Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

venerdì 18 dicembre 2020

1424 L'imboscata di Fognano

I popolani aggrediscono 

il capitano Niccolò Piccinino

al servizio dei Fiorentini

Ricerca di Claudio Mercatali


Niccolò Piccinino


Nel 1424 il Comune di Firenze cercò di conquistare la Romagna. Ogni cosa era stata predisposta con cura: c’era una fitta rete di alleanze con i signori locali e un forte esercito schierato a Zagonara, un sito appena fuori a Lugo di Romagna. Si doveva affrontare in una battaglia campale Filippo Maria Visconti, che aveva le stesse mire. Era un confronto diretto fra Firenze e Milano, per decidere una volta per tutte chi doveva prevalere. Le cose andarono male per i Fiorentini, tanto che la loro storiografia glissa parecchio su questo episodio e pur non potendo ignorarlo, è abbastanza avara di particolari. Perciò conviene fare riferimento allo storico Flavio Biondo, che ci narra i fatti visti dalla parte dei Milanesi vincitori. Ecco qui una sintesi da uno studio dello storico Marco Cavalazzi:

 

La battaglia di Zagonara



Da “Historiarum ab inclinatione Romanorum imperii decades” (Le decadi storiche dal declino dell'impero romano di Flavio Biondo, storico e umanista italiano del Rinascimento.

 


28 luglio1424


I Forlivesi assediati da Carlo Malatesta chiesero aiuto a Filippo Maria Visconti, che mandò in Romagna 4000 cavalieri e 1000 fanti, comandati da  Angelo Della Pergola. Alberico da Barbiano, al servizio dei Fiorentini,, decise di chiudersi con pochi in Zagonara e Angelo Della Pergola l’assediò e diede l’attacco al castello da due fronti, notte e giorno. Accortosi che Alberico contava soprattutto sulla difesa fornita dall’acqua nei fossati del Castello, la fece defluire. Messo così alle strette Alberico patteggiò con Angelo Della Pergola una tregua di quattro giorni e avvertì Carlo Malatesta e i Fiorentini che se non fosse stato soccorso con urgenza avrebbe dovuto arrendersi.


Al tramonto del terzo giorno di tregua Carlo Malatesta diede l’ordine di partire con i soccorsi ma all’improvviso si scatenò un nubifragio che durò tutta la notte, impacciando nel buio e nel fango i cavalieri e rendendo penosa la marcia della fanteria. All’alba Carlo ricompose le fila, molti erano rimasti indietro per il maltempo, ma ordinò comunque l’avanzata. Della Pergola fece allora rompere gli argini del canale derivato dal Senio nei pressi di Maiano.

Carlo Malatesta, quando giunse non trovò un posto asciutto in cui schierare l’esercito, ma ordinò l’attacco, che non riuscì. I Fiorentini si ritrassero, alcuni fuggirono e Angelo della Pergola, con un contrattacco li travolse.

Carlo Malatesta cadde da cavallo e venne fatto prigioniero. Filippo Maria Visconti avrebbe potuto fare prigionieri tutti i Fiorentini se si fosse spinto avanti, ma non capì quale grande occasione gli si era offerta.

L’esercito fiorentino, travolto, fuggì in disordine verso la valle del Lamone e quando la notizia giunse a Firenze in città si diffuse il panico. Si temeva che i Visconti potessero invadere il Mugello  e in fretta si allestì un nuovo esercito, con i resti di quello vecchio e tante milizie fornite da tutti i comuni toscani legati a Firenze. C’era anche una milizia di cinquanta cavalieri e altrettanti fanti provenienti da Marradi, condotti da Ludovico Manfredi, signore del Castellone. Il comando di tutte queste genti venne dato al capitano di ventura Niccolò Piccinino, che lentamente scese da Marradi verso Brisighella per contrastare Angelo della Pergola, che stava devastando le colline. Il Piccinino non aveva la forza per ingaggiare una battaglia campale di rivincita e si limitava a fare terra bruciata davanti ai Milanesi che risalivano la valle del Lamone.


Il ponte per Campiume a metà dell'Ottocento


Nel corso di una di queste operazioni giunse a Fognano e con l’avanguardia passò il Lamone a Campiume, di fronte al paese. Aveva dato ordini precisi, perché il grosso delle sue milizie guarnisse il ponte che poi avrebbe dovuto ripercorrere tornando indietro. 



Era il gennaio 1425, le milizie fiorentine avevano bisogno di rifornimenti, il paese di Fognano sembrava sotto controllo, non si vedeva nessuna minaccia e allora si abbandonarono al saccheggio. Però i Fognanesi reagirono violentemente e demolirono il ponte di legno sul Lamone. Così Niccolò Piccinino e Oddo da Montone rimasero isolati e furono assaliti da Angelo della Pergola. 





Oddo fu ucciso, Piccinino fu preso prigioniero e portato a Faenza legato e diritto su un carro, perché tutti potessero vedere com’era ridotto. L’esercito fiorentino abbandonò il paese e risalì in disordine la valle fino a Marradi. 


L’episodio ci interessa perché lo conosciamo dalle Istorie Fiorentine di Giovanni Cavalcanti, un importante storico contemporaneo di questi fatti, che lo trascrisse in base ai racconti del suo amico Ludovico Manfredi da Marradi, che era a Fognano e vide tutto. Giovanni e Ludovico avevano tempo per parlarsi perché per alcuni anni furono in carcere insieme, alle Stinche, a Firenze. Ludovico era lì accusato di tradimento e Giovanni di bancarotta ed evasione fiscale, infatti era un ottimo cronista ma un pessimo amministratore dei suoi beni.


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