri obbedirono al richiamo di Mussolini che " ordinava loro di arruolarsi" e riprendevano le armi.
Un giorno, dopo un coprifuoco, io e Dante Calderoni tornavamo verso il paese scendendo per via Palazzuolo. Dante aveva 5 anni più di me ma era ancora minorenne e avendo con sè i documenti, si sentiva al sicuro. Ma quando arrivammo in fondo a via Palazzuolo fummo fermati da alcuni militari che avvisarono Dante che poteva rischiare di essere rastrellato anche se aveva i documenti in regola...
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Dante Calderoni nella foto per la carta d'identità |
Ricordo che due padri discutendo assieme sul consiglio da dare ai propri figli non riuscivano a districare l'intrigata matassa: la guerra era ormai persa, questo era evidente agli occhi di chiunque volesse vedere.
Fuggendo nelle montagne si era considerati "Ribelli" mentre chi si arruolava nella Repubblica Sociale Italiana, oltre ad ottenere da mangiare, e questa non era cosa da poco, adempiva al un dovere: il giuramento di fedeltà al Duce.
Essi consigliarono in modo diverso i propri ragazzi. Sta di fatto che chi era fuggito in montagna, tal Pazzi che viveva nell'odierna Casa Randi, rientrò, mentre un povero ragazzo che aveva aderito alla R.S.I rimase ucciso in campo di battaglia.
A volte ripenso al dolore di questo povero uomo che ho avuto come amico anche come consigliere dell'Azione Cattolica. Lui avrà sicuramente creduto di agire per il meglio e non pensava certo che così facendo avrebbe condannato il proprio figlio. Disastri inumani della guerra...ma cosa c'è di umano nella guerra?
Ora veniamo alla mattina del 26 maggio 1944, quando tutti erano tranquilli in paese: chi si dedicava al proprio lavoro, chi alla propria famiglia, quando i tedeschi, con alcuni militi marradesi, bloccarono l'entrata e l'uscita del paese e diedero inizio al rastrellamento. Non so il numero esatto dei catturati ma furono molti, 50 o 60, forse più e furono rinchiusi a Villa Ersilia per essere deportati successivamente in Germania.
Alla mia età- 13 anni- non capivo il motivo di questa retata e perché erano stati fatti prigionieri senza alcuna colpa. Sta di fatto che il giorno dopo, io e Beppe Zambelli ci recammo a trovare questi giovani, adagiati su paglia e fieno come poveri animali.
Il ricordo che mi è rimasto nella mente e che mi accompagnerà finché vivrò, fu la frase " Dio te ne renda merito" che Claudio Bandini, un giovane che aveva appena compiuto 18 anni, disse alla madre che gli aveva portato una ciotola di fragole di campo immerse nel vino rosso.
Io e Beppe lo salutammo con il sorriso di chi è incosciente come era logico per chi non sapeva cosa fosse la deportazione nei campi di concentramento.
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