Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

venerdì 6 luglio 2018

La Badia di Susinana

Una passeggiata nel feudo
preferito da Maghinardo Pagani
ricerca di Claudio Mercatali

 
 
La Badia di Susinana era feudo dei Pagani, già noti nel XI secolo come Signori di Castel Pagano (Ca­strum Pagani) a sud-ovest di Mercatale, al confine fra Palazzuolo e Casola Valsenio.
Maghinardo nacque alla metà del Duecento e morì nel 1302. Suo padre lo mandò a Firenze per studiare e perché conoscesse bene la città e i Fiorentini. Sposò la ricca fiorentina Mengarda della Tosa, per amore, almeno a giudicare da come ne parla nel suo testamento. Uomo d’arme e poli­tico spregiudicato fu Capitano del Popolo a Faenza e Signore di Forlì. Con i ghibellini Azzo d'E­ste e Uguccione della Faggiola espugnò Imola. Invece nel 1289 a Campaldino (nel Casentino) com­battè con i guelfi di Firenze, contro i ghibellini.

Per Maghinardo passare dai Guelfi ai Ghibellini non era un problema. Se la politica è l’arte del compromesso lui la praticava perfettamente. Quando il papa Bonifacio VIII chiese al condottiero francese Carlo di Valois un arbitraggio tra Guelfi Bianchi e Neri, a Firenze, Maghinardo parteggiò per i Neri. Aveva intuito che Carlo di Valois li avrebbe favoriti. Dante Alighieri, che non era un gran politico, parteggiò per i Bianchi e dovette fuggire dalla città nel 1301. Non a caso Maghinardo e Bonifacio VIII sono citati nella Divina Commedia, all’Inferno.

In realtà dietro a questi cambi di parte c’era il dramma del feudatario che si barcamenava perché vedeva svanire il suo mondo, schiacciato dall’ espandersi del comune di Firenze.


La sua “arme”, il suo stemma, è «d'argento, al leone azzurro, linguato, armato e bordato di rosso».
Anche lo stemma di Palazzuolo c’entra con Maghinardo, perché la donnina che guarda dai merli del castello sarebbe Marzia, detta Cia, figlia di Vanni da Susinana e dunque nipote di Maghinardo. I
Pagani e gli Ubaldini avevano interessi in ambedue i versanti dell’appennino. Perciò abbiamo notizie di Maghinardo da storici toscani e romagnoli. Le vicende sono tante.
 
A fianco: lo stemma di Maghinardo
e sotto lo stemma di Palazzuolo sul Senio.

Lo storico fiorentino Giovanni Villani arriva a questa conclusione:  "… ghibellino era di sua nazione e in sue opere, ma co’ Fiorentini era guelfo e nimico di tutti i loro nimici, o guelfi o ghibellini che fossono; e in ogni oste e battaglia che Fiorentini facessono, fu con sua gente a loro servigio e capitano …". In effetti egli ebbe con Firenze un rapporto par­ticolare di odio amore o forse si rendeva ben conto che nulla avrebbe potuto ottenere con la forza. Invece in Romagna guerreggiava continua­mente. Negli ultimi anni del Duecento scacciò i Manfredi da Faenza e prese il potere. Si impadronì dei castelli di Rontana, Quarneto e Fo­gnano, nella valle del Lamone. Altri castelli li ottenne con dei colpi di mano.

Lo storico romagnolo Achille Lega ci descrive così la conquista del castello di Monte Mauro, nella valle del Sintria, fra Brisighella e Casola Valsenio:

"… Nel silenzio di una oscura notte, levate d'improvviso le sue più ardite milizie, camminò alla volta di Monte Maggiore; e a piedi del monte lasciati i cavalli in silenzio le fe' salire su per quegli aspri colli. Pervenuto in sulla cresta, subitamente le lanciò alla scalata. Fra il bujo, l'agitazione e lo strepitio delle armi e le grida, destatosi il Castellano, non gli giovò chiamare aiuto, che già il Castello era nelle mani di Maghinardo; e la vista del vessillo coll'arme de' Pagani da quella superba vetta tutta Romagna impaurì…".

Lo storico romagnolo Antonio Metelli ci ricorda che Maghinardo fondò Brisighella, dopo aver distrutto il castello di Baccagnano, a lui ostile:
"... i poveri abitanti sopravvissuti alla distruzione del maniero at­traversarono a guado il Lamone andando alla ricerca di anfratti, grotte, incavi, per ripararsi e trovare nuovo rifugio". Di sicuro il paese di Brisighella acquista importanza con la presenza di Maghinardo.

 
 
 
 
Gli storici non gli attribuiscono mai violenze e crudeltà e questo, considerato il tempo in cui visse, non è poco. Inoltre è ricordato a distanza di sette secoli, e anche questo non è poco. All’Archivio di Stato di Firenze c’è la pergamena con il suo testamento. Lo studioso Paolo Campidori ci fornisce tanti dettagli di questo documento. Il 19 agosto 1302, nel suo castello di Benclaro, a S.Adriano, presso Marradi, “… sofferente nel corpo, ma sano di mente e poiché nulla è più certo della morte e nulla più incerto dell’ora della morte …” Maghinardo fa testamento e dispone dei suoi beni. Il  27 agosto muore. In punto di morte rivolge un attestato di stima a Firenze:



 “… poiché durante la mia vita ebbi rispetto e onore per il Comune di Firenze, in egual modo esorto e prego le mie eredi e ad esse prescrivo in virtù della mia benedizione che allo stesso comune esse portino reverenza e onore perpetuo …”.
 
Però sotto sotto si coglie anche l’esortazione agli eredi perché facciano attenzione ai Fiorentini, che avevano mire ben precise sulla valle del Senio. Maghinardo aveva due figlie, Francesca e Andrea (questo nome si dava anche alle femmine) e quasi tutto il patrimonio va a loro e alla nipote Alberia. Alla moglie Mengarda vennero “restituite le doti che io ebbi al tempo del contratto di matrimonio” e cioè “millequattrocento lire di Pisa in fiorini”. Dal testamento apprendiamo che Maghinardo aveva due fratellastri: Giovannino e Ugolino. Il primo eredita la tenuta del Castello di Praticino, fra Fantino e Lozzole; il secondo, il castello di Gamberaldi. Naturalmente Maghinardo aveva un nutrito stuolo di servi, palafrenieri, cuochi e scudieri. Uno di questi, Matteo di Ragnolo, “diletto, fedele, segreto servitore” eredita una borsa di denaro. Maghinardo “libera” Romanuccio da Campanara, il suo cuoco, e i suoi fratelli “da ogni debito di vassallaggio ... per sempre”. A Donato di Lozzole, palafreniere, lascia del danaro e i tre cavalli preferiti Fanestro, Caprona e Palafredo. Dispone somme per gli scudieri Baliscerio e Mengolino. Il castello di Benclaro, dove muore, e il Palazzo di Faenza vanno alla figlia Francesca.
 
Per la sua sepoltura Maghinardo dispone:

“… scelgo come mia sepoltura e voglio che il mio corpo sia sepolto presso la chiesa e monastero di S. Maria di Rio Cesare secondo l’usanza e vestito dell’abito dell’ordine di Vallombrosa e non di­versamente… ”.


E qui c’è una bella leggenda. Il feretro sarebbe in una cripta, «là dove la terra riceve il primo bacio del sole». Una volta l'anno, all'equinozio di primavera, un raggio di sole, filtrando da un pertugio, svelerebbe il luogo del sepolcro. Nessuno ha mai trovato questo luogo e quindi dov’è se­polto Maghinardo non si sa.
Partiamo per fare un giro nei luoghi tanto cari a questo personaggio.
Nomi e siti ci sono ancora e non ci possiamo sbagliare. Basta andare alla Badia di Susinana, nel comune di Palazzuolo sul Senio, al confine con la Romagna. La Badia è intatta e con gli edifici attorno forma un piccolo borgo. Tutta la zona fa parte di una Azienda faunistico venatoria che ha un ufficio informazioni nel quale alcuni impiegati molto cortesi sono ben disposti a fornire dettagli storici e suggerimenti per un trekking. Tutta la tenuta è molto apprezzata dai cacciatori di cinghiale. Chi ama l’arte venatoria si troverà senz’altro a suo agio. Chi non la ama farà uno sforzo di tolleranza, aiutato dal fatto che qui si caccia da almeno settecento anni, cioè appunto dai tempi di Maghinardo, che naturalmente era un cacciatore, come tutti i signori del medioevo. Rio Cesare si trova qui. Nella parte alta della tenuta, dopo aver camminato per qualche chilometro, si arriva Casa di Piraccio (Cà ed piraz) dove c’è il ristorante La Bettola del Prataiolo e un agriturismo con piscina per chi volesse continuare il trekking il giorno dopo.

 
Il ponte della Badia nel primo Novecento.
 
 
 
Come andò a finire la vicenda dei Pagani e degli Ubaldini eredi di Maghinardo? Non bene, a dire il vero. Ecco che cosa dice lo storico Repetti (1833):
 “… Nel 1362 essendo venuto a morte Giovacchino di Mainardo degli Ubaldini, Firenze fu dichiarata libera e assoluta erede dal suddetto dinasta con testamento del 6 agosto 1362…”.

Dunque il Comune di Firenze ereditò il contado. Però nel 1373 scoppiò una rivolta, capeggiata da Maghinardo di Tano, che non riconosceva valida questa donazione. I Fiorentini erano duri in questi casi e Maghinardo fu catturato al Castello del Frassino e decapitato a Firenze davanti al Bargello. Nel giugno 1387 le soldatesche del Comune di Firenze repressero un'altra ribellione a Susinana e portarono la campana della badia a Figline Valdarno. La richiesta di Palazzuolo per averla indietro non è mai stata accolta, però ogni anno, nella quarta domenica di luglio, si tiene il Palio della Campana che è una amichevole disputa a colpi di catapulte fra due squadre di Palazzuolo e di Figline.
 



2 commenti:

  1. Ci sono foto della Badia di Susinana fatte negli anni della seconda guerra mondiale? Mia madre è nata lì, è la nipote del mugnaio dell'epoca. Grazie, Valentina.

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  2. Valentina, le foto del molino della Badia di Susinana ci sono ma ho bisogno del tuo indirizzo email saluti

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