Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

giovedì 24 marzo 2016

Il mitico monastero di Biforco

Alla ricerca 
di un eremo perduto
ricerca di Claudio Mercatali



L'Alpe di S.Benedetto è un tratto dell' appennino che comprende anche la fascia più elevata del comune di Marradi. La cartina a fianco chiarirà più delle parole. 
Il nome venne dato perché qui nell' Alto Medioevo, vicino all' anno Mille, furono fondati eremi e monasteri.
Gamogna, Badia della Valle e la Badia di S.Reparata al Salto sono fra i più noti e sono disposti a triangolo proprio in mezzo al comune di Marradi. C'è poi il Monastero di S.Benedetto in Alpe, che addirittura dà nome al paese in cui sorge. C'era anche una leggendaria comunità a Biforco, di riferimento per gli eremiti che vivevano in spelonche sparse nelle alte valli del Campigno e del Lamone.

Ora ci interessa proprio questa, di cui si è persa ogni traccia. L'indagine sui documenti antichi non è facile perché il nome Biforco si ritrova in località diverse. C'è via del Biforco anche a S.Benedetto in Alpe che appunto è alla biforcazione del fiume Montone nei rii Troncalosso e Acquacheta, proprio come Biforco di Marradi rispetto alle valli di Campigno e del Lamone. Per giunta ambedue erano sedi di comunità benedettine che seguivano la Regola di San Romualdo.


Lo schedario Rossini della Biblioteca di Faenza è un vasto archivio di notizie storiche.



Dunque il nome di per sé non permette di distinguere l'uno dall' altro se non c'è qualche altra indicazione. Così nello Schedario Rossini della Biblioteca di Faenza sono citati entrambi i "Biforchi" e il geografo Emanuele Repetti nel suo Dizionario del 1833 cita perentorio solo il monastero di S.Benedetto in Alpe, ma con date di fondazione che sono forse più attinenti alla comunità dei monaci di Biforco di Marradi.




Il Dizionario di Emanuele Repetti è la fonte più importante per la storia e la geografia dei comuni che fecero parte del Granducato di Toscana. Però in questo caso è di poco aiuto.





In più c'è da considerare anche il paesino di Corezzo di Biforco del Casentino, vicino a La  Verna, dove c'era un antico monastero.


Per venire a capo della questione conviene fare riferimento ai settecenteschi Annali Camaldolesi di  Giovanni Benedetto Mittarelli. Forse anche l'abate Mittarelli aveva dei dubbi, perché nei suoi Annales si pone la domanda: Ubi Bifurci locus? (Dov'è Biforco?) e lo identifica così:




 
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"Biforco è nei monti del Dominio Fiorentino verso Faenza, posto tra il castello di Marradi e l'abbazia di S.Maria di Crespino, dove c'è un monastero dedicato a S.Benedetto, chiamato anche di S.Benedetto in Alpe, da non confondere assolutamente con un altro monastero della Santissima Trinità o di S.Benedetto in Alpe, perché si trova in vetta ai monti del Casentino, non lontano dal Pratomagno …"

" ... In Biforco Romualdo fondò il monastero o l'eremo nel 986 (Grandius nelle sue tavole cronologiche stima 987) al tempo dell'edificazione di S.Michele in Verghereto".


E quindi ci siamo: 
... prima dell'anno Mille a Biforco di Marradi fu fondato un eremo secondo la regola di San Romualdo, che è in sostanza quella dei frati camaldolesi. 
L'abate Mittarelli annota anche che un certo eremita Pietro da Biforco ospitò San Romualdo presso di sé:

"... Adnotabimus infra Petrum Bifurcensem eremitam appellari a Damiano Romualdi discipulum, statim ac Romualdus Bifurcum se recepit. Sed de hoc monasterio plura in annis subsequentibus dicemus.

(Annotiamo da San Damiano fra le altre cose un eremita chiamato Pietro di Biforco, discepolo di Romualdo, ospitò senza indugio a Biforco presso di sé Romualdo. Ma di questo monastero diremo più cose negli anni a venire ..").

Chi era Petrus Bifurcenses? 
Per sapere qualcos' altro di lui bisogna seguire il consiglio del Mittarelli, che ci rimanda agli scritti del suo contemporaneo Romualdo Maria Magnani, prete faentino, che descrive l'eremita Pietro così:

" ... era questi, come dissi, nativo di quel contorno; e fabbricossi in Biforco una piccola celletta larga quattro braccia ad imitazione di quella antica di S.Ilarione. 



Quivi menando una vita eremitica e solitaria era da tutti tenuto e stimato per uomo grave e da bene. 
Era d'un incredibile astinenza facendosi soltanto di pochi legumi tramontato il sole ..."



Don Magnani scriveva in italiano ed è piacevole da leggere, al contrario dell' erudito Mittarelli e chi vuole può approfondire leggendo qui sopra.

Questo eremita Pietro, che viveva in una celletta larga quattro braccia (0,58 metri x 4 = 2,32 metri) e mangiava solo un pugno di fagioli dopo il tramonto ha un non so che di simpatico e potrebbe essere quello della Grotta del Romito.



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