Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

martedì 18 agosto 2020

La Manomorta ecclesiastica

          Uno studio di Jacopo Fabroni del 1830
Ricerca di Claudio Mercatali



Ognuno di noi sa che nella nostra Economia il denaro produce ricchezza se passa di mano in mano. Il motivo è evidente: una banconota da 50 euro soddisfa una mia necessità quando la spendo, e qualche esigenza di chi l’ha ricevuta se a sua volta la spende. Invece se sta sotto il mattone è solo un pezzo di carta. Inoltre lo Stato incassa molto dal denaro che circola, perché su ogni bene c’è un' imposta.




"Manomorta ecclesiastica" era un modo di dire per dire che i beni di un Ente religioso non essendo ereditati non pagavano la successione e nemmeno le tasse di registro perché di rado venivano venduti.




Nel '700 il patrimonio ecclesiastico formato nei secoli con le donazioni era così ampio da creare problemi agli Stati perché non era tassabile. In più una gran parte era gestita male, per negligenza o per l’eccessiva vastità e il fatto era un danno per l' economia degli Stati italiani preunitari. 


Per ovviare a questo il Granduca di Toscana nel 1751 promulgò una legge sulla manomorta che vietava la donazione di beni immobili a Enti ecclesiastici senza una licenza granducale a pagamento. 







Nel Regno delle due Sicilie il primo ministro Bernardo Tanucci  nel decennio 1767 - 1777 introdusse delle tasse sulle donazioni e sui testamenti a favore degli Enti ecclesiastici. Napoleone conquistata l’Italia fu più drastico e confiscò i beni della Chiesa a favore del Demanio Pubblico. Finito il periodo napoleonico la Chiesa recuperò una parte dei beni ma il Regno di Sardegna introdusse l'imposta di manomorta (pari allo 0,90% del valore del bene) e questa tassa passò nell'ordinamento del Regno d'Italia nel 1861. Anche Cavour confiscò molti beni ecclesiastici. L'imposta di manomorta fu soppressa solo con la legge 31 luglio 1954, n. 608.





C’erano delle rendite di manomorta nel Comune di Marradi? Di che entità? Siccome qui da noi c’erano cinque monasteri millenari è facile immaginare la risposta, ma per essere precisi affidiamoci al notaio Jacopo Fabroni, che nel 1830 aveva sott’ occhio i fatti e in questa Memoria, pubblicata nel Giornale Agrario Toscano curato dal Gabinetto Vieusseux di Firenze ci dice quello che puoi leggere nei quadri qui accanto.

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