Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

venerdì 6 novembre 2020

I molini della valle Acerreta

Nove opifici per una vallata

Ricerca di Claudio Mercatali

 

  

La gora del Molino

di Veriolo ghiacciata

 

 

Un tempo i molini erano fondamentali per la vita nelle campagne, perché il grano deve essere macinato e così anche le castagne per fare il castagnaccio, le frittelle e altri dolci. Dunque nella nostra zona c’erano due tipi di molino: quelli da grano nei fondovalle, e quelli per le castagne, in quota o nelle vallette laterali dove non ci sono seminativi. I servizi di prima necessità sono sempre stati oggetto delle attenzioni del fisco, perché la gente non ne può fare a meno e per averli è disposta o costretta a pagare una tassa. Per questo i molini erano spesso di proprietà del Comune e venivano dati in appalto triennale al miglior offerente.


Come faceva il Comune di Marradi a sapere quanto grano o quanti marroni aveva macinato il mugnaio? I metodi erano diversi e uno è descritto qui accanto.

  

 


Si trattava di misurare l’usura della pietra di macina nel palmento. Che cos’è il palmento? Leggete qui accanto perché in questo caso la figura è più efficace della parola.

 





Nel Comune di Marradi c’erano più di trenta molini, lungo il Lamone e nei torrenti laterali, tutti registrati e controllati dal Comune e quindi facilmente rintracciabili nelle carte dell’Archivio storico. In bibliografia ci sono due belle ricerche: una dei ragazzi della Scuola Media di Marradi (anno 2002 - 2003) e una di Franco Billi che fece una indagine nel 2003. Per ampliare questi esaurienti lavori si può aggiungere qualche dettaglio sui molini dell’Acerreta, un fiume gagliardo, affluente del Lamone a Modigliana. Nella zona di Lutirano ci sono i resti di nove mulini, circa uno ogni miglio (1600 – 1700m). 
La distanza fra uno e l’altro non è casuale ma dipende in primo luogo dalle possibilità di trasporto antiche: qui da noi un contadino poteva portare con il barroccio qualche soma (135 kg) di grano o di castagne per circa 1 km in un tempo ragionevole. La soma e la mezza soma erano dei carichi standard per un equino e non a caso gli asini si chiamano anche somari.

Contava anche il numero di poderi circostanti perché i molini erano imprese che per
mantenersi avevano bisogno di una certa entrata. In più c’è il fatto idraulico: gli impianti di molitura non lavorano per caduta veloce dell’acqua ma con il flusso energico ma lento dell’ acqua della gora. Considerato tutto questo la ricerca si semplifica parecchio: nell’ Acerreta il primo mulino era quello di Bedronico, vicino alla chiesa di Santa Reparata, al confine con Modigliana.


 

“Bedo” è una parola antica, addirittura prelatina, celtica, e significa canale. Nella zona sopra a Bedronico c’è la fattoria di Galliata, o Galigata, che è il corrispondente della fattoria di Galliana, nella parte opposta del Monte Budrialto (un budrio o botro è un sito dal quale si dipartono molti fossi).

Poi salendo il fondovalle, dopo un miglio c’era Cà d’zò (Casa di sotto) e di seguito tutti gli altri, come indicato nella cartina qui sopra.


Mulinello è una capannuccia sotto il podere Pistoglia, che oggi non si riconosce come opificio. Però lì sotto nella carta del Catasto Leopoldino il punto di molitura è indicato in modo chiaro. Il Molino di Veriolo, perfettamente restaurato dalla famiglia Vespignani è poco oltre Mulinello.


In questa valle i primi castagneti importanti sono oltre Badia della Valle, monastero fondato nell’anno Mille da San Pier Damiani. Nei molini successivi a questo, che sono vicino a Valpiana e a Ponte della Valle, si macinavano soprattutto castagne.



Il molino di Ponte della valle è l’opificio più difficile da trovare, perché è composto di due fabbricati, il Molino di Sopra e il Molino del Ponte, ambedue distrutti, che vanno cercati con la Carta del Catasto Leopoldino (1822) sotto mano.


Poi c’è il Molino di Rio di Mesola, all’ imbocco di una delle vie campestri che portano a Gamogna. E' facile immaginare che i monaci scendevano dall'eremo per macinare qui le poche castagne che potevano avere. Un’opera di presa è nel fosso laterale ma il molino propriamente detto è sulla balza che dà sull'Acerreta e se non si scostano le frasche non si vede quello che rimane dell' edificio. Si tratta di un impianto antico, descritto in un contratto in latino stipulato alla presenza del vescovo di Faenza Lottieri della Tosa (XIII secolo) dai frati di Gamogna che proprio per lo sfruttamento dell’acqua erano in lite con i confratelli del monastero di Badia ella Valle.
Ancora un miglio di fondovalle pianeggiante e si arriva a Molinello, piccolo edificio al quale scendevano i contadini di Pian di Lorino, delle Perticozze e di Poggiolo del Forcone a macinare poche castagne e molta miseria. Rimane solo qualche traccia: proprio di lì passa il metanodotto algerino ...

Per ampliare

Franco Billi, I molini del territorio di Marradi, nel Blog al tematico Scienze della Terra18 dic. 2013.

Il Codice di Lottieri della Tosa. Nel Blog al tematico Storia 1200 - 1299 25.06.2020.

Il marron buono di Marradi con uso gastronomico e gli antichi mulini ad acqua dell'alto Mugello. Libro di Vari Autori, curato da Elvio Bellini, disponibile presso il CSDC, via Castelnaudary, Marradi

 

2 commenti:

  1. Buonasera e complimenti vivissimi per il meraviglioso Blog!
    Sto realizzando un video su una escursione nella valle del Rio Gamogna e leggendo questo blog, a fine giro sono andato a cercare i resti del Molino di Sopra ( di cui non conoscevo l'esistenza perchè normalmente coperto da vegetazione). Mi può dare una mail per contattarla? Vorrei citare nel video uno stralcio della mappa qui riportata con il suo permesso.
    Grazie
    Cordialmente
    Daniele Lombardi

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  2. Daniele, scrivi a claudio.mercatali@virgilio.it saluti

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